17 ottobre 2013

Settembre/ottobre 2013 - Bretagna, Aquitania e Pirenei

Lunedì 16 settembre 2013 - Km 50848
- da casa ad Asti
Mesi di preparazione come sempre (cui io non ho partecipato come sempre!), il driver in postazione e l’interfaccia di navigazione al check-up del tipo “I telefoni ci sono, la carta d’identità pure… Il librone con l’itinerario l’ho preso. Hai chiuso il gas? La tv funziona? Hai controllato il gavone?” e finalmente anche quest’anno la declassata filippina segue i vecchi nel viaggio in camper, destinazione Bretagna ed Aquitania!
Sta gente non si può mandare in viaggio da sola in un paese straniero se non sanno la lingua. Mi toccherà andare con loro!
Quest’anno siamo in ritardo di un paio d’ore sulla tabella di marcia che di solito prevede la partenza intorno alle 9 del mattino, colazionati e carichi: attorno all’ora di pranzo, infatti, oggi siamo sì e no a Pesaro. E poi la prima giornata è sempre di trasferimento, noiosa, piatta, senza infamia e senza lode, con me che sonnecchio tutto il pomeriggio sul letto in fondo al camper. Niente da segnalare.
Arriviamo ad Asti per l’ora di cena, non senza le dovute bestemmie di papà per aver speso 38€ di autostrada, e ci piazziamo per la notte.

Martedì 17 settembre 2013 – km 51435

- da Asti a Grenoble
Nonostante la sveglia all’alba (anzi, prima dell’alba) il viaggio procede a rilento. Abbiamo anche trovato tempo per una buona azione quotidiana: fermi a un’area di sosta con vista Alpi, il babbo è sceso ad aiutare alcuni tizi a rimettere a posto la copertura in tela rigida di un gazebo che aveva imbarcato vento e se ne era volata via. Il forte vento non agevola comunque gli spostamenti, il camper ondeggia tra una folata e l’altra e le bestemmie del babbo nei confronti delle autostrade italiane non proprio economiche tolgono quasi la voglia di viaggiare. A Bardonecchia abbiamo già fatto fuori 50€ di Viacard più 10€ in contanti ai vari omini dei caselli. Senza contare il Traforo del Fréjus subito dopo che ci spella, tutti sani, 55€. Ma non ci arrendiamo. E finalmente, dopo l’ennesimo stop (il pranzo ogni tanto ci vuole!), con il cielo nuvoloso e due gocce di pioggia, intorno alle 16 siamo a Grenoble, la prima tappa ufficiale del nostro viaggio.
Giriamo un’ora per trovare un parcheggio, poi riusciamo a fermarci a dieci minuti dal centro città, a cento metri dalla fermata della Maison de la Culture sulla linea A del tram. Prendiamo un biglietto con 10 viaggi al prezzo di 13,20€ e poi in realtà, non obliterando, la prima tratta ce la facciamo gratis tutti e tre. Scendiamo poche fermate più avanti, dietro da Gare de la télépherique, la graziosissima funivia sospesa sul fiume Isère che porta fino alla Bastille, antico forte costruito nel Cinquecento, da dove si ammira un bellissimo panorama della città vecchia. Peccato che le nuvole uccidano i colori del tramonto. Tanto restiamo qui per la notte e domani ci aspetta il centro storico seguendo il percorso segnalato sulla cartina della città.

Mercoledì 18 settembre 2013 – km 51737

- da Grenoble a Vienne
Ci svegliamo presto come sempre, sotto un cielo peggiore di quello lasciato ieri sera. Non ci lasciamo scoraggiare e il babbo prende le redini del comando (ovvero la mappa della città col percorso turistico) e raggiungiamo di nuovo il centro con il bellissimo e silenziosissimo tram-metro Tag. Il centro di Grenoble non è neanche particolarmente vasto, e pertanto si percorre facilmente. Raggiungiamo il lungofiume, il ponte medievale più antico della città, la vecchia sede del Parlamento e i Giardini Victor Hugo mentre già pioviggina. Ci ripariamo sotto la fermata del tram, sembra smettere e ripartiamo, poi ricomincia la pioggia e ci ripariamo di nuovo. Secondo me qualcuno ci ha tirato la sfiga, come sempre: infatti da noi giù in Italia c’è un bel sole tiepido. Il tempo peggiora e all’ora di pranzo siamo già di nuovo in zona camper. Le stupende pizzette della boulangerie del centro almeno risollevano gli animi.
Alle due di pomeriggio lasciamo Grenoble. Lungo la strada, l’interfaccia di navigazione nonché guida turistica ufficiale 2013 (mamma) ha segnalato un interessante paesino di poche migliaia di anime, Hauterives. La sua particolarità sta nello spettacolare Palais idéal creato dal sogno di Ferdinand Cheval, un semplice postino figlio di contadini che ha costruito questa sorta di castello in miniatura (1000 metri quadrati) in trent’anni, con sassi e conchiglie raccolti nel corso della vita, legati insieme da qualcosa tipo tremila sacchi di calce.
   
Notevole. Peccato il pomeriggio dal tempo estremamente imprevedibile, perché il sito merita davvero una visita, specialmente in una giornata di sole. Le forme irregolari e a tratti tondeggianti e dolci, nel complesso ricordano vagamente l’architettura barceloneta del più famoso Gaudi, i dettagli delle facciate sono indescrivibili. Le nicchie e scalinate sono tutte da scoprire e decorate con iscrizioni filosofiche su vita e morte, destino, religione. All’imbocco della scalinata sul lato nord, un’iscrizione recita: “…chi è più tenace di me si metta all’opera”, con chiaro riferimento al castello costruito. Nessuno ha raccolto la sfida dell’umile postino di campagna. Chapeau.
Di certo una delle più belle iscrizioni resta quella che troneggia all’ingresso del torrino del belvedere, una ventina di metri dal castello: “Non è il tempo che passa, ma noi”.
Insomma, un pot-pourri di arte visionaria, improvvisazione e citazioni, circondato da palme e aiuole fiorite.
Promosso a pieni voti.
E bravo Ferdinand.

Con un arcobaleno gigante alla nostra destra, nel tardo pomeriggio riprendiamo il cammino verso Lione e, con il sole che tramonta, approdiamo a Vienne, vicino alla prossima tappa.

Giovedì 19 settembre 2013 – km 51865 

- da Vienne a Trévoux
Dopo la pioggia notturna, finalmente ci svegliamo con quella che sembra essere una bella giornata. Avevamo pensato di raggiungere Lione in treno o bus da Vienne, ma la mattinata ci porta un consiglio migliore: tiriamo verso l’area di sosta più vicina alla città e vediamo come muoverci. Le idee sono comunque poche e confuse. Dopo mezz’ora di meeting lungo una piazzola di sosta dell’autostrada decidiamo di arrivare a Venissieux, a 8 km da Lione, e tentare il parcheggio lì per raggiungere la città con i mezzi pubblici (il famoso “metodo Partille” collaudato lo scorso anno a Göteborg, Svezia). Detto fatto, a parte le perplessità del babbo sulla zona definita non proprio sicura, con 5€ ci aggiudichiamo un biglietto giornaliero utilizzabile su tram, bus e metro della città, e in venti minuti siamo nel cuore del centro storico di Lione.
La Cathédrale St Jean è la prima cosa che ci troviamo davanti a pochi passi dall’uscita di Vieux Lyon. L’intero quartiere attorno è molto grazioso, con negozietti sui vicoli e ristorantini caratteristici affacciati sulle piazzette. Attraversiamo la Passerelle du Palais de Justice, che d’improvviso svetta imponente dall’altro lato del fiume Saône, e raggiungiamo Place des Jacobins con la bellissima fontana al centro e poco dopo la più grande Place de Bellecour, da dove riprendiamo la metro per Vieux Lyon.
Affascinati dall’idea della funicolare per raggiungere la Basilique de Notre Dame de Fourvière, siamo ancora più sorpresi quando scopriamo che non ci sono costi aggiuntivi per la linea della funicolare e che quindi il nostro scrauso biglietto giornaliero da 5€ è valido.
Con immensa gioia del babbo (innamorato di tram e affini) saliamo a bordo. La funicolare ci tira praticamente in bocca a questa immensa cattedrale che sovrasta Lione. L’architettura si sofferma sui dettagli, i torrini finemente decorati e le guglie sono messi in risalto dalla recente sabbiatura delle facciate che hanno restituito alla chiesa l’antico bianco. Dalla cripta sotterranea, io e la vecchia fraulein (mamma quest’anno è stata ribattezzata così per la sua dedizione quasi tedesca alla dieta) accediamo all’interno vero e proprio. L’opulenza delle decorazioni lascia quasi storditi.
Spettacolari mosaici tappezzano le navate, lunghe colonne di marmo si avvitano verso l’alto e lampadari dorati scendono dai soffitti delle volte affrescate e decorate. Le vetrate dai colori tendenti al rosa illuminano l’altare e i pavimenti di marmo. E’ “tanta”. E’ decisamente “tanta”. Sotto la basilica c'è, tra l'altro, una grande cripta con cappelle dedicata al culto delle diverse Madonne nel mondo tra cui una cappella è dedicata alla
"nostra" Madonna bruna di Loreto.
Lascio persino qualche spiccio nel bussolotto per la conservazione della chiesa, poi riprendiamo la funicolare stavolta verso St Just, dove recentemente sono stati scoperti i resti di due grossi anfiteatri romani. Il sito ricorda infatti un po’ i Fori Imperiali, la pavimentazione in alcuni punti risale all’epoca originale, così come le gradinate. Mi è mancato il mio Colosseo. Tempo per qualche foto e riprendiamo la funicolare per Vieux Lyon e riprendere la metro e il tram per tornare alla nostra periferia.
Finalmente una giornata piena!
La povera fraulein sta morendo di fame.
E’ già notte quando ci fermiamo nei pressi di Trévoux, in una piccola area di sosta camper adiacente ad un camping. Il cartello dice 5€ per la sosta. Noi ovviamente faremo gli svizzeri.
Dopo cena, il primo summit settimanale, della serie “insomma, dove cavolo stiamo andando e cosa vogliamo vedere?!” Finalmente programmiamo alcune tappe fondamentali e irrinunciabili e ci diamo una data per l’arrivo in Bretagna. Meno male. Stasera andiamo a dormire un po’ più organizzati.
La sveglia, comunque, suonerà alle 7, e già facciamo la conta per chi si alzerà per primo.
Probabilmente il babbo.

Venerdì 20 settembre 2013 – km 51942
- da Trévoux ad Auxerre

In assenza della tv, stamattina si fa colazione con la musica del mio pc. Non sapendo mettere d’accordo tutti, faccio partire la playlist con le canzoni della baby dance. Così magari acceleriamo i tempi pur di non ascoltarle. Abbiamo anche il programma della giornata. Peccato che, tanto per cambiare, il tempo non ci assiste granché! Lasciamo l’area di sosta alle 8.15 battendo quasi tutte le previsioni, e un’oretta più tardi siamo a Bourg-en Bresse, sotto la chiesa di Brou adiacente al monastero reale.
Costruito all’inizio del XVI secolo dalla duchessa di Savoia in onore del marito defunto (tra l’altro una storia tristissima di vedovanza iniziata a 24 anni), l’edificio rappresenta un capolavoro del gotico fiammeggiante. Peccato che l’entrata costi 7,50€ e la parte davvero interessante non sia il monastero con i tre chiostri, ma la chiesa, il vero capolavoro d’arte gotica. Decidiamo alla fine di non entrare, merito anche dei cecchini della biglietteria che non ci fanno nemmeno affacciare a buttare un occhio al chiostro senza il biglietto (ragazzi, è un banalissimo chiostro: non dovreste nemmeno metterlo a pagamento!), e mamma compra una guida con la storia di monastero e chiesa.
Ci è andata di lusso: a metà mattinata siamo di nuovo in viaggio verso Chalon sur Saône, dove ci fermiamo per pranzo (con immensa gioia della fraulein che da quando è a dieta, poveretta, è perennemente affamata). Subito dopo, schizziamo giù dal camper.
Il giro pomeridiano inizia con un cielo grigio che si schiarisce via via. La parte della città vecchia è bellissima, soprattutto Place de St. Vincent, circondata da case con travatura in legno a vista. I tavoli dei caffè all'aperto attribuiscono ulteriore fascino alla scena.
La facciata e i campanili neogotici conferiscono un'aria strana alla Cathédrale St.Vincent, in fondo alla piazza. Le parti più antiche risalgono all'XI Secolo mentre la chiesa stessa è frutto di una ricostruzione del XIX Secolo.
Ci facciamo anche scappare un giretto al mercato all’aperto di Place de Baune per immergerci nell’atmosfera della cittadina francese mentre gli odori delle boulangeries intorno riempiono l’aria. Come ogni volta che arriviamo in territorio d’oltralpe.
Una passeggiata sul lungofiume tanto per ammirare i tetti delle case riflessi nell’acqua e le decorazioni lungo la promenade, poi di nuovo all’area di sosta (tra l’altro comoda, vicino al centro e degna di nota) per riprendere il cammino e sperare di arrivare ad Auxerre per cena. Peccato che un grazioso “bouchon” (un tappo!) ci faccia perdere mezz’ora nel centro. Strano: a piedi questa città non sembrava così grande!
Dopo aver guidato per tre orette buone (da Chalon sono 150 km) arriviamo ad Auxerre, giusto in tempo per spalancare gli occhi sul lungofiume con le lucine della città che si accendono al crepuscolo. L’acqua ferma del Saône riflette le barche attraccate e le splendide cattedrali della città vecchia dietro alle case vista fiume. E’ già uno spettacolo, e domattina se il sole ci assiste sarà ancora più bella. L’area di sosta al porticciolo è piena di camper… anche se in realtà supponiamo siano tutti abusivi, dato che in realtà è il parcheggio degli autobus! Intanto scendo cinque minuti dopo cena a scattare qualche foto sul ponte adiacente. La notte su questo fiume, con queste luci, da qui, è senza parole. Magari domani mi tornano.

Sabato 21 settembre 2013 – km 52263

- da Auxerre a Bourges
Colazione in perfetto orario anche stamattina, anche se il sonno inizia a farsi sentire. Il fatto che siamo già in città e pronti alla visita comunque agevola moltissimo gli spostamenti, infatti prima delle nove siamo già dall’altro lato del ponte, immersi nella nebbia del mattino che si va dissolvendo piano. L’ufficio turistico è ancora chiuso, quindi decidiamo di iniziare il giro dalla Cathédrale de St.Etienne, sulla strada parallela al Quai de la République (il lungofiume), e raggiungere poi l’altro ufficio turistico in centro, a Place de l’Hotel de Ville. Giusto per prendere una piantina della città che ci faciliterebbe la visita (considerando che, su tre, almeno uno è in grado di leggere una piantina topografica – il babbo).
Con la scusa di arrivare, scattiamo foto su foto.
A parte la poca cordialità dei commercianti e l’ufficio turistico in centro che dovrebbe aprire alle 9.30 e un’ora dopo è ancora chiuso, Auxerre merita senza dubbio una visita. Ovviamente gli appassionati di vini avrebbero di che soddisfare la loro sete: qui siamo nel cuore della Borgogna e le enoteche nella zona non mancano di certo.
Ma noi, volenti o nolenti, saltiamo a piè pari il vino e ci buttiamo sull’architettura, che poi è la cosa che realmente ci interessa. Rue de l’horologe ad esempio, accessibile passando dall'archetto in pietra sovrastato, appunto, da un orologio e una torre a lato, è fiabesca. Ti aspetti un principe a cavallo apparire dal fondo della via o una principessa affacciarsi da un momento all’altro dal torrino a fianco all’orologio. Inutile dire che alcuni scorci e vicoli sono senza parole: “orti” di edera lungo i muri, fiori colorati in grossi vasi ogni dieci metri ai lati delle strade e deliziose casette a graticcio di vari colori che si susseguono lungo il pavé delle stradine della città vecchia, circondata dai boulevards alberati.

Tre grosse cattedrali si susseguono poi da un lato all’altro del centro, e ovviamente noi le facciamo tutte: la Cathédrale de St.Pierre, a ridosso della Rue du Pont, quella di St.Etienne visitata all’inizio, e la Cathédrale de St.Germain, con la Tour de St.Jean separata da una piazza dopo l’abbattimento di parte della chiesa all’inizio dell’Ottocento per costruire la nuova entrata dell’ospedale. Che bello questo paese di quarantamila anime (un po’ sulle loro magari, e scortesi, ma tant’è): al momento si aggiudica il premio bomboniera 2013. Ricordiamo che tre anni fa, durante il nostro primo viaggio (Normandia), la bomboniera fu Honfleur, di cui ci innamorammo tutti e tre follemente. Poi certo… ci sono ancora Bretagna ed Aquitania, quindi è un po’ prestino per tirare le somme!
Pranzo abbastanza volante (una nota particolare merita la boulangerie in zona Place des Cordeliers dove in mattinata sono stati acquistati due croissants e una meringa gigante per un totale di 3,50€ e 15.000 calorie), toccata e fuga al Leclerc dietro l’area di sosta e si riparte per Bourges, dove arriviamo verso sera dopo uno dei soliti viaggi eterni grazie a Tom il navigatore che ci porta per stradelli quasi sperduti. Troviamo un’ottima area di sosta in Rue Jean Bouin, a poche centinaia di metri dal centro storico, con carico/scarico acque e… troppi alberi per far funzionare la parabola della tv. Ma è gratis. E nel frattempo, io schizzo al centro informazioni turistiche a prendermi la piantina del paesello. Anche internet è un dramma. Ci sarebbe una connessione wifi perfetta (Bourges wifi) che richiede solo un’autenticazione via sms ma non si riesce a farla funzionare.
Morale della favola, summit serale e nanna.

Domenica 22 settembre 2013 – km 52407
- da Bourges a Laval

E oggi si va a spasso per Bourges, ma ci si sveglia con calma: siamo attrezzatissimi e la giornata promette finalmente sole! Per il centro si passa lungo Rue Moyenne, alla cui destra si erge l’imponente Cathédrale de St.Etienne, diciamo il pezzo forte del paese, che credevo in effetti migliore.
Solo un paio di vie (Rue Mirebeau e Rue Borbonnoux) conservano pressoché intatte le tipiche case a graticcio che io e il babbo tanto amiamo, e a parte l’architettura di alcuni edifici che meritano qualche foto (come La Poste, il Palais Jacques Coeur con l’adiacente Théatre e il Musée de Berry) il resto non mi soddisfa. Meno male che il pane della classica boulangérie e gli orecchini 1€ al paio comprati al Marché de St.Bonnet poco dopo risollevano un po’ la mattinata.
Io nel frattempo penso ancora alla meringa gigante mangiata ieri mattina. Subito dopo pranzo, tra smadonnamenti vari per il problema della connessione internet che va e viene (più va che viene), scarico/carico acqua, pulizia cassetta e si riparte. Finisco di smadonnare io e inizia il caro vecchio babbo, perché Tom ci porta attraverso i soliti paesini lungo stradelletti sperduti nelle campagne del centro. Siamo più o meno nella stessa zona attraversata anni fa durante il tour dei castelli della Loira, risoltosi alla fine in un solo giorno al Parc Mini-chateaux nei pressi di Blois.
- “Quando ce divertivam’ a la Francia…” -
Souvenirs du camping car.
Alla fine, papà smadonna, l’interfaccia di navigazione cerca le strade che Tom dice sul suo pc con Autoroute 2007 e la declassata filippina segue il percorso sulla cartina Michelin della Francia comprata oggi. Morale della favola: itinerario ripianificato dopo un’ora di giretti a 30 km/h nei paeselli. E, contro ogni pronostico, guadagniamo anche una decina di minuti sulla tabella di marcia e intorno alle 20.30 finalmente siamo all’area attrezzata, anche se per la cena dovremo aspettare le 21.

Lunedì 23 settembre 2013 – km 52740

- da Laval a St. Malo
Il cielo sulla Moyenne, fiume che solca il paese di Laval, sembra bigio anche stamattina, ma non ci scoraggiamo e anche oggi prendiamo a camminare subito dopo colazione. Il centro storico è piccino, si gira bene in un paio d'ore. Attraversiamo Pont de l’Europe e Pont Aristide Briand ed entriamo, attraverso la Grand Rue, nel centro storico. Un paio di scorci graziosi con case a graticcio ed archetti, e la Cathédrale de la Sainte Trinité che almeno all’esterno non è proprio da buttar via, giustificano la camminata.
Ma, a parte questo ed un parco in prossimità dell’Hotel de Ville, il paese non ha molto da vedere, tanto che alle 11 siamo già di nuovo in viaggio verso Rennes, dove arriviamo in tempo per pranzo, non senza qualche difficoltà per trovare un parcheggio utile abbastanza vicino al centro. Che raggiungiamo, comunque, subito dopo pranzo con 1,40€ di bus! Il primo immenso edificio che ci troviamo davanti è il Palais du Commerce, su Place de la Republique.
Place de la Republique., Rennes
A tre isolati c’è l’ufficio turistico dove agguanto una piantina del centro storico almeno per orientarmi. Seguo la strada con un evidenziatore per capire da che parte vado, mamma è un trattorino e cammina senza sosta, il vecchio babbo sclera perché il sole scalda troppo. Nonostante la città sia una di “quelle grandi” sulla mappa, non offre niente di più di altre cittadine già visitate.
Alcune viuzze graziose con le caratteristiche case a graticcio, la bella Cathédrale de St.Pierre e l‘Hotel de Ville con l’Opéra di fronte. Siamo stati bravissimi: alle 18 siamo di nuovo alla base e ci fermiamo un’ora per la spesa. Ci comportiamo abbastanza bene ma ci concediamo qualche stravizietto “carboidratesco”, tipo pane e panini vari. La mia croce è che, stando al posto passeggeri, mangio tutte le mie parti prima di arrivare a St.Malo. I pisellini per cena, già pronti dall’ora di pranzo, vengono avidamente consumati una volta arrivati all’area di sosta nei pressi dell’ippodromo cittadino.
Finalmente domattina rivedrò il mare.

Martedì 24 settembre 2013 – km 52913

- da St. Malo a Cap Fréhel
Svegliarsi la mattina diventa sempre più difficile. Meno male che i cornettini e gli chaussons aux pommes comprati ieri al supermercato ci danno una mezza marcia in più per iniziare la giornata. Il babbo parte in ricognizione con il cinquantino per dare un’occhiata all’area circostante. Tornerà alla base dopo quaranta minuti e dopo essersi perso nei sobborghi della città. Io nel frattempo parto a piedi e arrivo all’ufficio del turismo. I vecchi mi raggiungono in motorino e partiamo in spedizione punitiva. St. Malo è un gioiello medievale, ricostruito fedelmente dopo la distruzione del ’44 e fortemente legata al mare: famosa per essere stata la città dei corsari, oggi è considerata la capitale della vela in Francia. La spiaggia corre quasi tutta intorno al muro di cinta, ma in realtà c’è l’alta marea e si vedono solo gli isolotti e il Fort National in mezzo al mare.
Giriamo il centro, entrando da Porte St.Vincent, a fianco al castello. Giriamo per i vicoli (io col mio fedele evidenziatore seguo il percorso sulla piantina del centro storico, l’intra-muros) soffermandoci alla Cathédrale de St.Vincent.
Saliamo per le foto al Bastione della Tour Bidouane, dove non manco di fare foto idiote con la statua di Robert Surcouf, corsaro francese del XVIII secolo, che combatté soprattutto la flotta inglese nei mari dell'India. Proseguiamo verso il Bastion La Hollande, con il cannone verso l’oceano e il suo ampio parco di erba rasata. Interessante la plancia con la storia della Loggia dei cani da guardia, che si ergeva sotto il bastione. Dal Medioevo era noto il motto "Cave canem" (ovvero "Attento al cane" in latino), riferendosi ai cani da guardia, mastini, lasciati liberi la notte in città. Dopo il coprifuoco delle dieci di sera infatti (la campana della cattedrale suonava per ricordarlo), i mastini venivano lasciati liberi e facevano buona guardia, riservando agli imprudenti il destino di essere dilaniati. Dopo l’ultimo attacco nel 1770 la prefettura decise di sbarazzarsi dei pericolosi mastini inglesi, ma la campana della cattedrale suona ancora a ricordare il vecchio coprifuoco.
Da Porte Dinan, col nostro pranzo da boulangerie, scendiamo in strada fuori dal muro di cinta.
Ancora quattro passi dopo una meringa al cioccolato e una brioche gigante e poi si torna alla base con il cinquantino del babbo, una alla volta. Nel frattempo la marea si è abbassata e la spiaggia che stamattina era coperta dall’acqua ormai è completamente secca ed il Fort National è raggiungibile a piedi Orde di pellegrini si riversano in spiaggia, scarpe in mano, e camminano su quello che è un immenso bagnasciuga fino al forte.
Noi nel frattempo cambiamo comunque meta e ci lasciamo St.Malo alle spalle. Una ventina di chilometri lungo la costa e raggiungiamo Fort La Latte, un castello arroccato in cima ad uno spuntone di roccia, che sembra carino da vedere ma il sito è già chiuso. Ci spostiamo allora verso Cap Fréhel, a due passi dall’omonimo faro (uno dei tanti disseminati lungo la costa della Bretagna). Il faro di Cap Fréhel è un faro moderno, costruito negli anni Cinquanta in sostituzione del preesistente faro voluto da Luigi XIV, che si trova proprio accanto e che nella forma ricorda un torrione. Sempre affascinante, la location dei fari. Peccato che il tramonto si bruci dietro le nuvole. Giretto con l’aria umida e fresca del crepuscolo prima di risalire a bordo e fermarci a dormire.

Mercoledì 25 settembre 2013 – km 52973

- da Cap Fréhel a Plougastel
Ci si sveglia prima dell’alba, alle 7.30 siamo fuori dall’area camper che alle otto si pagherebbe, ed iniziamo a viaggiare lungo i paesini della costa seguendo la D786. Nei pressi di Erquy, prima della Plage de Caroual, c’è un’area di sosta dove scarichiamo e ricarichiamo (ci bastano 2€) e ripartiamo verso St.Brieuc per poi seguire la comoda N12 fino a Morlaix, dove usciamo e prendiamo stradine secondarie fino a Brignogan Plage, quasi sulla punta estrema della Bretagna. Lungo il percorso ci imbattiamo in alcuni punti di costa che in realtà sembrano paludi a causa della bassa marea, addirittura i cartelli che segnalano  pericoli di inondazione! Insomma, un immenso Mont St.Michel acquitrinoso.
Plage Boutrouilles (nel distretto di Kerlouan) è invece la località dove ci fermiamo a mangiare subito dopo:  favolosa, con delle stupende formazioni rocciose sulla sabbia, accentuate dalla bassa marea.
  Inutile dire che le foto sopra gli scogli e i piedi nell’acqua (gelata!) dopo pranzo sono d’obbligo, così come l’esplorazione dello stradello che costeggia la lunga spiaggia di sabbia bianca con le stesse formazioni rocciose che ricordano i menhir preistorici.
Peccato che la pioggerellina bretone ci guasta la festa e la visita al faro. E’ una giornata di trasferimento, oggi, quasi sempre in camper, condita dalle bestemmie del babbo che minaccia Tom il navigatore perché ci manda per i soliti paeselli sperduti. Finalmente nel tardo pomeriggio ecco apparire Brest, dove ci fermiamo giusto il tempo di qualche foto perché non troviamo neanche le indicazioni per il porto turistico e quindi rinunciamo. L’importante per noi è la foto non a Brest, ma al cartello all’entrata della città. E’ quasi mitologico come Hammerfest.
A quindici chilometri ad est c’è l’area camper di Plougastel-Daoulas in cui ci piazziamo per la notte. Una volta tanto si cena in orario. Anche se, personalmente, con tutto lo schifo mangiato oggi, mi accontento di un tè.

Giovedì 26 settembre 2013 – km 53304
- da Plougastel-Daoulas a Larmor Plage
Comincio a pensare che in Bretagna si passi dalla nebbia del mattino alla pioggia che accompagna il pranzo al tramonto coperto da nubi scure. Anche stamattina si fa colazione circondati da una coltre di nebbia, la stessa che ci accompagna per un buon paio d’ore fino alla Presq-île de Crozon, fino da Lidl (dove facciamo incetta di prodotti da forno nemmeno attendessimo il colpo di stato), fino all’area attrezzata dove carichiamo/scarichiamo, puliamo, spolveriamo e quant’altro, poi inizia a diradarsi per far posto alle nuvole che nascondono il sole. A Camaret sur Mer, punta estrema della penisoletta, non amano i camperisti, infatti lungo il porticciolo il divieto di accesso ai camper è ben segnalato in diversi punti. Ma noi, come altri, cerchiamo di parcheggiare senza dare troppo fastidio e scendiamo giusto una mezz’oretta per fare un po’ di foto al mare con le barchette attraccate, con le casette colorate a tinte pastello sullo sfondo.
L’odore dell’oceano è ciò per cui è valsa la pena arrivare qui, le onde leggere si buttano a riva, sulla spiaggetta ad un lato della passerella del molo. L’acqua più calma nel porto si infiltra nel legno delle barche vuote che cadono a pezzi, arenate, all’altro lato della passerella, in fondo alla quale si erge una cappelletta per i pescatori. Mamma riesce a passarci dieci minuti dentro, nonostante siano cinque metri quadrati di chiesa, poi torniamo verso il camper dove il babbo ci attende per riprendere il cammino. Sulla via del ritorno, ripassando per Crozon, ci fermiamo ad un Leclerc per comprare un bric d’acqua e la tavola calda lì a lato ci alletta con l’idea del menu moules frites a prezzo estremamente competitivo. E finalmente si mangia fuori! Subito dopo pranzo scrocco anche mezz’ora di wifi gratuito, poi mettiamo gazole e proseguiamo verso Pont-Aven. Dal primo giro in cerca di parcheggio, già sembra il paese di un quadro impressionista. Alla fine parcheggiamo presso l’InterMarché locale (anche perché aree di sosta camper non sembrano esistere) e scendiamo.

Il fiume Aven, irrequieto nella prima parte del suo percorso, attraversando il paesino di Pont-Aven si trasforma in un placido estuario segnato dalle maree e solcato da imbarcazioni turistiche. Il corso d’acqua si districa tra grandi massi arrotondati e fa girare le ruote in legno dei 14 mulini rimasti attivi lungo il suo corso. Paul Gauguin arrivò qui  a Pont-Aven nel 1886 col treno della nuova linea Paris-Quimper.
Qui incontrò altri pittori e fondò la scuola impressionistica di Pont-Aven prima di finire i suoi giorni nelle isole dell’emisfero sud. Nel XIX Secolo la colonia artistica che aveva base in questo luogo bucolico donò nuovi colori al borgo: tutt’oggi le gallerie d’arte abbondano e fanno rivivere quello stesso spirito bohémien. Questo paesino di tremila anime è un luogo ideale per allontanarsi dai paesaggi dipinti e godersi paesaggi naturali veri e propri.
Che dire... alcuni punti sono capolavori di mulini ad acqua (ahimé ormai adibiti a ristoranti con vista panoramica) e ponti in pietra sul fiume Aven (che qui è al suo punto più stretto prima di sfociare nel’oceano) circondati da fiori coloratissimi. La Promenade Xavier Grall ci accompagna da una riva all’altra attraverso paesaggi segreti e lungo lavatoi, canali e chiuse che bagnano le vestigia dei mulini, mentre i fiori colorano sponde e muri. Anche Quai Theodor Botrel è un quadro impressionista muto.
Un paio d’ore, duecentocinquanta foto e si prosegue una cinquantina di chilometri per avvicinarci alla meta di domani. A Larmor Plage troviamo un’area sosta non troppo lontano dal mare e ci fermiamo per la notte. E, ovviamente, la cena!

Venerdì 27 settembre 2013 – km 53516
- da Larmor Plage a Sain-Etienne Morluc
Siccome qui al camper la mattina non ci si può svegliare e dire semplicemente buongiorno, la prima considerazione di oggi, appena svegli, è: come mai alle 7.30 è ancora così notte? La risposta, ovvio, sta nella longitudine. Siamo più ad ovest di Londra, sotto la Cornovaglia: secondo il fuso orario britannico dovrebbero essere le 6.30 del mattino, ma siccome la Francia ha il fuso orario centroeuropeo (come i Paesi Baschi del resto, ancora più ad ovest pur conservando la stessa ora del resto della Spagna), la nostra mattina in realtà è ancora buio pesto. Svelato il mistero sul quale ci siamo soffermati a ragionare, finalmente è il momento colazione e poi ci si sposta verso la Presqu-île de Quiberon, che scopriamo caletta dopo caletta lungo la strada che costeggia la scogliera della Côte Sauvage.

Ci fermiamo in alcuni punti piuttosto panoramici ed io non manco di fare la scimmia arrampicandomi qua e là sugli scogli nelle calette, scattando foto all’acqua dell’oceano che si infrange spumeggiante a riva. Stupendo. Voto 8 ½.
Poco prima di pranzo siamo di nuovo lungo la D768 verso Carnac e i suoi megaliti. Pranziamo nel parcheggio del sito e subito dopo scendiamo per fare quattro passi lungo il sentiero che costeggia il cosiddetto allineamento. Menec, KermarioKerlescan e Kerzerho sono quattro gruppi di allineamenti che si susseguono all’incirca
per due chilometri di D916, il che li rende, in realtà, visibili dalla strada come un mini Stonhenge. I megaliti (che poi sì, sono tantissimi ma di “mega” hanno ben poco a dire il vero) sono infatti quasi ordinati in file come tanti soldatini, o come le croci di un cimitero.
L’architettura megalitica è di fatto divisa in due grandi famiglie: la prima, quella delle sepolture individuali (tumuli) o collettive (dolmen) che possono essere considerate per la loro monumentalità; la seconda, quella delle pietre erette così, “a caso”, nel senso che gli esperti stanno ancora cercando di stabilire il motivo della loro presenza.
Noi, non completamente soddisfatti dall’architettura funeraria del sito neolitico (5000 anni prima di Cristo), ci dirigiamo verso Locmariaquer, dove sorgono il gigantesco tumulo di Er Grah, (apprezzabile in realtà solo da una vista aerea), il menhir spezzato (noto con il nome di Grand Menhir per le sue dimensioni), e la Table des Marchands, camera funeraria in pietra. Siccome però il Centre des monuments nationnaux vuole i nostri soldi per accedere al sito, ci accontentiamo di scattare foto da fuori, anche se la siepe che circonda le costruzioni rende difficoltosa l’impresa. Tanto si è detto e tanto si è fatto, alle quattro di pomeriggio riprendiamo la cara vecchia N165 in direzione Nantes, dove finalmente tenteremo il campeggio per il weekend. Ci fermiamo però a St.Etienne Morluc, a venti chilometri, nell’area camper di un Super U, e decidiamo di entrare in città domani per sfruttare al meglio i soldi del campeggio, che di solito va a giornata. Giro nel supermercato con conseguenti compere e poi alla base.
Fa caldo.
Con me ho perlopiù vestiti pesanti ed è faticoso rimediare qualcosa da mettere.
Domani ci penso.

Sabato 28 settembre 2013 – km 53768
- da Sain-Etienne Morluc a Nantes
Dopo la colazione, senza starci troppo a pensare su, partiamo in direzione Nantes. Raggiungiamo il Camping Nantes in Rue du Petit Port, a dieci minuti dal centro, e sbrighiamo le formalità per restare un paio di giorni. La receptionist è cortesissima, competente e parla tre lingue, parbleu! Un miracolo in terra francese, direi. Il campeggio è bello, pulito, e ogni piazzola ha la sua colonnina per acqua ed elettricità. E al modico prezzo di 1€ a soggiorno abbiamo anche internet con codice privato per la connessione! Woah! I padiglioni dei sanitari sono fantastici, le docce spaziose. Insomma, con 25€ a notte siamo davvero soddisfattissimi. E poi con 7,50€ compriamo un biglietto giornaliero di gruppo (fino a 4 persone) per i mezzi pubblici, e la fermata del tram è a cento metri dal camping. Arriviamo in centro sotto un cielo scuro, il tram ci ferma davanti alla Tour de Bretagne che ci porta fino a 150 metri di altezza. L’ultimo piano all’interno ospita poi il lavoro dell’artista Jean Gillan, “Le nid”, una sorta di accogliente locale con tavolini e sedie a forma di uovo e una morbida cicogna dal becco e collo lunghissimi che nella parte finale ha il bancone del bar. E c’è anche il wifi!
Dai vetri della torre si ammirano i tetti della città: si distinguono padiglioni, cattedrali e ovviamente la Loira in fondo dritta davanti a noi, ma l’aria è pungente. La giornata è iniziata nel migliore dei modi, se non fosse che appena fuori dalla torre inizia a piovigginare e ci guasta un po’ la tarda mattinata, confondendoci le idee. Ci fermiamo a mangiare qualcosa, riparati in attesa che smetta di piovere forte, poi riusciamo a districarci nei meandri del centro e visitare la stupenda Basilique St.Nicolas (fresca di sabbiatura, quindi bianchissima), in stile neogotico. Ovviamente, anche in questo caso, la chiesa come la vediamo risale alla metà dell'Ottocento, dopo dovute modifiche strutturali apportate nel corso dei secoli: basti pensare che la prima cappelletta qui costruita risale invece al XII Secolo!
Dalla cattedrale saliamo verso l’Hotel de Ville e la Cathédrale de St.Pierre et St.Paul, che comunque non merita quanto la chiesa di prima. Camminando ancora un pochino raggiungiamo il Chateau des Ducs de Bretagne, che invece merita decisamente una visita (e tra l’altro, i giardini che collegano la piazza della cattedrale al castello ospitano un luna park). Entriamo da cortile e la residenza ci accoglie.
Il babbo è entusiasta, facciamo il giro del forte camminando sui remparts (vista cantiere, tanto per cambiare: stanno infatti programmando di realizzare un parco giochi per bambini dall’altra parte del vecchio fossato del castello). Il tempo si rimette, dopo aver temporaneamente peggiorato durante la passeggiata del castello, ed attraversiamo il ponte per arrivare alla Tour LU, sede del famoso biscottificio degli anni Trenta sulle sponde del Canale St.Felix. La particolarissima torre, rimasta orfana della sua gemella che sorgeva sul lato opposto della strada, è colorata e ricorda la casette di marzapane delle favole. Sorvolerei sul Passage Pommeraye, la tappa seguente della giornata: d’accordo, non è migliore della nostra Galleria di Milano, ma di certo con la sua architettura ottocentesca, arricchita da statue e scale in pietra, sarebbe bello passarci attraverso e scattare foto. Invece no, perché i lavori che stanno facendo lo rendono praticamente inagibile: è completamente impalcato dentro e fuori, così come Place Graslin, con l’adiacente famoso Théatre Graslin: completamente smantellata, circondata da pannelli edili e di nuovo aperta al pubblico tra un mesetto. Che fortuna oh.
Torniamo alla base. Doccia, tv e nanna. Domani ci aspetta un altro giorno a Nantes.

Domenica 29 settembre 2013
- Nantes
Secondo giorno a Nantes. Oggi la prima tappa prevede l’Île de Nantes con Les machines de l’île e l’elefante meccanico. E’ domenica e quindi i tram sono un po’ più diradati rispetto a ieri, ma siccome i trasporti pubblici funzionano alla grande, non aspettiamo più di un quarto d’ora, e nel frattempo alla fermata facciamo conoscenza con una coppia di signori di mezza età di Besançon. Anche se, ovviamente, praticamente parlo solo io. Scendiamo a Wattignies, sulla linea 2 (anche se dovevamo scendere una fermata prima!) e camminiamo fino al lungofiume. La giornata uggiosa non ci aiuta, ma almeno non piove. Parlando del sistema che non funziona, di politica e di come le cose funzionino meglio in altri paesi, la Loira ci porta fino al padiglione che cercavamo, non prima di aver beccato una graziosa sfilata di macchine d’epoca sul Pont Anne de Bretagne. A parte questa specie di museo, l’area circostante non offre nulla, anzi: a meno che non si è appassionati di navi (ricordiamo proprio a fianco l’Ateliers et chantiers de Nantes, la Grue Titan simbolo della città e l’Hangar à Bananes, due gru che possono sollevare 60 tonnellate) è la zona più noiosa della città. Il carosello dei Mondi marini è l’ideale per i bambini e i grandi, con i suoi tre piani di giostre, ma noi ripieghiamo sul gigantesco elefante meccanico progettato nei laboratori di Les machines de l’Île e inaugurato nel 2007. Da allora è uno dei simboli della città, un capolavoro di ingranaggi ed ingegneria.
 
Tra un morto e un ferito, durante questa giornata piuttosto relax, nel pomeriggio riattraversiamo il ponte e arriviamo alla Gare Maritime dove ci imbarchiamo (con il solito biglietto collettivo) per Trentemoult, villaggio di pescatori sul lato opposto dell’Ile de Nantes.

Nel frattempo è uscito il sole ed i colori vivaci delle case diventano ancora più belli. I fiori nei vicoli contro le pareti, i cancelletti in legno, un gattone bianco si lecca la faccia. Immagini bellissime. (peccato che le foto del giorno le perderò tutte!)
Con il sole che sparisce di nuovo dietro le nuvole ci fermiamo in Place de Ricordeau, dove le Mur de Royal De Luxe attira l’attenzione con i suoi colori. Ideato dalla compagnia omonima, questo pezzo di muro che sembra caduto dal cielo e piazzato lì rappresenta personaggi storici, pittoreschi, siti ed eventi della città di Nantes.
Ultimo stop, la viennoiserie alla fermata centrale di Commerce, e poi alla base.

Lunedì 30 settembre 2013 – km 53768
- da Nantes a La Rochelle
La giornata inizia presto. Come sempre. La pioggerellina notturna ha rinfrescato l’aria, ed il cielo ancora semibuio non promette una giornata migliore. Colazioniamo e puliamo il camper, poi scarico/carico acque. Ma, prima di tutto, l’itinerario per i prossimi giorni. Insomma: a Nantes ci siamo arrivati, ed ora? Buttiamo giù qualche idea, includendo nel percorso i mulini della Vendée (dipartimento più a sud dei Pays de la Loire), Poitiers con i suoi apparenti cento campanili, le isole della Charente Maritime e giù fino a Biarritz tagliando fuori Bordeaux. Poi si vedrà. Tra una cosa e l’altra si fanno le 10, e finalmente partiamo. Arriviamo in breve a St. Michel Mont Mercure dove produciamo il primo fiasco cercando i mulini a vento, che alla fine diventa un solo mulino e anche senza pale (Moulin de Justice) affiancato ad un moderno ristorante.
Raggiungiamo quindi Pouzauges, dove invece di mulini ce ne sono due, ma l’area è delimitata e chiusa. Sai che c’è… che dopo il pranzo (con il “sandwich poussage” inventato dal babbo) e due foto tiriamo dritti per Poitiers, dove arriviamo nel pomeriggio. Peccato che saltiamo a piè pari un parcheggio a un chilometro dal centro, cercandone un altro più vicino, in piazza, troppo vicino, che in realtà non c’è, e ci infiliamo giù per una stradina lunga in cui le macchine sono parcheggiate su entrambi i lati, fortunatamente alternate. Molto stretta. Strettissima. Il babbo si agita, cerca di fare slalom tra un lato e l’altro della strada senza beccare il marciapiede, senza beccare gli specchietti, e per un istante formiamo un codazzo di macchine dietro a noi. Una tipa scende, abbastanza seccata, dall’auto dietro per dirci cosa dobbiamo fare, il babbo bestemmia, io cerco di parlare in francese, presa dal panico. Alla fine arriviamo in fondo alla via e vediamo la luce, quella del semaforo che ci porta fuori dal paese. Il babbo decide di lasciar perdere l’idea del centro storico di Poitiers e quindi verso sera, sotto la pioggia, arriviamo a La Rochelle. E’ tardi, il buio cala sul porto e noi giriamo in cerca di un’area dove i camper siano graditi anche gratis. Non trovando niente, ripieghiamo sul P+R Jean Moulin (park relais) dove una sbarra ci lascia passare dopo averci sputato un biglietto che domattina dovremo consegnare all’Accueil e pagare 10,50€ forfettarie. Vabè. Non potevamo avere di meglio per stasera. Certo che tra il tempo abbastanza uggioso, i mulini che non c’erano e Poitiers che tra un po’ restiamo incastrati nel vicolo, oggi è stata davvero una giornata inconcludente!
Ancora sto pensando: ma dove cavolo stavano sti cento campanili a Poitiers, che non sono segnalati da nessuna parte?!

Martedì 01 ottobre 2013 – km 54176

- La Rochelle, Île de Ré e St.Martin de Ré
La nebbia ci accoglie anche stamattina, tanto per cambiare. Dopo la colazione andiamo all’Accueil e ci registriamo, pagando la nostra quota, e la receptionist ci dà anche i biglietti per la navetta bus per il centro. Muniti di piantina della città pagata 20cent all’ufficio turistico siamo pronti per esplorare il centro.
Dall’Avenue Michel Crépeau, sull’altro lato del centro storico, si ammira un bel panorama del muro di cinta con la Tour de la Lanterne a sinistra e le due torri (Tour de la Chaîne e Tour St.Nicolas) che aprono il Port Vieux, abbastanza carino. 
Entriamo dalla Porte de l’Horologe lungo Rue du Palais (dopo mezz’ora di sosta al negozio di souvenirs) e ci troviamo davanti un’architettura abbastanza settecentesca, vecchi edifici e la sede della Borsa e il Palais de Justice. In fondo alla via, sulla sinistra, il campanile di St.Barthélémy e a lato la Cathédrale de St.Louis, impalcata perché in restauro. Un po’ delusi ci dirigiamo verso l’Hotel de Ville in fondo a Rue des Meciers, via del commercio nel sedicesimo secolo. Anche la sede del municipio, però, è in ristrutturazione. Ruspe, mattoni e scavi occupano la piazza e mi rendono decisamente nervosa. Meno male che poco dopo il 3x2 da Claire’s (bijoux e co.) mi distende. Mangiamo un flan volante comprato ad ottimo prezzo presso una delle comuni boulangeries del paese, e nel primo pomeriggio siamo già in viaggio verso l’Île de Ré, altro gioiellino della Charente. O almeno questo è ciò che dicono.
Dopo 8€ di pedaggio ponte (fortunatamente andata e ritorno e non tratta singola) approdiamo sull’isoletta lunga poco più di 30 chilometri e ci dirigiamo a St.Martin de Ré, città principale, la cui fortezza della Citadelle de Vauban è patrimonio dell’Unesco. Lasciamo il camper fuori dalle mura, in un angolino di parcheggio gratuito, e ce ne andiamo a spasso un’oretta, cercando ciò che davvero rende questa città così speciale a detta di tutti. Passeggiamo mezz’ora per le vie del borgo (tanto desolato e cadente quanto caratteristico) fino ad arrivare alla cattedrale omonima (l'Église Catholique Saint-Martin), spendo ben 1,80€
 per salire in cima a campanile perché l’affissione porta la scritta “il più bel panorama della città!”.
Immaginavo quindi di svettare chissà quanto ed avere una discreta vista della Cittadella e delle mura, ma è stato meno bello di quanto immaginassi. Ovviamente l'ingrato tempo non ha affatto aiutato.
A parte il bastione che fa la sua figura, il porticciolo è grazioso e pieno di ristorantini vista barchette attraccate, ma questa è solo l’ultima parte della nostra visita.
Torniamo al parcheggio erboso dove abbiamo lasciato il camper e saliamo in cima all’isola per vedere almeno il Phare de les baleines ma i camper non sono ben accetti, quindi rigiriamo dopo una foto volante. Optiamo per tornare a La Rochelle all’area camper di ieri per la sosta notturna. Tanto comunque saremmo ripassati per là. Cala il buio mentre giriamo ventilando l’ipotesi di una sistemazione più easy, ma alla fine è a Jean Moulin che torniamo.

Mercoledì 02 ottobre 2013 – km 54302
- da La Rochelle a Bourg
Ennesima mattinata nebbiosa, iniziata prima del giorno. Decidiamo subito subito di tagliare fuori l’Île d’Oleron (che era nel programma iniziale fatto a Nantes) perché se poi è una sòla come l’Ile de Ré magari è meglio dedicare più tempo a vedere qualcos’altro. Usciamo dal P+R e il navigatore ci porta fuori La Rochelle ma non prima di aver fatto un po’ di spesa. Giriamo poco più che in tondo per una quarantina di chilometri, arriva l’ora di pranzo e ci fermiamo poco distanti da Royan. Il babbo ne approfitta per spendere il suo “bonus tempo” in un ferramenta lì vicino. Insomma, giornata fin troppo relax. Avevamo quasi guadagnato un giorno sulla tabella di marcia e l’abbiamo speso così, senza far nulla.
Ci fermiamo nei pressi di Port Maubert, lungo l’estuario est della Dordogne, giusto per sgranchire le gambe e scattare qualche foto al porticciolo. Graziose barchette attraccate riposano, la temperatura esterna si aggira intorno ai 25°, ed è umido. Le zanzare banchettano. Il pomeriggio scorre placido (a fratte, grazie al navigatore) e il sole si affaccia timidissimo dalle nuvole per regalarci un accenno di tramonto ancora senza i reali colori mentre arriviamo a Blaye, dove siamo sul punto di piazzarci presso un’area ai piedi della Cittadella fortificata, ma poi tiriamo un’altra dozzina di chilometri fino a Bourg, altro grazioso paesino ai piedi dell’estuario della Dordogne che si immette poi nella Gironde. E becchiamo anche un vago rossore che riflette sull’acqua, tra le nuvole, all’orizzonte. L’area camper comunale regolamentata è in bocca al porto e richiede 5€ forfettarie per la notte. Per lo pseudo tramonto che siamo riusciti a vedere, va più che bene!

Giovedì 03 ottobre 2013 – km 54519
- da Bourg ad Anglet
Sarebbe stato carino, da parte del tempo, se anziché vento e pioggia stamattina al risveglio avessimo avuto solo un po’ di nuvolette. Nessuno pretendeva il sole, tanto ormai ci siamo abituati a questo schifo di tempo, ma così dobbiamo saltare la visitina a Bourg, che sembrava grazioso, e tiare dritti fino alla zona di Arcachon, con la Dune du Pilat, la più alta duna di sabbia d’Europa. Oltre il danno la beffa, lungo la strada il cielo si apre un po’ e il navigatore (che lo scorso anno per Capo Nord si comportò in maniera ineccepibile) quest’anno ci manda costantemente a fratte. Dopo inutili chilometri avanti e indietro, arriviamo in prossimità di Pilat Plage, dove il parcheggio per i camper costa 2€ forfettari per quattro ore e nel frattempo s’è fatta l’ora di pranzo e il risottino ci attende.
Subito dopo ci buttiamo giù dal camper e ci orientiamo nella “foresta” verso la duna. E ci chiediamo come sarà, se sarà impegnativa, se la sabbia affonda e cose così, accodandoci a gente che va tutta nella stessa direzione, fino a che non ci troviamo davanti all’immensa duna sabbiosa e ad una scalinata sbilenca. La Duna du Pilat è la più grande d'Europa, e si è formata in tempi relativamente recenti. A metà Ottocento misurava circa 35 m di altezza (adesso raggiunge un centinaio di metri) e la sua origine è legata, secondo gli studiosi, alla distruzione di un grosso banco di sabbia che nei secoli precedenti si estendeva davanti alla costa attuale. Il vento, ovviamente, ha fatto il resto.
Gente arrampicata, gente che scende correndo (e gridando), gente che rotola. Il cielo è finalmente sereno, ma in compenso il vento soffia forte, sollevando granelli, tanti granelli. E più si sale, più se ne sollevano. Anzi, ci schiaffeggia proprio con la sabbia, e addosso fa quasi male! Sabbia tra i denti, nelle orecchie e in altri duecento posti. Nei capelli neanche a parlarne. No ma ok, fai pure con comodo eh!

Ma chi ce l’ha fatto fare. Però decisamente ne vale la pena: dall’alto dei suoi cento metri si ammirano la foresta dietro di noi, il mare e il Bassin d’Arcachon con le sue spiraline di sabbia nell’oceano. Mi vengono in mente le isole australiane dei Whitsundays. Al ritorno, comunque, io sembro essere l’unica con problemi di sabbia nei posti più disparati.
Contro ogni previsione, al calare delle tenebre siamo nei pressi di Bayonne, a due passi da Biarritz. Fatichiamo un po’ lungo il fiume a trovare il parcheggio per i camper (infatti ci rimettiamo in movimento dopo cena) e alla fine, allo sprofondo di Anglet (tra Bayonne e Biarritz), ecco apparire un’altra dozzina di camper in uno spiazzale lungo l’Adour. Tempo di aprire la parabola e guardare un po’ di tv… e inizia a piovere. Talmente tanto che più tardi il babbo ventila l’ipotesi di dormire sul sedile, pronto a partire nella remota eventualità che il piazzale si allaghi!

Venerdì 04 ottobre 2013 – km 54826

- da Anglet a Olon Sainte Marie
La giornata inizia da schifo. Ha piovuto a secchi tutta la notte e non accenna a diminuire. Ci svegliamo con almeno mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia, ma tanto oggi è talmente bigio da farci presupporre che non migliorerà almeno nella mattinata. Il babbo riapre la parabola, la mamma prepara colazione. In assoluto la giornata più uggiosa da che siamo partiti.
Dopo la colazione approfittiamo di cinque minuti di distrazione della pioggia (che ha interrotto) per caricare e scaricare l’acqua e ci dirigiamo in camper verso Bayonne per cercare l’ufficio del turismo e avere renseignements in merito alla città. I due castelli non si possono visitare, e l’unico parcheggio che ci permetterebbe di restare qualche ora è pieno zeppo. Senza contare le strade con lavori in corso e deviazioni varie che peggiorano la stabilità mentale del nostro navigatore Tom. Nel frattempo almeno smette di piovere, ma la strada verso il sereno è ancora lunga. Decidiamo di skippare la cittadina medievale ed arrivare direttamente a Biarritz. Posti liberi non ce ne sono, parcheggi per camper nemmeno a pagarli, quindi optiamo per un bel giro “hop on hop off style” lungo la costa, che decisamente merita. Già da Anglet si scorge il faro che la sovrasta (il più alto di tutta la Francia), e la sua posizione rialzata sulla scogliera permette di ammirare un panorama davvero molto bello.
 
Le falesie a picco sul mare agitato mentre il cielo si schiarisce un po’ creano un bellissimo contrasto. Le case residenziali costruite a terrazza sulla baia fanno di questa città al confine con i Pirenei un gioiellino di destinazione estiva. Viaggiamo altri venti chilometri lungo la costa per arrivare in Spagna solo per fare una foto sotto al cartello di confine, ma oltrepassiamo senza rendercene conto perché un vero cartello di confine non c’è. Un po’ delusi dal cambio di paesaggio ed architettura quasi improvvisi senza nessun comitato di benvenuto né gente con botti di sangria, ce ne torniamo indietro prendendo stradine interne lungo i Pirenei. Il paesaggio è cambiato così tante volte nel corso di questi venti giorni. Dalle città medievali e cinquecentesche lungo i fiumi alle coste frastagliate della Bretagna, dalle spiagge all’oceano, e di nuovo le montagne che ci faranno da sfondo almeno per tutto il weekend. Sole e pioggia ci accompagnano fino ad Oloron Sainte Marie, un paesino sperduto tra le montagne sulla strada di Lourdes (dove contiamo di arrivare domani sera). Il tempo di fare un giretto e, guarda caso, ricomincia a piovere.
Ho capito.Questo viaggio è funestato.
Mi sa che Lourdes ci serve.

Sabato 05 ottobre 2013 – km 55048
- da Olon Sainte Marie a Lourdes
Contro ogni previsione, stamattina il sole ci accoglie dopo una nebbiolina di pochi minuti subito dopo l’alba (ricordiamo che la longitudine segue ancora Londra, quindi la mattina alle sette è buio pesto). Impostiamo la destinazione a Tom subito dopo aver fatto scorta di prodotti da forno al supermercato e lui, quasi senza battere ciglio, stavolta ci porta dritti fino a Laruns, da dove poi seguiamo da soli le indicazioni per Artouste ed il suo famoso petit train des Pyrénées, il più alto d’Europa. La strada si arrampica sulla montagna, ma non è particolarmente tortuosa e ci permette di scattare foto panoramiche. Arrivati alla stazione sciistica di Artouste (1250 metri sul livello del mare), con 23€ a testa passa la paura e compriamo i nostri biglietti per il trenino panoramico, la cui stazione di partenza è raggiungibile by funivia con un dislivello di 650 metri percorso in dieci minuti. Il sole riscalda, fortunatamente, e a mezzogiorno iniziamo il nostro viaggio.
Il panorama, superato il Tunnel de l’Ours toglie il fiato: siamo in mezzo ai Pirenei a duemila metri di quota correndo lungo un binario largo cinquanta centimetri, a strapiombo nella valle, che ricorda le ferrovie minerarie. Alla nostra sinistra, il Cap du Pourtalet lungo il crinale della frontiera spagnola, con il suo grigio chiarissimo, ed il Pic du midi d’Ossau con i suoi quasi tremila metri all’altro lato. Meno male che il sole illumina i colori, non ce l’aspettavamo proprio una giornata così! La nebbia a mezz’aria copre parte delle montagne ma rende il paesaggio ancora più suggestivo. Ad un tratto il trenino si ferma: un pezzo di roccia è venuto giù dalla montagna, frantumandosi contro la rotaia. Lo pseudo macchinista scende e libera il binario dalle pietre, ma non possiamo proseguire perché una rotaia è stato piegata dal peso della roccia.
Dopo aver piazzato il trenino in posizione di sicurezza con un’abile manovra di retromarcia non prevista (la locomotiva in testa non è fatta per spingere i vagoni, ma per tirarli!), tutti fuori e fermi lì, in mezzo ai Pirenei, aspettando istruzioni dal cantoniere che sta arrivando per controllare la situazione, riparare eventualmente la rotaia ed assicurare che si possa proseguire fino al Lac d’Artouste, destinazione di arrivo del trenino. Gente di ogni etnia approfitta dei minuti di fermo per scattare foto panoramiche fino a che il cantonier non arriva a sistemare il binario con la bua. Il babbo, ovviamente, è in brodo di giuggiole perché ha la possibilità di studiare la mini locomotiva da vicino, i vagoni ed il binario a scartamento ridotto. Simpatico fuori programma, altrimenti... che cosa racconti, di un’escursione nei Pirenei?

E si vede che qui sono abbastanza attrezzati e sanno come sistemare i problemi dovuti alle rocce che cadono dalle montagne sui binari (che sembrano frequenti). E tutti a bordo di nuovo fino al lago, che in realtà è una diga. La cima si raggiunge scalando rocce lungo un percorso fantasia fai-da-te, ma di certo merita. L’ultimo tratto lo faccio da sola mentre i vecchi mi aspettano a metà percorso.

Nel frattempo sale la nebbia e l’aria si fa più fredda ed io ridiscendo “a valle” per riprendere il trenino, che resta completamente aperto nemmeno fosse agosto: il freddo diventa pungente ed inizia anche a piovigginare. Non vedo l’ora di arrivare alla teleferica che ci riporterà giù fino al parcheggio del camper!
Dopo il caffè pomeridiano (e i magnetini del luogo che ovviamente la mamma non ha mancato di comprare!) riprendiamo la D918, sperando di arrivare alla prossima meta entro sera. Non dobbiamo percorrere molti chilometri ma bisogna superare un discreto valico di montagna che raggiunge, a Col d’Aubisque, quota 1709 metri. Le mucche a lato strada pascolano indisturbate, ed il percorso quasi totalmente deserto (tranne un paio di macchine) ci fa sentire intrepidi. La nebbia fitta purtroppo massacra un po’ il paesaggio che altrimenti sarebbe di certo spettacolare.
Arriviamo a fondo valle prima di sera e seguiamo le indicazioni per Lourdes. Dopo aver girato un po’ nei paesini intorno in cerca di un posto per dormire, alla fine arriviamo nel quartiere dell’Arrouza, direttamente nei paesino di Bernadette, e con 10€ forfettarie possiamo parcheggiare in un’area camper a bordo fiume. Il gestore ci illustra dove siamo su una mini piantina (che mostra praticamente solo il santuario), facciamo un piano rapido per domani e finalmente cena, sorbetto del Super U, tv e nanna.

Domenica 06 ottobre 2013 – km 55204
- da Lourdes a Tarascon sur Ariège
Come sempre, la sveglia suona alle sette ma nessuno si alza prima di mezz’ora ancora. Essendoci avvantaggiati ieri sera arrivando già sul luogo, alle nove siamo fuori dal camper a passeggio lungo la Rue du Paradis che costeggia la Gave, fiume che nel recente giugno ha straripato ricoprendo di fango il paesino di Lourdes. Fotografie a testimonianza e ricordo della tragedia sono appese al grosso cancello dell’Accueil Marie St Frai, subito prima dell’incrocio con Pont Vieux. L’aria è decisamente frizzantina, si sente che siamo ai piedi delle montagne. Sicuramente meglio del tempo in Italia, ma l’autunno è arrivato e non possiamo farci niente. Per arrivare al’opulenta basilica si attraversano un paio di vie
dal sapore inflazionato: a parte i ristoranti e gli hotel lungo il fiume, ogni negozio (e sottolineo ogni) vende santini, candele, ceri votivi e un’infinità di souvenirs di ogni genere. Forse questa eccessiva commercializzazione sminuisce un po’ il sapore religioso. Orde di pellegrini da ogni lato d’Europa (soprattutto italiani e spagnoli) affollano il santuario. La grande piazza confluisce verso la basilica con l’enorme croce d’oro sulla cupola, all’altro lato la statua della Madonnina con la corona circondata dai fiori. I miei si fermano anche alla messa (inutile dire che la basilica è gremita di gente) mentre io esploro i dintorni.
La fila dietro la basilica per raggiungere la famosa grottina in cui (leggenda vuole) la Vergine Maria apparse a Bernadette è infinita, unicamente per passare nella grotta, toccarne le pareti, lasciare una preghiera. Gente accalcata ai rubinetti dell’acqua “miracolosa” con tanichette e quant’altro. Sarà che mi sento un po’ estranea a questo business, ma mi rincuora e mi rasserena non aver visto malati in attesa di miracoli. E comunque lascio volentieri il mio posto in chiesa a chi crede e ha bisogno molto più di me.
Torniamo tardi alla base, con una baguette sotto al braccio ma poca fame, e alla fine optiamo per ripartire subito in direzione Andorra, il cuore pulsante dei Pirenei. Persino la sua posizione sembra fatta apposta per renderla inattaccabile: le strade che portano al principato si snodano infatti lungo valichi di montagna, la capitale Andorra La Vella è la più alta d’Europa a quasi mille metri sul livello del mare e circondata da picchi alti fino a 2400 metri. Noi comunque, dopo una pausa caffè a metà pomeriggio e una per scarico/carico acqua lungo la D117, ci fermiamo a Tarascon sur Ariège, grazioso paesino di montagna, per la notte.
E siamo a circa ottanta chilometri dalla meta.

Lunedì 07 ottobre 2013 – km 55404
- da Tarascon sur Ariège a Quillan
Stanotte ho dormito felice e al calduccio con la doppia coperta di lana. Quando ci svegliamo la temperatura è di 14°C, ma in compenso non è più così buio come sulla costa atlantica. Essendoci fermati per la notte davanti al Super U, ci tuffiamo all’interno per comprare i sorbetti che però non ci sono, e dopo l’acquisto di un paio di generi di prima necessità usciamo e riprendiamo la strada verso Andorra. La N20 fortunatamente è una strada abbastanza larga, e nonostante sia molto tortuosa c’è spazio per tutti.
A pochi chilometri dal confine si biforca: i temerari proseguono il valico di montagna per Pas de la Casa, mentre i “comodi” si buttano nel Tunnel dell’Envalira, a pagamento. Noi, ovviamente, siamo intrepidi e coraggiosi, soprattutto perché la strada, nonostante si arrampichi fino a quota 2400 metri nel suo punto più alto, è riasfaltata di recente, decisamente in ottime condizioni ed offre un panorama fantastico. Persino il vecchio babbo ne rimane piacevolmente sorpreso. E poi il sole finalmente splende, illumina i pendii dei Pirenei mentre noi ci passiamo attraverso, e poco prima di mezzogiorno siamo a Port d’Envalira (2408 metri slm) in cima al valico, dove un originale pannello in legno ci indica la tortuosissima strada appena percorsa. Un paio di foto d’obbligo ed inizia la discesa verso la capitale Andorra la Vella, dove arriviamo una mezz’ora più tardi dopo aver attraversato i paesini lungo i Pirenei. Splendidamente mantenuti, con hotel su entrambi i lati della strada, sono rinomate località sciistiche in inverno, e creano un mix di spagnoli e francesi che qui confluiscono E non dimentichiamo che Andorra è tax free, quindi appena riusciamo a fermarci (in realtà giriamo un’ora dentro la capitale senza trovare un parcheggio per camper) ci buttiamo in un tabaccaio Senza fare pubblicità occulta, diremo che le sigarette qui costano almeno il 30% in meno che a casa nostra. Si fuma!! Mamma ne approfitta per comprare un paio di magnetini, il babbo è felice per il prezzo del gasolio che qui tocca il minimo storico di 1,12€. Il paese dei balocchi, come la Repubblica di San Marino. Se si viene in auto, ovvio, altrimenti meglio starsene a casa: nella capitale non c’è un parcheggio dedicato ai camperisti, ma in compenso i centri commerciali abbondano! Un’oretta per i negozi e poi il babbo viene a riprenderci. Salutiamo il principato ed entriamo in Spagna, perché la strada sembra comunque meno tortuosa, per aggirarlo e risalire verso la D118 che si immette nella regione della Languedoc-Roussillon, la penultima del nostro itinerario francese. La strada dal versante spagnolo scorre benissimo, c’è ancora il sole, è un pomeriggio luminoso. Appena rientriamo in Francia, ecco apparire le nuvolette sulle cime delle montagne. E noi saliamo lungo la strada fino a quota 1700 metri, a 30 chilometri all’ora. E riscendiamo piano piano e nel frattempo il cielo si annuvola, diventa grigio, e poi scuro, e poi buio. Viaggiamo per ore senza muoverci poi molto, passiamo attraverso le montagne, giù dentro una gola quasi a fondo valle, fino ad arrivare a Quillan in prossimità della stazione ferroviaria, dove c’è un punto sosta per i camper con possibilità di pernotto. C’è persino il cartello apposito per noi, infatti altri viaggiatori sono già in posizione cena+nanna, con la parabola alzata.
Domani si va alla scoperta dei templari.

Martedì 08 ottobre 2013 – km 55683

- da Quillan a Carcassonne
Un’altra mattinata di sole! Ringraziamo, e dopo aver fatto colazione pulito la cassetta del bagno ci allontaniamo dalla stazione di Quillan in direzione Rennes-le-Chateau sulle tracce del mistero che la sua chiesa custodisce.
Il paesino conta poche decine di anime ma la sua storia è ricca di mistero, da quando nel 1885 Bérenger Saunière venne nominato parroco. Era un uomo colto che conosceva greco, latino ed ebraico e studiò per comprendere meglio le scritture. Viveva un’esistenza misera ma dignitosa e si occupò del restauro della chiesetta, molto dismessa, grazie ad una piccola somma presa in prestito. Durante gli scavi vennero alla luce quattro pergamene contenute in una colonna cava che sosteneva l’altare, ed il parroco mostrò i documenti al vescovo di Carcassonne, che lo invitò a Parigi per mostrarli a degli studiosi. Fu accolto nell’elegante circolo degli appassionati di esoterismo e più volte, tornato al paesino, ricevette visite di personaggi importanti. Saunière accumulò una fortuna proveniente da chissà dove, ed alcune lettere a lui indirizzate dai suoi amici sembrano lasciar trapelare qualcosa di misterioso di cui egli era a conoscenza, ma lui portò il suo segreto nella tomba. Leggende e miti si susseguono attorno al Santo Graal e alla chiesa di Rennes-le-Chateau: i simboli sono ovunque, come il demone Asmodeo (secondo la tradizione è il demone custode di segreti e grandi tesori) che sorregge l’acquasantiera, la scritta “questo è un luogo terribile” che troneggia sopra il portico e che lo stesso Saunière fece incidere, le iniziali dei nomi delle cinque statue dei santi all’interno della chiesetta che formano la parola Graal, insomma: ci credi o no. I cento abitanti se ne stanno chiusi nelle loro case e lasciano spazio ai gruppetti di pellegrini che vanno a spasso alla ricerca di qualcosa che non c’è. Ovviamente, dopo aver visto il luogo, noi conveniamo che è eccessivamente chiacchierato e pubblicizzato.
Lungo la strada verso Limoux ci fermiamo a comprare il pane e i sorbetti al Super U e, dopo un paio di deviazioni per paesini dovute a lavori, subito dopo pranzo siamo a Carcassonne. Parcheggiamo nell’area apposita per camper a poche centinaia di metri dal muro di cinta della Cité, la città medievale, la parte più ricca di storia.
  
Già da lontano sembra una fortezza della Playmobil, con un castello bellissimo ed un doppio muro perfettamente conservato. Appena entrati dalla Porte Narbonnaise, la porta principale costruita intorno al 1280, il tempo si ferma. Si ferma lungo i vicoli, si ferma nelle piazzette con i ristorantini affacciati. Si ferma davanti alla Basilique de St. Nazaire e allo Chateau Comtal con il suo rempart, il muro difensivo all’interno.

L’aspetto tipicamente medievale dell’intera cittadella mi fa dubitare dell’effettiva realtà dello spazio circostante. Sembra quasi creato apposta per i turisti, invece è solo una delle fortificazioni medievali meglio conservate al mondo. Ci perdiamo un paio d’ore per le stradine acciottolate, nonostante i turisti ed i negozietti di souvenirs, e torniamo comunque alla base relativamente presto.
Tanto al parcheggio si pagano 5€ forfettarie per sei ore, e dopo le otto di sera non si paga più fino alla mattina. Decidiamo quindi di restare per la notte e togliere le tende prima delle otto domani.
Il che significa svegliarsi davvero molto prima dell’alba!

Mercoledì 09 ottobre 2013 – km 55754
- da Carcassonne a Palavas-les-Flots
E come da programma, alle otto siamo oltre la sbarra del parcheggio. Percorriamo la D620 che poi diventa D908 in un bellissimo itinerario panoramico attraverso paesini quasi ai piedi delle montagne fino a Mourèze, grazioso borgo circondato da rocce dolomitiche che creano un paesaggio in stile canyon, il Cirque de Mourèze.
Il sito tra l’altro è piuttosto rinomato nel dipartimento dell’Hérault, e un’area di parcheggio al prezzo di 2€ forfettari ci attende proprio a due passi dall’imbocco del percorso turistico (uno dei tre disponibili). Dopo aver viaggiato tutta la mattina, siamo lieti di renderci conto di aver percorso appena centocinquanta chilometri. Alle due di pomeriggio siamo già pranzati e pronti a nostra volta a dare un’occhiata al paesaggio. Il sentiero è tuttavia abbastanza accidentato e di certo non per tutti, ma il sole per fortuna ci assiste almeno nelle foto: le rocce che si stagliano nel cielo azzurro, circondate da graziosi fiorellini di montagna, sono belle e disegnano un discreto panorama.
Andiamo a zonzo lungo il percorso sterrato e pieno di rocce, io mi infilo in ogni anfratto per scattare foto alle rocce più alte da diverse angolazioni. A seguire, un breve giro del borgo e poi si riprende la strada. Prevediamo di visitare le Grottes des demoiselles, ma l’apertura autunnale è solo pomeridiana ed ormai è tardi per oggi. Decidiamo quindi di fermarci a Montpellier fino a domattina e ripartire da lì per visitare le grotte nel primo pomeriggio, e da lì si vedrà.
La strada finalmente scorre bene, e poco dopo le cinque di pomeriggio siamo già in città. Il problema è che passiamo un’ora e mezza nel traffico, giriamo in tondo, il babbo si innervosisce, il navigatore impazzisce e alla fine rinunciamo all’idea e ci spostiamo verso Palavas-les-Flots, in mezzo alla laguna, a cinque chilometri dal nucleo cittadino, in un’area camper attrezzata che con meno di 12€ include carico/scarico acqua e doccia. Ah, e ovviamente restiamo per la notte.
Domattina si dorme.

Giovedì 10 ottobre 2013 – km 55996
- da Palavas-les-Flots ad Avignon
La mattinata scorre pigra. Ci svegliamo con calma (alle otto eh, mica alle dieci!), puliamo la base, svuotiamo la cassetta del wc, scarichiamo e carichiamo l’acqua.
Cerchiamo di fare un vago punto della situazione ma alla fine ci lasciamo guidare dall’istinto: la nostra tappa pomeridiana sono le Grottes des Demoiselles e poi si va verso Avignone in serata. Raggiungiamo il sito (a quaranta chilometri da Montpellier) prima di pranzo, ci fermiamo tranquillamente nel parcheggio gratuito, mangiamo con calma e poi con 10€ a testa abbiamo il nostro biglietto. La particolarità di queste grotte, aperte al pubblico nel 1931, è la piccola funicolare che si arrampica per 160 metri fino all’ingresso principale, ed è unica in Europa. Siamo in fila con un gruppetto di persone per la visita delle 14.30, la guida è in francese e non esiste nemmeno un opuscolino in lingua italiana. O meglio, alla biglietteria esistono dei fogliettini esplicativi ma sono rimasti in catalano e spagnolo.
Non che la cosa mi crei problemi (personalmente, il francese lo capisco e lo parlo), ma la guida non sembra nemmeno molto interessata a rifornire l’apposito distributore. Senza contare l’audioguida (acquistabile con 4,50€ in più), disponibile in inglese, americano (che poi… suvvia, sempre inglese è!), olandese e tedesco. La giustificazione del bigliettaio/guida (tra l’altro molto poco professionale) è che gli italiani che visitano il sito non sono così numerosi.
Vorrei sapere quanti americani ci vengono, invece.
Le grotte sono molto belle, benché consumate dai troppi turisti che si fermano a toccare ciò che l’acqua crea in migliaia di anni. Purtroppo/per fortuna è stato costruito un passaggio in cemento in mezzo alle varie stanze del magico mondo sotterraneo, ma noi siamo persi nelle foto e siccome la guida non si cura di noi non è che seguiamo molto la spiegazione. Ciò che capisco è che ormai le rocce calcaree sono praticamente secche, asciutte, e solo in alcuni punti più sotterranei filtra ancora e rende umida la grotta.
 
Ciò che capisco è che i passaggi e le scale di cemento sono stati costruiti dai muratori tra le stalattiti e le stalagmiti. Il sito è molto bello ma evidentemente rovinato dai turisti. Ci sono addirittura delle sedie in alcuni punti. Al momento di uscire, sentiamo solo un clap clap di mani come a richiamarci, e una volta arrivati alla funicolare per ridiscendere, la guida ci fa notare che gli altri aspettavano solo noi. Se si fosse curato almeno di dirci quanto tempo potevamo stare nella grotta, o se si fosse curato di aspettarci ogni tanto almeno durante il giro… Insomma, voto alla guida: 5. Voto alle grotte: 8. Almeno abbiamo delle discrete foto.
Provassero a Frasassi, a toccare le formazioni calcaree: i cecchini ti sparano a vista.
Ripartiamo verso Avignone, e lungo la strada, dopo aver percorso stradine sterrate e mulattiere grazie a Tom, vorremmo fermarci in prossimità di Pont du Gard, questo acquedotto costruito dai romani per portare l’acqua fino a Nimes. Peccato che il sito sia evidentemente a pagamento, dietro un moderno edificio adibito a “museo” dell’acqua e della storia dell’acquedotto. Decliniamo l’invito e tiriamo verso Avignone, dove arriviamo mezz’oretta più tardi. Siamo quasi gli ultimi ad arrivare all’area camper Relais Île Piot, ma riusciamo a ricavarci un posticino. E quando arriva l’omino ci fa sapere che la notte c’est gratuit, contrariamente a quanto recita il cartello all’ingresso. E domani siamo già qui.

Venerdì 11 ottobre 2013 – km 56184
- da Avignone a Marsiglia
Stamattina è particolarmente freddo, ma noi poco dopo le solite otto siamo già in posizione colazione. La navetta gratuita che arriva e parte dal parcheggio ogni dieci minuti ci porta dritti sotto le mura trecentesche, in parte restaurate.
Dopo aver preso la piantina della città al solito ufficio turistico (in Rue de la Republique) siamo pronti a dare un’occhiata in giro. La città, fondata oltre cinquemila anni fa, è stata il crocevia di molteplici culture grazie alla sua posizione geografica strategica propizia agli scambi e la sua ubicazione privilegiata fu rafforzata dalla costruzione del celebre ponte nel XII secolo.
Il centro storico non è particolarmente grande, si gira molto bene nonostante i ciottoli che ricoprono i vicoli. Nonostante l’impronta medievale più esterna, appena varcate le mura si scoprono l’architettura barocco romana e classicista francese, penetrate nel tessuto urbano dal Seicento in poi.
Molto bella la Place de l’Horologe (che prende il nome dalla torre dell’orologio praticamente inglobata nell’Hotel de Ville) con i suoi ristorantini e la Comédie, primo teatro all’italiana fondato nel Settecento. Rifugio del papato, Avignone si impose come capitale dell’Occidente cristiano: la cosiddetta “acropoli avignonese” è di fatto patrimonio dell’Unesco dal 1995.
Il Palais des Papes è uno dei più importanti edifici gotici medievali dell'intera Europa, e insieme all'adiacente cattedrale è la vera attrazione della città di Avignone: è un edificio di dimensioni spropositate considerando la superficie totale della fortezza, conta dodici torri di diverse altezze e si affaccia sull’omonima Place du Palais assieme all’antico palazzo comunale ed i giardini adiacenti. Dal 1840 è il monumento storico di Francia e dal 1995 patrimonio dell'Unesco. Fu costruito nel XIII secolo sul Rocher des Doms, lo sperone di roccia praticamente inattaccabile da cui si ammirano il Rodano e Villeneuve Les Avignon.
Il Pont St.Benezet  poi, il “Pont d’Avignon” della canzone, è l’altro vero simbolo di questa graziosa bomboniera: costruito nel XII secolo, fu distrutto durante la crociata albigese un secolo più tardi. Ricostruito, fu poi danneggiato svariate volte dalle inondazioni e dalle piene del fiume, e a partire da Seicento non fu più restaurato. E’ visitabile a pagamento ma qualche foto dal lungofiume sottostante bastano a descrivere la sua storia. E l’unico ponte “mozzo” al mondo, l’unico che non arriva più dall’altra parte del fiume. La sua visione più bella si ha comunque dal Pont Daladier, perché la prospettiva laterale mostra davvero quanto in realtà sia lunga la parte mancante.
Dopo le nostre tre orette di visita torniamo alla base per uno spuntino veloce, e si riparte verso la prossima tappa. Lungo la strada, rifornimento e spesa. Ce la prendiamo comoda. All’imbrunire, Marsiglia appare dall’autostrada. Il problema è che ci impelaghiamo nel traffico cittadino per trovare l’area, e il babbo sclera. Giriamo a vuoto, in tondo, chilometri e chilometri e ciò che vediamo è solo porto e code in tangenziale. Ovviamente ci perdiamo, e il babbo sclera. Arriva il buio, e il babbo sclera. Durante uno dei nostri stop incontriamo un gentile signore del posto che parla sei lingue diverse e ci racconta che fa il giardiniere nella zona e che per la notte potremmo restare lì, accostati nel parcheggio delle case che lui cura. A Marsiglia non ci sono campeggi, ed il sobborgo di periferia che dovrebbe avere un parcheggio dove stazionare sembra sconosciuto. Il babbo sclera, comunque. A prescindere. Alla fine optiamo per spostarci a Cassis, con tanti saluti all’amico giardiniere, ed inizia la lunga traversata della falesia, anche questa molto panoramica, ma di giorno! L’unico posto al paesino però (visto che gli ottomila parcheggi attorno sono vietati a camper e caravan) è un campeggio dai prezzi proibitivi e il babbo sclera. E per principio ce ne andiamo, riavvicinandoci a Marsiglia. Ci fermiamo un po’ così, in una piazzola che adibiamo ad area di sosta per la notte, contrari ad ogni principio espresso dal babbo fino ad oggi. Siamo stanchi e provati. E sclerati.
Al resto penseremo domani.

Sabato 12 ottobre – km 56342
- da Marsiglia a Ollioules
La giornata inizia fredda, con noi fermi nell’area di sosta improvvisata. Ripartiamo verso Marsiglia e dopo aver girato mezz’oretta alla ricerca di qualcosa, alla fine troviamo una sistemazione lungo la strada, giusto per la giornata, in prossimità di Sainte Marguerite Dromel, capolinea sud della linea 2 della metro. E sperando che non parta una multa, chiudiamo la base e ci allontaniamo. Con un biglietto giornaliero da 5€ iniziamo il nostro viaggio alla scoperta della “Napoli” francese.
 Il babbo non è affatto entusiasta dell’inospitalità dei locali, e soprattutto non appena arriviamo a Port Vieux, il vecchio e pittoresco porto, sembra già di stare a casa: gli italiani pullulano!

Optiamo per il bus n.60 che, grazie ad un conducente piuttosto sportivo nei vicoli, ci porta dritti in bocca a Notre Dame de la Garde, la basilica in cima alla scogliera da cui si gode un ottimo panorama sull’intera città. Un certo “maître Pierre” nel 1241 fece costruire una piccola cappelletta dedicata alla Vergine Maria in cima alla collina denominata “La Guardia”, in onore della Vergine protettrice dei marinai. Da qui il nome della basilica, che deve la sua particolare attuale architettura al re Francesco I, che fece inserire l’originaria cappelletta all’interno del forte da lui costruito nel XVI secolo. E’ infatti accessibile attraverso un ponte levatoio, che lo stesso re decise di lasciare abbassato per permettere ai fedeli di accedervi costantemente. La basilica ha da sempre occupato un posto importante nel cuore dei marsigliesi: la sua sagoma infatti, con il suo campanile di 60 metri sormontato da una colossale statua della Vergine con il Bambino, è visibile da gran parte della città e in mare per chilometri. I marsigliesi la chiamano comunemente "la bonne mère", ed è ormai il simbolo della città. E si vede: è zeppa di turisti! La sua forma attuale è stata raggiunga a metà dell'Ottoento, è in stile neobizantino, ed è evidente sia nelle cupole esterne che nell'interno, a navata unica e decorato con mosaici su sfondo dorato e volte bianche e rossastre.
Riscendiamo al porto e con un altro bus, il n.82, arriviamo nei pressi del Palais du Pharo che domina una collinetta da cui si ammira il già citato Port Vieux, sovrastato dal bellissimo Fort St Jean e dalla Cathédrale de Saint-Marie Majeure, con il suo stile bizantino, riccamente costruita con diversi materiali (dal marmo bianco di Carrara al marmo verde di Firenze) e terminata solo all’inizio del XX secolo. Di pomeriggio, rientrati con il bus al Port Vieux, prendiamo il ferry boat per l’Île d’If (10€ a persona), con il castello omonimo. Peccato che non sia visitabile neanche all’esterno senza pagare 5€ supplementari di biglietto, e noi comunque avendo i tempi stretti ci limitiamo a qualche foto ai torrioni e al piccolo faro, a ridosso della spiaggetta. Alla fine ci siamo comunque assicurati il giretto turistico in barca. Quasi vip.
 
Riprendiamo la metro e torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato il camper, che inaspettatamente è ancora lì e non su quattro mattoni! In perfetto orario sulla tabella di marcia, eccoci pronti a lasciarci Marsiglia alle spalle, in direzione Cassis, falesie, Costa Azzurra. Insomma, ormai casa.
La prima parte della strada per Cassis (paese tra l’altro gemellato con Portofino, scusate) si arrampica lungo la scogliera bianca mentre il sole dietro rende blu il nostro Mediterraneo. Foto al volo fuori dal finestrino, una volta tanto in orario e ancora col giorno, e comunque sarebbe il caso di svuotare la cassetta del wc e ricaricare l’acqua. Peccato che con la solita fortuna che ci contraddistingue purtroppo l’area di Baudellette con i servizi è fuori uso. Proseguiamo fino a Ollioules, dove troviamo al primo colpo (grazie alle coordinate prese al volo stamattina con due minuti di connessione internet dlink) l’area di sosta. Senza servizi, ma tra le caserme di Polizia, Carabinieri e Vigili del fuoco. Quindi a prova di bomba.

Domenica 13 ottobre 2013 – km 56418
- da Ollioules a Ramatuelle
Sotto un cielo coperto da nuvole non troppo pesanti, anche oggi siamo pronti al viaggio. Prima tappa, comunque, il carico/scarico delle acque. Eccoci arrivare dunque a Six Fours les Plages, altro paesino che sulla cartina sembra un minuscolo borgo e poi in realtà dal vivo è una metropoli. Il sole esce a tratti e riscalda l’ambiente, poi si annuvola e spegne i colori. Un momento è caldo, un momento è freddo. Io alle dieci sono ancora in pigiama decidendo come vestirmi. L’area segnalata con la colonnina è in realtà inutile, quindi tiriamo in direzione La Seyne sur Mer, costeggiando ne frattempo  un pezzo di spiaggia. C’è vita qui, anche a metà ottobre: la gente corre sul lungomare, si riunisce al molo per le scampagnate domenicali. I soliti giri in tondo per trovare le strade, e poi finalmente l’Auchan (che secondo le nostre liste aveva i servizi di carico acqua per il camper) appare. Peccato che sia smantellato per lavori e quindi niente carico scarico.
Insomma, abbiamo perso quasi tutta la mattinata, perché quando arriviamo a Tolone, tra trovare il parcheggio ecc ecc, è già mezzogiorno. Meno male che sono saltata giù dal camper e mi sono lanciata nell’ufficio turistico per chiedere la piantina del centro e dove poter parcheggiare l’astronave! Scopriamo così che l’unico parcheggio autorizzato in città si trova a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria, in Avenue des Lyces, e la domenica è anche gratuito.
Portiamo dei panini con noi e una volta tanto non ci dilunghiamo in ciance inutili: un paio d’ore ci danno modo di scoprire questa cittadina fondata dai liguri e diventata francese nel XV secolo. I vicoli, il Marché provençale di Cours Lafayette, il Musée de la Marine, il Quai, il molo, con gli yacht attraccati e le navi da croci era in lontananza e soprattutto con i ristorantini brulicanti di gente.
Tolone, punta ovest della Costa Azzurra, è un tripudio di turisti. Prima delle tre di pomeriggio siamo già in viaggio verso le Mourillon, la parte più a sud di Tolone, con le spiagge bianche ed il Fort St.Louis, la cui torre fu fatta costruire da Vauban nella metà del Seicento. Da li proseguiamo lungo il litorale fino a Hyères, dove troviamo l’area di camper service nel parcheggio del Casinò Supermarché a fianco al distributore di carburante (segnalato con il panello Relais Flot Bleu). La posizione è comunque inutile, perché il passaggio è strettissimo e la griglia di scarico acque altrettanto. La colonnina dell’acqua accetta solo carte di credito. Che sbattimento. Proseguiamo il nostro viaggio e a due passi da Le Lavandou, troviamo un’altra colonnina a mano di strada, comodissima ma “en panne”. E oggi sono tre. A Cavalière, poco oltre, troviamo invece una sorta di campeggio sterrato con l’agognata colonnina (e anche gratis forse perché è domenica). E c’è spazio per fare manovra! Finalmente possiamo pulire il serbatoio dove abbiamo svuotato le acque nere, ricaricare l’acqua e sciacquettare mezz’ora. Solo dopo ripartiamo in direzione Cavalaire sur Mer, sempre seguendo la D559 che dovrebbe essere panoramica ma in realtà non scopre che pochi pezzettini di mare. L’area di sosta in
realtà è un parcheggio “interdit aux camping cars”, dunque nulla. Proseguiamo verso le spiagge di Ramatuelle, a dieci chilometri da St.Tropez, ma il navigatore ci porta su per le stradine della scogliera per farci poi riscendere. E il babbo sclera. Avevamo ore di tempo, era giorno, c’era la luce.. e adesso è notte come sempre! Durante la strada, l’angelo dei camperisti ci appare: sbuca davanti a noi da non si sa dove sottoforma ovviamente di camper, e lo seguiamo fidandoci dell’istinto, credendo che cerchi un posto dove andare. Gira infatti verso una stradina che indica Aire de Camping Cars, e noi dietro. Alla fine, come per magia, dietro una curva ecco una miriade di camper apparire in un grosso spiazzo.
All’entrata, la sbarra è alzata e il chioschetto della cassa per pagare i nostri 7,90€ sembra chiusa.
Comunque intanto siamo arrivati.
E per stasera basta così!

Lunedì 14 ottobre 2013 – km 56570
- da Ramatuelle a Saint Laurent du Var 
Chi dice che la Costa Azzurra sia favolosa, probabilmente non ha visto nient’altro al mondo. Sarà che anche oggi le nuvole ci accolgono, sarà che ovviamente il grigio del cielo si riflette nel mare ed uniforma i colori spegnendoli. Sarà che non ci sono aree in cui i camper possono sostare (ogni spiazzo lungo la strada ha un divieto per camper e caravan!), sarà che ho visto posti migliori. Resta il fatto che scendiamo dall’area attrezzata dove abbiamo dormito e ci troviamo nel centro di St.Tropez, senza infamia e senza lode. Viaggiamo in direzione casa, per intenderci, per buoni quaranta chilometri e a parte un paio di punti panoramici a Sainte Maxime e St.Aygulf, finora questa costa non offre granché. Ok, la scogliera, ok, un paio di spiaggette (peraltro poco curate, vista la stagione), ma non sembra migliore di altre zone già battute.
A St.Raphaël, poco dopo Fréjus, troviamo il tanto agognato Super U per fare rifornimento di sorbetti prima del confine. Imbocchiamo quindi la Corniche d’Or, il prolungamento esterno della D559 che segue la falesia, quindi un’altra strada panoramica attraverso le Calanques che porta fino a Cannes. Indubbiamente questa parte di litoranea è più suggestiva, ed essendo davvero scoperta e ci permette qualche foto decente. Ci fermiamo per pranzo in cima alla scogliera, a bordo strada, su uno spiazzaletto dove non esistono divieti per i camper (e onestamente comunque ce ne freghiamo) e subito dopo, proprio mentre siamo fuori per un paio di foto, inizia a piovere. Niente da fare. Il viaggio è proprio funestato.
Proseguiamo il viaggio lungo la strada panoramica che scopre il rosso delle formazioni rocciose e della scogliera. Siamo nel dipartimento del Cap Roux e le occasioni di foto al panorama non mancano.
Attraversiamo i Calanques de Maubois, d’Aurelie e di Maupas fino ad arrivare a Le Trayas, dove ammiriamo uno degli scorci più suggestivi. Contro ogni principio edile, villette ed appartamenti sono costruiti fin sulle punte più estreme della scogliera, circondati da palme e una vegetazione rigogliosa (e a tratti fastidiosa perché impedisce le foto al volo). Tra questo comune e Théoule sur Mer iniziamo a vedere davvero la Costa Azzurra ed i saliscendi della strada costiera. Ci fermiamo a Saint Laurent du Var, l’unico posto che sembra avere un’area di sosta per camper prima del confine. Sono appena le 16.30 e decidiamo di spegnere i motori per oggi. Intorno non c’è assolutamente nulla, ma mentre io parto in avanscoperta i miei socializzano con il camperista belga e la sua consorte di fianco a noi (che tra l’altro hanno anche guidato la nostra manovra nel parcheggio). Sono una coppia con un sacco di tempo libero a disposizione, che ha viaggiato in mezza Europa e conosce ogni area di sosta, ogni parcheggio, ogni anfratto per i camperisti. Decidiamo così di ribattezzarlo Magellano, come la guida internet dove sono disponibili le liste delle aree di sosta di ogni paese. A parte questo, parlando con lui e la consorte, i miei scoprono che c’è un bus che va a Nizza. Anche se ci dicono che è un po’ pericolosa e bisogna seguire solo i turisti, sembra che occorra farci un giro. Quindi… domattina si parte in bus!

Martedì 15 ottobre 2013 – km 56687
- da Saint Laurent du Var a Nizza
Come da programma, stamattina ci svegliamo qualche minuto prima del solito e ci dirigiamo verso la fermata del bus che dovrebbe portarci fin dentro la danarosa città dell’Alta Provenza. All’inizio, convinti che sia il n.51, vaghiamo un po’ alla ricerca della fermata giusta, e alla fine ci rendiamo conto che in realtà è il n.52 a portarci in centro. Con un biglietto di corsa singola da 1,50€ a testa (e 45 minuti di autobus nel caos cittadino!) arriviamo a due passi dalla Promenade des Anglais, cinque chilometri di lungomare fiancheggiati dalla spiaggia di ciottoli da un lato e da una lunga fila di sfarzosi hotel dall’altro. Entriamo nel centro storico, dove non manchiamo di scattare qualche foto al Palais de Justice ed infilarci nei vicoli per poi perderci nel Marché aux Fleurs nel cuore della Vieille Ville. Gli odori delle bancarelle di spezie inebriano l’aria, adoro l’atmosfera dei mercati all’aperto.
Compriamo una fougasse provençale per il pranzo, che consumiamo poi lungo la promenade sulle famose chaises bleues che guardano il mare calmo della mattina. Gli hotel che costeggiano quello che volgarmente noi potremmo chiamare lungomare sono di quelli che si vedono nei film, quelli che si immaginano soltanto. Quelli da vip. Anche sotto il cielo non proprio limpido, l’aria non è fredda, e quattro passi sono piacevolissimi.
Rientriamo alla base dopo un’avventura con il bus, che ci lascia a tre fermate dalla nostra, al capolinea, e ci tocca tornare ovviamente a piedi. Scarichiamo l’acqua alla zona di sosta, intanto Magellano ha già lasciato la sua postazione. Qualche improperio contro il solito navigatore lento che ci porta a fratte e nel frattempo ci lasciamo Nizza alle spalle. La strada panoramica che ci porta fuori dalla città, peraltro molto più grande di ciò che credevamo, si arrampica lungo la scogliera. Riusciamo a vedere la Baie des Anges dall’alto, le navi da crociera arrivare al porto, e le casette che colorano il bordo del mare. Poco oltre, continuando lungo la scogliera, passiamo per Eze, grazioso paesino abbarbicato sulla roccia, ed entriamo nel Principato di Monaco, giusto un giro per dire di esserci stati ed aver visto lo sfarzo traboccare da ogni angolo.
Troppo danarosa, questa Costa Azzurra, per i miei gusti. Però di certo è bella da vedere. Soprattutto nella parte finale e in quella selvaggia della Corniche d’Or percorsa ieri. Alle 16.30 salutiamo definitivamente la Francia: il pannello blu con la scritta ITALIA fa bella mostra in mezzo all’area di sosta oltre la frontiera.
Quest’anno rientriamo passando dalla stupenda costa ligure e giù fino alla maremma Toscana per poi tagliare nell’interno umbro.
Gli ultimi trecento chilometri i mezzo alla campagna ovviamente non passeranno mai.
Per stasera ci fermiamo subito dopo Albenga.
Ma anche per quest’anno l’avventura sembra essere giunta al termine.
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