07 giugno 2014

Maggio/giugno 2014 - Paesi Bassi e Valle del Reno

Sabato, 10 maggio 2014 - Km 57470
- da casa a Trento 
Che dire… eccoci.
A volte ritornano.
C’è il sole, fa caldo finalmente. E’ una bella giornata per partire per un viaggio.
E se il viaggio è in camper, ancora meglio.
Noi questo quarto viaggio lo affrontiamo con lo spirito di sempre, con l’organizzazione dei miei genitori, la voglia di andare e basta, viaggio organizzato ma al tempo stesso senza meta, scoprendo strade e paesi. Il driver/Vabbu e l’interfaccia di navigazione Herr Fräulein/Princesse a sparare cavolate ancora prima di lasciarci alle spalle casa nostra, la “filippina/traduttrice/jolly” seduta sul divanetto e passando tempo in mille modi. E semplicemente si va.
Ora, il primo stop prevede la visita del secondogenito di casa al My Special Car Show al centro fiere di Rimini, dove ha portato la sua macchina tuning in esposizione. Tralasciando gli allucinanti problemi per trovare un parcheggio che non costi un occhio (dal momento che abbiamo intenzione di restare un’oretta appena) e i mille chilometri a piedi (tanto per non perdere l’allenamento quotidiano), alla fine arriviamo all’esposizione romagnola ma giusto per un saluto al pargolo e consorte, ma non prima di aver elemosinato un passaggio ad un cortese signore che ci ha dato informazioni circa la strada da seguire per entrare (“Non so da dove si entra esattamente, ma questa strada è senza uscita, lo so perché io ci vivo! Dovete tornare indietro…”).
Vabè, dopo l’elemosina di un passaggio in macchina (peggio dell’autostop), dai miei mi aspetto di tutto.
Ripartiamo nel primo pomeriggio e la giornata scorre via così, tra un caffè, una fetta di rotolo al limone e quattro bestemmie del babbo che, una volta arrivati a Trento, non trova posto. Il “nostro” parcheggio con tanto di Free_Luna Hotspot (dove sostammo due anni fa di ritorno da Capo Nord) è pieno. Giriamo attorno alla città per un’oretta buona senza trovare un buco, e alla fine tiriamo fino a Trento Nord, dove decidiamo di sostare nei pressi di un parcheggio al lato dell’autostrada.
Per oggi ci si ferma qui.

Domenica, 11 maggio 2014 - Km 58061

- da Trento a Biberach
Stamattina sveglia presto. Del resto, andando a dormire con le galline…
Alle 6.30 siamo operativi e, dopo aver pagato 6€ di biglietto per il pernotto, sgusciamo fuori dal parcheggio e ci fermiamo per fare colazione con calma. Siamo perfettamente operativi già alle 7 o poco più, e ci mettiamo subito in viaggio. Intorno alle 10.30, dopo due ore di “sghignazzanti paesini” circondati dalle Alpi (una graziosa alternativa all’autostrada), il cielo grigio ci accompagna al Brennero e poi fuori dall’Italia.
Il primo stop della giornata, subito dopo pranzo, è Friedrichshafen, dove i fidi compagni di viaggio ci aspettano. Punto della situazione, un po’ di chiacchiere e poi si parte. Lungo la strada ci attraversiamo Ravensburg, la “città dei giochi” (famosa soprattutto per gli omonimi puzzles Ravensburger).

Vorremmo parcheggiare ma non si trova posto, quindi ci accontentiamo del rapido giro in camper del centro (dominato dalla cattedrale) e tiriamo qualche altro chilometro fino a Weingarten, dove riusciamo invece a scendere e sgranchire le gambe camminando fino alla Basilika. Seppure con la facciata impalcata, l’interno merita una visita: pareti bianche che creano un bellissimo contrasto con il marmo rosso e i dettagli dorati e neri. I dipinti che affrescano il soffitto sono luminosi e nel complesso creano armonia con il resto. La prima chiesa del nostro viaggio. Voto: 7½.
Ci rimettiamo in viaggio e, dopo esserci persi qua e là (grazie al navigatore che ci manda sempre a fratte), arriviamo a Biberach, dove troviamo un ottimo parcheggio gratuito per la notte, e finalmente facciamo cena (io nel dubbio comunque avevo già svuotato la dispensa nel corso del pomeriggio).
Il babbo è sfranto: tra i percorsi fantasia lungo i paeselli alpini e le bestemmie per le duecentotrentasette strade sbagliate, oggi abbiamo macinato cinquecento chilometri.
Fuori tira vento, io sento anche freddo. La signora “Fräulein” mi rinfaccia di essere vecchia.
Partitina con videogiochi vari e ci infiliamo in branda.
Rimandiamo il punto della situazione a domani.

Lunedì, 12 maggio 2014 - Km 58564

- da Biberach a Kassel
Come al solito, in questa caserma ci si sveglia all’alba. Anzi, i vecchi si svegliano all’alba e svegliano me. Talmente alba che quella mezz’oretta di sonno in più mi manca. Meno male che ho dormito al caldo sotto due coperte piegate a metà (che indi per cui diventano quattro). Ci riuniamo con i compagni di viaggio un’oretta più tardi e facciamo il punto della situazione: decidiamo di tirare fino a Rothenburg (alta Baviera) e   raggiungere almeno Kassel in serata. Prima di pranzo, sotto un cielo un po’ incerto (grigiore diffuso, poi vento, poi sole, poi pioggia ancora, poi nuvole sparse, poi cielo azzurro), raggiungiamo la meta e ci fermiamo in un’area camper poco lontana dal centro.
Ce ne sono svariate attorno alla città fortificata: la nostra è contrassegnata come P3. Appena spento il quadro, pronti a scendere e finalmente fare quattro passi, le prime gocce d’acqua. Senza contare il vento gelido che taglia il naso. Ma non ci arrendiamo: questa cittadina merita una visita. Calcoliamo almeno tre ore di giro turistico e, appena fatto il biglietto al parchimetro (presumo che Parkschein, che vedo scritto ovunque, significhi qualcosa del genere, tipo “biglietto del parcheggio”), partiamo alla scoperta del centro storico di questo grazioso paese. Per la cronaca: camper 2€ l’ora. Rothenburg ob der Tauber, questo il nome completo, è una cittadina romantica e cosmopolita: case a graticcio perfettamente conservate (o restaurate!) dai mille colori si affacciano sui vicoli lastricati con i loro fiori ai balconi.
Mille anni di storia racchiusi dentro uno spesso muro di cinta con un doppio camminamento e ben 42 torri di vedetta. Una bomboniera unica in Germania che la rende attrazione turistica a livello mondiale (non a caso qui ci sono hotel, Gasthof  e pensioni ogni due metri). Numerose le Backerei, ovvero i negozi di prodotti da forno. Qui, tra un giretto e l’altro, io e il babbo non manchiamo di comprare le Schneeballen, il dolce tipico locale (io le ho chiamate “palle di frappe”, perché a prima vista l’impasto ricorda quello dei tradizionali dolci di carnevale, anche se in realtà il sapore non assomiglia affatto – ma, essendo un dolce, me lo faccio piacere lo stesso!).
Ma di certo il negozietto più spettacolare è il “Natalaro” (termine coniato dal vecchio babbo), ovvero il negozio di articoli natalizi, dai prezzi proibitivi ma meraviglioso alla vista: alberi di Natale ovunque al suo interno e oggetti di ogni genere in vendita, soprattutto decorazioni in legno. Indescrivibile. Scendendo le scale s apre quasi un mini villaggio, con casette a grandezza naturale di legno e ovatta sul tetto per simulare la neve. Da qui sembra di saltare indietro nel tempo, quando le palle per l’albero di Natale erano di vetro soffiato o satinato, finemente decorate, le lucine illuminavano le piazze e il silenzio della Notte Santa regnava mentre i fiocchi bianchi ricoprivano i paesaggi.
Il camminamento attorno alla Altstadt è bellissimo, molto particolare e ben conservato. Il babbo è entusiasta: commentiamo tra noi quante poche cittadine abbiano una così bella fortificazione. Non possiamo, però, non citare a tal proposito due capolavori medievali come St.Malo in Normandia (per quanto la parte interna sia stata distrutta dai bombardamenti del ‘44) e Carcassonne, quasi al confine francese con i Pirenei, di cui ad ottobre ci siamo follemente innamorati.
Sono appena le 15 quando riprendiamo il cammino alla volta di Kassel, consumando un frugale pasto lungo l’autostrada: io sono alla preparazione dei panini, il babbo alla guida e l’interfaccia Herr Fräulein/Princesse/Caterpillar (aggiunto fresco fresco oggi pomeriggio guardandola tenere testa ai nostri 4 km a piedi in giro per il paese) al pc per ulteriori info stradali. Insomma, comunque vada, si sgranoccha. L’unica sosta del pomeriggio è il caffè un’oretta più tardi, mentre il cielo che ci accompagna continua a fare il cavolo che vuole. “April macth was er will” (Aprile fa ciò che vuole), dicono in Germania, ma me pare che pure maggio qui non scherza! Sole, pioggia, vento, pioggia, sole, pioggia. E alla fine, dopo un paio di giri a vuoto e un paio di giri a fratte, arriviamo a Kassel a ridosso dell’ora di cena. La prima area di sosta camper a pagamento risulta in una zona un po’ isolata, è vuota e non ci ispira. Tentiamo quindi di raggiungere (anche qui, non senza le classiche difficoltà di Tom!) il parcheggio adiacente allo Schloss, il castello. Ok, il parcheggio è stato finalmente trovato, e nel frattempo ha anche smesso di piovere.
Sì ma… il castello, dov’è?!

Martedì, 13 maggio 2014 - Km 59005

- da Kassel a Brema 
Tralasciando la mia vita onirica assai complessa (stanotte ho sognato il babbo che prendeva a calci un cinghiale e lo inseguiva lungo la strada) anche stamattina il meteo non ci assiste. Ci si sveglia presto, si fa un vago punto della situazione, si trova il presunto castello su i-pad e guide turistiche ma, dopo un ennesimo giro a vuoto per raggiungerlo in camper (tra l’altro attorno a noi pullulano ruspe e camioncini di lavori edili) impostiamo Brema al navigatore (sperando non ci mandi a fratte) e ci spostiamo con la pioggia che ci accompagna. Tanto, con questo tempo uggioso, camminare a piedi non è nemmeno piacevole. Spero che la temperatura salga nel corso dei giorni: non ho abbastanza vestiti pesanti. Lungo il tragitto il tempo sembra migliorare a tratti, ma questo freddo umido entra proprio nelle ossa. Man mano che l’autostrada scivola, la pianura della Sassonia scopre un cielo semi maculato da nuvole più chiare e nuvole più scure con barlumi di luce qua e là che ci lasciano sperare in un accenno, almeno, di sole. Poco dopo, di nuovo il diluvio. Colto da disperazione, il babbo alla guida ci delizia con canti ecclesiastici riadattati, per l’occasione, con insulti verso la volubilissima situazione meteo. Della serie, se non basta la pioggia, raddoppiamo la dose. Deviamo per Goslar, che ci risulta (dai dati in nostro possesso) sia un posticino grazioso dove passare un paio d’ore se il tempo ci assiste. In primis urge un carico/scarico acque e il pranzo (io alle 11 sto già mangiando le gambe del tavolino), quindi ci fermiamo nell’area che dovrebbe essere attrezzata con colonnina per l‘acqua e tombino per scarico acque nere. Il cielo continua a fare le bizze ma sembra schiarirsi mentre mangiamo. Peccato che di colonnina e tombino nemmeno l’ombra. Inizia così, dopo il caffè, un rocambolesco viaggio attorno alla circonvallazione una, due, quattro, dieci volte, con soste a tutti i distributori per chiedere l’esistenza di un fantomatico Parkplatz per Wohnmobil però dev’essere “mit wasser”, ovvero con colonnina. Sono le uniche parole che riesco a mettere in fila per chiedere informazioni e scoprire se questa area attrezzata per camper effettivamente esiste. Risultato: dopo un’ora e mezza (e meno male che il paesello è piccolo) non abbiamo ancora trovato niente, il babbo bestemmia, i compagni di viaggio non sanno bene cosa fare e, straniti, decidiamo di tirare dritto per Brema, dove l’arrivo è previsto alle 17.40.
Arriveremo solo due ore più tardi, dopo aver cercato di evitare la coda in autostrada uscendo all’Ausfahrt precedente ed essere passati per stradine assurde di paesini assurdi. Troviamo l’area camper segnalata, nei pressi del Planetarium, dove finalmente riusciamo a ricaricare l’acqua (1€ 100 litri o comunque 6 minuti) e sistemare la “cassetta della cacca”. Una gentile signora in un inglese un po’ stentato ma comunque molto comprensibile, ci fa sapere che il proprietario del campeggio è via e tornerà domattina. Il pernotto costa 13€ fino alle 14 dell’indomani, ma visto che il nostro obiettivo principale era ricaricare l’acqua e sistemare la cassetta, decidiamo di cambiare optare per un P+R al capolinea di un tram o bus, che troviamo non senza qualche difficoltà. Approdiamo a Roland Center, nel parcheggio del centro commerciale omonimo, dove il tram n.1 per Brema fa capolinea.
Nessuno ha più voglia nemmeno di respirare. Troppi giri a vuoto.
La giornata è stata lunga e assai inconcludente. Voto: 4.
Speriamo di riscattarci domani.

Mercoledì, 14 maggio 2014 - Km 59392

- da Brema a Oldenburg
Che bello svegliarsi la mattina e avere Aldi a fianco per comprare i cornetti ancora tiepidi della colazione. Il vento pungente non ci risparmia comunque la sua presenza, ma la giornata sembra iniziata bene e almeno il cielo è in parte sereno.
Sono le 9 appena quando ci dirigiamo, attraversando il Centro Commerciale, alla fermata del bus e tram. Tra la gente già in attesa e quella che, stretta nei cappotti, arriva a passo svelto sotto la lunga pensilina, arrivo io decisa ed entro all’edicola (2x2 metri) per comprare i biglietti. Mi esibisco in una fantastica conversazione in tedesco (premettendo sempre e comunque, con occhi di cioccolata, che “Ich spreche nur ein bisschen Deutsch” e sperando così di ingraziarmi chiunque sia dall’altro lato) per comprare i biglietti giornalieri (8,90€ per due adulti e fino a quattro bambini, 7,10€ per un adulto e fino a due bambini) e mi congedo con il “Tschüüüüs!” cantilenato che a questi tedeschi tanto piace e che mi sa di così familiare che quasi me li rende simpatici. Saliamo a bordo del silenziosissimo tram e in meno di un quarto d’ora siamo all’Hauptbanhof nel cuore di Brema. Prendo due mappe della città all’ufficio turistico nella hall della stazione e ci mettiamo subito in moto. Il tour parte esattamente da lì, dalla stazione centrale, in direzione Altstadt, centro storico. Attraversando Sögestrasse ci troviamo su un grazioso ponticello da cui ammiriamo un altrettanto grazioso mulino a vento e ci feriamo subito per un paio di foto. Cinquecento metri più in là, Unser Lieben Frauen Kirche (la Chiesa di Nostra Signora, per metà ahimé impalcata) ci apre la vista laterale sull’imponente Marktplatz, un concentrato di architettura barocca con i tetti verde rame che lascia davvero poco margine di giudizio: a primo impatto direi molto “amburger” come città, indubbiamente Germania settentrionale.
Al di là del cantiere edile da un lato, la piazza è davvero bellissima. L’imponente decoratissimo Rathaus, simile a quello di Amburgo, svetta in tutto il suo splendore di fronte alla Camera di Commercio e protegge,
all’angolo con St.Petri Dom (la cattedrale principale) e le sue due guglie verdi, la statua in bronzo dei quattro musikanten della famosa favola dei fratelli Grimm. Qui a Brema di fatto tutto rimanda all’asino, il cane, il gatto e il gallo protagonisti di “I musicanti di Brema”, e di certo, che siano in peluche, dipinti sui muri  o stampati su magliette, cartoline, sottopiatti, magneti, statuette di legno e quant’altro, questi quattro animaletti ne sono gli indiscussi simboli. Scendendo poi lungo Böttchenstrasse, sotto un cielo che già non promette più niente di buono, un enorme fregio dorato ci accoglie in cima all’arco d’ingresso. Herr Fräulein (mamma) viene intortata da un simpaticissimo mimo all’angolo a cui lascia anche qualche moneta, tanto le risulta grazioso, e alla fine ci invita a farci una foto con lui. Il vicolo pedonale, una piccola quasi segreta “high street” nel cuore del centro storico, è tutto in mattoni rossi, perfettamente pavimentato, ed è la sede del museo intitolato a Paula Modersohn-Becker, del Roselius Museum, della casa di Robinson Crusoe, del Glockspiel (carillon) realizzato con porcellane di Meissen e di svariati negozietti caratteristici, tra cui spadroneggia un negozio di caramelle realizzate a mano. E non dimentichiamo, all’angolo con l’uscita sulla strada principale, il Radisson. Scendiamo poi lungo St.Martin’s Quay per quattro passi sul lungofiume e tracciamo un piccolo perimetro da ponte a ponte (il bello delle città sui fiumi) per risalire e mettere qualcosa sotto ai denti.
Dopo un caratteristico ottimo pretzel (in Germania non me lo faccio mai mancare!) e addirittura un mega wurstel, ripartiamo per visitare Schnoor, il quartiere della vecchia Brema. Nel frattempo ha iniziato a piovere e smesso almeno una dozzina di volte, il vento continua ad essere gelido e il sole si fa un po’ troppo desiderare per i miei gusti. Inutile dire, comunque, che lasciamo gli occhi nei vicoli: fantastiche casette del XV e XVI secolo allineate lungo il pavé, fiori e alberelli ordinati come perle sul filo, chincaglierie appese ai muri esterni dei negozi e alle porte d’ingresso. Caffè e ristorantini estremamente caratteristici brulicano ad ogni angolo per permettere ai visitatori di sedersi e guardare il mondo passare. Ecco, questo angolino di Brema mi suggerisce un pensiero alla Montmartre della vecchia Paris, infatti anche questo ormai è un ritrovo per artisti e galleristi.
Ci infiliamo sul primo tram che passa e per la gioia di papà ci facciamo un paio di giretti a bordo, più che altro per ammortizzare il costo del biglietto giornaliero. Rientriamo alla base verso le 16 con il solito tram n.1 della linea verde. Caffè con kuchen comprati pochi minuti prima attraversando il Centro Commerciale, breve punto della situazione e alle 17 ci rimettiamo in marcia verso Oldenburg (ad appena 50 km da Brema), prevedendo l’arrivo un’oretta più tardi. Arriviamo nei pressi di un’area di sosta attrezzata in un concessionario Hymer 10 km oltre la cittadina, ma preferiamo poi tirare dritti al parcheggio dello Schloss Oldenburg per vedere se vale la pena una visita. Giretto a vuoto come sempre (che ci mancava oggi!) per cercare un P+R all’uopo, e alla fine, siccome comunque il castello (essendo praticamente in centro città) non è il tipo di castello che ci saremmo aspettati noi (stile castelli danesi o bavaresi, per intenderci!) optiamo per il parcheggio di un grosso supermercato. Il sole illumina il finire di un pomeriggio mentre i vecchi si fanno delle grasse risate. Oggi sono di buonumore, e poi è stata decisamente una giornata molto produttiva, tanto da far scivolare ne cesto dei non-ricordi la giornataccia sprecata di ieri.
E poi dicono che andare in giro con i genitori è noioso.
Dipende.
Ognuno ha i genitori che si merita.
I miei sono un po’ zingari. Ed io con loro.

Giovedì, 15 maggio 2014 - Km 59473

- da Oldenburg ad Harlingen
Come da programma stamattina, l’operazione n.1 è il carico/scarico acque e pulizia “cassetta della cacca”. Poi si parte in direzione Groningen, la prima tappa in Olanda. Lungo l’autostrada, ovviamente, cazzeggiamo con tutto ciò che ci capita a tiro (compresi i selfies col babbo alla guida!) finché a una ventina di km dalla meta appare il cartello di confine e ci lanciamo fuori dal finestrino per fotografare il pannello blu con le stelline e la scritta giallo ocra “Nederlands” che ci campeggia dentro. A Kardinge, un paio di chilometri dal centro della città universitaria, troviamo un comodo P+R gratuito per camper e auto, con il bus (n.3 o n.4) che ci porta in centro (un biglietto da 6€ a/r per un gruppo fino a 5 persone: perfetto, sembra fatto apposta per noi).
Meno male che qui tutti parlano inglese e non ci vuole niente nemmeno a chiedere informazioni. Appena scesi a Grote Markt, il cuore di Groningen, ci troviamo di fronte l’imponente St.Martiniturm, la torre dell’omonima cattedrale, che svetta con i suoi 95 metri. Siamo subito invasi dai suoni e i colori del Luna Park adiacente. Tento un’opera di convincimento al babbo per salire su uno degli ottovolanti ma è un clamoroso buco nell’acqua, ma riusciamo almeno a farci un giro in mezzo. Ci infiliamo all’ufficio del turismo per i souvenirs di routine e poi iniziamo a vagare per le vie pedonali, brulicanti di giovani, negozietti e ristoranti.
La prima cosa che salta agli occhi è che, data la morfologia perfettamente pianeggiante del territorio, la bici è di certo il mezzo di trasporto più usato. Un giro sui ponticelli girevoli del canale, l’architettura attorno mi ricorda ancora un po’ la Germania del Nord. Nel frattempo esce il sole, timido, fresco, ma decisamente meglio del cielo grigio tedesco che fino a stamattina ci ha fatto compagnia! Altra cosa degna di nota, a parte i tratti caratteristici da “olandese” della gente attorno a noi (tipo gli occhi azzurrissimi e i capelli biondo Barbie di tante ragazze), evidentemente questa temperatura è l’ideale per le maniche corte. Avvistiamo temerari in canottiera o shorts ed io mi chiedo solo… com’è possibile?!
Io e il babbo ci infiliamo poi in un simpaticissimo negozietto di articoli per feste e Carnevale (da noi bisognerebbe fare duecento chilometri, forse, per trovare qualcosa del genere) e lui ne esce con uno di quei cerchietti con l’accetta di plastica infilata in cima. Tralascerò la faccia di Herr Fräulein/Princesse /Caterpillar quando lo vede entusiasta dell’acquisto. Connessioni wifi (finalmente!) sbucano come funghi nella lista delle reti disponibili sullo smartphone, e alcune sono free e perfettamente usufruibili. Torniamo alla base per il caffè, punto della situazione e si riparte verso Lauwersoog, dove ci fermiamo un’oretta a fare quattro passi lungo il porticciolo che ricorda uno yacht club. Il gentile signore all’ingresso ci apre la sbarra e ci lascia passare per parcheggiare.
Il sole finalmente splende (lo sapevo, io, che il problema era la Germania!) e passeggiare lungo il molo diventa finalmente piacevole Ci rimettiamo in marcia verso Leeuwarden, paesotto di novantamila abitanti e paese natale di Mata Hari, sperando di trovare un’area di sosta dove restare e magari fare un giro domani in mattinata. Attraversando la statale si aprono casette perfettamente allineate come soldatini, con i mattoncini scuri e i tetti di paglia. Il sole trafigge gli alberi e gli sporadici mulini a vento, l’erba è verde e perfettamente ordinata ai lati della carreggiata. Intorno alle 19 arriviamo alla presunta meta non senza le dovute solite bestemmie per trovare il P+R che sembrava elementare trovare. Rotonde, rotonde, tartan sulla strada, biciclette che tagliano e sfrecciano via. Ci fermiamo in un mini parcheggio con due posteggi camper già occupati, e mentre temporeggiamo parcheggiando, una gentilissima ragazza ci spiega, prima in olandese e poi (vedendo la mia faccia a punto interrogativo) in inglese, che sposta la sua macchina per farci posto e lasciarci parcheggiare i nostri due camper vicini. Rimango talmente attonita dal suo sorriso e dalla sua cortesia che credo abbia pensato che non parlo nemmeno inglese.
Come sembrano gentili da queste parti.
E incredibilmente, anche il free wifi lo è. Infatti è free.
Non riuscendo a trovare ciò che cerchiamo, decidiamo di proseguire ad Harlingen, 20 km oltre. A 800 metri dal paese troviamo una comoda area camper con vista porto, tranquilla ed illuminata dal sole, con tanto di aggancio elettrico (all’eventuale prezzo di 1€), colonnina per il carico dell’acqua e griglia per lo scarico. Con una cifra forfettaria di 7,50€ per 24 ore facciamo il biglietto al parchimetro e ci piazziamo per la notte, rimandando il punto della situazione al dopocena.

Venerdì, 16 maggio 2014 - Km 59728

- da Harlingen ad Alkmaar
Harlingen
è un grazioso paesello tipico dei Paesi Bassi. In realtà non c’è niente di interessante da vedere, ma perdersi nei vicoletti con le graziose casette in mattoni scuri è una gioia, e si raggiunge benissimo, attraverso la Wadderpromenade, a piedi dall’area sosta.
Percorriamo Voorstraat, stradina pedonale in centro, e non perdiamo occasione di fotografare tutte le barche attraccate a Noorderhaven, porticciolo nel canale, che raccoglieva le imbarcazioni provenienti dalle vicine isole Frisone. Per la verità ci infiliamo anche da Hema, un grande magazzino con reparto caffetteria/tavola calda in mezzo ai vari settori profumeria e abbigliamento. Tra le ottime offerte, make up a partire da 2€ e bikini componibili a prezzi stracciatissimi. Siccome stento a credere a quel poco che decifro dai cartellini scritti in olandese devo chiedere consulenza alla cassiera per accertarmi della mia abilità traduttiva (essendo italiana, poi, vado molto a senso!). Appena mi conferma che ogni pezzo del bikini, a seconda dei modelli, costa 2€ o 4€, non perdo occasione per comporre il mio, per il quale spendo appena 4€ (disgraziatamente trovassimo giornate da passare due ore in spiaggia…). Ripartiamo prima di pranzo, dopo carico/scarico acque, lasciandoci alle spalle Harlingen e ci immettiamo su Afsluitdijk, all’undicesimo posto tra le dighe più grandi del mondo. Struttura imponente che unisce la terraferma al lembo di terra dell’Olanda Settentrionale, e divide l’Ijsselmeer dal Waddenzee, mare aperto di fronte alle isole Frisone. La strada a quattro corsie ci scivola veloce, il mare ai due lati è spettacolare, il sole illumina l’azzurro del cielo. Ci fermiamo lungo il tragitto in un’area di sosta dove troviamo altri camper. C’è il prato, ci sono i gabbiani.
Siamo proprio sul mare e troviamo anche dei graziosi tavolini in pietra che ci invitano ad un pic-nic: impossibile dire di no. Ci ritroviamo così a banchettare al sole che sembra davvero primavera, e i nostri compagni di viaggio sono sorpresi della temperatura mite della Grande Diga, che di solito sembra essere meno gentile e assai ventosa con i viaggiatori. Dopo un buon caffè e due chiacchiere con i biscotti comprati all’Aldi stamattina, proseguiamo qualche chilometro ancora e ci fermiamo in prossimità di un cavalcavia, dove i turisti arrivano persino dall’Asia. Una passerella dal parcheggio lungo strada passa sopra lo stradone e conduce ad una specie di torretta con vista sul mare aperto. Il sole rende tutto più bello. Lunga 32 km e larga 90 metri, questa diga ha un’altezza di oltre sette metri sul livello del mare. Fu costruita tra il 1919 e il 1932, dopo anni di progettazione  impiegando seimila uomini, ed è la riprova di come l’uomo sia riuscito a sfidare, con l’impiego dei mezzi allora disponibili, la natura che altrimenti l’avrebbe sopraffatto. Sulla punta ovest si erge la statua dell’ingegnere Cornelis Lely che la progettò dopo anni di studi. Una specie di pannello commemorativo, realizzato con le stesse mattonelle olandesi impiegate per la costruzione della barriera, spiega passo passo (per fortuna in doppia lingua, olandese e inglese) la storia della realizzazione dell’opera.
Dopo le dovute foto risaliamo a bordo e puntiamo, piantine e cioccolata alla mano, in direzione a Den Helder, con l’intenzione di prendere il traghetto domattina per l’isola di Texel, patrimonio dell’Unesco. Arriviamo verso le 15.30, relativamente presto per fermarci all’area di parcheggio. Visti però i prezzi dell’imbarco del traghetto ed effettivamente le poche cose da vedere sull’isola, dopo un meeting decidiamo di puntare direttamente verso Alkmaar, dove arriviamo un’oretta più tardi. Parcheggiamo in zona Bergermeer, vicino ad un P+R per auto, lungo una via senza alcun divieto di sosta per camper. Dopo una mezz’oretta a cercare di capire, dalle informazioni in nostro possesso alle pensiline delle fermate del bus attorno a noi, quale linea prendere per il centro, ci infiliamo sul n.165 per Alkmaar Station. Arriviamo a destinazione (dopo due sole fermate per cui abbiamo speso 1,80€ a testa di biglietto!) in cinque minuti e da lì, dato il nostro spiccato senso dell’orientamento, ci muoviamo verso il centro.
Da Zevenhuizen, piccolo ponticello a cinquecento metri dalla stazione ferroviaria, ci troviamo davanti la Cattedrale. Langestraat è deserta ed i negozi già chiusi (per fortuna!) quando arriviamo noi a vagare sul pavé levigato. A destra, poco più avanti, lo Stadhuis (il Rathaus, City Hall, Hotel de Ville, Rådhuset, “municipio” o come lo si voglia chiamare) si inchina con i suoi mattoni bianchi ed i suoi decori alle porte. Ci perdiamo qua e là per le viuzze, le vie pavimentate sembrano tutte pedonali, gente in bici sfreccia ad ogni angolo. Dire che ci orientiamo è un parolone, ma grazie ad una foto fatta ad un pannello informativo con la piantina del centro storico riusciamo a girare senza problemi.

Le case in mattoni scuri troneggiano anche qui, allineate lungo i canali. Biciclette parcheggiate ad ogni angolo, gente perlopiù cordiale e, soprattutto, una connessione wifi free praticamente ovunque, anche fuori da baretti e ristoranti. Arriviamo a Kaasmarkt, l’immensa piazza principale dove ogni venerdì dalle 10 alle 12.30 c’è l’omonimo mercato del formaggio (ce lo siamo perso) e da un lato il Kaasmuseum, un edificio bellissimo sede del museo, appunto, dedicato al formaggio. La zona attorno è una bomboniera d’acqua, colori e luce del sole che, a quest’ora del tardo pomeriggio, conferisce all’ambiente un che di magico. Trovo che le foto alle sette di sera con il sole abbiano un colore stupendo. Prima di tornare alla stazione, percorriamo altre viuzze in cui è un piacere camminare con il naso all’insù e raggiungiamo il mulino a vento che svetta all’interno di un bel parco verde sulla punta dell’isolotto che costituisce il centro storico di Arkmaal. Sono quasi le 20, torniamo a passo svelto verso la stazione sperando di beccare in tempo il n.165 per rientrare ai camper. Appena passato: il prossimo tra 50 minuti! Dopo i primi due secondi di panico, il babbo si lancia in un’allucinata richiesta di informazioni a due autisti al capolinea dei bus a lato della stazione. Ci dicono il n.6, in pronta partenza: due fermate e siamo in prossimità della nostra zona. Saltiamo su e in dieci minuti siamo già in procinto di cenare. La giornata è stata lunga e produttiva, il sole ancora non scende, ci dilunghiamo in chiacchiere a pancia piena, mamma lava i piatti… e nel frattempo il n.165 passa lungo la via. Sono le 21. Se avessimo preso questo, saremmo appena rientrati!
Partitone serale a carte dei vecchi con i compagni di viaggio, e poi a nanna.

Sabato, 17 maggio 2014 - Km 59844

- da Alkmaar a 
Stamattina, dopo la solita “levataccia” si parte in direzione Ehnkuizen.
I soliti giretti a vuoto, una sosta da Lidl per il pane, solite cose, e la statale ci abbraccia per una trentina di chilometri. Evitare l’autostrada ci permette di capire più da vicino il sistema usato dagli olandesi per “bonificare” le zone sotto il livello del mare: le barriere rendono i terreni coltivati a tulipani (già raccolti) da un lato più bassi del canale d’acqua dall’altro lato. Mulini a vento si susseguono tra casette caratteristiche dai grossi tetti (in paglia o di tegole) in un paesaggio perfettamente pianeggiante. L’organizzazione delle piste ciclabili è da chapeau praticamente ovunque: sfido io che gli olandesi sono contenti di andare in bici! Attorno alle 11 arriviamo al parcheggio della stazione, a poche centinaia di metri dal centro. Per restare un paio d’ore appena va bene, non ci sono divieti e poi siamo defilati, quindi non diamo fastidio (anche se poco dopo ci accorgiamo di un parcheggio dedicato ai camper proprio sotto al porto, nei pressi dell’ufficio turistico).
Ci immergiamo subito nell’atmosfera portuale: barchette attraccate vivacizzano il bacino d’acqua ferma mentre il cielo azzurro illumina la passeggiata. L’’ordine che regna è strepitoso, anche se i mattoncini scuri caratteristici dell’architettura dei paesini olandesi tende, a mio parere, ad ingrigirli. Una delle cose, tra l’altro, che salta all’occhio perdendosi nelle strade pavimentate, è come gran parte della muratura esterna non sia affatto in asse: molte facciate tendono ad inchinarsi in avanti, come se dovessero cadere da un momento all’altro. Non eccessivamente, ovvio, ma di certo ci si chiede come riescano a reggersi ancora. A volte, osservando l’intera via, si scorge il profilo irregolare, seppur ordinato, delle facciate delle case, affiancate l’una all’altra. Le persiane in legno di vernice colorata ma educata, non volgare. Piantine all’entrata, campanelli di ottone perfettamente lucidi. Ogni cosa in questi paesini è un gioiellino da fotografare. I salici che piangono sui canali, le case ad angolo che si riflettono. Altra cosa interessante che si nota è come nessuno qui in Olanda abbia le tende alle finestre. Dicono sia perché agli olandesi piace dire che non hanno niente da nascondere, quindi chiunque volendo può affacciarsi dalle finestre, all’esterno, e sbirciare dentro le case a bordo strada. Ovviamente loro stessi non ci fanno più caso, passano e vanno, ma per noi che tendenzialmente proteggiamo la nostra privacy con tendine e quant’altro è abbastanza curioso. Lungo Melkstraat la gente si riversa rapida zigzagando tra le bici, un omino con un carretto colorato fa suonare una graziosa musica facendo girare, con una manovella, uno spartito su scheda perforata, come quelli dei carillon, animando la via. Un paio di chiese (chiuse), un paio di canali, acqua sporca “da leptospirosi”, come dice Fräulein (com’è normale che sia, del resto: che ci si aspetta da un canale? Però a noi piace lo stesso, tanto non dobbiamo mica farci il bagno!). Un panino mangiato sul muretto del porto, con corvi che ci guardano famelici e noi che ridiamo come matti a fare le finte con le briciole. Alle 14 o poco più si riparte in direzione della “piccola diga”, che in realtà sono comunque 25 chilometri, e divide L’Ijselmeer dal Markermeer collegando Ehnkuizen a Lelystad, la prima città sul lato opposto. Ne percorriamo solo una parte, sempre increduli su come queste imponenti costruzioni abbiano permesso gli insediamenti urbani in questa zona. E’ un toccare quasi con mano, finalmente, le nozioni di geografia studiate alle scuole medie riguardo ai Paesi Bassi. Torniamo indietro e puntiamo verso Hoorn, altro grazioso paese nel cuore dell’Olanda del Nord. La nostra area di sosta sarebbe in Visserseiland, dove c’è un grosso piazzale con i servizi di carico/scarico (ciò che a noi davvero interessa) che però è delimitata da un cancello chiuso e non sappiamo nemmeno come entrare. Ci fermiamo momentaneamente nel parcheggio antistante, dove troviamo un camper tedesco parcheggiato. La coppia di camperisti tedeschi ci viene incontro salutando, e ci informa che il costo del pernotto dentro l’area è 14€ e soprattutto, visto che noi avremmo solo bisogno di carico e scarico acque, che i proprietari storcono il naso per l’eventuale utilizzo dell’acqua da parte di camper che poi non pernottano lì. La signora tedesca ci dà comunque un’ottima dritta dicendo che con 2€ di parchimetro possiamo restare tutto il giorno nel parcheggio lì fuori e inoltre pernottare gratuitamente. Non sapendo fino a che ora esattamente si paghi il parcheggio, ci avviciniamo tutti furtivi al parchimetro. Dettaglio per avere un’idea sulla cordialità e disponibilità degli olandesi: una ragazza mulatta con una 206 si ferma e mi avvisa (dapprima in olandese e poi in inglese, quando le spiego che non capisco) che probabilmente non dobbiamo pagare perché è a pagamento fino alle 17, ed io le contesto con gentilezza che mi sembra di aver capito (dall’avviso apposto sul parchimetro) le 18.

Insomma, lei insiste per essere sicura di aiutarmi, chiama un altro tizio appena arrivato con un Mercedes nel parcheggio, si consultano, parlano in olandese, capisco qualcosa tipo: “Ma sei sicuro?” “Sì, quella linea di parcheggi per auto lì in alto è a pagamento fino alle 17 ma qui nel piazzale fino alle 18!” e poi questo mi guarda, sorride e mi parla in inglese: “Tranquilli, si paga fino alle 18 e poi è gratuito tutto il weekend!”
Questo mi ricorda la fortuna che abbiamo avuto due anni fa parcheggiando in centro a Stoccolma.
Ancora una volta, felici e contenti ci lanciamo lungo le vie del paese, ovviamente sullo stile di Harlingen, di Ehnkuizen, di Alkmaar e di molti altri che vedremo in questo viaggio. E’ il leit-motif: in Norvegia avevamo tutti i paesini di pescatori con le casette di legno rosse e l’orto sul tetto, in Francia quelli con il pavé e le case a graticcio. Qui in Olanda abbiamo mattoni rosso scuro per le facciate, canali e salici piangenti. E devo farmene una mangiata per assaporare la cultura e l’estetica di questa nazione.
 
Breve giro al porto, con immensi velieri attraccati ed ordinati come in un plastico, Roode Steen, la piazza principale, al centro della quale svetta Jan Pieterszoon Coen, mercante, direttore generale della compagnia olandese delle Indie Orientali, fondatore dell’attuale Jakarta. La piazza e le vie che in essa confluiscono sono un costante vociare di gente seduta ai tavolini di ristoranti e bar. Un pub ogni tre vetrine, un’atmosfera vivace che nella via parallela si spegne invece fino al silenzio. Vaghiamo Rientriamo alla base attorno alle 19 che il sole è ancora alto e dopo cena, mentre zanzare grosse come tacchini banchettano sulla mia schiena,
esco a fare due passi. Cammino fino all’imbocco del Porto per recuperare qualche minuto di connessione internet che al parcheggio non c’è, ma appena fuori dal camper mi regalo un magnifico sole che diventa via via più arancione, e poi fucsia, tingendo con i suoi colori tutto ciò che illumina.
Mi mancava il tramonto sul mare. Fiume, lago, canale o qualunque cosa sia.
Rientro alla base, i miei e i compagni di viaggio ancora giocano a carte.
Punto della situazione, saluti, e la giornata è finita.

Domenica, 18 maggio 2014 - Km 59954

- da Hoorn a Broek im Vaterland
Gira gira sono otto giorni che siamo partiti.
La giornata sfida le più rosee previsioni sin dal mattino, che ha davvero l’oro in bocca! Dopo colazione mi regalo altri quattro passi fino al porto, come ieri sera: il cielo è magnifico e striato giusto qua e là. Alle 9 ho ancora il maglioncino, ma basta poco per toglierlo.
Una mezz’oretta più tardi arriviamo nei pressi di Volendam, una bomboniera affacciata sul Markermeer. Come prima sosta, un’ora per il carico/scarico acque presso il Marina Park, grazioso "villaggio turistico" con un complesso di abitazioni balneari e area parcheggio per camper, dove vorrebbero 6€ per restare fino alle 17, ma noi, spicciate le urgenze, ci infiliamo in centro e parcheggiamo un paio d’ore dietro le fabbriche del porto: è domenica e oggi di certo non diamo fastidio. Saliamo sulla via pavimentata che costeggia il porto. Semplicemente meravigliosa: piena di negozi di souvenirs, pub con loghi di birre in bella mostra, bar e ristorantini dove la gente siede e conversa davanti ad una birra fresca, turisti che scattano foto e anche negozi di fish&chips (non ne vedevo dai tempi dell’Australia).
 
Non mancano le varie statue in ferro che ci aspettano per le solite foto idiote, barche colorate attraccate e il Kaasmuseum, con simpatici asiatici che fanno foto alla forma di formaggio esposta all’esterno. Ci perdiamo nelle viuzze parallele alla via del porto, con le casette ordinatissime con fiori e piante sull'uscio e finestre che ci si vede dentro, i ponticelli sui canali e la gente in bici. Pranziamo in un’area commerciale poco lontano per liberare eventuali parcheggi, e di pomeriggio ci spostiamo a Edam, a tre chilometri da Volendam. Il parcheggio segnalato che impostiamo a Tom è in realtà chiuso da una transenna, quindi dobbiamo prendere una viuzza alternativa per uscire dal minuscolo ed angusto centro. Ci imbottigliamo in fondo ad un vicolo senza via d’uscita se non il canale. Passiamo mezz’ora a far manovre per venirne fuori, ma ovviamente il driver ne esce vittorioso. Anche qui a Edam optiamo per un parcheggio “a bordo fabbriche” sul lato opposto di un parcheggio per bus che però è pieno e molto piccolo, che rimane a due passi dal centro. L’aria è calda ed io oso addirittura la canottiera. La piazzetta ci accoglie brulicante di gente e chiasso, roulottes di foggia inusuale (veri pezzi di antiquariato!) adibiti a stand di ciambelle, panini, frappè e quant’altro in occasione di quella che chiamano Streekfoodfestival, una festa delle cibarie. In un angolo della piazza, una mini fattoria dove i bambini giocano con galline, oche, conigli, asinelli, caprette e anche un lama che mastica pigro. Un maiale nano si aggira ad un lato della recinzione, non perdo occasione per tentare di scattargli una foto quando una ragazza in costume di scena da contadinella mi si avvicina parlandomi in olandese. Tiene in braccio un mini maialino nero, le chiedo di ripetere in inglese, “Ti ho vista che cercavi di fare la foto al maiale grande lì, ho pensato che volessi vedere anche questo…” dice, ma onestamente già non riesco a focalizzare più niente se non quel delizioso semino di bacon ed il suo musetto...
Me lo lascia tenere in braccio e, mi dice, ha sei settimane. Allora sono davvero così piccoli quando nascono! Emozionatissima quasi come se avessi fatto la foto con un vip, compro anche dei churros al babbo (che li cercava dai tempi della Bretagna ad ottobre), poi continuiamo la nostra visita del paese. Anche qui i vicoli sono tutti molto simili, canali, salici, casette in mattoni scuri.
Una simpaticissima ape-bar campeggia sulla piazzetta di fronte a quello che, per deduzione, è il municipio, di fronte ad una chiesetta. Nel complesso anche qui tutto molto delicato ed ordinato. Compriamo anche delle “patatine fritte” di verdure niente male ad una bancarella lungo un canale che vende frutta secca candita e semini vari. Giriamo osservando ogni dettaglio, le bici addobbate con fiori di plastica, peluches e cestini, la gran quantità di Vespa Piaggio che nemmeno in Italia. La gente che porta a spasso il cane con uno spiccato senso del dovere (molto più che da noi sicuro!), i cordialissimi che si improvvisano fotografi o parte stessa delle fotografie. Ci piace. Voto totale finora: 8.
Torniamo alla base e riprendiamo la marcia verso Marken, isolotto di cinquecento anime senza troppi negozi né fronzoli ma con un grazioso centro, dove però il parcheggio a prezzo fisso di 10€ (sia per un’ora sia per tutto il giorno) ci scoraggia e ci lascia decidere di tornare indietro. Ci fermiamo per la notte a Broek im Waterland, sull’unica piazzetta del paese, tranquilla e priva di divieti, eccezion fatta per un pannello giallo integrativo al centro della piazza con un divieto di sosta. Gli orari però non riguardano la notte, quindi optiamo per accamparci indisturbati.
Molto all’italiana.

Lunedì, 19 maggio 2014 - Km 60024

- da Broek im Vaterland ad Amsterdam
Stamattina la sveglia suona così presto che io non mi accorgo di niente. Se non mi tirassero giù dal letto, sarei ancora a dormire. C’è gran fermento stamattina: siamo a dieci chilometri dalla capitale Amsterdam. Partiamo per tempo, certi di perderci almeno dodici volte sull’anello autostradale che circonda la città, ma contro ogni previsione alle 9 siamo già all’Amsterdam City Camp, area attrezzata a tre chilometri dal centro. Il costo è di 15€ a notte più 3€ di elettricità e un carico/scarico di 100 litri compreso nel prezzo. Il check-in è automatico presso una colonnina digitale tipo bancomat. Si paga con carta di credito. Digitiamo due notti, che tra elettricità e terza persona (io!) ci viene 40€, che comunque per due notti è un ottimo prezzo. Ci rilasciano un bigliettino con un codice a barre da inserire in una colonnina a lato del cancello che lo apre automaticamente. Ci sistemiamo in breve e con grande disappunto notiamo che non ci sono i bagni, quindi niente doccia! Argh. Al di là di questo, l’area è sterrata, fondamentalmente tranquilla perché protetta dal cancello automatizzato. Camper belga, olandesi e anche svizzeri che sonnecchiano ancora. Almeno è collegata bene al centro città, raggiungibile con il ferry gratuito a un chilometro a piedi, al molo dietro la zona industriale. Il ferry arriva direttamente sul lato opposto dell’Het IJ, sul lato posteriore dell’immensa stazione centrale. Dopo qualche difficoltà per orientarci (dato che finora abbiamo visto solo piccoli graziosi centri, mentre qui ci troviamo davanti tram, autobus, quattro corsie e soprattutto tante, tantissime biciclette!), la prima tappa è all’ufficio del turismo, a sinistra della stazione, dove io e mamma compriamo anche gli open tickets del Van Gogh Museum (decidiamo di andare domani).
Seguendo la bella e dettagliata piantina della città passiamo davanti a St.Nicolaaskerk e poi seguendo Zeedjik (una sorta di Chinatown olandese) arriviamo al Waag di Nieuwemarkt, la “casa dei pesi”. E qui iniziano anche monumenti, chiese ed edifici incartati, impalcati, puntellati. Ce ne sono ovunque e rendono la visita davvero sgradevole. Proseguendo lungo il canale raggiungiamo Zuiderkerk e il Nationale Opera & Ballet a Waterlooplein, dove troviamo anche il più grande mercato delle pulci di Amsterdam, un’accozzaglia di antiquariato e ciaffate varie, scatole di latta, vestiti vintage e anche bancarelline niente male, come ad esempio quella dove non manco di comprare i tipici biscotti olandesi: due wafer tondi e biscottosi con una marmellatina mielosa in mezzo. Una botte di calorie che uso come colazione, pranzo e merenda.
Seguiamo Amstel, la via che costeggia il Binnenamstel, fino al Bloemenmarkt, il bellissimo tipico mercato dei fiori e dei souvenirs, annunciato dalla bellissima Munttoren, la Torre della Zecca dello Stato. Tulipani e fiori profumatissini ad ogni botteghina, bulbi e semi più disparati acquistabili a prezzi stracciati, e in mezzo tanti souvenirs. Non mancano gli zoccoli olandesi, in legno, colorati, di plastica, in ceramica, da appendere, persino pantofolosi (questi sono miei!) e i vari magnetini, puzzles, targhette di Van Gogh e Rembrandt. Sul lato opposto della strada, altri negozi di souvenirs e di formaggio, che specialmente qui ad Amsterdam sbocciano ovunque. Un pezzetto di Singel, un pezzetto di Rolkin sull’omonimo canale, i profili delle case incerte adagiate le une sulle altre che si specchiano  nell’acqua solcata dalle arche colorate, quintali di caratteristiche bici agganciate lungo gli altrettanto caratteristici ponti. e poi Kalverstraat, brulicante di gente e negozi per tutte le tasche, fino a Dam, la piazza simbolo della capitale olandese: è proprio attorno a questa piazza che nel 1270 si costituì il primo nucleo di pescatori destinato poi a diventare l‘attuale Amsterdam.
 
Tradizionalmente, Dam è il punto di partenza di ogni escursione: a centro della piazza si staglia il bianchissimo Nationaal Monument, un obelisco eretto dopo la Seconda Guerra Mondiale a simbolo dei caduti. Di fronte ad esso si erge l’imponente facciata neoclassica del Koninklijk Paleis, il palazzo reale. Non sembra in effetti un palazzo di Amsterdam, e tradisce la volontà del Seicento di costruire un palazzo municipale all’altezza del prestigio e del potere della capitale mercantile dell’epoca: fu il più costoso municipio dell’Europa del XVII secolo. L’aria è calda, chi l’avrebbe mai detto, io sono persino in canottiera e sento già un principio di insolazione. Dopo un bel giro della piazza, un assaggio di Nieuwekerk (sede in questi due mesi di una mostra fotografica e quindi con entrata a pagamento!) e poi lungo Raadhuisstraat fino a Westermarkt, quartiere gay, con l’omonima Westerkerk. Nel piazzale dietro la chiesa (impalcatissima e pure chiusa!) l’Homomemorial, ad opera di Karin Daan realizzato nel 1986, onora la memoria di coloro che furono perseguitati durante la guerra per i loro orientamento sessuale. Il triangolo in marmo rosa sul pavé riprende infatti il triangolino rosa in tessuto che veniva cucito sulle giacche degli omosessuali per “marchiarli” e farli riconoscere, permettendone quindi la persecuzione. Sul lato destro della Nieuwekerk, la minuscola statuetta in ferro commemorativa di Anna Frank, ornata da fioriere, e a cento metri, la casa in cui visse e scrisse il diario che tutto il mondo conosce. Peccato che la fila ci scoraggi dall’andare a visitarla. Io però ne approfitto e sfrutto un po’ la connessione internet gratuita mentre i vecchi si riposano, mentre ammiro i canali.
 
Dal lato ovest del centro storico, tiriamo lungo i canali fino alla stazione centrale. Il sole inizia ad intontirmi più di quanto io non sia già. Sono le 17 quando riusciamo a riprendere il ferry e tornare al molo. Arranchiamo all’area camper l’ultimo chilometro. Il pomeriggio si perde tra riguardare le foto, una sigaretta di fuori mentre il sole riscalda l’area. Gli occhi gonfiati dal sole. Mi sa che stasera si va a nanna presto.
Vabè, io vado.
I vecchi giocano nel camper accanto.

Martedì, 20 maggio 2014 - Km 60035

- Amsterdam
Giornatona oggi: dopo la colazione io e mamma partiamo in quarta verso il molo, ferry per la Stazione Centrale e dirette con le motofette fino al Museumplein. Attraversata Dam, Costeggiamo l’Herengracht  fino a Vijzelstraat per poi buttarci sulla Nieuwe Spiegelstraat, che taglia a metà il quartiere omonimo. Via storica di Amsterdam, lunga non più di trecento metri, in cui hanno trovato spazio almeno un centinaio antiquari che esibiscono preziose raccolte, dalle più rare come quelle di scatole musicali alle più note come quelle di mobili. La via conduce direttamente all’imponentissimo Rijskmuseum, il museo d’arte olandese più ricco al mondo.
Circondato dal bellissimo Tuinengarten, un giardino di fontane e tulipani pieno di panchine dove rilassarsi al sole (o all’ombra degli alberi), esso apre la strada, attraverso la galleria, al Museumplein, una normale piazza poco lontana dal groviglio di canali che un innovativo progetto urbanistico ha trasformato in un’area riservata ai musei. Uno spazio dedicato all’arte, non a caso sulla facciata opposta del Rijskmuseum appare la scritta Art is therapy. Stupendo il significato. La realizzazione lo è un po’ meno. L’insegna è tipo sala giochi, un tubo luminoso che è un pugno in un occhio rispetto alla facciata neogotica in mattoni rossi. Comunque, tant’è. Oltre al gigantesco museo d’arte, trovano posto anche lo Stedelijk Museum (il museo nazionale), la famosissima scritta in legno e vetroresina “I amsterdam”, sotto la quale orde di turisti fanno foto su foto arrampicandosi sulle letterone, e soprattutto il Van Gogh Museum, struttura futurista in vetro e cemento grezzo dalle ampie e luminose stanze che ospita la più vasta collezione di quadri del pittore olandese, uno dei maggiori esponenti dell’impressionismo. Ammetto che, benché non sia una fanatica della pittura, il viaggio all’interno del museo, tra i quadri e la storia di Vincent Van Gogh risulta molto interessante. E poi questo è uno dei miei ricordi della tesina d’esame delle superiori: da allora mi ripetevo che semmai un giorno fossi andata ad Amsterdam avrei dovuto visitare questo museo.
L’ho fatto. Vinco di nuovo.
Giusto per pranzo ritroviamo il babbo e i compagni di viaggio e restiamo a Museumplein in “chill out” prima di infilarci alla Heineken Brouwerij, lo stabilimento della birra omonima, dismessa nel 1988, per quella che chiamano Heineken Experience. La visita si struttura su vari livelli, dal video iniziale sui primi passi di Gerard Adriaan Heineken e la storia dell’azienda. Una serie di pannelli divertenti consentono le foto più idiote, casse di legno, botti e palloncini con una musica jazz di sottofondo rendono l’atmosfera davvero piacevole. Teche con la storia dei vari personaggi della famiglia, sottobicchieri, le prime etichette. Molto grazioso. Poi, il video/spiegazione sulla produzione e fermentazione con un maxischermo e il pavimento che si muove, la sala della degustazione gratuita e poi il momento che tutti aspettavano: i drink inclusi nel prezzo del biglietto.
Innegabile che la birra è molto buona. E nemmeno troppo leggera! Abbiamo anche il pass dell’Heineken per arrivare direttamente all’Heineken Store, dove ci attende un gadget. Provo a chiedere un biglietto in più per il battello, spiegando che “noi siamo in due, mia mamma è rimasta fuori, ma se noi andiamo in battello lei dovrebbe farsi la strada a piedi…” e la ragazza me lo accorda quasi senza battere ciglio. Quindi, una volta recuperata la “vecchia” all’uscita, un po’ di attesa e ci infiliamo sul battello per un giretto nei canali, almeno fino al negozio dell’Heineken!

Da lì alla stazione la strada è poi ancora lunga, le motofette ancora non ci abbandonano.
La mia invidiabile abbronzatura da muratore persiste ed è, anzi, intensificata. Compriamo il pane e per cena delle vaschette di insalata con salsine presso Ch o qualcosa del genere, una catena di supermercati abbastanza diffusa in Olanda, poi proseguiamo La stanchezza inizia a farsi sentire, l’attesa del ferry, la lunga strada fino all’area dei camper.
Giornata lunga, interessante, culturalmente diversa.
Resta il fatto che domani ripartiamo, destinazione ancora ignota.

Mercoledì, 21 maggio 2
014 - Km 60035
- da Amsterdam a Scheveningen
Anche stamattina ci svegliamo prestissimo, e ancora non sappiamo che la giornata non produrrà grossi frutti. Stanotte ha piovuto un po’ (parecchio!) ma stamattina sembra solo nuvoloso e non eccessivamente minaccioso. Dopo il carico/scarico acque, la pulizia della cassetta del wc e soprattutto del camper da cima a fondo (ad opera della sottoscritta filippina), usciamo dall’area camper e salutiamo Amsterdam con destinazione Haarlem, graziosa cittadina a trenta chilometri dalla capitale, che ha dato il nome al ben più famoso Harlem newyorkese.
 
Costruita ovviamente su canali che rendono lo sfondo piacevole da fotografare, ci accoglie con il suo Adriaan Molen, un mulino a vento proprio lì, sul canale dal 1778. E’ stato riaperto solo nel 2002 dopo che un incendio lo distrusse negli anni Trenta, ed è ora adibito a museo.
Haarlem ha una bellissima piazza, Grote Markt, e un’altrettanto bella cattedrale lì a fianco (chiusa, ovviamente!). Un paio di armoniche torri si stagliano oltre i tetti delle case affacciate, con la loro cura maniacale, nei vicoli, Ci concediamo un giretto in centro e un salto da Hema (ormai tutti gli Hema olandesi sono nostri!)e ripartiamo. Speriamo di fermarci per pranzo a Zandvoort, magari vista mare, dato che è una località balneare olandese abbastanza rinomata, ma non riusciamo a fermarci perché tutte i parcheggi per camper sono in realtà campeggi e costano piuttosto cari. Scendiamo quindi fino a Noordwijk aam Zee, altra località marittima, e con un biglietto di 2€ al parchimetro sul lungomare dedicato alla regina Guglielmina (la Whilelmina Promenade, a cui è stata dedicata l’omonima statua) restiamo un paio d’ore, giusto il tempo del pranzo e di quattro passi.
Il punto della situazione pomeridiano di visitare Leiden verrà in realtà stravolto dai giri a vuoto per trovare un parcheggio in città, così da costringerci a proseguire verso Scheveningen, alla periferia nord di Den Haag, L’Aia, dove arriviamo stremati dopo aver sbagliato strada una cinquantina di volte! Ci “accampiamo” senza dare nell’occhio sul lungoporto, a poche centinaia di metri dalla fermata del tram che domani, tempo permettendo, ci porterà in centro per un giro turistico. Internet, come al solito, è scadente. Mi arrendo. Il vento è cambiato ed ora è abbastanza fresco, e in serata si annuvola L’aria è decisamente più fredda oggi dei giorni precedenti. Quasi mi ero illusa di poter trascorrere il resto della vacanza in canottiera.

Giovedì, 22 maggio 2014 - Km 60172

- Den Haag
Nonostante l’apparente pioggerella notturna, stamattina sembra bello. Ma che arietta gelida, giù dal camper! La temperatura mi convince ad uscire con un bel maglione di lana, certa che non sentirò poi così tanto caldo. Si parte per il centro dell’Aia, Den Haag, in olandese. La capitale amministrativa dell’Olanda, la sede del parlamento e di un mucchio di robe diplomatiche e incravattate. Il tour parte a trecento metri dalla nostra area a Scheveningen, dalla fermata Dienstraat, con il tram n.11. Il biglietto giornaliero costa 6,50€ (contro i 3€ della corsa semplice) e in dieci minuti o poco più siamo in centro. La stessa fermata del tram è, appunto, Centrum, nel bel mezzo di una delle vie principali della città, Spui (sarà il nostro punto di riferimento per tutto il giorno). Appena giù dal tram, un Hema ci corre incontro dallo Spui Markt, centro commerciale su tre o quattro livelli, e noi non esitiamo ad infilarci (e stavolta finalmente la colazione a 1€ i vecchi non se la fanno mancare: caffè o tè più un croissant e un sandwich con frittatina, tutti i giorni dalle 8 alle 10 presso tutti gli Hema dell’Olanda, credo!). All’ufficio turistico (padiglione immenso adiacente alla biblioteca cittadina) pochi minuti dopo rimediamo una piantina della città a 3€ ed iniziamo a spostarci. Ad appena cento metri, da un lato della via si apre il giardino della Nieuwe Kerk (e dietro ad essa l’immancabile Chinatown) e sull’altro lato l’avveniristica Spui Plein, la piazza con il Dr. Anton Philipszaal, il Lucent Dans-theater e soprattutto lo Stadhuis, il municipio, detto anche Palazzo di Ghiaccio: costruito a metà degli anni Novanta, fu subito ribattezzato così dagli abitanti per il colore bianco con cui è stato interamente edificato. All’angolo, troviamo la statua in pietra della Rana con l’ombrello di Karel Appel. Se nessuno ne ha mai sentito parlare, tanto per dare l’idea, è come chiamare riduttivamente “fungo” un piatto di tortellini alla boscaiola: i protagonisti di questa statua sono, infatti, oltre alla già citata rana con l’ombrello, maiali, galletti ed elefanti.
Niente di speciale comunque. Poco più avanti lungo Spui appare il tanto chiacchierato Binnenhof, la sede del Parlamento, con il bellissimo chiostro interno e la Ridderzaal, la sala dei Cavalieri, in un edificio separato all’interno del cortile. Gente incravattata fuori dalla porta della sede attende un macchinone in arrivo con i vetri oscurati. Un tizio in frac accoglie gli arrivati (probabilmente qualche delegazione canadese, viste le bandiere), oggi in Olanda è anche il giorno delle votazioni europee. Orde di turisti, gruppi di studenti. Hof Vijver è il lago con la fontana al centro che si scopre oltre il Binnenhof  e ci presenta Plaats, la piazzetta più piccola di Den Haag, con ristorantini e locali e negozi nelle vie. Questa zona ha per fortuna conservato lo stile originale e anche, in una traversa interna la vecchia sede del municipio e la Grote Kerk.
Gli edifici sono visibilmente di lusso, le facciate curatissime e luminose ma molto sobrie: per fortuna almeno qui è stato conservato lo stile originale, visto che Spui Plein è talmente futurista da scazzottare col resto dell’architettura.
Lungo Prinsestraat si arriva al Paleistuin, praticamente il parco reale, che di fatto circonda da un lato il Paleis Nordeinde, la sede di lavoro del re, e dall’altra le scuderie. Odore di erba fresca e tanta gente a prendere il sole e bivaccare allegramente. La temperatura per fortuna è salita e ha cambiato la giornata, e i nostri panini sono ben felici di essere consumati in questo ambiente. Dopo pranzo, proseguiamo lungo Anna Paulowna per poche centinaia di metri e finalmente giungiamo al Vredespaleis (il Palazzo di Pace) ovvero il Palazzo di Giustizia.
Circondato da un grande giardino, esso si presenta quieto ed accoglie gratuitamente i visitatori. In un angolo, anche l’albero della pace: un alberello addobbatissimo di foglietti scritti da gente che, in visita, affida i propri desideri legandoli con un filo colorato ai rametti. Questo posto mette davvero pace. Ce ne restiamo venti minuti fuori, sulle panchine all’ombra, di fronte al muretto di marmo che recita la parola “pace” in tutte le lingue del mondo, in silenzio, ascoltando la musica delle campane. Poi riprendiamo la marcia. Torniamo in centro, ci facciamo un po’ di giretti sul tram per ammortizzare la spesa, e scendiamo alla stazione ferroviaria Holland Spoor per trovarci di fornte la Haagstoren, una modernissima torre triangolare a vetri e specchi che offre una vista della città a 360°. In realtà scendiamo solo per un paio di foto, poi torniamo da Hema per comprare due cretinate viste stamattina ed io un paio di jeans al modico prezzo di 12€ (altro che Gravenstraat!) in un negozietto gestito da arabi nel quartiere di Chinatown. Torniamo alla base intorno alle 17.30, mentre una pioggerellina appena accennata sembra volermi guastare la prevista visita alla spiaggia. Non è tardi abbastanza, il babbo si infila dal ferramenta, la mamma è stanca. Io tiro su le mie motofette e raggiungo infatti il mare. Mi mancava.
Per la verità L’Aia sembra una città abbastanza disordinata, architettonicamente parlando, un’accozzaglia di stili diversi buttati alla rinfusa in una fossa comune (senza contare le impalcature e i lavori in corso che anche qui saltano fuori come i funghi… ma lo tralascio, dato che non è la prima volta che capita): bella la zona dei negozietti di Spui, bellina anche la zona di Gravenstraat e Hoogstraat, a ridosso di Plaats, piena di negozi “seri” (la Via Montenapoleone dell’Aia, per intenderci, quella dove io non posso comprare nemmeno uno spillo), magnifico senza ombra di dubbio il Vredespaleis, ma a parte questo è una città che merita giusto una sufficienza perché sono larga di manica.
Forse, alla fine, la Strand van Scheveningen è la parte migliore, e me lo conferma poi dopo cena. Durante la stesura del resoconto della giornata, guardando dall’oblò del camper oltre le barche del porto mi accorgo del sole che sta tramontando. Me ne accorgo dalle nuvole rosse che sembrano infiammare il cielo. Il mare non è dietro l’angolo, a pancia piena si cammina male, ma decido di infilarmi un paio di pantaloni (che non siano quelli del pigiama!) e le scarpe e correre fuori, di nuovo fino alla spiaggia. E guardo il cielo, mi chiedo se riuscirò a beccare il sole ancora appeso sull’orizzonte rosso, accelero il passo. Gli manca tanto così, quando arrivo alla ringhiera che dà sulla spiaggia di Scheveningen. E’ arancione acceso, e tinge tutte le nuvole attorno che sembrano fumo di un incendio. Sarò ripetitiva, ma sono ancora convinta che il sole offra gli spettacoli gratuiti più belli del mondo.
Che sia alba o tramonto, ogni giorno regala colori diversi: bisognerebbe svegliarsi ad est ogni mattina e correre ad ovest ogni sera, solo per ammirare il suo continuo movimento.

Venerdì, 23 maggio 2014 - Km 60172
- da Scheveningen a Rotterdam 
Inutile dire che anche oggi la sveglia suona all’alba. Dopo i soliti riti, impostiamo Rotterdam al navigatore. Stadscamping Rotterdam, in Kanalweg n.84. è la nostra destinazione. Scendiamo alla reception e facciamo il check-in, quasi senza obiettare, per due notti. Con elettricità (a 3,75€ al giorno) e terza persona (la filippina) il prezzo totale è circa 63€. Essendo un campeggio ci sono tutti i servizi, comprese le docce (yay!) e anche la possibilità di fare il bucato (con la lavatrice a gettoni che però è a pagamento, ovvio!). Immediatamente possiamo anche acquistare la carta per i trasporti pubblici al prezzo di 10,70€ valida per due giorni, inserita comunque in un grazioso e utile libricino emesso dagli uffici del turismo di Rotterdam con sconti su musei, attrazioni e tour vari. Praticamente, al prezzo totale di 13,50€, abbiamo il libricino con gli sconti e la carta per i trasporti valida per due giorni. Ottimo. Felicissimi e un po’ più poveri, siamo pronti per piazzarci nel prato. E’ abbastanza presto, l’aria è frizzantina e abbiamo quasi tutta la mattinata ancora. Se non fosse che il babbo, facendo manovra sul terreno erboso e umido, si impantana. Nell’incertezza se ridere o piangere, pensiamo a come tirarci fuori dal guaio. Lo zerbino, il cartone, le zeppe, e perdiamo un’ora. Alla fine, anche con la collaborazione di uno svizzero in procinto di lasciare il campeggio con la consorte, riusciamo a venire fuori dalle varie buche scavate con le ruote. Piazzati e sistemati, non ci resta che partire. Il posto non è male, è l’unico vero campeggio della zona (ne abbiamo bisogno!), ben collegato alla città con due autobus diversi, il 33 e il 40 che portano direttamente alla Stazione centrale, un padiglione decisamente futurista, come tutta l’architettura circostante, che si stacca completamente da ciò che abbiamo visto finora. Lo skyline di Rotterdam cambia di continuo, e sin dal primo istante sembra di essere stati catapultati nel futuro Il suo immenso porto è decimo al mondo (sotto un elenco di porti costruiti recentemente in Cina!) e i suoi grattacieli sono tra i più alti in Europa. Mi sento subito al sicuro, nonostante la “freddezza” della modernità. Schouwburgplein è una delle prime cose che visitiamo: è una piazza di moderna concezione, costruita in realtà sul tetto di un parcheggio sotterraneo utilizzando vari materiali per i dettagli (come i metalli leggeri per le illuminazioni, gomma, legno e plastica per panchine e sedute varie). Tagliamo perpendicolarmente Lijnbaan, una delle principali vie dello shopping, passando coi paraocchi perché “tanto non compriamo niente!” e lungo Cooldingel passiamo davanti allo Stadhuis, municipio in stile neorinascimentale dei primi del Novecento. Altra via importante del centro di Rotterdam è De Meent, trasformatasi anch’essa in breve tempo in un’arteria commerciale contornata di bar e ristoranti, lungo la quale si trova tra l’altro il Dudok, che deve il suo nome all’architetto che progettò: imponente edificio un tempo adibito ad uffici e oggi sede di uno dei più famosi ristoranti di Rotterdam. Proseguendo lungo la via, la Laurenskerk, svetta magnifica con il suo stile tardo gotico sui grattacieli di nuova costruzione. Alla sua destra, sulla piazza, la statua in bronzo più antica dei paesi bassi, quella del più famoso Erasmo, filosofo e tra i principali esponenti dell’umanesimo, che qui nacque nel 1468. Lungo la Binnenrotte, largo vialone pavimentato e vivace che dalla piazza della chiesa porta fino alla fermata metro di Blaak (uno dei punti di convergenza) ci fermiamo tipo centotrentasei volte nei negozietti di cianfrusaglie e non, perdendo piacevolmente un’ora. Ma senza dubbio la parte migliore della giornata è la zona delle Kijkubus, le case
cubiche progettate da Piet Blom, che fu di fatto incaricato di costruire un ponte sull’arteria che collegava l’area di Blaak all’Oude Haven, il vecchio porto (dove passeremo poco dopo) con i suoi deliziosi baretti affacciati sul braccetto d’acqua e vecchie imbarcazioni racchiuse dalla moderna città. Egli costruì quindi le case cubiche, vere e proprie case tutte inclinate di 45 gradi su una specie di cortile interno. Un gioiello visionario nel cuore del centro di Rotterdam. Affascinante la casa-museo al n.70: con 2€ (grazie agli sconti del libricino) saliamo a dare un’occhiata: i pavimenti sono ovviamente in piano, quindi non ci si accorge che la casa sia effettivamente tanto inclinata finché non si guarda fuori. Gli spazi sono sfruttati al meglio, grazie a scaffali e piani inclinati che creano, combaciando contro il muro inclinato in senso opposto, superfici piane.
 
Uno spazio di un centinaio di metri quadrati, ci dice il “gestore” (che parla anche un po’ italiano), acquistabile per appena un paio di centomila euro (ovviamente non arredata). Beh, a Numana appartamenti di queste dimensioni costano quattro volte tanto. E non hanno questa visionaria, ultramoderna, originale e folle struttura!
Dopo l’Oude Haven, dove non perdiamo l’occasione di fotografare anche il Whitte Huis (il primo grattacielo d’Europa, realizzato con mattoni bianchi smaltati e decorati a mosaico in stile art nouveau),
camminiamo un po’ lungo il canale costeggiando il porticciolo di Wijnhaven. Passiamo davanti al complesso residenziale del Red Apple e al bellissimo ristorante “Tinto”, costruito su un battello-faro di 42 metri attraccato al porto, arredato con gusto estremo e piante a decoro.
 
Risaliamo su Churchillplein, in corrispondenza del Maritiem Museum, e ci troviamo davanti “Cascade”, una sultura in poliestere che rappresenta bidoni un latta da cui fuoriesce petrolio, a simboleggiare il consumismo. Quanta arte lungo queste strade.
Siamo tutti un po’ cotti.
Rientriamo alla base anche abbastanza tardino, dopo un salto da Hema, un po’ di relax sul muretto davanti alla Stazione Centrale e dopo aver dimenticato il nome della nostra fermata del campeggio. Una volta a “casa piccola”, finalmente doccia e shampoo. Io sciacquetto un’ora sotto l’acqua come i bambini con le paperelle nella vasca da bagno, e dopo cena faccio funzionare il wifi a fatica: ho dei tagliandini “monouso” di un’ora ciascuno che la reception mi ha fornito storcendo un po’ il naso: sembrerebbe che abbiamo diritto ad un solo tagliandino al giorno, gli altri si pagano 2€ l’uno.
Scherzeranno?!

Sabato, 24 maggio 2014 - Km 60201

- Rotterdam
La mattinata è gelida. Nuvoloni pesanti coprono il cielo, ma non si sa come vestirsi: ieri eravamo tutti incappottati e poi di pomeriggio 25 gradi. Soprattutto però è una mattinata un po’ triste: i compagni di viaggio ci “abbandonano”: Adele ha problemi ad una gamba, fastidi continui, e gli impacchi non hanno aiutato. Non si sente tranquilla e preferisce rientrare per dei controlli dal medico di fiducia. Ed ecco che il loro viaggio finisce qui. Noi, dopo i saluti a malincuore, andiamo comunque in centro.
I programmi del giorno sono lo Splashtour sul bus-anfibio per me e mamma e il museo tramviario per il babbo (che però risulterà chiuso. Ma a lui non interessa moltissimo perché passerà tempo comunque su bus e tram con i suoi “giretti” per ammortizzare il biglietto dei trasporti!). Iniziamo il giro scendendo con il bus da Centraal Sation a Leuwehaven, in bocca all’Erasmusbrug, che sull’altro lato scopre la moderna skyline di Rotterdam. Il freddo pungente mi fa venire il mal di testa, e neanche camminare mi aiuta. Oltre il ponte, un piccolo isolotto sul porto di Rijnhaven sulla destra scopre un complesso di edifici ultramoderni, tra cui De Rotterdam, un grattacielo multifunzionale ed ecosostenibile terminato solo lo scorso anno. Ecosostenibile è anche il Padiglione galleggiante poco lontano, formato da tre mezze sfere comunicanti, che rientra in un progetto pilota per la costruzione di strutture galleggianti a Rotterdam.
Riprendiamo la metro ed arriviamo a dare un’occhiata a Veerhaven, considerato da molti uno dei punti più belli della città, in quanto conserva ancora chiaramente il carattere del vecchio centro storico cittadino. Qui “abbandoniamo” il babbo ai suoi giretti in tram: in lontananza si scorge già la torre panoramica più alta dei Paesi Bassi, l’Euromast, progettata negli anni Sessanta, da dove poco dopo parte il nostro tour sul bus-anfibio. Decisamente vale i 18€ spesi sarebbero stati 24 ma abbiamo il libricino col 25% di sconto!): in un’ora passiamo dal Maastunnel, il primo tunnel sottomarino d’Europa, al giro dell’area portuale su strada per poi immergerci nel fiume Maas. Recuperiamo il babbo verso le 14 e saliamo sul tram per Delfshaven, che ci mostra uno splendido scorcio sull’antico mondo dei pescatori, un quartiere di periferia romantico e raccolto, ricco di canali ed edifici storici.
 
Proprio da qui i Padri Pellegrini partirono nella loro traversata verso l’America del Nord (ed è grazie a loro che adesso gli americani festeggiano il Giorno del Ringraziamento!) Ritorniamo verso il centro, scendendo a Blaak giusto per comprare dei souvenirs visti ieri, e ci imbattiamo casualmente nel mercato. Anzi, in realtà è uno dei più grossi mercati d’Europa, il Binnenrotte Markt, ma lo scopriremo solo in serata. Ciaffate a prezzi stracciati, rimedio anche un paio di tronchetti a 10€. Questo è shopping, altro che Lijnenban! La giornata è ormai finita, riprendiamo il nostro tram e poi il bus n.33 e rientriamo alla base. Il posto a fianco al nostro sul prato è vuoto: i compagni di viaggio sono partiti. Adesso siamo un po’ più soli. Doccia, cena. Ore a caricare le foto e controllare la posta.
A nanna tardi.

Domenica, 25 maggio 2014 - Km 60201

- da Rottrerdam a Bunnik
Ce la prendiamo comoda, dicevano. Ci svegliamo con calma, dicevano…
Poi invece alle 7.30 siamo già tutti in piedi. Ah, non si dorme mai!
Approfitto comunque della connessione wifi fino all’ultimo e carico tutte le foto su Facebook con tanto di geotag e didascalia, mi documento sulla densità di popolazione di città olandesi ecc. Poi dopo la colazione, i riti del carico/scarico e pulizia del camper. Usciamo dal campeggio intorno alle 10 e ci dirigiamo verso Kinderdijk, minuscola località appena fuori Rotterdam, famosa per essere tra le più fotografate d’Olanda. Motivo, le sue file di mulini a vento, diciannove per l’esattezza, allineati lungo il canale. Il parcheggio del sito è pieno, essendo domenica, ma essendo domenica ci dicono anche che i negozi sono perlopiù chiusi e possiamo anche parcheggiare (gratis!) a bordo strada appena troviamo uno slargo.
 
Il sito, patrimonio dell’Unesco, merita davvero una visita: il sentiero pedonale e ciclabile parte dal ticket office e si snoda lungo due o tre chilometri lungo i canali: l’atmosfera è quella tipica della campagna olandese delle cartoline, quella dei tulipani (ormai andati!) e, appunto, dei mulini a vento. Sono alti, col “cappello” di paglia e pale lunghe oltre dieci metri. Vederli tutti in fila ai due lati dei canali è spettacolare, e meno male che il tempo ci assiste. Qua e là, anche dove sostare e magari bivaccare (con ordine e discrezione), ponticelli ed un paio di mulini-museo visitabili. Rientriamo alla base dopo una bella passeggiata, tante foto e una lunga e ardua disquisizione sul sistema di pompaggio dell’acqua da un canale all’altro mediante i mulini. Rientriamo al camper per il pranzo solo alle 14.30, mangiamo qualcosina veloce e poi perdiamo due ore a fare il punto della situazione. Prossima destinazione Utrecht. Dovremmo trovare un parcheggio in centro, ma ci perdiamo (guarda caso!) nei meandri e decidiamo di cercare un posticino in zona limitrofa per utilizzare il famoso “metodo Partille” adottato per la prima volta a Göteborg. Arriviamo quindi a Bunnik, pochi chilometri a est di Utrecht, e troviamo posto silenziosamente a trecento metri dalla stazione ferroviaria. Di fronte, anche la pensilina della fermata del bus: domani con i mezzi di trasporto per la città avremo l’imbarazzo della scelta!
La parabola non vuole saperne di farci vedere a tv: meno male che ho una tonnellata di film nel pc e risolviamo la serata così.
Finalmente stasera si va a nanna presto.
Che tristezza senza internet.

Lunedì, 26 maggio 2014 - Km 60336

- da Bunnik a De Haar
Alla solita ora siamo già tutti in piedi.
Ore 8.30: pronti alla stazione.
Biglietto a/r all’automatico: 4,20€ cadauno. (che per una sola fermata in treno è più che sufficiente)
Ore 8.51: partenza dalla stazione di Bunnik. (nel treno c’è anche la wifi gratuita, che funziona anche sui binari semplicemente in prossimità di treni)
Ore 8.58: arrivo a Utrecht. Cerchiamo l’uscita, c’è confusione, tanta la gente che passa rapida accanto a noi. La stazione è grande ma a primo impatto molto disordinata (me ne accorgo perché sono stata in grado di orientarmi più facilmente in stazioni più grandi), ma credo dipenda anche dai lavori che stanno facendo un po’ ovunque in città. Grazie ai cartelli usciamo e seguiamo le indicazioni per il centro. Sarà che è relativamente “presto”, che qui in Olanda i negozi non aprono prima delle 10 o 11 del mattino, ma la città è deserta, e mette proprio tristezza.
Ce ne accorgiamo anche quando raggiungiamo Oudegracht aan de werf, il canale principale che taglia il centro storico. Una cosa che si nota a Utrecht, rispetto ad altre città sui canali, è che qui la banchina è “abitabile”: sull’acqua si affacciano infatti baretti con tavolini che magari di sera e con un po’ di gente rendono vivace la notte. Adesso, alle 9.30 del mattino, è proprio la desolazione assoluta. Attraversiamo Mariaplaats, dove ora sorge il conservatorio, e il Pandhof, il giardino del monastero del Duomo, ovvero ciò che resta del chiostro coperto che dall’ex chiesa di Santa Maria conduceva alla sala di ritrovo dei canonici. Dalla Domtoren, la torre del Duomo più alta e antica d’Olanda, entriamo nel cuore della città ancora addormentata. Staccata dalla torre dal 1647, quando un tornado ne danneggiò la navata facendola collassare, la Cattedrale di San Martino se ne sta silenziosa. A fianco ad essa, il palazzo Akademiegebouw, l’edificio principale nonché cuore distintivo dell’Università di Utrecht, in cui si svolgono tesi di dottorato, discorsi inaugurali e consegna dei diplomi. A due passi dalla piazza, il centro di informazini turistiche (il cosiddetto VVV), che però apre a mezzogiorno. Ciao và! Ma qui in Olanda che il lavoro c’è… perché la gente lavora solo cinque ore al giorno? Il quesito ci accompagna lungo il canale per un giretto abbastanza sottotono, nonostante il tempo sembri assisterci.
Tiriamo faticosamente fino alle 11, ma dato che le cose da vedere non sembrano molte altre, optiamo per tornare alla base e decidiamo di raggiungere il castello De Haar, a una ventina di chilometri dalla deludente città universitaria che ci lasciamo alle spalle. Arriviamo nel parcheggio, e ci fermiamo a fianco ad un camper con targa italiana. I camperisti ci salutano subito, molto cortesemente, e ci spiegano che il parcheggio oggi è gratis perché stanno facendo dei lavori nel parco. Tra una cosa e l’altra, si è fatta l’ora di pranzo. Mentre i camperisti a fianco a noi lasciano l’area, noi siamo al caffè e sigaretta. Punto della situazione e ci prepariamo a scendere quando inizia a piovigginare. Aspettiamo un po’, temporeggiamo. E temporeggiando si fanno le 17. Il pomeriggio passa così, tra tv, uncinetto, letture di camper, videogames, chiacchiere. Ognuno si dedica alle proprie attività sperando che smetta presto di piovere, e ogni volta che accenna la tregua ci si prepara per scendere e ricomincia.
Non è proprio aria, insomma.
La notte passa allo stesso modo. Mi sa che domattina ce la prenderemo davvero più comoda.

Martedì, 27 maggio 2014 - Km 60363

- da De Haar a Port Zelande
Dopo la nottata con pioggia scrosciante ad intermittenza, finalmente durante la colazione un timido raggio di sole si infila a forza tra le nuvole e ci incoraggia. Arriviamo all’entrata del castello di, in stile Legoland, curatissimo. Fossato attorno, ponte levatoio, arco perfetto, mattoncini rossi e splendide persiane in legno verniciato rosso e bianco. Facciamo un giretto nel cortile, arriviamo al padiglione dei souvenirs. La gentile signora alla cassa ci mostra la mappa del parco del castello (la cui entrata costa 4€, mentre per la visita guidata completa all’interno il prezzo è di 14€), che ci interesserebbe vedere, ma ci avvisa che camioncini e muletti stanno ancora smantellando i tendoni allestiti per la festa italiana tenutasi lo scorso weekend, quindi non è particolarmente entusiasmante, benché sia molto ampio. Ci limitiamo quindi a chiedere il gettone per il parcheggio e ci dice che in questi giorni è gratuito, per il disagio procurato dai lavori in corso. Soddisfatti dei “risparmi” riprendiamo il viaggio in direzione Gouda, la patria del formaggio omonimo (e, scopro più tardi, anche degli stroopwafels, quei fantastici tipici waferoni tondi ripieni di miele/caramello o qualunque altra cosa sia da cui ormai sono dipendente). Ovviamente il cielo non migliora nemmeno a pagarlo. Ci fermiamo per riempire il serbatoio. Sono ben undici giorni che non mettiamo nemmeno gasolio: quant’è piccola questa nazione. Poco dopo in città troviamo subito il parcheggio Klein Amerika, con carico/scarico acque (di cui necessitiamo) in una posizione fantastica: a trecento metri dal centro e dal solito VVV, l’ufficio informazioni. Probabilmente rinnovato di recente, ha un ottimo spazio per i camper (dalle informazioni in nostro possesso risultavano solo sei posti). Si paga con il biglietto automatico, 1,50€ l’ora oppure 8€ per tutto il giorno.
E c’è persino una connessione free della vicina Chocolate Fabriek. Peccato che la città ci accolga sotto la pioggia, di nuovo: il canale sta praticamente a livello della strada. Dopo le operazioni di rito decidiamo di avventurarci per un giro di ricognizione, perché sembra abbia smesso di piovere forte. Passiamo quindi il ponte oltre il parcheggio e seguiamo Lange Tiendeweg.

Già dai primi passi ci rendiamo conto che questo è davvero un paesino grazioso. Sembra addobbato a festa, forme di formaggio (ritengo finte!) appese ai fili in alto sulla via, nastrini con i colori di bandiera e scorci deliziosi di ponti sul canale che gira tutto attorno all’isolotto. La prima cosa che troviamo è, tra l’altro, un negozio di formaggi tipici in mille sapori diversi. C’è persino il wasabi kaas, formaggio con alla tipica salsa giapponese wasabi (infatti è verdino), e uno al pesto rosso. A parte i prezzi folli, gli assaggini lasciano davvero molto soddisfatto il palato. Proseguendo sulla via ci troviamo di fronte Sint Janskerk, la cattedrale, e di fronte nel vicoletto il Goudse museum con un bel giardino. Nel frattempo ricomincia a piovigginare. Acceleriamo il passo, per arrivare almeno al Markt, la piazza principale, che comunque non delude. E’ immensa, e al centro svetta un delizioso Stadhuis, il municipio, lì solo soletto nel bel mezzo della pavimentazione lucidata dalla pioggia. Tutto attorno alla piazza, bar e ristorantini con tavolini all’aperto, alberelli e tutto addobbato a festa di arancione (il colore della casata reale olandese – nonché della maglia della nazionale di calcio!) e con i colori di bandiera.
In fondo alla piazza, il Goudse Waag, un tempo la pesa della città e ora museo del formaggio e dell’artigianato. Purtroppo inizia a piovere più forte, troviamo riparo in un Wibra (una specie di grande magazzino che ha in vendita non tutto ma di tutto a prezzi stracciatissimi – mi ricorda un po’ i negozi dei fallimenti della mia zona) mentre fuori viene giù il diluvio e poi in un solito Hema, temporeggiamo perché il paese sembra davvero grazioso e la posizione del camper è ottima, ma alla fine, stanchi ed abbastanza straniti dal tempo che non accenna a migliorare, torniamo alla base e lasciamo Gouda, diretti verso le isole dello Zuid Holland. Lungo la strada continua a piovere senza tregua, ci infiliamo nel Beneluxtunnel per arrivare a Breille, dove cerchiamo un buco per parcheggiare e magari sgranchirci le gambe (anche sotto la pioggerellina andrebbe bene!) ma senza successo. Vaghiamo un po’ in camper per i paesini dell’isola, vorremmo fermarci ma la pioggia impedisce ogni possibile alternativa. Scendiamo lungo la diga fino all’area di Port Zelande, immenso piazzale a ridosso della spiaggia. Peccato che la giornata uggiosa spenga tutti i colori e anche la voglia di fare. Alla fine si è anche fatta una certa.
Parcheggiamo. Parabola. Tv. Patate lesse per cena.
Nanna.

Mercoledì, 28 maggio 2014 – km 60525
- da Port Zelande 
Dal punto della situazione serale è emerso che la prossima tappa è Middelburg, quaranta chilometri a sud della diga con lo spiazzale dove ci siamo “accampati” per la notte nonostante il cartello di divieto (del resto c’era talmente tanto spazio vuoto che davvero non davamo fastidio). Lungo i primi due chilometri di strada costeggiamo l‘immensa spiaggia. Un vero peccato che la giornata sia fredda e tetra, se no qui un paio d’ore sulla sabbia non ce le toglieva nessuno. Anche su Rijkswaterstraat (piazzale adiacente) comunque c’è una roulotte parcheggiata che probabilmente è rimasta per la notte, poi un camper poco più avanti. Non siamo stati gli unici, insomma Comunque, assai adirati dal tempo poco clemente, tiriamo dritti. Seguendo la N57 per saltare da un’isola all’altra, arriviamo a Neeltje Jans , una delle più grandi dighe al mondo, costruita alla confluenza dei tre fiumi (Reno, Mosa e Schelda) dopo le alluvioni del 1953 che causarono la morte di oltre duemila persone. Ci fermiamo per un paio di foto sul waterland, mentre a destra si scorge il reale profilo della diga di sbarramento. Stare sopra a queste “barriere”, circondati da pale eoliche gigantesche, non rende assolutamente l’idea del progetto realizzato: sembra semplicemente la fine della terra e l’inizio del mare. Il Delta Expo, poco più avanti, è il padiglione ideato proprio per mostrare la realizzazione della diga. Alle 11 o poco più arriviamo alla meta in Kanalweg, sull’ampio parcheggio per auto con posti per camper appositamente segnalati (proprio di fianco alla stazione, sul lato opposto del centro storico). Il parchimetro è 1,8’€ l’ora, ma questo paese vale davvero una visitina, e con un paio d’ore si gira benissimo. Attraversiamo il ponte sul canale e siamo già nel cuore del vivace paesino, circondato da un anello di vie pedonali piene di negozi e gente.
Da qui arriviamo direttamente a Markt, la piazza del mercato, che ricorda molto quella di Gouda, e come a Gouda anche qui l’architettura neo gotica dello Stadhuis svetta quasi nel mezzo. Stupendo. La sede moderna del municipio si trova in realtà lungo Kanalweg, a destra della stazione ferroviaria, e questa antica costruzione, simbolo indiscusso della città, ha ora un padiglione adibito a museo di arte moderna. Mi infilo nell'ufficio turistico lì
a lato e mi prendo una brochure informativa con una piantina del paese, tanto per orientarmi, e ritrovo i miei pochi metri più giù, davanti alla Nieuwekerk, chiesa protestante, con Lange Jan, la bellissima torre del campanile. E’ aperta e gratuita, e benché all’interno non offra molto, il chiostro che collega l’edificio con il vecchio padiglione del monastero (ora sede del Zeelandse museum) è fantastico, ampio ed alberato.
Troviamo anche una coppia di giovanissimi sposi e una vecchia Morgan bianca, addobbata con rose, ad aspettarli, e non perdiamo l’occasione di fare foto. Il cielo grigio non promette sole ma nemmeno pioggia, quindi camminiamo ancora un po’ verso il Seismolen, un mulino a vento sulla sponda opposta del canale, raggiungibile a piedi in dieci minuti lungo Herengracht. Arriviamo di fronte a Kloveniersdoelen, un bellissimo ristorante con terrazza su un giardino interno, e attraversando il ponticello adiacente, da Langeviele si rientra in centro. Breve sosta da Hema per la crostata di frutta e rientro ala base per il pranzo. Nel frattempo, due goccette d’acqua le abbiamo prese comunque anche oggi!
Nel pomeriggio ci si sposta, con calma, fino ad Etten-Leur, dove c’è l’area di Turfvaart, a fianco al porticciolo di uno yacht club, per il carico/scarico, che ci permette di stare bene un altro paio di giorni. Il proprietario dell’area, cortesissimo, ci invita ad usare la colonnina dell’acqua e pulire la cassetta del wc se ne abbiamo bisogno, anche se non restiamo al parcheggio per la notte (che comunque ha un vantaggiosissimo prezzo di 5€). Alle 19 circa raggiungiamo Geertruidenberg, “sghignazzante paesino” con area sosta per passare la notte in Statenlaan 2. Comodissima, indisturbata. Ci piazziamo solo temporaneamente un po’ in mezzo per evitare che gli alberi disturbino la parabola della tv (ma appena finiti i programmi il babbo si sposterà sullo stralo dedicato) e sorpresa delle sorprese, c’è una connessione internet che userò tutta la notte. Intanto, comunque, continua a piovere.
Insomma, chi è che ce la sta tirando?!

Giovedì, 29 maggio 2014 – km 60700
- da Geertruidenberg a Bunde

Tralasciando il freddo pungente da congelamento mani/naso, dopo la solita sveglia da caserma militare e la colazione, armati di ombrelli facciamo un giretto del paese. Non offre molto, tranne un’ampia piazza dalla forma allungata, circondata da alberi, su cui si affacciano tutte case ed edifici (dallo Stadhuis al teatro) costruiti tra il Seicento e l’Ottocento, e una Cattedrale che svetta scura con la sua massiccia e larga torre, affiancata dalla statuetta in bronzo di Sint Geertruid, a cui il paese fu intitolato nel 1120.
Torniamo alla base talmente presto che alle 11.20 siamo a Eindhoven. Il babbo appassionato di mezzi di trasporto, vorrebbe visitare il Daf Museum, ma una volta arrivati alla sede scopriamo che è chiuso, con grande disappunto, dal momento che i giorni di apertura sono dal martedì alla domenica dalle 10 alle 17. E’ pur vero che tra i giorni di chiusura sul pannello accanto alla porta d’entrata sono elencate parole che non capiamo, quindi forse oggi è uno dei giorni in cui il museo resta chiuso. Rassegnati (ma non troppo!) skippiamo Eindhoven e ci avventuriamo verso Thorn, dove arriviamo nel primo pomeriggio, dopo esserci fermati per il pranzo lungo il tragitto. Mentre cerchiamo l’area segnalata vediamo anche una specie di banda passare con sgargianti uniformi gialle, rose e nere. Il parcheggio ha solo tre posti camper (e già sono in cinque, posteggiati sullo spazio dei bus!) e, rassegnati, facciamo marcia indietro quando troviamo Grote Hegge, un agriturismo a duecento metri dal parcheggio, con un prato “riservato” ai clienti (presumiamo) ma privo di qualunque divieto. Per un paio d’ore ce lo facciamo andare bene. L’aria è freddina ma ormai non ci scoraggia più.
La parte più antica del paese è l’immensa Abdijkerk, l’imponente abbazia, risalente al decimo secolo: fu infatti fondato come monastero per suore benedettine, ea poco a poco lo stile romanico dell’abbazia e della Kerkberg fu “modernizzato” e rimpiazzato dallo stile gotico del 1300. Wijngaard, la grossa pavimentazione dietro la chiesa, porta al centro lo stemma araldico dell’aquila, simbolo dell’impero tedesco e un tempo era il giardino di corte dell’abbazia. In realtà l’abbazia stessa era una sorta di municipalità a sé stante, che però fu spazzata via dall’arrivo dei francesi nel Settecento. Le grosse case aristocratiche furono date alle caste meno abbienti, ma siccome l’IMU dell’epoca si pagava in base alla dimensione delle finestre, la popolazione fu costretta a sostituire i finestroni eleganti con finestre più piccole e alla portata, riempiendo ovviamente di mattoni gli spazi vuoti.
Per coprire la povertà, le facciate di tutte le case furono dunque ridipinte tutte di bianco. E da allora il villaggio non ha mutato di un giorno. La meravigliosa pavimentazione scura e le chiavi antisismiche nere creano un bel contrasto cromatico con gli edifici interamente bianchi del centro storico. Non mancano i baretti che danno sulla via e le finestre miti circondate di fiori. Voto: 7½.
Ripartiamo verso le 18 in direzione Maastricht. Non trovando però aree di sosta dove “accamparci” per la notte, decidiamo ancora una volta il “metodo Partille”: ci fermiamo a Bunde, lungo una strada nel paese a 10 km dalla città. La zona è tranquilla, priva di divieti, posizione centralissima: a cento metri dalla stazione.
Grande assente, internet.

Venerdì, 30 maggio 2014 – km 60871
- Maastricht

Il “metodo Partille” ultimamente ci porta grandi soddisfazioni: ancora una volta, senza tanti preamboli, alle 8.48 prendiamo il treno da Bunde e in 7 minuti siamo alla Stazione Centrale di Maastricht.
Graziosa, raccolta ed ordinata. Partiamo da lì, seguendo Stationstraat, e oltrepassiamo St. Servaasbrug, ponte datato 1280. Siamo già nel centro storico. Il VVV, ricavato in una sala sotto al Dinghuis (il vecchio tribunale) non apre prima delle 10. Una cortesissima signora ex guida turistica, vedendoci confabulare davanti alla porta chiusa, crede che abbiamo bisogno di aiuto e ci spiega “di là ci sono i monumenti, di qua il centro storico. Attenzione alle borse, il venerdì è terribile, rubano!” e conclude augurandoci, comunque, un buon soggiorno a Maastricht. Attraversando Grote Straat capiamo il motivo della preoccupazione delle borse: il venerdì è giorno del mercato a Markt (il Vrijdagmarkt, appunto, eletto mercato più bello d’Olanda 2014, come recita una targa posta sul pavé davanti allo Stadhuis).
 
Effettivamente è molto bello, vendono di tutto, dai consueti borse-scarpe-vestiti a passamaneria coloratissima e stoffe. Non manchiamo di fermarci alla bancarella del pane: offertissime per focacce, krapfen, waffels e bollen (praticamente la pasta delle ciambelle riadattata a pallette grosse come mandarini), ma la bancarella che più ci affascina è quella con la gente accalcata: il fruttivendolo, che prepara, con una rapidità impressionante, buste di frutta mista a 5€: banane, melone, manghi, il cestino delle pesche, uva, mele, ananas. La bancarella è immensa, c’è di tutto. Chili di frutta ottima, non vecchia o ammaccata, e lui è simpaticissimo. Il problema, adesso, diventa portare la busta di 5 kg di frutta mista appena comprata in giro per tutto il giorno!
Arranchiamo verso Grote Gracht  e Statengracht fino alla fine, dove si apre la parte più bella del centro: Vrijthof, una piazza stupenda dominata dal Theater aan het Vrijthof (la vecchia Generaalshuis), silenzioso ad un angolo, e dalle immense Sint Servaasbasiliek, con il suo bellissimo chiostro (visitabile a pagamento), affacciata sulla piazzetta opposta, e Sint Janskerk, con la sua torre rossa in stile gotico alta 70 metri. da cui tra l’altro si può ammirare una veduta dei tetti degli edifici settecenteschi e la Chiave del Paradiso, un dipinto 3d disegnato al centro della piazza Vrijthof, che però ovviamente dal basso della piazza non si vede. Narra la leggenda che l’apostolo Pietro fece dono della chiave di una delle porte del Paradiso agli abitanti di Maastricht, e questo dipinto sperimentale rappresenta appunto uno specchio con un il buco della serratura a forma di croce come quella della chiave dorata che si inserisce. Pittoresco. Per 2,50€ vale la pena salire i 218 gradini claustrofobici a chiocciola della torre, fino in cima, proprio per vedere il disegno al centro della piazza. Tra l'altro, i tetti del centro storico sono molto caratteristici.
Camminiamo poi verso Grachtije, dove inizia la cinta muraria della vecchia fortificazione. I resti di cinte murarie di tre diversi periodi compresi tra il tredicesimo e il sedicesimo secolo sono ben visibili lungo lo Jeker, il canale che a sud costeggia l’originale centro città.
Oltrepassando poi il canale si arriva al Waldeckpark, con il bastione omonimo e le casematte con una serie infinita di cunicoli per proteggersi dagli assalti nemici (che però non sono al momento visitabili). Un paio di foto e torniamo indietro immersi nel verde che costeggia armonico e silenzioso le vecchie mura. Helpoort è sicuramente la parte più bella e famosa: datata 1230, essa era l’antica porta principale della città. Costeggiando Onze Lieve Vrouwewal (il Bastione di Nostra Signora)  ci immettiamo su Graanmarkt, che ci porta su Onze Lieve Vrouweplein, vivace piazzetta in prossimità della basilica omonima, Onze Lieve Vrouvebasiliek, con la sua celebre ala ovest e le due torri rotonde provviste di scale. Esternamente questa basilica (una delle più antiche della città) ha l’aspetto di un castello fortificato, e di fatto la costruzione originaria risale a prima dell’anno 1000. Il sole finalmente splende, io sono un po’ provata dalla giornata e non mi oriento più. Con Princesse/Fräulein seguo il driver che, per fortuna, invece si orienta anche a naso per le vie pavimentate del centro. Torniamo in stazione intorno alle 17 e ci infiliamo sullo Sprinter (equivalente al treno regionale del nostro Belpaese, che però dei regionali italiani non ha proprio niente per fortuna!) e in cinque minuti siamo di nuovo al camper. Optiamo per la spesa da Lidl, così da guadagnare tempo domattina, e poi torniamo all’accampamento di fortuna. Cena con una mega insalatona (molto insalatosa, niente tonno, uova sode o mozzarella) e gli “avanzi” dei sausage rolls comprati oggi alla bancarella. Tv e giornata finita.

Sabato, 31 maggio 2014 – km 60887

- da Bunde a Colonia
Ore 8.40: siamo in partenza. Direzione, Valkenburg, ultimo paesino olandese prima di scavalcare il confine e buttarci sulla via del ritorno.
Dopo la mini capatina da Lidl (ieri abbiamo dimenticato le salviette), ci fermiamo, pochi chilometri oltre, in uno spiazzale erboso all’apparenza “selvaggio” ai confini del paese. Da una piantina lungo la strada ci orientiamo per raggiungere le Kastel-ruine Valkenburg, ovvero le rovine di quella che fino alla metà del diciassettesimo secolo era la fortezza più alta dei Paesi Bassi. Un apparente controsenso, e anzi: una realtà, dal momento che l’ex castello sorge sì e no a settanta metri sul livello del mare! Tra l’altro, quello scemo di Guglielmo III, ultimo proprietario del castello, lo fece saltare in aria quando si accorse dell’avvicinarsi delle truppe napoleoniche, per evitare di cadere in mano ai francesi. Mah. Scendiamo a “valle” per un giretto nelle vie del centro, quattro ristorantini e quattro negozi che comunque lo rendono vivace e colorato.
La nostra ultima tappa è Hema, probabilmente l’ultimo prima del confine. Ci infiliamo per un’apple pie a 6€ (anzi, mezza a 3€) e torniamo alla base. Sul tergicristalli troviamo un grazioso dépliant in sette lingue diverse che ci avvisa che “in Olanda è vietato campeggiare al di fuori delle aree apposite e attrezzate” e parte una diatriba su cosa significhi, esattamente, per loro, “campeggiare”. Resta il fatto che io campeggio al di fuori dei campeggi dal 2008 è regolamentato comune per comune, il che significa che ogni città può decidere di far campeggiare liberamente oppure no. Tra una chiacchiera e l’altra, sono le 12.40 quando passiamo il confine, lasciandoci alle spalle questo paese che, al di là di tutto, ci è tanto piaciuto. Perché l’Olanda non è solo polder (come insegnano alle elementari), mulini a vento e zoccoli di legno. L’Olanda è free wifi ovunque, pulizia, organizzazione, manto stradale ottimo. Possibilità di girare comodamente a piedi perché l‘estensione delle città lo permette, Hema a non finire, mezzi pubblici eccellenti e day tickets economici, cortesia degli abitanti. Si poteva anche restare un altro po’.
Appena rientrati in Germania, ci si ferma per pranzo, ma ce la prendiamo comoda. La tappa successiva è il carico/scarico e pulizia wc, quindi vaghiamo un po’ per i paesini attorno a Wuppertal (che dovrebbe essere lo stop serale) alla ricerca di un’area attrezzata ma non troviamo niente. Volevamo fermarci almeno per un giro sulla metropolitana sospesa sul Reno, caratteristica del paese, ma ormai è tardi, non abbiamo cavato un ragno dal buco. Tiriamo quindi direttamente verso Colonia, dove arriviamo alle 20. L’area di sosta si trova alla periferia nord della città, è un parcheggio da una quarantina di posti, a 10€ per le 24 ore. I servizi ci sono ma si pagano a parte, le colonnine dell’elettricità sono un po’ scomode (tanto non le usiamo) e quella dell’acqua sta nella parte alta del parcheggio (adibita alle macchine!). Il babbo non è entusiasta per niente. Ma ce la facciamo andare bene.

Domenica, 1 giugno 2014 – km 61122

- Colonia
Ci svegliamo sotto un cielo apparentemente (e inaspettatamente!) sereno. L’aria è frizzantina ma noi, intrepidi e temerari, ci avventuriamo a maniche corte e dalla fermata Boltersternstrasse arriviamo in centro con la U18.
Alla Stazione Centrale Dom/Hbf facciamo poi il biglietto giornaliero per i mezzi pubblici: fino a 5 persone costa appena 12,10€. Un affarone. Né tanto né quanto, appena usciamo dalla stazione a vetri ci troviamo davanti il Dom, questo meraviglioso gigante gotico le cui guglie più alte raggiungono i 156 metri. In inglese direbbero “stunning”, ovvero “da restare a bocca aperta”. In una parola, questi inglesi racchiudono un’espressione intera. Ecco, questo duomo è “stunning”. Non entra nemmeno nelle foto, tanto è grande. Il sole ne illumina le facciate scure (e in parte impalcate – ma che novità!) mentre le campane suonano riempiendo l’aria circostante, pur rimanendo delicate: è domenica e alle 10 inizia la messa. Entriamo, c’è gente e odore di incenso.
Alter Markt
Mamma quasi si commuove, tra le vetrate e l’organo che suona. La struttura è quella tipica delle cattedrali gotiche, con la navata centrale e l‘altare in fondo (che non riusciamo a raggiungere a causa della gente e dei cerimonieri) e le due navate laterali. Ma qualcosa di incredibile.
Da qualunque punto si giri il centro storico di Colonia, il Dom torna e si fa vedere: le sue guglie svettano sopra i tetti delle case, sopra il Rathaus e le case colorate di Alter Markt.
Scendendo lungo un graziosissimo vicolo si apre Fischmarkt, il lungofiume vivace e brulicante di gente, turisti e artisti di strada. Con le spalle al Rhein e ai suoi battelli è possibile ammirare il profilo delle case colorate che si affacciano sul pavé del lungofiume e i tavolini dei caffè e dei ristorantini.
FischmarktDietro le case, la bella Groß St.Martins, chiesa che però è chiusa, quindi non visitabile. Camminiamo un po’ fino all’Hoenzollenbrücke, massiccio ponte di ferro su cui passano tra l’altro i binari della S-bahn. Un’ampia corsia laterale è dedicata a pedoni e bici, e camminarci sopra è uno spettacolo: la pesante ringhiera che costeggia i binari è completamente ricoperta di lucchetti, incisi o scritti, di ogni forma, dimensione e colore. Insomma, quattrocento metri di ponte e due tonnellate di lucchetti:
tutte le coppie passate di qui hanno lasciato il simbolo del loro amore in un lucchetto chiuso. Il vero spettacolo diventa quindi la parete di lucchetti, e non il profilo della vecchia Colonia alle nostre spalle, con il solito Dom che svetta.
Facciamo un quadrato arrivando fino in fondo al ponte e tornando indietro dal seguente Deutzer Brücke. Arriviamo poi a Heumarkt, il vecchio mercato del fieno, da dove prendiamo la U15 verso la chiesa dei St.Aposteln, vicino a Neumarkt, da dove si snoda tra le altre Schildergasse, la via dello shopping (che però sono costretta ad ignorare causa mancanza fondi!). Scendiamo poi a Rudolfplatz per vedere Hanentor, una delle torri restanti dalla vecchia cinta muraria medievale. Sulla scia dei resti medievali scendiamo ad Ulrepforte (dove l’antica torretta dà il nome alla fermata della U-bahn) dove troviamo un altro muro di recinzione ricosrtuito da un lato e ora adibito a palazzo di modeste dimensioni, adattato sulla struttura del vecchio muro. Abbiamo girato il centro storico molto meno di quanto potevamo fare, abbiamo perso tempo immergendoci nell’atmosfera locale della città, guardando la gente passare dal lungofiume. Mi sa che iniziamo ad essere provati da questa vacanza. Rientriamo alla base, non prima di essere scesi a Zoo/Flora, ad una fermata dalla nostra: c’è una funivia che passa sopra allo zoo e al Reno, ma chiude alle 17.45 ed essendo al limite dell’orario non avremmo tempo di scendere a fare delle foto una volta in cima, quindi rinunciamo. Costeggiamo a piedi il muro di recinzione del giardino zoologico, pieno di graffiti bellissimi, e in un quarto d’ora siamo al camper. Scarico acque grigie e acque nere (da fare purtroppo un po’ alla volta con la bacinella, perché qui in Germania molti scarichi necessitano il tubo che noi non abbiamo), ricarico acqua alla colonnina (1€ ogni 50-80 litri) e poi ci riposizioniamo per la notte.
Non prima di aver lasciato al parchimetro altri 10€ per le 24 ore.

Lunedì, 2 giugno 2014 – km 61122

- da Colonia a Oberwesel
Mentre nel nostro Belpaese festeggiano la Festa della Repubblica, noi ci accingiamo ad iniziare il nostro percorso lungo il Reno alla scoperta, più o meno, dei castelli più famosi della Germania. Come i castelli della valle della Loira in Francia, per capirci. Ce ne sono tantissimi (e sconosciuti!) da Koblenz a Mainz. E infatti a Koblenz arriviamo stamattina dopo una sostarella (per pane e Ritter Sport!) da Lidl. Cerchiamo un parcheggio in zona Altstadt per dare un’occhiata al paese ma non riusciamo a fermarci perché tutti i posteggi sono coperti.
Poco oltre, idem non c’è spazio per parcheggiare allo Schloss Stolzenfels (8 km a sud di Koblenz), quindi dopo pranzo proseguiamo verso Boppard, “sghignazzante paesino” poco oltre. Non essendoci zone per fermarsi e fare quattro passi (nemmeno qui!), il babbo accosta il camper giusto per farmi scendere all’ufficio turistico. Il piccolo paese, fondato dai romani sui resti di un castro romano, è abbastanza carino, e la Chiesa di S.Severo (chiesa parrocchiale romanica a due campanili) domina la piazzetta del mercato. Da lì si snoda la via principale, pavimentata, con negozietti, ma io mi fermo sulla piazza, dove trovo l’ufficio turistico e bestemmio due parole in tedesco per avere informazioni su come traghettare il camper dall’altro lato del Reno. Col fatto che il fiume è navigabile, non ci sono ponti che collegano le due sponde da qui a chissà dove, e gli spostamenti vengono effettuati in traghetto. Prendo anche degli ottimi dépliants (in italiano, per la gioia dei miei!) sulla valle del Reno, che ci permettono di avere un quadro migliore della situazione. Raggiungiamo St.Goar, dove dall’ufficio turistico mi hanno fatto sapere che c’è il porto che permette l’imbarco dei camper. Prima di arrivare a controllare i prezzi e gli orari, la nostra curiosità è attirata dalla rocca che vediamo dalla strada, Burg Rheinfels.
Ci arrampichiamo sulla salita col camper e parcheggiamo. Diamo un’occhiata al cortile d’ingresso: ad un lato hanno costruito un ristorante e, guarda caso, un hotel, ma la roccaforte è visitabile a 4€: alla cassa ci danno una piantina e la spiegazione di due diversi itinerari percorribili all’interno delle mura, e abbondiamo: li facciamo entrambi.
Ci risolve il pomeriggio: il sole splende, è un bel pomeriggio ed il castello, nemmeno troppo turistico, merita davvero una visita. Costruito nel 1245 e distrutto alla fine del Settecento dai francesi, è uno dei migliori affacciati sul Reno e possiede una fitta rete di gallerie sotterranee.
 
Verso le 18, con il sole ancora alto, torniamo al camper e riprendiamo il viaggio, fermandoci poco più avanti, a Oberwesel. Stasera rimaniamo nel parcheggio con vista Reno lungo la strada (8€ per le 24 ore) e domani decidiamo se traghettare per vistare qualche castello sulla sponda opposta (sembra ci siano due o tre fortezze molto belle) oppure proseguire su questo lato del fiume.

Martedì, 3 giugno 2014 – km 61308
- da Oberwesel a Bacharach
La mattina abbastanza serena, iniziata presto come sempre, ci porta fino a St. Goar dove con 9,60€ imbarchiamo il camper (con noi sopra!) e traghettiamo. Beh, “traghettare” è un parolone, dal momento che il battello non fa in tempo a far manovra e girare che siamo già sulla sponda opposta.
Risaliamo una quindicina di chilometri verso Braubach: la prima tappa prevede la fortezza di Marksburg, che raggiungiamo non senza qualche difficoltà logistica (della serie, “Abbiamo sbagliato strada? Dove cavolo stiamo andando?”). Tra le rocche della valle del medio Reno, questa è l’unica a non essere stata distrutta.
Costruita intorno al Trecento, essa è ora la sede dell’associazione tedesca per la salvaguardia dei castelli storici. Le visite sono solo con la guida al costo di 6€, e solo in tedesco, tranne alle 13 e alle 16. Tra l’altro, al momento ci sono quattro o cinque gruppi di pellegrini con guida a parte e dovremmo aspettare un tempo più o meno lungo, quindi optiamo per qualche foto e ridiscendiamo. Lungo il Reno troviamo altre torrette e castelli arroccati sulle colline che rendono il paesaggio davvero grazioso. Capatina a Lahnstein, dove però giriamo intorno a Burg Lahneck , altra bella rocca duecentesca, senza riuscire a trovarla! (ma la gente che va sempre in giro, perché riesce sempre a trovare tutto e subito?) Decidiamo di tornare sul lato destro del Reno (dov’eravamo stamattina) passando sul ponte fuori Koblenz, e riscendiamo a Oberwesel per il pranzo, nello stesso parcheggio dove abbiamo pernottato (tanto è pagato per le 24 ore, e lì siamo sicuri di poter ancora sostare senza problemi!). Al momento caffè viene giù il diluvio e ritarda il proseguimento del tour itinerante alla scoperta delle rocche, ma per fortuna dura poco e ci consente di visitare Reichenstein (a 5€), rocca fondata intorno all’anno Mille come sede dei balivi del convento di Kornelimünster.
  Entriamo e siamo liberi di girare sia all’interno che all’esterno del castello senza nessuna guida, e facendo tonnellate di foto. La struttura è bellissima e molto curata (anche perché fa servizio di location per matrimoni), e gli interni sono arricchiti da ogni tipo di cimelio, dal telegrafo alle armature del Sedicesimo secolo, dalla macchina da cucire alle porcellane rococò. Inoltre, questo castello custodisce la più grande collezione di piastre in ferro per stufe e forni della Renania-Palatinato, e oltre 1200 trofei di caccia (leggasi: corna appese alle pareti!) da quattro continenti. Più tardi arriviamo nei pressi di Bacharach, dove, dopo un’oretta nel paese (assai grazioso e ricco di edifici storici, come l’ufficio posale, la deliziosa piazzetta con case a graticcio, la Wernerkapelle e le quattro porte della cinta muraria), ci fermiamo al Reisemobilplatz Bacharach, tranquillo campeggio che con 8€ ci lascia posteggiare il camper fino a 24 ore con vista Reno. Consigliatissimo. Servizi da pagare a parte (1€ per le docce a tempo e 1€ per ogni 50 litri d’acqua alla colonnina carico/scarico), ma comunque abbastanza ordinato e soprattutto molto onesto, visto che ieri il campeggio Loreleyblick (poi boicottato) ci ha chiesto, per una posizione pressoché identica, la stessa cifra più 5,50€ a persona! (ma và và) Tra l’altro rimedio anche una connessione internet, un po’ fiacca ma gratuita, che mi accompagna (tra mail e foto da caricare su Facebook) fino quasi all’una di notte.

Mercoledì, 4 giugno 2014 – km 61452
- da Bacharach a Füssen

La mattina ci accoglie un po’ velata ma non fredda. Il nostro viaggio sta giungendo al termine.
La vista sul Reno è pacifica, ci dedichiamo alle operazioni di carico/scarico e ripartiamo costeggiando il fiume. Sosta da Lidl per il pane e ci si butta in autostrada praticamente subito all’altezza di Bingen. Viaggiamo praticamente tutto il giorno, sotto la pioggia “a banchi” (come la nebbia!) di un cielo assai irregolare, fino ad arrivare nei pressi di Füssen: i miei mi regalano una sosta al castello di Neuschwanstein, a cui Walt Disney si ispirò per disegnare il castello di Magic Kingdom a Disneyworld, nonché, soprattutto, il logo dell’etichetta cinematografica.
Il tempo di una camminata fin sotto le mura, qualche foto e poi, dopo aver vagato un po’ nei dintorni in cerca di un’area a buon mercato, ci si ferma per la notte al Camper’s Stop, nel paese, a 13€. Un furto (tra l’altro facciamo il biglietto all’automatico alle 20 e scade alle 16 dell’indomani, quindi non dura nemmeno 24 ore!) ma il prezzo nei dintorni è quasi fisso: i Königschlosser fanno troppi turisti. Almeno compreso nel prezzo c’è la password della rete WLAN del campeggio, che non è eccezionale ma mi tiene compagnia un paio d’ore dopo cena. Sul pc però, perché lo smartphone con questa connessione mi va in blocco più volte e onde evitare problemi non insisto!

Giovedì, 5 giugno 2014 – km 61916
- da Füssen a Riccione

Il viaggio è praticamente finito: oggi tappa di trasferimento per avvicinarci il più possibile a casa. Come sempre è nuvoloso (e anche abbastanza freddo, sotto le Alpi austriache) ed io, come sempre l’ultimo giorno dei viaggi in camper, non mi vesto nemmeno. Per scavallare l’Austria decidiamo di seguire la statale e riprendere l’autostrada solo al Brennero. Ci fermiamo per il pranzo all’altezza del Veneto e tiriamo poi fino a Correggio, dove usciamo solo perché devo fare una foto sotto al cartello di inizio del paese (in quanto città di Ligabue) e dopo un pezzo di Via Emilia ci immettiamo sulla tangenziale di Bologna che però ci imbottiglia un po’, e alle 18 siamo ancora lì. E tra l’altro fa abbastanza caldo.
Finalmente. Mi mancava.
Alle 19 circa raggiungiamo Riccione, l’area in Via I maggio, tra l’altro gratis in bassa stagione. Domattina saremo belli freschi e in due ore arriveremo a casa.
E anche per stavolta, la vacanza è finita.


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