16 aprile 2018

Marzo/aprile 2018 - Slovenia e Ungheria

Martedì 20 marzo – km 95148
- da casa a Vittorio Veneto

Ore 9.35 di un’uggiosa mattinata alle porte della primavera.
Altro che primavera! Temperatura esterna, non più di 7° ed io raffreddatissima.
Ma è il giorno “ics”: driver alla guida (come sempre), interfaccia di navigazione al posto del passeggero con i suoi mille devices attaccati e le mappe da seguire, io al divano per il diario di bordo e le varie. Il camper già viaggia in superstrada verso Civitanova Marche e poi lungo la Romea per arrivare in Friuli. Nelle prossime tre settimane attraverseremo Slovenia e Ungheria alla scoperta di nuovi paesini e città.
Le prime ore del viaggio trascorrono pigre, ci fermiamo presso un’area di servizio dalle parti di Cervia per il primo pranzo in camper di questo 2018 (yay!) ed arriviamo a Vittorio Veneto intorno alle 19, in un parcheggio segnalato vicino alla caserma dei Carabinieri.
Stasera niente tv, ma ci appoggiamo ad un film sul pc.

Mercoledì 21 marzo – km 95593
- da Vittorio Veneto a Roveredo in Piano
Mattinata inaspettatamente civile, un bel sole splende nonostante il freddo pungente... e intanto a casa nostra pare stia nevicando! Dopo colazione scendiamo il più presto possibile dal camper, perché con questa bella giornata è un piacere sia camminare che scattare foto, e dopo un giorno intero in viaggio, ci meritiamo almeno un paio d'ore di relax a "sgambare".
La zona di Serravalle, sorta attorno a un fortilizio di probabili origini romane, fu un centro di secondaria importanza finché, sul finire dell'XI secolo, divenne feudo dei Da Camino. Cominciò così un periodo di costante sviluppo economico e urbanistico che fu continuato anche quando passò a Venezia, divenendo sede di una podesteria. Era dunque sobborgo autonomo fino alla fusione con la vicina Cèneda, che diede origine al comune di Vittorio Veneto nel 1866. Serravalle è formato da piazze e viuzze con ai lati stupendi palazzi cinquecenteschi, dimore degli abitanti prima della fusione. La parte certamente più graziosa è Piazza Marcantonio Flaminio, dedicata al celebre umanista locale, risultato di una pregevole risistemazione cinquecentesca e di ulteriori rimaneggiamenti ottocenteschi. Spiccano in particolare la sua forma regolare e la pavimentazione in pietra d'Istria. La piazza è circondata da palazzi di epoca rinascimentale ed è chiusa a nord-ovest dal Palazzo della Comunità (o Loggia di Serravalle), antica sede del governo cittadino ricostruita nel Quattrocento.
Piazza Flaminio, Serravalle, Vittorio Veneto
Ripartiamo costeggiando il Lago di Santa Croce con la bellissima cornice delle Alpi innevate e tentiamo di trovare le Cascate del Pisador segnalate sulle mie mappe.
Chiaramente facciamo un buco nell’acqua (la strada per arrivare alle fantomatiche cascate è stretta e sterrata e troppo lunga per farla a piedi, pare) ma abbiamo la possibilità di scattare foto cretine sotto al cartello del minuscolo paesino di Pus. Inevitabili.
Arrivati in zona Longarone, deviamo per la strada che sale verso la Diga del Vajont, tristemente nota per la tragedia del 1963 che spazzò interi paesini (compreso Longarone, di fatto ricostruito in seguito) e fu fatale ad oltre duemila persone. Lo sbarramento, che di per sé era comunque resistente, è un esempio di diga ad arco, unica nel suo genere ai tempi della costruzione, di forma quasi conica, infilata dentro una gola.
Diga del VajontIl lato che una volta conteneva l’acqua è ormai ricoperto di terra e vegetazione per oltre metà della sua capienza, percorriamo un tratto lungo la galleria che costeggia il fianco della gola e riusciamo a scoprire l’altro lato della diga, quello verso valle. E vederla così, comunque, fa davvero impressione. Ancora cerco di capire la portata d’acqua che tracimò quella notte del 9 ottobre, ma i numeri non basteranno mai a dare la consapevolezza a chi quella tragedia non l’ha vissuta.
Dopo pranzo, con il sole già nascosto dietro le montagne ed un’aria decisamente frizzantina, ci buttiamo a tutti gli effetti in Friuli ed arriviamo al Lago di Barcis. Troviamo possibilità di fare un piccolo refill dell’acqua e scaricare le nere presso un’area attrezzata sulle rive del lago (costerebbe 14€ al giorno ma non parla dei costi per i soli scarico e carico). Due passi lungo la passeggiata e proseguiamo per raggiungere casa di Danilo, l'ex collega di lavoro dei miei, al quale abbiamo fatto visita anche due anni fa elle nostre peregrinazioni. Ci sistemiamo nell’ampio giardino e passiamo il pomeriggio a fare chiacchiere e la serata in pizzeria ancora tutti insieme, dove i miei ricordano aneddoti del periodo in cui lavoravano nella stessa azienda.
Poi, però, tutti a nanna!

Giovedì 22 marzo – km 95723
- da Roveredo in Piano a Gorizia
Altra bella giornata di sole, che inizia presto come sempre e si dilunga ancora in chiacchiere con il collega da cui siamo ospiti in giardino… che viene a fare l’ospite da noi in camper per un caffè!
Ripartiamo che sono già le 10 e lungo la statale ci fermiamo anche da Lidl per il consueto rifornimento pane/latte. Rispettando i limiti di velocità (cosa che gli altri non fanno) arriviamo a Gorizia giusti giusti per l’ora di pranzo, nell’area comunale della città (un parcheggio del Parco della Valletta del Corno) in Viale Oriani, dov’è consentito anche il pernottamento gratuito fino a 72 ore. E come se non bastasse, c’è anche il scarico/carico acque (che però, per colpa dei soliti incivili, è al momento fuori servizio).
Dopo aver mangiato, finalmente ci lanciamo alla scoperta della città di confine.
Gorizia 
Di per sé Gorizia non ha praticamente nulla di particolarmente interessante, perlomeno dal nostro punto di vista. Molti i monumenti agli eroi della guerra, come quello al Fante d’Italia o quello ad Enrico Toti. Non male il Castello di Gorizia, fortezza del XVI Secolo, arroccato in cima ad una bella salita (al momento comunque non visitabile), Piazza Vittoria (dove si affacciano un paio di bar dall’aria non molto frizzante) e Via Rastello, una viuzza pedonale che, presa dalla giusta angolazione, regala qualche scatto fotografico dal fascino decadente. Chiaramente, la chicca della città è la possibilità di attraversare il confine di Stato a piedi passando sotto l’ex dogana, dismessa nel 2004 con l’entrata della Slovenia nella Comunità Europea: ci vogliono un paio di chilometri buoni dal centro per arrivarci, ma ne vale la pena se si è amanti del genere.
  Piazzale della Transalpina, Nova Gorica
Alla stazione ferroviaria di Nova Gorica, il lato sloveno di Gorizia, nel Piazzale della Transalpina (così battezzato in memoria della linea ferroviaria che collegava l’Italia alla Slovenia) fa bella mostra la targa tonda, che ha sostituito la cancellata chiusa che divideva le due Nazioni fino al 2004. E’ suggestivo immaginare come l’apertura dei confini abbia modificato anche alcune caratteristiche delle città: attorno alla piazza ci sono anche alcuni simboli, ad esempio la pietra che un tempo delimitava la cancellata, con la scritta dal lato italiano e da quello sloveno, ed una carrellata di foto che immortalano il momento dell’entrata nella Comunità Europea.
Il ritorno al camper diventa lungo, dopo aver camminato tutto il pomeriggio, e la serata si conclude senza tv (la parabola in mezzo ai rami degli alberi del parcheggio non cattura il segnale) con la pianificazione della giornata seguente.
Per questo viaggio dal sapore quasi ingenuo navighiamo a vista.

Venerdì 23 marzo – km 95823
- da Gorizia a Kranjska Gora
Un cielo velato ci accompagna stamattina verso Caporetto (Kobarid, in sloveno). Prima però ci fermiamo ad Oleis presso un’area attrezzata per scarico/carico. Purtroppo non riusciamo a ricaricare l’acqua causa colonnina fuori servizio, ma ne approfittiamo poco più avanti, a Cividale del Friuli, presso un’altra piccola area comunale scomoda per le manovre dei camper ma provvista di servizi e gratuita.
Verso le 11.30 arriviamo al paesino che esattamente cento anni fa fu teatro della disfatta italiana durante la Prima Guerra Mondiale, ma senza fermarci: la nostra reale meta sono le Cascate di Kozjak, a pochi minuti da Caporetto. Parcheggiamo di fronte al Kamp Kraden, chiuso fino ad aprile (il parcheggio infatti è gratuito fino a quella data!).
Prima di tutto ci concediamo qualche scatto al Ponte di Napoleone, un ponte in pietra che lascia scoprire il primo assaggio del fiume Isonzo, turchese sotto i riflessi delle Alpi Giulie e delle rocce carsiche bianche. Nel 1616 i Veneziani distrussero il vecchio ponte di legno che attraversava il fiume, e fu ricostruito in pietra nel 1750. Più tardi vi marciarono le truppe di Napoleone verso il Predil (da qui il nome). Tra la prima e la seconda guerra mondiale, questo ponte ha vissuto ricostruzioni continue ed il passaggio di truppe austriache e partigiani. E adesso, finalmente quieto, se ne sta qui, con una magnifica vista sul fiume e sulle Alpi.
Ci incamminiamo poi lungo il sentiero che costeggia il fiume, un bel percorso pianeggiante di una ventina di minuti, fino ad arrivare ad un ponticello in pietra con una cascata nascosta tra le rocce. Il fiume ha un colore meraviglioso. Le cascate di Kozjak sono ancora più avanti, ma torniamo indietro come tanti altri escursionisti, convinti che la cascata principale fosse quella che abbiamo visto. Lo scopriremo solo rientrati alla base.
Proseguiamo verso Boveč alla ricerca di un castello che in realtà è una semplice chiusa usata per fini militari nella Prima Guerra Mondiale (ed ovviamente dismessa), quindi decidiamo di intraprendere la lunga ed avventurosa strada di montagna verso Kranjska Gora. Ora, tutte le alternative prevedono tornanti, e la meno peggio passa per Tarvisio, quindi rientriamo in Italia e sbuchiamo nuovamente in Slovenia. In due giorni abbiamo attraversato i confini praticamente sei volte! Il paesaggio, pur non essendo il più panoramico, è molto suggestivo: le cime altissime delle montagne sono innevate, e addirittura il Lago del Predil, a fondo valle, è parzialmente ghiacciato. Arriviamo nella rinomata località sciistica slovena (la Madonna di Campiglio locale, per capirci): c’è tanta gente, polizia a smaltire il traffico, strade strette e piene di neve. Noi in realtà non sapevamo che fosse così famosa, ma pare fossimo gli unici a non saperlo. E’ in corso la World Cup di alcune discipline invernali, come il salto con gli sci, quindi cerchiamo di uscire abbastanza in fretta dal piccolo nucleo cittadino. Scendendo "a valle" per cercare una soluzione alternativa al campeggio, costeggiamo lo splendido Lago di Jasna, incastonato in una suggestiva cornice alpina innevata.
Inutile dire che l'acqua immobile riflette le montagne, e d'improvviso sembra di esserci catapultati nel regno dei ghiacci.
Parcheggiamo il camper in un punto con poca neve (onde evitare complicazioni con le manovre per uscire!), e costeggiamo una parte del lago, circondato da uno strato di neve abbastanza pressata: è fine marzo, e questa che vediamo è sicuramente quella che sta sciogliendo dopo un inverno rigido.
Il sole inizia a tramontare, risaliamo verso il centro abitato. Il campeggio dove alla fine ci fermiamo per la notte (in assenza di alternative), è praticamente pieno. Si chiama Camp Špik, a Godz Martuljek, ed è carissimo. 10€ a persona più registrazione, tasse di soggiorno, pippe varie. Per fortuna, almeno, nella tariffa è compreso il wi-fi (che sfruttiamo abbondantemente nel corso della serata). Ne approfitto anche per una doccia calda e finiamo la serata con bruschettona, internet e la stufa accesa un’ora prima di andare a dormire per riscaldare l’abitacolo. Posizioniamo il nostro famoso “dispositivo per la limitazione della dispersione termica” (altrimenti detto “lu cartò”), dalla duplice funzione di oscurare l’oblò sul tetto e tenere più caldo l’ambiente.
Siamo a quota 800 metri ed il termometro durante la notte arriva a -5°.
Non si augura.

Sabato 24 marzo – km 95969
- da Kranjska Gora a Lubiana
Con una temperatura esterna di -4° ed un gruppo di invasati che alle 7.30 del mattino accende musica al sapore di Oktoberfest e si prepara al weekend sciistico di Kranjska Gora, ci svegliamo anche noi. Dopo colazione scarichiamo le nere e ricarichiamo un po’ il serbatoio dell’acqua, ed usciamo dal campeggio per dirigerci verso Mojstrana. Vorrei tentare il sentiero delle Cascate di Perićnik.
Pur sapendo che sarà innevato e che le cascate saranno parzialmente ghiacciate. Subito fuori dal centro abitato, poco oltre il centro informazioni, c’è l’ultimo parcheggio prima di imboccare il sentiero, praticamente chiuso al traffico e coperto di neve. Il sole splende ed il sentiero, seppur innevato, non è comunque impraticabile (tanto che io, chiaramente, mi avventuro con jeans ed anfibi. Coperta, sì, ma poco “attrezzata”, se messa a paragone con la gente in tenuta da sci che ci circonda da ieri). Cammino in un palmo di neve per almeno 2,5 km, con accortezza ma a passo abbastanza svelto, costeggiando il limpido Triglavska Bistrica, affluente della Sava Dolinka, con le montagne intorno ed il sole in faccia. Si sta bene, ma suppongo sia dovuto ai tre strati e piumino, sciarpa, guanti e cappello. Sembro l’omino della Michelin ma funziona, perché l’importante è non sentire mai freddo!
Arrivo finalmente al ponticello dal quale, guardando in alto a destra, si vede la parete rocciosa e la sottile cascata. Mi aspettavo una parete di stalattiti ghiacciate (a quanto sembrava dalle descrizioni nei siti), ma probabilmente la stagione dei ghiacci, nonostante il freddo pungente, è già finita. E niente, mi aspettavo di meglio, quindi torno al camper con la coda tra le gambe.
Ci spostiamo verso il Lago di Bled, 20 km oltre, dopo una breve tappa al market per pane e latte. Il cielo si vela e non mi piace: mi stavo abituando a questo sole brillante! Giriamo un po’ per trovare parcheggio, considerando che è una rinomata località turistica (un po’ come il nostro Lago di Garda) e che i prezzi per un semplice parcheggio sterrato per camper sono fuori di testa, e alla fine ci fermiamo per il pranzo ai margini della cittadina. Subito dopo, ci spostiamo sotto al Castello di Bled in un parcheggio miracolosamente gratuito a 500 metri dalla fortezza. Ci arrampichiamo lungo la salita ripida, ma il castello è parzialmente impalcato per lavori mentre il biglietto si paga chiaramente per intero. Rinunciamo all’idea, dando invece la precedenza ad una camminata lungo il lago, scendendo giù per una ripida scalinata in pietra.
Percorriamo un paio di chilometri, passando per foto all’isoletta, un bicchiere di vin brulé e un magnetino di Bled acquistato da un tipo sulle rive del lago.
  
Il babbo ci raccoglie poco più avanti, nei pressi del Camping Bled (chiuso) e ripartiamo per una tappa di ben 60 chilometri. Arriviamo nella capitale slovena, Lubiana, intorno alle 18 e parcheggiamo poco dopo nei pressi di un autolavaggio segnalato da CamperContact (dall’aria comunque dismessa). Contro ogni aspettativa, l’area esiste, e ci sono anche dei camper! Per l’esattezza abbiamo uno sloveno, una coppia di italiani con passeggino al seguito e un gruppo di ragazzi veneti (con due camper noleggiati) per l’addio al celibato di uno di loro. Il babbo si fa anche un goccetto di vino, nel frattempo si fa buio ma noi ancora non sappiamo dove dobbiamo pagare. La tv prende, abbiamo libero accesso alla wi-fi di Lubiana anche se non funziona più di tanto (almeno, non a me: sul tablet della Vergara invece va che è una scheggia), stanotte rimetto la coperta pesante sul letto… e niente, comunque non poteva andarci meglio.

Domenica 25 marzo – km 96092
- da Lubiana a Celje
La mattinata inizia decisamente sottotono: io mi trascino fuori dal letto con estrema fatica, il cielo è coperto e comunque non riusciamo ad essere operativi prima delle 9. Mentre stiamo uscendo dal parcheggio in direzione P+R (pensavamo di lasciare il camper lì e pagare la tariffa minima che dà anche accesso ai biglietti a/r del bus per il centro) incontriamo un tipo in macchina. Il babbo, per scrupolo, gli chiede se per caso sia lui il tipo a cui bisogna pagare il parcheggio e questo, mestamente, risponde “yes”. Della serie, se non ci fermiamo noi per domandare, nemmeno ci vieni a chiedere i soldi del posto che occupiamo da ieri sera… mah. Gente strana.
Decidiamo pertanto di restare lì, dopo aver elargito 7€ per le 24 ore. Poco dopo, il tipo torna indietro e restituisce i soldi, spiegandoci che il boss ha detto che il parcheggio è gratuito, non si sa bene se sia perché è domenica, perché è weekend, perché è bassa stagione. Gente strana. Cortese, ma strana.
E comunque, alla fine usciamo a piedi senza aver pagato nulla. Il babbo ci abbandona per il museo ferroviario dietro la stazione ufficiale di Lubiana, mentre io e la mamma ci incamminiamo verso il centro attraverso Metelkova, il quartiere alternativo degli artisti, e rubiamo qualche foto ai graffiti.
In un chilometro e mezzo siamo all’ufficio turistico (riconoscibile dallo wow di vetroresina, davanti al quale mucchi di asiatici si fanno le foto) sulla piazza del mercato, subito a fianco alla bella Chiesa di San Nicola, e ci imbottiamo di piantine della città e delle zone limitrofe.
Una delle prime cose che vediamo è il Zmajski most (il Ponte dei Draghi), uno dei simboli della capitale slovena. Fu costruito all'inizio del Novecento (sostituendo un ponte in legno danneggiato da un forte terremoto anni prima), quando la città era ancora parte dell'Impero austro-ungarico, ed è uno dei migliori esempi dello stile della Secessione viennese.
Nel corso della sua storia, Lubiana è stata influenzata dalla sua posizione geografica, all'incrocio tra cultura tedesca, slava e latina. E' composta da architetture prevalentemente moderne, ma zigzagando tra i ponti e le viuzze quasi vuote, nel cuore del centro storico, a ridosso del fiume, conserva alcuni edifici che si rifanno allo stile barocco e all'art nouveau, creando una sorta di armonia decadente.
  
Degni di nota, oltre il Ponte dei Draghi, sono il Čevljarski most (il Ponte dei Calzolai, con belle colonne lungo entrambi i lati) e il famoso Tromostovje, il triplo ponte che si apre su Piazza Pešernov, di fronte alla bella Chiesa Francescana dalla facciata rosa intenso.
Peccato che i colori siano spenti dal cielo grigio, altrimenti anche gli austeri edifici della via parallela al lungolago, sulla quale si affaccia Mestna hiša (il palazzo del Municipio) sarebbero valorizzati. Recuperiamo il babbo davanti alla Chiesa Francescana ed andiamo alla ricerca di un panificio o simili per mangiare qualcosa di volante. In realtà è tutto chiuso (qui la domenica sembra essere un cimitero in realtà!) e l’unica cosa che si palesa davanti ai nostri occhi è una friggitoria ambulante alla buona. Ha l’aria un po’ dismessa (come tutta la periferia di Lubiana), il pannello con i menù è abbastanza rimediato, eppure il formaggio fritto e le patatine fritte sono molto buoni, e noi avevamo voglia di schifezzuole. Non le avremmo dato un soldo, invece le porzioni sono anche abbondanti ed i prezzi molto contenuti.
    
Dopo aver assistito all’allestimento di un set professionale per le riprese cinematografiche di non sappiamo cosa, andiamo alla funicolare per salire al castello. Il biglietto da 10€ comprende la visita della fortezza e i due viaggi a/r con la funicolare. La salita e la discesa sono simpatiche, ma il castello è una delle cose peggiori che abbiamo mai visto: è stato completamente smembrato per far posto ai padiglioni interattivi, alle scale in ferro ricavate segando la pietra della (struttura originale), per non parlare dell’immancabile bar, allestito praticamente nella zona antemurale. L’unica cosa che merita una visita è la torre panoramica, da cui chiaramente si ammira una bella vista di Lubiana, che nel frattempo si illumina con i raggi del sole. Non abbastanza, comunque da giustificare il prezzo del biglietto. Questo castello in queste condizioni, nonostante i padiglioni dedicati alla storia e alle mostre, non vale nemmeno 5€ di visita. Bilancio complessivo della giornata: un bel 7 ½. Sarebbe stato 8 se la giornata fosse stata soleggiata sin dalle prime ore del mattino… e soprattutto se non avessero distrutto il castello di Lubiana.
Ci trasciniamo di nuovo al camper (un altro bel chilometro e mezzo a piedi) e ci spostiamo in direzione Celje (approfittiamo subito dell’ora di luce in più messa a disposizione dall’ora legale!), a 60 km dalla capitale, ed arriviamo nei pressi del parcheggio di uno Spar che ha adibito un angolino con due spazi per i camper. Possibilità di ricaricare l’acqua e scaricare le nere gratuitamente, e la tariffa per lo stazionamento (ci risulta da CamperContact) dovrebbe essere 10€.
Lo scopriremo comunque domani, sperando di non avere sorprese!

Lunedì 26 marzo – km 96185
- da Celje a Maribor
Altra bella mattinata di sole, che inizia con un po’ di foschia, ma comunque “primaverile” (sempre considerando le temperature locali!). Usciamo intorno alle 9 per un breve giro della cittadina, che, benché sia la terza città slovena per estensione, di per sé (a mio avviso) non ha comunque nulla di entusiasmante: un paio di vie con edifici graziosi, la Chiesa di San Daniele e la Chiesa dell’Assunzione (se proprio si è amanti del genere, come mia mamma che entra in tutte le chiese, ci si possono perdere dieci minuti), ed alcuni scavi dell’epoca romana (Celje deriva infatti da Celeia, città appartenente ai Romani nei tempi antichi). Lungo una delle vie principali che porta alla statua della Madonna dorata, posta nella piazzetta dove un tempo vennero giustiziati alcuni criminali. Piazza Krek, di fronte alla stazione ferroviaria, con la Celjski Dom (fatta costruire in stile neogotico dai tedeschi che abitavano la città all’inizio del XX Secolo), è decisamente l’unica cosa degna di nota.

Diciamo che il giretto dura un paio d’ore, a tirarla per le lunghe, poi rientriamo alla base e, dopo aver espletato le operazioni di scarico nere e refill acqua, paghiamo il ticket alla macchinina dentro il parcheggio coperto (si entra a lato del nostro camper). Costo totale del parcheggio da ieri sera: 7,30€. Ci dirigiamo quindi verso il Castello di Celje, che domina la vallata. Pranziamo nel parcheggio adiacente (gratuito e semivuoto, considerando il periodo) e poi, biglietto alla mano (4€ di cui 1€ di bonus da spendere al bar), ci addentriamo alla scoperta della fortezza, costruita nel XII Secolo dai primi proprietari, i Conti di Heunburg di Carinzia. La prima struttura era molto ridotta rispetto a quella odierna, ma i lavori di ampliamento e successivo restauro nel corso dei secoli sono stati certosini e non ne hanno stravolto l’aspetto, com’è successo invece al povero Castello di Lubiana.
Il camminamento di ronda è decisamente medievale, con travi di legno a sorreggere un bel ponteggio (restaurato ma ad arte), e dalla Torre di Frederik II si ammira il panorama su Celje, racchiusa nella curva del fiume Slavinja.
Ci fermiamo poi al bar con il “kupon” di 1€ di sconto che era previsto nei 4€ del biglietto, e sorseggiando un buon caffè commentiamo che questo castello vale indubbiamente la visita ed il prezzo.
A questo punto, siamo pronti per lasciarci la cittadina alle spalle e facciamo una piccola sosta allo Šmartinsko Jezero, un lago fatto un po’ a zampa di gallina, pochi chilometri fuori Celje.
Per arrivarci seguiamo una stradella di campagna, asfaltata ma abbastanza piccola, disseminata di casette e fattorie. Il tempo di scendere due minuti sulla passerella in legno che segue la riva tutta intorno, ed arrivano le prime goccioline. Non sapendo se è il preludio per un acquazzone, optiamo per rientrare al camper e tirare verso Maribor, prossima tappa del viaggio.
Arriviamo intorno alle 18.30 e parcheggiamo presso la stazione dei bus, accanto a quella ferroviaria. Anche qui, la tariffa è 10€ per le 24 ore, ma il biglietto si paga preventivamente. Tra le connessioni internet agganciate per caso dai bus che partono e arrivano, riusciamo anche a navigare un po’.

Martedì 27 marzo – km 96273
- Maribor a Mala Nedelja
Mattinata nuvolosa, e fredda quasi come Lubiana.
Prima tappa, l’ufficio del turismo, a 700 metri dalla base, lungo Partizanška cesta, accanto alla bella Franćiškanska Cerkev, imponente cattedrale in clinker rosso (materiale nato all'inizio del Novecento, derivato dalla cottura dell'argilla) con il tetto verde rame. Curiosità: la storia racconta che i mattoni per la costruzione dell'adiacente convento furono portati dalle donne di Melje. In cambio ricevettero due indulgenze ciascuna, anche se (sussurra qualcuno) non furono sufficienti. E molte di loro si rimisero quindi in fila per trasportare nuovo materiale per realizzare la chiesa dei francescani di Maribor.
Un isolato più avanti, il Mestni grad, il castello della città, adesso museo, e Trg Svobode (la Piazza della Libertà). Camminiamo un po’ per le vie, immersi in questa architettura a tratti frizzantina e tutta mitteleuropea, fino a giungere alla vera chicca di Maribor...
Glavni trg, la Piazza Maggiore, è la seconda piazza più grande della Slovenia.
Al centro della lunga piazza principale si trova il kužno znamenje, monumento votivo della metà del Settecento dedicato alla Madonna e realizzato in ricordo della fine della peste, la cui immagine si eleva su un’alta colonna contornata in basso da sei statue, che poggiano su piedistalli (uno dei capolavori barocchi della Slovenia). A destra della colonna della peste, un balcone in pietra con lo stemma cittadino aiuta a individuare la Mestna hiša, palazzo municipale del 1515, rinnovato in stile rinascimentale cinquant'anni più tardi.
Di fronte a noi, il Glavni most, ponte in ferro rosso con un suggestivo scorcio sulla Drava, il fiume che bagna la cittadina slovena. Foto ai riflessi dell’acqua, foto ai cigni.
Quattro passi sotto un cielo ancora nuvoloso che a tratti lascia cadere qualche goccia, uno sguardo alla Stara trta, ovvero la casa della vite, così chiamata per la vite di oltre 450 anni che se ne sta aggrappata alla facciata esterna. E’ inserita anche nel libro del Guinness dei Primati per la sua longevità, ma ammettiamo che, vista così con i rami secchi, non sembra niente di che!
Una puntatina alla Stolna cerkev, il Duomo cittadino (noto con il nome di Cattedrale di San Giovanni Battista), e con calma ci riavviamo alla stazione dei bus. E ritroviamo anche il camper! Tra connessioni volanti captate dal viavai degli autobus, il pranzo e un dolcetto, pianifichiamo una toccata e fuga a Negova, al Castello della Strega Apollonia. In realtà sappiamo sia chiuso fino al 1 aprile e vorremmo vederlo da fuori, ma ci aspettavamo qualcosa di diverso, per cui, una volta sul posto, giriamo i tacchi. Non avendo altre grosse mete a disposizione in Slovenia (almeno da questo lato), e progettando di varcare il confine domani, optiamo per proseguire verso un punto a caso con l’intento di trovare un campeggio per starcene comodi una sera e non spendere una fortuna. Ci addentriamo nella zona termale della Slovenia dove i campeggi sono abbastanza cari, ma rimediamo un’area di sosta a Mala Nedelja, a 60 km dal confine e lontano dalle cittadine termali più inflazionate . Più che altro è un camper stop e lo sbattimento è doversi registrare e pagare all’hotel Bioterme di fronte, ma con 8€ di camper e 63 centesimi di tassa di soggiorno a persona abbiamo una buona area su mattoni, protetta da una sbarra automatica, carico/scarico acque (10 cent/8 litri di refill, ma lo scopriremo domani mattina!)) e internet gratuito che miracolosamente arriva potentissimo. Senza contare l’elettricità, 50 cent/kW. E prende anche la tv senza problemi.
Un sogno.

Mercoledì 28 marzo – km 96374
- da Mala Nedelja a Sopron
Stamattina ce la prendiamo estremamente comoda, tardando almeno un’ora sulla nostra solita tabella di marcia, anche perché il tempo non è comunque dei migliori ed è discretamente freddo. Alle 10 siamo alle operazioni di carico/scarico, dopodiché paghiamo all’hotel e ci avviamo verso il confine ungherese, che attraversiamo all’ora di pranzo (date le soste per gasolio e Lidl).
Tra l’altro, inizia la sequela di nomi impronunciabili di città e cartelli stradali incomprensibili. Probabilmente comunicare diventerà alquanto difficoltoso. Oltre Zalalövö riusciamo a trovare uno spiazzo/parcheggio per fermarci a fare pranzo, e prima delle 15 siamo di nuovo in cammino. Seguiamo la strada 86 (o 7429) praticamente fino a Szombathely, dove ci perdiamo in camper nel centro cittadino con i navigatori impallati. Ripianifichiamo l’itinerario fino a Sopron, meta ultima della giornata, mentre cerchiamo di capirne di più sulle lettere ungheresi e la fonetica, sforzandoci di leggere i nomi delle città sui cartelli stradali. Arriviamo in città intorno alle 18, ci appoggiamo in un vicolo cieco vicino alla FHB Bank praticamente ai bordi del centro storico e cerchiamo di fare il punto della situazione. Io e la mamma scendiamo in ricognizione, la temperatura è mite ed il cielo si è anche parzialmente schiarito. Preleviamo i primi fiorini ungheresi al primo ATM disponibile (e meno male che almeno lui parla un cencio di inglese!) e speriamo che l’ufficio turistico sia ancora aperto. Già immaginiamo piantine della città, brochures illustrative dell’Ungheria… ma niente, ha chiuso alle 17 e portiamo “solo” un’ora di ritardo. Con i nostri cinquantamila fiorini e la necessità di cambiare qualche banconota con delle monete spicce almeno per i parchimetri, entriamo timidamente nell’unico negozio ancora aperto dopo le 18, un bugigattolo di alimentari in cui, manco a dirlo, non si spiccica una parola di inglese. E noi chiaramente non capiamo nemmeno come si dica “ciao” in ungherese. Compriamo due cose giusto per spicciare le banconote e, dopo un breve discorso tra il sordo e il muto, usciamo con energy drink e dessert al cioccolato. Dal parcometro riusciamo a capire che il parcheggio è gratuito dalle 18 alle 8 del mattino e la sosta massima è di 2 ore, quindi già prevediamo la levataccia domattina per trovare un altro posto. Nel frattempo pur non essendo abituati a questo genere di soste notturne, per stasera ci tocca fermarci qui nel vicolo cieco, dato che non abbiamo un altro posto dove andare. Parcheggiamo quindi un po’ meglio sotto una palazzina, mentre una graziosa vecchietta dalla finestra ci guida la manovra (in un primitivo tedesco ci tiene a complimentarsi per l’ottimo parcheggio) e la salutiamo dall’oblò.

Giovedì 29 marzo – km 96579
- da Sopron a Győr
La giornata uggiosa comincia prestissimo, dopo il saluto con la vecchietta che esce per andare a messa (così dice in uno stentato tedesco), e alle 8 puntuali leviamo le tende alla ricerca di un parcheggio più “generoso” dove poter lasciare il mezzo. Dopo un’ora di peregrinare, riusciamo ad imbucarci in un parcheggio a 500 metri dall’ufficio turistico con tre ore max di sosta a 210 ft. Sono le 9, in perfetto orario per l’ufficio turistico… che però non è quello che abbiamo visto ieri: il tipo alla reception nel padiglione tenta di spiegarci dove sia l’ufficio del turismo in un approssimato linguaggio dei gesti, con una piantina sommaria della cittadina. Peccato che non smetta di piovere, quindi riusciamo a gironzolare meno di quel che credevamo.
Arriviamo alla piazza principale (Fö Tér, in ungherese), dove si affaccia la Tüztorony (la torre di vedetta all’angolo della piazza, visitabile e che offre un panorama sui tetti, ma dato il cielo bigio rinunciamo a salire) e le varie case storiche. A dispetto di quello che credevo, questa luce nelle foto rende molto bene, e l’asfalto bagnato riflette anche i colori delle architetture mitteleuropee, un po’ tedesche, un po’ polacche.
Entriamo nella Kecske templom, la piccola chiesa, e poi ancora quattro passi sotto la pioggia. Presso l’altro ufficio del turismo in Várkerület, la strada che fa l’anello intorno a Sopron come una cinta muraria, rimediamo anche una bella piantina dell’intera Ungheria, che ci aiuterà ad orientarci e vedere se ci fosse qualcosa di interessante lungo la strada.
 
Ritorniamo al parcheggio, e mentre il babbo fa manovra con il camper noi ci lasciamo incuriosire da un piccolo monumento forse dedicato agli ebrei, data la stella di David sul cappotto di uno dei personaggi scolpiti nel ferro. Un cordiale homeless ungherese si avvicina e ci conferma, in tedesco, che è un memoriale agli ebrei della Seconda Guerra Mondiale, indicandoci inoltre la vecchia Sinagoga di fronte, che da allora non è più utilizzata. Ci chiede di dove siamo, gli si illuminano gli occhi e ci dice che 35 anni fa ha vissuto a Latina per due anni come rifugiato politico e che adesso è senza lavoro e senza casa. Mosse a compassione gli allunghiamo pure qualche spiccio, poi ci allontaniamo in direzione Nagycenk e ci fermiamo nel parcheggio del piccolo museo ferroviario adiacente al castello. Pranziamo, non smette di piovere, ma non ci scoraggiamo e dopo il caffè il babbo scende a dare un’occhiata ai treni. Lo Széchenyi kastély, il castello subito di fronte, invece lascia un po’ a desiderare, quindi ci spostiamo a Fertöd, dove l’Esterházy kastély è indubbiamente più imponente. E comunque piove ancora. Scendiamo dal camper, consapevoli che il terriccio bagnato si infilerà nella para delle scarpe e che il nostro amico “lençol” ci terrà compagnia a lungo sugli scalini del camper.
 
Questo Esterházy kastély è di fatto una residenza in stile neoclassico, sul genere di Schönbrunn o Versailles, anche se il giardino, benché riprenda gli stili botanici francesi, è lungi dall’assomigliare alle residenze reali del centro Europa. Ci accontentiamo di qualche foto all’esterno, in giardino e lungo la scalinata da cui si possono ammirare i disegni dell’erba.
 Saliamo di nuovo a bordo del camper verso Győr, meta ultima della giornata, dove arriviamo intorno alle 18 dopo aver messo benzina lungo la strada a 1,13€. Giro di ricognizione in centro per studiare le aree di parcheggio, poi ci infiliamo al Camping Pihenö, a 7 km dal centro. Contro le informazioni in nostro possesso, il campeggio non è proprio aperto, e ci siamo solo noi. La ragazza alla reception comunica in tedesco (meglio di niente, riusciamo a capirci!) e ci spiega che possiamo comunque restare ma i bagni e le docce non funzionano per mancanza di acqua (stanno facendo dei lavori): possiamo comunque usufruire della doccia in una delle camere d’albergo nel padiglione del ristorante, e svuotare la cassetta delle nere nei bagni esterni, anche se l’acqua non funziona. Il costo (forfettario, dato che non c’è anima viva) è di circa 13€ per il camper e noi tre. Dato che non abbiamo altro posto dove andare, e appurata la gentilezza della ragazza e dei suoi genitori, ovviamente restiamo. Io mi lancio sotto la doccia, il babbo si diletta cercando di far funzionare la parabola che, ovviamente, in mezzo ai rami degli alberi non vuole saperne, e, dopo cena, internet per tutti grazie alla connessione wifi gratuita.
Chiaramente continua a piovere.

Venerdì 30 marzo – km 96712
- da Győr ad Acs
Dopo aver piovuto tutta la notte, la mattinata sembra civile. Nuvolosa, ma civile.
Noi usciamo dal campeggio verso le 9.30 dopo aver svuotato le acque nere (l’unica cosa che possiamo fare, dato che il campeggio è praticamente chiuso) e torniamo in centro, dove parcheggiamo sotto al Petőfi hìd, uno dei ponti sul fiume Raba (questo, nello specifico, ha una vista sulla Sinagoga dall’altro lato del fiume).
Tenendo il fiume sulla sinistra, in pochi minuti raggiungiamo il centro, immersi in un grazioso mercatino artigianale di ceramiche e prodotti locali.
La mappa della città chee recuperiamo all'uffiio del turismo lascia molto a desiderare ma è a prova di stupido e noi, in un paio d’ore, riusciamo a vedere le cose principali del centro storico. Városház tér, ad esempio, è la piazza con l’imponente municipio a ridosso del ponte sopra la ferrovia. Costruito in stile neobarocco, è un edificio a due piani a forma di U con una torre dell'orologio nel mezzo e due torri più piccole che sporgono dalla facciata principale. Il municipio, oltretutto, si trova nel punto più frequentato della città.
La rivelazione della città si trova però racchiusa tra quattro amene viuzze dalla bella architettura barocca e neoclassica: Széchenyi tér, una piazza pavimentata sede di un antico mercato medievale, che costituisce uno dei principali luoghi pubblici della città sin dal XIV secolo.
E' circondata da splendidi edifici storici, come la chiesa benedettina di Sant'Ignazio di Loyola (prima chiesa di Győr costruita dall'ordine gesuita) e la Basilica di Santo Stefano. Una fontana a pavimento lascia zampillare acqua con una simpatica intermittenza, i turisti immortalano istanti. Saliamo poi a Kaptalamdomb, piccola collina su cui si erge la prima Cattedrale della città, risalente al XI Secolo.

Scendiamo giù fino a Dunakapu tér, la piazza ultramoderna di Győr, nella quale fa bella mostra la fontana tonda in ferro battuto, costeggiamo il fiume e rientriamo al camper. Subito dopo pranzo diamo un’occhiata alla Sinagoga oltre il ponte (che comunque è chiusa – forse anche per via della Pasqua ebraica, che si celebra oggi) ed arriviamo, grazie alle mappe e al segnalibro, ad un grande pulcino dall’aria estremamente pucciosa davanti al complesso sportivo di Gyor.
 Il pulcino in realtà è un galletto, ed è il simbolo della città: un galletto di ferro, infatti, fu posto in cima alla mezzaluna della fontana a Dunakapu tér per annunciare la presa del castello da parte dei turchi.
Una mezz’oretta ancora ed arriviamo nei pressi di Pannonhalma, famosa per l’abbazia seconda solo, per le sue dimensioni, a quella di Montecassino. Turisti a profusione, tanta confusione e zero spazio per parcheggiare. Perdiamo un po’ di tempo prima di realizzare che visitarla non è proprio cosa, e decidiamo di andare direttamente verso Komarom, la città delle tre fortezze. Per l’esattezza arriviamo ad Acs, a 8 km dal centro, a dare un’occhiata ad un camping  dove dovremmo fermarci per la notte. All’ingresso, un tizio che parla con noi in tedesco ci spiega che possiamo metterci dove vogliamo, ci indica le docce, la colonnina dell’acqua e lo scarico del wc… ma non è lui il proprietario. Tra due parole di tedesco bestemmiate da parte mia e qualche cassettino della memoria che si apre e rende la comprensione della lingua meno difficoltosa, capisco che è un ospite, in campeggio con la moglie ed un amico (con una roulotte a parte) ed arrivano dalla Svizzera. Italianizziamo i loro nomi in Rodolfo e Alfredo, mentre Heidi, la moglie di Rodolfo, ci dà anche la password del wifi. Ci dicono di fare come se fossimo a casa nostra e che il proprietario del campeggio tornerà per l’ora di cena. Un’oretta più tardi, infatti, Rodolfo bussa alla porta del camper e ci presenta Laszlo, il boss. Anche lui parla principalmente tedesco, quindi altro giro altra sofferenza, ma si mostra molto disponibile e alla mano, ci fa un prezzo apparentemente forfettario di 3500 ft (circa 13€) e ci regala anche una bottiglia di buon vino ungherese. Ci invita anche a bere qualcosa con gli svizzeri nella sua dependance dopo cena, così io ed il babbo accettiamo dicendo “tanto staremo al massimo dieci minuti!”. Laszlo e il dolce ungherese, il salamino ed i peperoni, il vino, gli svizzeri che vengono qui in campeggio da 20 anni, chiacchiere in tedesco e palinka.
E fu così che “dieci minuti” diventarono due ore.

Sabato 31 marzo – km 96836
- da Acs ad Esztergom
Tempo incerto, tra pioggia e sole stamattina. La nota bella e positiva che ci fa iniziare bene la giornata è Laszlo che ci porta dei panini ancora tiepidi come “geschenk”. Sicuramente il proprietario più gentile e disponibile mai trovato in nove anni di viaggi in camper con i miei.
Dopo le operazioni di carico e scarico e pulizia abitacolo, ci accingiamo ad uscire dal campeggio (e sono già le 10) sotto un cielo che non promette nulla di buono, nonostante la temperatura sia accettabile e non fredda come in Slovenia. Salutiamo gli svizzeri, il gentilissimo Laszlo, un paio di foto e ci dirigiamo ufficialmente verso Komárom, ma le fortezze sono visitabili solo con una guida e ad orari prestabiliti, quindi optiamo per attraversare il Danubio che divide la città in lato ungherese e lato slovacco. Sull’altro lato del fiume, infatti, Komarom diventa Komárno e noi siamo in Slovacchia. Foto d’obbligo oltre il ponte, sotto al cartello che indica Slovenska Repùblika e poi parcheggiamo subito fuori dalla zona pedonale per due passi in centro, avvistando persino qualche turista.
L’ufficio turistico è anche chiuso, ma le vie principali sono praticamente due, quindi non ne facciamo un dramma e ci lasciamo rapire dagli edifici colorati e ristrutturati di fresco.
Arriviamo in Piazza Europa e scopriamo un gioiellino ricamato che sembra letteralmente uscito da una favola, che (come restauro ha voluto) intende rappresentare stili architettonici di tutta l'Europa.
Gli edifici dai colori brillanti contrastano con il cielo non proprio limpido, ceramiche sugli intonaci, una fontana al centro (al momento non funzionante) e un insieme di architetture diverse (la cupola nera a cipolla, una torre a mattoncini che sembra della Playmobil, un negozio di souvenirs con il tetto in legno) che nel complesso la rendono incantevole.
Piazza Europa, Komarno
I locali a piano terra sono sfitti e vistosamente vuoti, ma l'atmosfera inconsueta la rende una delle piazze più graziose mai viste.
Gironzoliamo facendo foto e torniamo al camper in tempo per il pranzo, e una manciata di secondi prima che inizi a diluviare. Dato che siamo ancora in Slovacchia e ritroviamo l’euro, ne approfittiamo per passare al Lidl locale, e poi riattraversiamo il confine verso Tata, borgo ungherese a 20 km da Komarom sulle rive del lago Öreg-tó. Sotto una pioggia incessante e vento fresco, arriviamo alla meta e parcheggiamo un attimo lungo il lago per fare il punto della situazione.
Tatai vár
Non riusciamo a scendere a causa del maltempo, facciamo il giro dell’isolato e ci troviamo al parcheggio proprio di fronte al castello. Tempo mezz’ora e finalmente smette di piovere, quindi abbiamo modo di scendere per passeggiare attorno al perimetro. Tatai var, la fortezza,
costruita nel XIV Secolo, ha subito svariate modifiche nel corso degli anni, fino ad assumere i connotati di castello rinascimentale a quattro torri, e finemente arredata per ospitare personaggi illustri un po’ da tutta Europa. Il museo al suo interno non ci interessa, ma siamo felici di poter passeggiare attorno al perimetro, data la graziosa architettura.
Ricomincia a piovere, e intanto ci spostiamo verso Esztergom, dove arriviamo verso le 18.30. Parcheggiamo sotto l’imponente Basilica, edificio che di certo non passa inosservato, ma la casupola per pagare il posteggio è già chiusa.
Patate arrosto per cena mentre continua a piovere senza smettere… e alla fine nel parcheggio restiamo solo noi.

Domenica 01 aprile – km 96929
- da Esztergom a Budapest
Ennesima mattinata piovosa ad accogliere la nostra Pasqua, il parcheggio è ancora deserto alle 8.30 e nessuno è arrivato ad aprire la casupola per pagare. Dopo colazione scendiamo dal camper bardati fino ai denti, piove e c’è un vento gelido. Salendo lungo il viale acciottolato che porta alla Basilica di Nostra Signora dell’Assunzione e Sant’Adalberto, la maestosa cattedrale della città, recuperiamo finalmente l’omino del parcheggio. Chiaramente non parla una parola di un idioma che non sia ungherese, quindi mi arrendo e gli parlo in italiano. Con 1000 ft (praticamente poco più di 3€) il camper potrebbe stare dalle 8 alle 24, anche se a noi servono giusto un paio d’ore.
La Basilica, a pianta quadrangolare con un’enorme cupola al centro, è alta circa 120 metri, e si sta riempiendo di gente per la messa di Pasqua. Tra le altre cose è l’unica chiesa finora visitata che permette le visite ai turisti anche durante le funzioni e che, soprattutto, è gratuita. Gli interni sono finemente affrescati e, nonostante la maestosità della costruzione, rimangono abbastanza minimalisti. Decidiamo di spendere i nostri 700 ft a testa (anzi, i miei pagano meno poiché prezzo senior), per salire i 400 gradini fino alla cupola, da cui si ammira un ottimo panorama sulla cittadella di Esztergom e sul Danubio.
    
Peccato che, benché abbia smesso di piovere, sia freddissimo ed il vento gelido è insopportabile per permetterci di fare il giro a 360°, quindi restiamo per il tempo di qualche foto e riscendiamo. Usciamo dalla basilica e diamo uno sguardo al prato adiacente (dove sono ancora visibili i bastioni dell’antica cittadella) ed in seguito al castello museo. Risaliamo a bordo, pronti per spostarci a Visegrád e visitare il castello omonimo. Arriviamo nel parcheggio, non immenso ma gestibile, sotto il muro di cinta (300 ft l’ora a vettura, ma siccome noi siamo “larghi” spendiamo 600 ft l’ora – circa 2€). Dopo pranzo, con 3400 ft, entriamo tutti e tre al castello (il biglietto costa 1700 ft e ridotto per i senior 850 ft).
 
Nel biglietto è compresa la visita ad un piccolo padiglione con l’esposizione delle cere, in cui viene presentato un banchetto medievale con i reali di Visegrád ed alcuni ospiti, tutti interamente lavorati in cera. Inquietante per il realismo dei personaggi, ma affascinante al tempo stesso.
La fortezza, tipicamente medievale, se ne sta arroccata su uno sperone roccioso da cui si ammira una bellissima ansa del Danubio sulle colline e i paesini attorno. La visita risulta molto interessante: la Cittadella aveva un ruolo multifunzionale, in quanto proteggeva la valle del Danubio, controllava il percorso commerciale più importante tra Buda e Esztergom, e serviva anche come dimora. Questa nuova costruzione acquistò notevole importanza quando, nel 1335 fu sede del famoso incontro tra i re ungherese, polacco e ceco, il marchese di Moravia ed il principe-elettore di Sassonia venne organizzato. Quest’incontro e l’accordo nato nel palazzo assicuranoro l’indipendenza economica da Vienna e dai commercianti occidentali. Questa riunione si tiene anche oggigiorno con la partecipazione dei “Quattro Paesi di Visegrád”, cioé Ungheria, Polonia, Repubbica Ceca e Slovacchia.
In tutto il giorno percorriamo sì e no 90 km ma riusciamo a fare parecchi giri. Tra l’altro, nel pomeriggio, dopo il castello ci scappa anche puntatina a Szentendre, graziosissimo paesino nella provincia di Pest, con una lunga storia alle spalle, basti pensare che la zona era già abitata al tempo dei Romani, che vi costruirono i primi accampamenti militari ed un conseguente villaggio.

 
Dopo varie battaglie e conquiste, nel IX secolo il territorio fu occupato dai Magiari, e cadde nelle mani dei turchi intorno al Cinquecento. Dopo l'ennesima riconquista di Belgrado da parte dei turchi alla fine del Secolo seguente, la città divenne il rifugio di un gran numero di emigranti, in gran parte serbi ma anche di altre regioni balcaniche, che fuggivano dalla loro patria a causa delle rappresaglie. I gruppi serbi conservarono il ricordo delle loro origini costruendo ciascuno la propria chiesa e stabilendosi attorno ad essa.

Nella prima metà dell'Ottocento la città conobbe gravi difficoltà, dovute in gran parte a disastri naturali, ma con l'introduzione della ferrovia locale nel 1888 e l'avvio della navigazione a vapore sul Danubio, molte persone ebbero occasioni di lavoro nella vicina Budapest che si era rapidamente industrializzata. Nel XX secolo la cittadina divenne importante grazie anche al fatto che agli inizi degli anni venti ci si trasferirono pittori e scultori, affascinati dall'atmosfera mediterranea del luogo ed alla ricerca di un posto tranquillo per la loro attività artistica, formando così una colonia di artisti.
Oggi Szentendre è diventata meta turistica, ricca di musei e di programmi culturali, un perfetto mix di barocco e rococò inciso nei decori delle finestre, nelle case colorate affacciate su Fő tér, (dove troviamo un'altra colonna commemorativa a ricordo della fine dell'epidemia di peste a metà Settecento), nelle chiese infilate in amene piazzette e nel panorama dei tetti dalla collina.
Dovevamo calcolare di poter restare di più, ma alla fine ci sbrighiamo a ripartire per fare in modo di essere a Budapest prima di cena. Arriviamo al campeggio Zuglijet Niche, 8 km dal centro, e in realtà lo scegliamo ingenuamente dato che abbiamo letto che alla reception parlano anche italiano (personalmente, mi sarebbe bastato che non parlassero soltanto ungherese). Elisabetta, alla reception, ci dice che potremo occuparci comodamente delle operazioni di registrazione l’indomani mattina con Marta, che per stasera dobbiamo sistemarci dove troviamo posto e domani potremo spostarci sul piazzale principale (stasera al completo) perché molti se ne andranno. Guarda caso, i camper sono tutti targati Italia. Non sono neanche arrivata e già tutti questi italiani intorno mi danno fastidio.
Meno male che domani tanti se ne andranno e parcheggeremo quindi in una zona migliore.

Lunedì 02 aprile – km 97159
- Budapest
Dato che ieri sera il campeggio era pienissimo, abbiamo trovato posto nella zona sterrata oltre il piazzale principale del campeggio (comunque piena). Saliamo alla reception/ristorante per la colazione (affettati, olive e panini per le preferenze salate, oppure biscotti tipici ungheresi, frittelle e crèpes per quella più tradizionale), e poco dopo la signora Marta ci dà tutte le indicazioni sul campeggio e le piantine della città. La tariffa per tre adulti, camper ed elettricità (con colazione comunque inclusa e possibilità ovviamente di usufruire di acqua e docce) è 10.700 ft al giorno (più o meno 34€), noi riusciamo a spostarci immediatamente nel piazzale di fronte alla reception dove prende anche la connessione internet, e alle 10.30 siamo operativi e raggiungiamo il capolinea del bus 291 (a 200 metri dal campeggio) che ci porta dritti al capolinea opposto, a Nyugat palyaudvar, una delle stazioni ferroviarie della città. Scendiamo dal bus, smarriti, e ci mettiamo almeno un’ora tra capire dove siamo e fare i biglietti per i mezzi pubblici. Decidiamo per la card di tre giorni che con 4150 ft (circa 14€) ci permette di usufruire di tram, bus e metro per 72 ore dal momento dell’emissione. Iniziamo il giro da Deak Ferenc Tér (ad una fermata di metro dalla linea blu di Nyugat Palyaudvar), una delle piazze del lato di Pest assieme all’affollata Erszebet tér. Camminiamo ancora spaesati tra frotte di turisti e finalmente riusciamo ad intravedere all’orizzonte il Szecheny Lanchid, altrimenti detto Ponte delle Catene, probabilmente il più famoso e fotografato ponte di Budapest, costruito nel 1849 per unire la città di Buda a quella di Pest (divise prima di allora).
Non siamo da meno e ci lasciamo incantare dal profilo dei monumenti e degli edifici neoclassici e barocchi tipici dell’impero austro-ungarico, sulle rive del Danubio, ed attraversiamo il ponte. Il vento è fortissimo ma la giornata è serena e tiepida.
Sul lato opposto del ponte c’è Clark tér, la piazza “del km zero”, da cui partono convenzionalmente tutte le strade dell’Ungheria. A fianco, la Budavari Sikló, la funicolare per la collina del castello, dove si concentra il centro storico di Buda con i monumenti principali. Arriviamo proprio davanti al palazzo del Presidente della repubblica ungherese, dove più tardi le guardie si daranno il cambio.
 
Di fronte, l’ampio castello, costruito in stile neoclassico e barocco, dapprima palazzo reale e ora Galleria Nazionale ungherese. Almeno un giro nel giardino, adornato di statue, bisogna farlo: la vista sulla città, tra l’altro, è incantevole.
Se si è appassionati di musei, a Budapest ci si potrebbe stare una vita, ma per noi non siamo tra questi e ci lasciamo catturare principalmente dalle architetture e dai colori. Camminiamo fino alla piazza della splendida Mátyás templom, la Cattedrale di San Mattia, un capolavoro gotico con il tetto di piastrelle lucide arancioni e verdi che creano coloratissime geometrie (tra l’altro è stata evidentemente sabbiata in tempi recenti, quindi è bianca brillante come fosse nuova). A circondare la piazza, Haláz Bastya, il famoso Bastione dei Pescatori (anche questo pulito dalla recente sabbiatura), con i tetti a punta e le forme tonde che sembra una torta di pietra. Il babbo non è interessato, io vado in esplorazione con la Vergara. Il biglietto per la visita alla cattedrale costa 1500 ft e per la camminata lungo tutto il Bastione dei Pescatori 1000 ft (l’ultimo tratto è visitabile gratuitamente, infatti è un carnaio di turisti che si accalcano per fare foto. Per 3€ di biglietto, consiglio la camminata totale, che in tutto saranno appena cinquecento metri). La Vergara, invece, si becca anche lo sconto “vecchietti”. L’interno della cattedrale è quello tipico a tre navate con volte a ogiva, ma la particolarità sta nella decorazione di soffitti, pareti e colonne. E’ praticamente tutta pitturata, con geometrie ed affreschi. Ed è incantevole, forse una delle più pittoresche mai viste.
Anche la passeggiata sul bastione dei pescatori merita, non fosse altro che per la vista magnifica sul Danubio, i ponti e il famosissimo Parlamento, in stile gotico, tutto bianco con tetti e cupole porpora. Il simbolo indiscusso della capitale ungherese, nonché uno dei monumenti più fotografati in assoluto. La luce pomeridiana ci permette delle foto ottime, il sole per fortuna aiuta molto.
  
Quando riscendiamo, prendiamo il tram n.2 che ci porta proprio di fronte al Parlamento, sulla riva opposta del Danubio, per ammirarlo in tutta la sua maestosità. Da questo punto c’è una visuale perfetta per le foto, ed il sole alle nostre spalle gli dà quel tocco d’oro che lo rende davvero ineguagliabile.
Raggiungiamo la sponda opposta (sfruttiamo alla grande il nostro biglietto da 72 ore per i trasporti!) per vedere le Scarpe sulla riva del Danubio: 60 paia di scarpe di ferro, memoriale completato nel 2005, commemorano i quasi 4000 cittadini di Budapest, principalmente ebrei, uccisi dal Partito delle croci frecciate durante la Seconda Guerra Mondiale. Le vittime furono giustiziate sul bordo del fiume cosicché i corpi cadessero in acqua e fossero trascinati via dalla corrente, ma prima furono obbligate a togliere scarpe e vestiti.
Il sole sta tramontando, ed io voglio aspettare il crepuscolo per vedere le luci della città accendersi.
Non è un caso che il lungodanubio sia stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco: vanta dei meravigliosi ponti e, dal lato di Pest, una vista sulla collina del castello che con il buio dona il meglio di sé. I miei rientrano alla base, io cammino ancora un po’ per fotografare i punti salienti del cuore di Budapest. E non me ne pento.
Come Cenerentola, rientro prima dell’ultimo bus per il campeggio (alle 21.30). Con la schiena a pezzi come se avessi portato le sue scarpette di cristallo, invece avevo solo una borsa e una reflex per un totale di tre chili. Ma ne è decisamente valsa la pena!

Martedì 03 aprile – km 97011
- Budapest
Anche stamattina, ampia colazione alla reception di Marta. Perdiamo il bus delle 10 ed aspettiamo 20 minuti alla fermata, poi ci separiamo: il babbo aspetta da quindici giorni il museo ferroviario di Budapest e finalmente il suo giorno è arrivato, ed io e la mamma torniamo in centro ed iniziamo il tour con la linea blu della metro da Nyugati palyaudvar a Kalvin tér, e poi la verde verso Szabadsag hid, il Ponte della Libertà, un bel ponte in ferro verde, con gli stemmi ungheresi a decoro.
Gli edifici del lungofiume sono maestosi, austeri ed in pieno stile barocco e neoclassico (l’università, gli hotel ed il grosso padiglione delle Terme Gellert, sul lato opposto). La giornata si preannuncia più tiepida di ieri, nella capitale si riversano i soliti turisti e noi passeggiamo fino al lato opposto del ponte per fare foto alla chiesa nella roccia e alle Terme Gellert. Torniamo indietro e ci immergiamo nella vivace atmosfera del grande mercato coperto della città, Nagy Vásárcsarnok, e va a finire che, tra un pezzo di pizza e un giro di souvenirs, ci passiamo due ore. Alle 15 recuperiamo il babbo in zona Sinagoga, all’inizio del quartiere ebraico sul lato di Pest. L’ingresso costa 4000 ft e onestamente ci sembra un’esagerazione, tanto più che non si possono fare foto. Di conseguenza, prendiamo al volo il filobus 74 che ci porta nella bella zona di Varosliget, l’ampio parco cittadino. Inizialmente, come molti altri parchi, era una zona di caccia, utilizzata per anni dalla nobiltà del posto. Nell’Ottocento fu trasformato nel parco che oggi si può visitare.
Il parco, con una superficie di 1,5 km quadrati, conserva il bellissimo Castello Vajdahunyad, costruito inizialmente in legno e cartone per l’Expo del 1896. Concluso l’evento, come accadde anche per altre opere (la più famosa Torre Eiffel, ad esempio!), anziché essere smantellato fu mantenuto e ricostruito in pietra. Attualmente ospita il museo dell’agricoltura, e la sua architettura è una copia di altri edifici ungheresi. Bellissimi i suoi riflessi nel lago circostante, che in base alla stagione dell’anno è navigabile (noleggiando barchette) o… pattinabile, quando d’inverno si ghiaccia.
Si può tranquillamente girare attorno agli edifici e scoprire anche una piccola chiesetta nel giardino del castello, e attraverso un ponte si accede alla Hősők tér, la Piazza degli Eroi.
 
E’ una delle piazze più importanti di Budapest, con un’ampia pavimentazione bianca e nera. Un colonnato di statue commemora i leader delle sette tribù fondatrici d’Ungheria, ed al centro di questa mezzaluna di colonne svetta la statua dell’Arcangelo Gabriele.
Anche qui, turisti a profusione, stecche selfie, gruppi, gare a chi fa la foto più artistica o più bella. Il sole è nella giusta posizione per dare la luce giusta alle foto L’edificio più rappresentativo della piazza è il Museo di Belle Arti, uno dei migliori musei di Budapest, davanti al quale spadroneggia la scritta BUDAPEST (dove la gente, manco a dirlo, si accalca a fare foto).
I vecchi sono provati da questa seconda giornata di tour de force, io ho già fatto le foto alle luci della sera. Per oggi ci fermiamo qui e rientriamo alla base.

Mercoledì 04 aprile – km 97011
- Budapest
Stamattina dopo colazione ci si divide: i miei scendono a poche fermate di bus da Zugliget e prendono il tram per Hűvösvölgy, stazione di testa di una ferrovia a cremagliera di una dozzina di chilometri, la Ferrovia dei Bambini, dove il personale a lavoro nelle varie stazioni sono appunto ragazzi (dal capostazione al bigliettaio, tranne il macchinista, ovviamente!). E’ un’attrazione molto graziosa ed affatto pubblicizzata, diranno poi, e merita una visita anche per l’originalità, soprattutto se si vuole fare qualcosa di diverso a Budapest. E a tal proposito, io invece me ne vado in centro e mi perdo nelle vie del centro di Pest, dal cinema (poco distante dalla stazione di Nyugati Pályaudvar) a Szabadsan tér, piazza della Libertà, scoperta un po’ per caso.
Fu edificata nel 1886 all’indomani della demolizione delle caserme Asburgiche Neugebaude ed è una delle piazze più imponenti della città, circondata da magnifici palazzi (i più significativi sono la Banca Nazionale Ungherese, la sede della Tv e l’ambasciata degli Stati Uniti all’interno di un palazzo costruito tra il 1899 e il 1902). Al centro della piazza i giardini che ospitano il Monumento con obelisco che commemora i soldati russi caduti durante l’assedio alla città del 194, ed il memoriale alle vittime dell’occupazione nazista, corredato di una bellissima fontana quadrata a pavimento. Arrivo finalmente a Szt Istvan Bazilika, una delle cattedrali più belle di Budapest, costruita alla fine dell’Ottocento in stile neoclassico.
      
 L’interno (200 ft “ad offerta”) è eccessivo per i miei gusti, indubbiamente bello con colonne di marmo rosso e riccamente affrescato, ma pesante. Merita una visita, invece, la torre panoramica: 600 ft, oltre 300 gradini (alla fine dei quali la scala a chiocciola con il corrimano in ferro battuto consente foto con geometrie perfette – io amo il genere!) ed una bella vista sui tetti e sulle raffinate torri laterali degli orologi.
Dopo esserci ritrovati per l’ora di pranzo, ci godiamo i raggi del sole su una panchina a Deák Ferenc tér con un pezzo di pizza, poi prendiamo il tram verso Margit Island, sotto all’omonimo ponte a T (una parte passa sopra il Danubio e una parte si butta sull’isola). Il bus 26 effettua la tratta lungo l’isoletta, che è nient’altro che un bel parco verde. Ci sono risciò, biciclette, macchinine come quelle del golf e mezzi di locomozione vari noleggiabili, una piscina con spa, un hotel, e soprattutto tanta gente. E’ il classico posto da gita fuori porta. Lungo la strada (la lunghezza dell’isola è appena 2,5 km, fattibile a piedi per chi ama le passeggiate) si possono ammirare le rovine di una chiesa romanica, un giardino giapponese, la Torre dell’Acqua e la fontana musicale (guarda caso chiusa, transennata e coperta con dei teloni, vista la stagione!).
 
Il cielo non promette nulla di buono e si è alzato il vento (per fortuna non freddo), riusciamo a tornare fino al ponte per prendere il tram che ci collega a Jászai Mari tér, al capolinea del tram n.2, e visto che abbiamo il biglietto per i mezzi pubblici ci spariamo tutta la tratta fino al capolinea opposto.
Passiamo di nuovo davanti al Parlamento (è veramente qualcosa che non ci si stanca di ammirare), e lungo il Danubio, ammirando il profilo armonico dei palazzi neoclassici dal fascino decadente. Al capolinea, prendiamo di nuovo il tram e poi da Margit hid il bus 291 fino a Zugliget-Libegö e salutiamo ufficialmente la capitale ungherese (che anche al babbo è particolarmente piaciuta). Una volta al campeggio, dedichiamo tempo alla doccia e ai capelli, poi film al pc e nanne. Tantissime nanne.

Giovedì 05 aprile – km 97011
- da Budapest a Balatonfűzfő
Mattinata di conti ed operazioni di carico/scarico. Paghiamo i nostri 42.800 ft per le 4 notti passate al campeggio (conversione alla mano, per questo giochetto sono partite 140€!), l’ultima colazione con le crepes, sistemiamo la cassetta del wc, l’acqua e scarichiamo le grigie nel posto più infelice del mondo (lo scarico è lungo la strada che sale al piazzale di fronte alla reception, quindi abbastanza scomodo per la manovra, ma si fa) e poi si parte in direzione Zsambék (25 km da Budapest), dove trovano spazio i resti di un’imponente abbazia. La chiesa d’epoca romanica fu distrutta da un terremoto intorno alla metà del Settecento, e i paesani utilizzarono le pietre cadute per ricostruire le proprie abitazioni. Da allora, veglia sul paese come una sorta di fantasma buono dall’alto della piccola collina. Nel complesso è bella, ricorda quelle che abbiamo inseguito mesi fa in Scozia, facciamo alcune foto all’esterno ma la luce è totalmente a sfavore. L’ingresso di per sé (per ammirarla più da vicino) è molto economico (800 ft) ma non sappiamo se possiamo entrare perché nel prato stanno allestendo una sorta di set cinematografico, quindi non perdiamo tempo e facciamo dietro front verso Szekesféhervár (nome apparentemente impronunciabile, ma in realtà più semplice di altri!). Il nostro obiettivo è il Bory vár, un castello costruito da un architetto ungherese per la moglie nel corso di 40 anni. Il mio biglietto costa 1500 ft, i vecchi spendono la stessa cifra in due.
Il castelletto è una piacevole sorpresa infilata in mezzo ad un quartiere prettamente residenziale: le asimmetrie ed i materiali poveri utilizzati per la sua realizzazione lo rendono qualcosa di speciale: la camminata perimetrale e graziose torrette di mattoni si affacciano sul giardino interno, una sorta di chiostro con un loggiato di cento colonne attorno. 
Bory, architetto e scultore, lo decorò personalmente con statue in gesso a commemorare le guerre e i santi.
Passiamo un’oretta piacevole, ammirando i dettagli delle pietre e dei mattoni per arrangiare scalette e muri, saliamo ogni scala a chiocciola. Particolarissima, tra l’altro, una in pietra evidentemente riverniciata di recente, bianca con i bordi rossi e le colonnine riccamente decorate in giallo, viola, verde e rosa.
A differenza di quella della basilica di Szt Istvan a Budapest, questa permette foto molto artistiche sia dal basso che dall’alto (per la mia sete di geometrie arrotondate, è davvero il top).
 
Finita la visita ci buttiamo sulla 7202 verso il Lago Balaton, e a 20 km da Szekésfehérvar ci imbattiamo in Nadasdy-kastély, una residenza della casata Nadasdy costruita a metà Ottocento in stile neogotico Tudor inglese, simile ai castelli scozzesi (tra l’altro unico nel suo genere in Ungheria). Diamo un’occhiata solo all’esterno, l’edificio è stato sabbiato di recente ed è molto bello.
Il tempo di qualche foto e alle 17.30 riusciamo ad avvistare l’acqua del “mare ungherese”. La luce aranciata del sole sembra voler spazzare via la fitta coltre di nuvole grigie che ci hanno accompagnato (seppur senza grossi danni) per tutto il giorno, percorriamo una stradina infilata tra la ferrovia e mucchi di case di villeggiatura inabitate, camping chiusi e ristoranti dismessi. Passiamo il ponticello sotto la ferrovia (occhio all’altezza del mezzo!), perché noi dobbiamo sempre cimentarci in percorsi alternativi, e raggiungiamo Balatonfűzfő, località balneare, dove rimediamo un parcheggio abbastanza vicino al lago, nei pressi di un parco giochi acquatico al momento chiuso.
Il bello del fuori stagione è che, salvo diverse segnalazioni, è talmente poco affollato che probabilmente nessuno viene a dare fastidio dicendo che non si può sostare.
A fine giornata, comunque, a forza di tappe, deviazioni e saliscendi, abbiamo totalizzato 150 km.
Le previsioni per domani annunciano 7° in meno rispetto ad oggi e cielo nuvoloso, ma non ci crediamo finché, intorno alle 23, non inizia a piovere.

Venerdì 06 aprile – km 97149
- da Balatonfűzfő a Tapolca
Dopo una nottata piovigginosa e ventosa, la mattinata è fresca ma serena (e io mi sono persa l’alba!). Ci mettiamo in marcia lungo il lago (anche se la strada non lo lascia intravedere), ci fermiamo per qualche foto al panorama in fondo alla strada nei pressi di Csopak e poi, seguendo le indicazioni per Ranolder kastely (ad un paio di km) ci infiliamo in una stradina che è poco più di una mulattiera. Il castello in realtà è una residenza ottocentesca dismessa e malconcia, e noi abbiamo imparato che il cartello con scritto “vygátt auto”, posto all’inizio del sentiero, significava “solo automobili”. Riprendiamo la marcia verso Loczy Barlang, un sito di grotte trovato per caso stamattina cercando qualche informazione in più sul lungolago. Anche stavolta, la strada per arrivare in prossimità dell’ingresso è strettissima e soprattutto il sito è chiuso, probabilmente per fuori stagione. A questo punto, non resta che Tihany, sulla piccola penisola nel Lago Balaton. Famosa per le inaspettate piantagioni di lavanda (che noi ovviamente, dato il periodo, non riusciamo ad avvistare), questa cittadina offre un bellissimo panorama sul lago dall’alto dell’Abbazia Benedettina.
    
Troviamo un posticino in uno spiazzale praticamente in mezzo alle abitazioni, saliamo nella piazzetta e le casette con i tetti di canne attirano subito la nostra attenzione. I vecchi non si fanno mancare una visita all’abbazia mentre io vago nell’ampio spiazzale, il cui panorama sul lago non delude. Foto e souvenir d’obbligo e torniamo al camper. Scendiamo per il pranzo al porticciolo dell’imbarco, quattro passi dopo il caffè e risaliamo a bordo in direzione Szigliget, dove abbiamo in programma una puntatina a Szigligeti vár, un castello di cui oggi resta la cinta muraria. Essendo più rudere di quello che ci aspettavamo, andiamo verso Tapolca, tappa ultima della giornata.

Ci fermiamo finalmente da Lidl per la spesa, poi riscendiamo sulla riva del lago, per l’esattezza al porticciolo di Szigliget, a vedere il tramonto, dato che probabilmente non avrò un’altra occasione.
L’acqua ferma tinta di rosa, i riflessi delle barche a vela, il sole che scende lentamente dietro la collina: il punto perfetto per il tramonto perfetto. Sempre uno spettacolo! Risaliamo a Tapolca, al parcheggio gratuito vicino al laghetto delle grotte (a 300 metri dal centro storico) e ci fermiamo per la cena.
Subito dopo usciamo per una breve ricognizione di un chilometro circa, dal parcheggio a Malom-tó e ritorno, giusto per vedere i riflessi delle casette nell’acqua ferma del laghetto, e la giornata finisce.

Sabato 07 aprile – km 97294
- da Tapolca a Keszthely
La temperatura stamattina è decisamente più bassa di ieri, e ci accoglie il solito cielo nuvoloso. Per fortuna l’assenza di vento ci permette un giretto piacevole nel piccolo centro storico. Costeggiamo il rigagnolo d’acqua all’interno del parco che porta fino a Malom-tő (di fatto è la stessa stradina che abbiamo fatto ieri con il buio, ma con la luce è decisamente più pittoresca e permette delle foto deliziose, che sembrano strappate ai quadri impressionisti). Il laghetto è circondato da case e ristoranti (manco a dirlo), e l’hotel Gabriella, in corrispondenza del ponticello in pietra che dà accesso a questa particolarissima “piazzetta”, è evidentemente costruito all’interno di un vecchio mulino ad acqua restaurato. L’enorme ruota in legno è purtroppo ferma, ma il sistema delle paratie per far defluire l’acqua permette una piccola cascata sul fiume sottostante.

La particolarità di questa cittadina sta proprio nelle falde acquifere sotterranee (infatti ci sono anche delle grotte percorribili con una barchetta – non le visitiamo perché i biglietti vanno fatti online oltre 24 ore prima per evitare le code e le attese infinite, e noi non abbiamo né tempo né voglia) e dal fiumiciattolo che alimenta il laghetto e sbuca dalla parte opposta. Diamo un’occhiata ai cortiletti e a Fő tér, la piazza su un lato della via maggiore del centro, dove si affacciano edifici neoclassici colorati adibiti a negozi su entrambi i lati della strada. Decisamente particolare è la scalinata in cemento che dalla graziosa Malom-tő si arrampica verso Fő tér: è stata interamente dipinta a tema acquatico un paio di anni fa da un'artista ungherese Varjas Judit. Merita decisamente una tonnellata di foto!
Dopo averci graziati ieri con una giornata divina, oggi la pioggerellina torna a farci un saluto e ci lascia appena il tempo di rientrare al camper. Riprendiamo quindi la marcia in direzione Sümeg, per visitare lo Sümegi vár, bellissima fortezza avvistabile già da 3 o 4 km di distanza, arroccata sul cocuzzolo di una collina da cui si ammira un bellissimo panorama. Parcheggiamo “a valle”, all’ingresso di quello che nel X e ci spariamo 700 metri di salita ripidissima, lungo un sentiero in pietre che una volta in cima ci ripaga della fatica.
  
L’ingresso costa 1500 ft (circa 5€), adeguato per la visita: il castello/fortezza di epoca medievale è stato restaurato negli anni Sessanta (e probabilmente i lavori proseguono), ma parte delle mura sono originali. La pianta è molto particolare, direi “variegata”, con camminamenti, scale a chiocciola in pietra, sottotetti in legno e pavimentazione che sembra originaria dell’epoca. Ci sono diverse persone in visita, e alcuni gruppi di turisti seguono la guida in costume medievale. Sul bel cortile interno con giochi in legno a tema i bambini si divertono tantissimo.
Il cielo continua a gocciolare a tratti ma per fortuna non fa grossi danni e ci permette la visita (che dura almeno un’ora e mezza!). Riscendiamo a valle giusto per pranzo (anche se sono quasi le 14!), e poi ci spostiamo a Keszthely (arriviamo in 35 minuti passando lungo la 71). Parcheggiamo al museo dei modellini di treni di fronte allo sfarzoso Festetisc kastely, residenza in stile barocco di una delle maggiori famiglie aristocratiche ungheresi, quella di György Festetics.
L’ingresso alle innumerevoli stanze è a pagamento, ma dato che i giardini sono gratuiti io e la mamma optiamo per un giro, mentre il babbo se ne va al museo dei trenini (biglietto d’ingresso per “vecchi” 600 ft). La stagione è quella sbagliata per le fontane del parco, infatti sono tutte chiuse e coperte, ma il palazzo è uno dei monumenti più belli della regione del Balaton (e comunque un giro intorno è d’obbligo) e il giardino è pieno di viole del pensiero.
Due passi fino al laghetto con carpe e pesci rossi, foto anche a una coppia di sposi ed usciamo. Poco dopo torna anche il babbo, entusiasta per “il museo dei trenini”. E’ ancora abbastanza presto e siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati per la giornata, quindi passiamo al Kemping Gärternhof, campeggio a conduzione familiare, ad un paio di km da Keszthely: l’obiettivo è chiedere di poter solo scaricare la cassetta delle nere, dato che non avremmo necessità di un campeggio (ci siamo stati fino all’altro ieri, vorremmo anche starcene in libera!), così il proprietario ci lascia usufruire del wc per 500 ft (prezzo onesto). Inizia così una tanto piacevole quanto complicatissima conversazione (in tedesco!) sugli immigrati in Italia, il regime comunista ungherese e l’invasione russa del 1956. Robetta da niente, insomma, considerando anche le nostre scarse conoscenze della lingua tedesca! Decidiamo alla fine di regalargli una bottiglia di vino per la gentilezza e la cordialità dimostrata nei nostri confronti, e proseguiamo. Ci fermiamo da Lidl e al distributore di benzina per spendere gli ultimi fiorini, e con il sole che tramonta riscendiamo verso il lago. Anzi, in bocca al lago: parcheggiamo nel piazzale di un paio di ristoranti chiusi (uno dei due si chiama Pepi Vendéglő e ci ricorda la nostra Pepi - Penelope, la gatta) e riteniamo di poter stare tranquilli.
La posizione è ottima: domani, tempo permettendo, l’alba non me la toglie nessuno.

Domenica 08 aprile – km 97375
- da Keszthely a Šentjernei

Dopo una notte piovigginosa, non c’è da sorprendersi che l’alba non sia delle migliori. Anzi, in realtà mi sveglio alle 6, esco col piumino, mi infreddolisco e rimedio giusto una palla rossa in messo ad una coltre di nuvole grigie. L’acqua del lago è mossa il vento mi taglia il naso.
Non riuscirò più a riscaldarmi fino all’ora di pranzo.
Dopo colazione salutiamo il Lago Balaton (che comunque ci ha regalato un tramonto invidiabile l’altro ieri eh!) e ripartiamo prima delle 9 verso Lenti. Il babbo si ferma a vedere una ferrovia a scartamento ridotto alla stazione del paese, e prima di pranzo riattraversiamo il confine con la Slovenia e ci lasciamo la terra dei magiari alle spalle, con un piacevole ricordo. Ci fermiamo di nuovo a Mala Nedelja, all’area camper dove abbiamo dormito all’andata (quella di fronte all’hotel termale), solo per scaricare di nuovo la cassetta delle nere e ricaricare l’acqua a 1€/80 litri. Chiaramente, nel frattempo si è fatta l’ora di pranzo e quindi ne approfittiamo. Tra morti e feriti, viaggiamo tutto il pomeriggio nel nulla, e meno male che almeno il sole ci assiste. Passiamo tratti stradali sperduti nella valle slovena, e i vari castelletti papabili lungo l’itinerario sono perlopiù adibiti ormai ad alberghi o ristoranti. Non è da meno il Grad Otočec, in prossimità dell’omonima cittadina: affascinante castello dall’aria duecentesca indubbiamente restaurato, se ne sta pasciuto in mezzo ad un’isoletta verde e si specchia nell’acqua ferma del fiume Krka. 
La luce del pomeriggio che lo abbraccia da una parte lo rende ancora più bello. Al suo interno ci hanno strutturato un albergo, e l’ascensore in vetro in un lato è un cazzotto bellamente assestato in un occhio, ma per fortuna riesce a “scomparire” tra le torri tonde con il tetto appuntito come i berretti degli elfi. Un bel ponte in legno lo collega al parcheggio dove ci fermiamo una mezz’oretta, e non sorprende che ci siano tante persone a passeggio.
Qualche foto e quattro passi giusto per sgranchirci un po’ le gambe, data la lunga giornata di trasferimento, e ritorniamo in zona Šentjernei, dove parcheggiamo nei pressi del deposito dei bus vicino a Trubarjeva cesta. C’è una sezione probabilmente dedicata ai camper in una zona erbosa dietro il Kulturni Center, ma non è illuminata e il babbo preferisce spostarsi, quindi giriamo mezz’ora per cercare un altro posto (tra l’altro, un ragazzo è venuto apposta a dirci che dietro al centro culturale possiamo rimanere, o che volendo ci sarebbe il piazzale della scuola), ma alla fine torniamo esattamente al punto di partenza e parcheggiamo sull’argine del fiume.
Gira gira, oggi abbiamo ammucchiato 300 km.

Lunedì 09 aprile – km 97669
- Šentjernei a Dolenje Jezero
Stamattina il sole illumina l’abitacolo talmente presto che ci svegliamo prima ancora che suoni la sveglia, e alle 8.35 siamo già colazionati e in viaggio verso Novo Mesto, da cui ci separa una mezz’oretta di viaggio. E’ una città deliziosa di circa 22 mila abitanti, appoggiata sull’ansa del fiume Krka, il cui colore verde smeraldo in questa giornata primaverile la rende quasi fiabesca.
Perdiamo la solita ora canonica per trovare un parcheggio per lasciare il mezzo (ci fermiamo nei pressi di Grm, un vecchio castello di poco conto, e con nostra grande sorpresa troviamo anche altri camper!) e ci concediamo una passeggiata (circa un chilometro) lungo Trdinova ulica fino al Kandijski most, il ponte che collega la parte più nuova al vero e proprio cuore della città. Peccato che la piazza principale, su cui si affacciano le fontane, il municipio e gli edifici con i caratteristici portici sia completamente transennata: al suo interno hanno smantellato la pavimentazione e ci sono ruspe, furgoncini e tanti operai a lavoro.
Diamo quindi un’occhiata alla Chiesa Francescana e, poco più avanti, alla Chiesa di San Niccolò. I miei imboccano poi un’altra strada per il ponte lungo la ferrovia, mentre io seguo una strada verso il ponte di legno di Ragov log, il parco cittadino sul lato opposto del fiume. Percorro quindi il sentiero nel bosco che mi riporta al Kandijski most tenendo il fiume alla mia destra, e torno al camper, dove ritrovo i miei.
Riprendiamo la marcia verso il Castello di Snežnik , dal quale ci separano un centinaio di chilometri di stradine immerse nel verde e graziose casette in legno ed intonaco, con i tetti rossi. Lungo la strada, a circa 15 km da Novo Mesto, ci imbattiamo nel Grad Žužemberk, una bella fortezza (ahimé chiusa, dato il periodo) con bastioni e tetti a punta. Non trovando posto nel parcheggio adiacente, riscendiamo lungo i due tornanti che portano al lungofiume e ci fermiamo in un prato vicino al ponte (Breg, sulle mappe) con vista castello. C’è anche un tizio col tagliaerba (intento a sistemare il verde) a cui il babbo chiede se possiamo sostare un’oretta per il pranzo, e sembra non ci siano problemi.
Dopo il caffè, riprendiamo la tortuosa marcia lungo la 216 e poi 214 verso il castello. Superiamo un paio di “valichi” a meno di 600 metri e poi ci immettiamo nella 106 verso Ribnica e, superato un altro saliscendi, oltrepassiamo l’imbocco del sentiero per Krišna Jama, grotte carsiche famose per gli innumerevoli laghetti sotterranei. Peccato che le visite siano obbligate solo durante il weekend e che sia di rigore un certo abbigliamento (le guide forniscono poi torce e stivali di gomma, dato che si attraversano i laghi su delle imbarcazioni. A malincuore rinunciamo.). Arriviamo finalmente al “nostro” castello, costruito su un piccolo sperone roccioso e circondato da un laghetto di smeraldo.
D’accordo, ormai anche questo è un ristorante/hotel, ma la location è comunque suggestiva e merita un giretto attorno (anche se le angolazioni migliori per le foto sono sul lato posteriore, all’opposto del parcheggio dove ci fermiamo).
Risaliamo la 213 fino al Cerkniško Jezero, lago incastonato nella vallata carsica dalla particolarità di essere “intermittente”, ovvero è un lago che ogni tanto c’è e ogni tanto… sparisce! Questo fenomeno è dovuto al sottosuolo, particolarmente drenante, che permette al lago di svuotarsi in fretta, e di conseguenza nei periodi di siccità rimane pressoché una conca umida. Raggiungiamo un parcheggio gratuito adibito a camper alla fine di Dolenje Jezero (il paesino sulle rive del lago), e troviamo anche un altro camper targato Irlanda. Quantomeno, il lago c’è, e chiaramente è alimentato dalle due gocce d’acqua che decide di buttarci giù il cielo anche stasera (giusto per farmi perdere l’alba domani!).
E’ abbastanza presto e ci mettiamo a fare il punto della situazione per domani: da qui a Postumia sono appena una ventina di km.

Martedì 10 aprile – km 97821
- da Dolenje Jezero a Sežana 
La mattinata piovosa ci scorta fino a Postumia.
Avevamo in programma di scovare qualche altra grotta (tutta la zona ne è piena, basta cercare e si trovano caverne e buche ovunque, spesso con fiumi sotterranei) ma il tempo ci permette pochi movimenti. Arriviamo nel parcheggio delle grotte intorno alle 10, e ci sono già parecchie macchine. Gli spazi più economici sono ancora chiusi per via della bassa stagione, cerchiamo di comunicare con una coppia di camperisti italiani che arrivano insieme a noi e sono spaesati quanto noi perché non sanno dove parcheggiare (onestamente sono anche assai scortesi, ma questo è un altro discorso!) e ci mettiamo un po’ a capire che l’unico modo per posteggiare il mezzo è lasciargli 10€, anche se staremo due ore, poiché il parcheggio è giornaliero. A fianco, invece, c’è un parcheggio per le 24 ore per i camper che vogliono pernottare, al costo di 20€, con elettricità e possibilità di scarico delle nere (di cui approfittiamo subito gratuitamente: con quello che lasciamo in questo posto oggi, è il minimo!). Il biglietto cumulativo per la visita delle grotte e del particolarissimo Castello di Predjama non è affatto economico (35€), e c’è parecchia gente pur essendo un comunissimo giorno feriale. Attendiamo la guida per la visita che inizia alle 11 (ahimé insieme a una frotta di italiani, dato che purtroppo non possiamo fare diversamente e dobbiamo separarci per idioma). Le grotte di Postumia sono state ufficialmente scoperte nel 1818 e appena un anno più tardi furono aperte al pubblico, seppur in modo primitivo. Il trenino che percorre i primi due chilometri di grotte fu istituito dopo il 1870 (appena terminata la linea ferroviaria Trieste-Vienna), e prima di allora i visitatori dovevano camminare a lungo e con delle fiaccole. Noi siamo agevolati e raggiungiamo l’inizio del percorso più panoramico a bordo dei vagoncini: sembra di stare sulle montagne russe, ma nel frattempo è come attraversare un’enorme fortezza praticamente inespugnabile, una cattedrale naturale, un po’ barocca e un po’ gotica.
Il freddo umido tipico dell’ambiente sotterraneo si infila subito nelle ossa ma il fatto che si possono fare foto mi rende entusiasta e mi fa pesare meno l’elevato prezzo del biglietto. Le grotte sono monumentali: il lungo percorso si snoda dapprima verso l’alto, fino al cosiddetto “monte Calvario”, poi giù nelle cavità profonde. I molti punti illuminati sono una manna, chiaramente evito il flash (cosa che comunque non fanno gli altri!), e ammetto che valgono i soldi spesi. Non ho nemmeno la percezione di quanto possano essere vecchie, queste grotte scavate dal fiume Pivka. La visita dura un’ora e mezza e riusciamo anche ad avvistare il proteo, un magnifico esempio di fauna ipogea all’interno delle cavità carsiche (anche se quelli che vediamo, di fatto, stanno in una teca che riproduce l’ambiente delle grotte con l’acqua del fiume). E’ un piccolissimo animaletto, anfibio per definizione, che nell’immaginario collettivo ricorda un drago, con la pelle sottilissima e senza pigmentazione, cieco e sensibilissimo alla luce, che campa in media cento anni (probabilmente si fa gli affari suoi) e mangia ogni decina di anni. Che vita triste, comunque.
Usciamo e ci dirigiamo a Predjama (circa 10 km), dove ci attende il particolarissimo castello nella roccia. Normalmente in alta stagione un bus navetta collega le grotte con il castello, ma il servizio non è ancora operativo, quindi andiamo con il nostro mezzo e parcheggiamo, per fortuna, gratuitamente. Ridendo e scherzando, oggi ci partono 130€!
Anche questo castello comunque merita una visita: l’audioguida gratuita (inclusa nel prezzo del biglietto cumulativo) ci spiega, per un’oretta, ogni camera e cavità. Grossi scalini in pietra conducono a grotte quasi nascoste, il rumore delle gocce d’acqua che si infiltrano tra le rocce e del fiume che scorre rende tutto quasi magico. Mangiamo un tramezzino al volo e ci rimettiamo in strada sperando di arrivare alle Škocjanske Jame (le Grotte di San Canziano) per la visita delle 15.30, l’ultima della giornata. Sfortunatamente perdiamo il turno per una manciata di minuti, così ci accordiamo per andare domattina. Arriviamo a Sežana (a tre chilometri dalle grotte), presso il parcheggio della piccola stazione: c’è una lunga via cieca dedicata ai camper, con possibilità di allaccio della corrente a 50 cent/kW e colonnina per ricaricare l’acqua (circa 1€). Tariffa per le 24 ore, 8€. Dal momento che il pomeriggio è andato a rotoli e non c’è niente da fare che ci ispiri, andiamo a fare la spesa e poi torniamo.
Sono appena le 18, ma il tempo scorre in un attimo grazie anche alla parabola che ci dà la possibilità di vedere la tv!

Mercoledì 11 aprile – km 97909
- da Sežana a Koper
Arriva mattina anche oggi, e alle 9.15 siamo operativi (dopo aver espletato le operazioni di carico/scarico – noi ne approfittiamo ogni volta che possiamo, anche se non ce n’è l’urgenza), per raggiungere di nuovo le Škocjanske Jame.
Raggiungiamo il parcheggio gratuito e scendiamo alla biglietteria. I percorsi sono due, io so per certo che voglio fare quello classico un po’ più lungo, e alla fine convinco anche il driver e l’interfaccia di navigazione (anche qui, comunque, con l’ingresso non sono teneri: 18€ gli adulti e 14€ i seniors). Il tour parte alle 10, stiamo in mezzo ad una scolaresca delle medie di una cinquantina di persone. Scortati dalla nostra guida che parla italiano, percorriamo i primi 600 metri su un sentiero sterrato all’aperto, dopodiché entriamo nelle grotte vere e proprie. Il percorso interno è lungo oltre due chilometri e dopo una prima parte con i soffitti bassi e le classiche concrezioni calcaree, gira intorno al canyon scavato dal fiume Reka. Se ci si aspetta una classica grotta con stalattiti e stalagmiti, di certo non è la Škocjanska jama. Questa è qualcosa di completamente diverso, una camminata avventurosa dove le luci sono quelle che illuminano il percorso (e poche altre, date le enormi cavità della grotta), una camminata fino a 170 metri di profondità scendendo e salendo cinquecento gradini. La guida è abbastanza veloce, e bisogna tenere un passo un po’ sostenuto, ma è comunque un percorso di bassa difficoltà.

Decisamente spettacolare vedere ciò che il fiume è riuscito a fare in tre milioni di anni: affacciandosi dalle ringhiere c’è solo il buio di un abisso spezzato dallo scrosciare dell’acqua, finché non ci avviciniamo al fondo. Il naso all’insù per vedere il percorso già fatto dietro di noi, una lunga fila di lucine e nulla più (e ci avevano anche detto che è severamente vietato fare foto. Tanto, con queste condizioni di luce, che foto vuoi fare?!). Dopo un’ora e mezza buona vediamo la luce dell’uscita, e possiamo fare foto agli ultimi duecento metri di sentiero sterrato, affacciato sulla Mala Dolina, il canyon creato dal collasso delle rocce. Un’esperienza spettacolare che dà l’impressione di essere nella “pancia” della Terra.
Approfittiamo qualche minuto del wifi gratuito fuori dalla biglietteria ed è già mezzogiorno. Riprendiamo lentamente il viaggio verso Koper (Capodistria), dove arriviamo con calma dopo pranzo.
Al terminal ferroviario, proprio a ridosso del terminal dei bus, c’è un bellissimo P+R con area dedicata ai camper al costo di 10€ per le 24 ore (elettricità inclusa, tassa di soggiorno a parte - ce la chiederanno domani mattina). L’unica cosa macchinosa è la Koper Card, necessaria per pagare il parcheggio. Funziona come una sorta di carta di credito, si fa al costo di 2,50€ ad un distributore automatico rosso (con istruzioni anche in italiano) fuori dal parcheggio, oppure a quello al terminal dei bus poco distante. Per un problema tecnico non è in grado di dare monete di resto, quindi siamo costretti a mettere i soldi contati. Seguendo le istruzioni, poi, ricarichiamo la card di 10€ per accedere al parcheggio, chiuso da un cancello automatico. Anche per l’elettricità, basta seguire le istruzioni e dopo i primi minuti di crisi riusciamo a far partire la 220V. Funziona anche il wifi (24 ore di conessione), ci sono bagni e docce (il padiglione funziona comunque strisciando la card per aprire la porta). Un’area camper curata, sicura e molto comoda.
Prendiamo il bus per il centro, scendiamo lungo Pristaniska ulica (anche se con una ventina di minuti ci si arriva a piedi – ma i miei sono provati dalle grotte di stamattina!) con un biglietto da 0,80€ e, cartina già alla mano, riusciamo a vedere le cose salienti in un paio d’ore.
  
Dal porticciolo con una bella promenade si diramano le vie verso il centro città, imbocchiamo cesta fino a Piazza Tito, sulla quale si affacciano gli edifici più importanti della città, tutti risalenti al Quattocento e realizzati in stile gotico veneziano: il Palazzo dei Pretori, l’Armeria, la bianca Loggia con le tipiche volte ad ogiva e la Chiesa di Santa Maria Assunta con la torre del campanile.
Proseguendo, arriviamo alla Chiesa di Sant’Anna (in fondo alla strada), passando per Piazza Brolo con il famoso Fontico, antico granaio cittadino dalla facciata restaurata ma autentica dell’epoca (1392). La chiesa purtroppo è occupata dalla messa e quindi non ci sembra il caso di entrare, quindi ritorniamo sulla piazza principale e scendiamo lungo Čevljarska cesta, la via dei calzolai, a cui si accede attraverso l’arco sotto il Palazzo dei Pretori. E’ una viuzza stretta ed acciottolata, con insegne ad ogni edificio, che in fondo alle scalette ci porta a Gortanov trg. Sbuchiamo direttamente sulla rotonda del nostro arrivo, e duecento metri indietro troviamo Pešernov trg, la piazzetta racchiusa nell’unico tratto di cinta muraria sopravvissuta. La piazza è stata il collegamento principale di Capodistria con il suo entroterra, così come il luogo dove terminava l'acquedotto che portava l'acqua in città dalle colline circostanti.
Entriamo da Vrata Muda, antica porta principale della città di Capodistria. Risalente al 1516, fu costruita in stile rinascimentale: è ricca di emblemi araldici tra i quali spicca il sole, simbolo dello stemma cittadino. Fu eretta dal podestà Sebastiano Contarini che riprodusse l’arco trionfale. Di ben dodici porte cittadine dell’antica Capodistria, la Porta della Muda è l’unica conservata.
La graziosa piazzetta ospita anche la Fontana Da Ponte, la fonte che era l’ultimo punto dell’acquedotto. L'aspetto barocco attuale lo ottenne nel 1666, quando fu fatta ricostruire dal Podestà Lorenzo Da Ponte da cui prende il nome.
 
Si fa ora di rientrare alla base, aspettiamo “un qualsiasi bus rosso” che ci porta al terminal dei bus, e siamo già in assetto di cena.

Giovedì 12 aprile – km 97962
- da Koper a Piran (in bus!)
Dopo uno scroscio d’acqua durato una notte intera, piove anche stamattina. E non smetterà per tutto il giorno. Non ci arrendiamo e decidiamo di mantenere la nostra posizione anche per oggi: ricarichiamo 10€ sulla Koper Card che ci serviranno per quando rientreremo stasera, e partiamo con il bus alla volta di Piran, graziosa cittadina adagiata su un peduncolo di terra ad una ventina di km da Capodistria. Il biglietto costa 3,10€ e ci porta praticamente in centro. Pochi minuti dopo l’arrivo, un ennesimo scroscio d’acqua mi costringe all’acquisto di un ulteriore ombrello (due ombrelli ed il mio cappuccio non bastano più), ma sarà il protagonista assoluto della giornata, con i suoi spicchi colorati.
Il porticciolo è delizioso, e Tartinijev Trg, Piazza Tartini, ovvero il cuore della cittadina, è una piazza dalla forma irregolare con una pavimentazione bianca ellittica al centro, affacciata sulla parte del porticciolo chiamata mandracchio.

Il marmo della piazza è completamente bagnato e crea uno specchio degli edifici che circondano il monumento in bronzo dedicato al grande musicista nazionale Tartini. Anche i vicoli attorno sono molto pittoreschi, stretti e con le facciate colorate, e le stradine acciottolate su cui si specchiano ci riportano indietro di almeno cento anni.

    
Purtroppo continua a piovere e ogni cinque minuti ci dobbiamo fermare sotto qualche portico, ma riusciamo comunque a salire fino al Battistero di San Giovanni e la Chiesa di San Giorgio con l’omonima torre (tutto chiuso), da dove si gode tra l’altro una buona vista sul centro.
Arriviamo fino a Capo Madonna, l’estremo lembo occidentale della penisola, con la fortezza in pietra del faro, abbellita dalla graziosa torretta (che sembrerebbe essere parte della vecchia cinta muraria di Piran).
Poco oltre, ci infiliamo in un ristorantino che sembra alla nostra portata, e finalmente ci concediamo una fritturina di pesce (il pranzo di Pasqua che non avevamo più fatto!). Dopo pranzo continuiamo il lungomare e torniamo al porticciolo.
Abbiamo girato tutto intorno al piccolo promontorio, ma la pioggia non ci ha dato tregua nel modo più assoluto. Siamo stanchi come se avessimo camminato 20 km: fermarsi ogni dieci metri, la borsa che si bagna, la fotocamera che si bagna, i vestiti umidi sotto al k-way, apri e chiudi gli ombrelli, è insopportabile (lo abbiamo fatto altre volte pur di non rinunciare a niente, ma è comunque scomodo). Nonostante il tempo balordo, Piran meritava davvero una visita, e con una giornata di sole è di certo bellissima!
Torniamo ai bus senza farci mancare gli ultimi scatti, ci infiliamo al volo su un bus per Koper e torniamo al camper poco dopo le 16. Grazie alla ricarica fatta stamattina, ci basta strisciare la carta sul lettore magnetico e rientriamo nel parcheggio. Finalmente ci togliamo i vestiti umidi ed i calzini bagnati, e riattacchiamo anche la corrente (che chiaramente dopo 24 ore si stacca – infatti stamattina abbiamo rimesso il frigo a gas per sicurezza, altrimenti ciao viveri).
Aspettiamo almeno un’ora che smetta di piovere, poi ci buttiamo sotto le docce.

Venerdì 13 aprile – km 97962
- da Koper a Trieste
Contro ogni pronostico, stamattina non piove e anzi, squarci di azzurro si aprono timidi qua e là in cielo. Abbiamo in programma di salire sulla torre del campanile in Piazza Tito prima di muoverci verso l’Italia. I miei riprendono il bus fino in centro, ma, essendo poco più di un chilometro, io vado a piedi. Ci ritroviamo dieci minuti più tardi e ripercorriamo le stesse strade di mercoledì pomeriggio, ma con una luce diversa: oggi torna il sole e scalda l’aria in brevissimo tempo, mentre noi siamo bardati come Totò e Peppino a Milano.

Alle 10, dopo 205 gradini, siamo già in cima alla torre, da cui il panorama rende evidente la differenza tra la parte nuova di Capodistria e la parte più vecchia, racchiusa un tempo dentro la cinta muraria. A tal proposito, forse non tutti sanno che la città era un’isola fino agli anni ’50, collegata alla terraferma solo da un lembo di terra con una strada lunga un paio di chilometri: con il rientro nell’allora Jugoslavia, per sfruttare al meglio le risorse economiche fu deciso di “bonificare” il braccio di mare tra la costa e l’isoletta, così da utilizzarne la superficie per industrie ed esercizi commerciali.
Sulla via del ritorno alla fermata del bus ci fermiamo presso una friggitoria a prendere delle porzioni di pescetto per pranzo, e di nuovo al camper. Scarico grigie, cassetta, refill serbatoio dell’acqua potabile e si esce dal parcheggio. Ci fermiamo a comprare il pane all’EuroSpin per un colpo di stato e poi, dato che si è messa una bellissima giornata, facciamo un salto a Izola, località turistica simile a Piran, ma molto più piccina.
Ci fermiamo in un parcheggio vicino al porto, il pannello specifica che i camper pagano 15€ (o 10€ in bassa stagione) per le 24 ore, ma non c’è ombra di tariffa oraria. Per non saper né leggere né scrivere, optiamo per pagare due volte la tariffa della macchina (0,40€ l’ora) per circa tre ore. Pranziamo con calma e dopo ci concediamo quattro passi nei vicoli dimenticati dal tempo, tra le case colorate di recente e i panni stesi. Il sole scalda l’aria e finalmente sento la primavera.
Lasciamo la Slovenia alle spalle intorno alle 16.30 e ci buttiamo verso Trieste. La strada di per sé è brevissima (sono appena 30 km e papà fa anche una deviazione ad Opicina per alcuni acquisti di hi-fi), il problema è il parcheggio. Bentornati in Italia, insomma: è un vero carnaio, arriviamo tardi ed il Castello di Miramare è praticamente già chiuso, ma dato che sono le 18 abbiamo tempo per girare e cercare un posto. I papabili sono il porticciolo di Grignano (dall’altro lato del promontorio del castello, a nord), gratuito, dove i camper possono sostare dalle 21 alle 9 senza problemi. C’è il parcheggio del porticciolo di Barcola, tra il centro ed il castello, lungo gli 8 km di lungomare, che sembrerebbe essere vietato per la notte ma i camper ci stazionano comunque. C’è l’ampio parcheggio della Riva del Mandracchio, maledettamente in pieno centro, a un passo dalla piazza principale della città, in cui troviamo un paio di camper (per la verità ne incontriamo ovunque, anche a bordo strada). Tutti pieni zeppi. Sembra incredibile, ma non c’è davvero l’ombra di un posto. Dopo un’ora di ricerche, alla fine riusciamo a fermarci nel parcheggio a ridosso del Museo ferroviario di Campo Marzio, accanto ad un camper di una coppia ravennate. Dicono di passare spesso da queste parti, che si può restare e nessuno dice nulla.
Sono da poco passate le 19, torno verso la Riva del Mandracchio, ormai ad un chilometro dal parcheggio, proprio di fronte a Piazza dell’Unità d’Italia. Lungo il porto, le barche ordinate ed i pennoni a tenere le vele chiuse mentre il sole si prepara a scivolare dentro l’acqua. Il molo è pieno di gente pronta a fare foto, gruppi di ragazzi che posano con il tramonto per eccellenza. La giornata è stata bellissima, e questa non è che la degna conclusione.
Comunque, dopo cena scendere a fare due foto alle luci del porticciolo è d’obbligo, soprattutto con una reflex, un posto fermo dove appoggiarla e la giusta esposizione.

Sabato 14 aprile – km 98047
- da Trieste a San Donà di Piave
Stamattina, con la luce del giorno, il porto ha ancora un’altra faccia. Scendiamo per un giro in centro, arriviamo insieme a Piazza dell’Unità d’Italia e recuperiamo una piantina della città all’ufficio turistico adiacente. Prendiamo Via Bartoli, a sinistra del bel municipio, ed arriviamo dapprima a Piazza della Borsa e poco oltre al Teatro Romano, costruzione del I-II Secolo d.C. dalla tipica forma a mezzaluna. Saliamo verso Colle San Giusto passando lungo sentieri e scalinate infinite dentro al Parco della Rimembranza e giriamo attorno alle imponenti mura della cittadella che racchiude il Castello di San Giusto. Subito dietro, la Cattedrale omonima, anch’essa di epoca romanica.
La visita è gratuita, e figuriamoci se ci lasciamo sfuggire l’occasione di entrare ad ammirare l’architettura. Inizia a fare davvero caldo mentre riscendiamo lungo l’affascinante Scala dei Giganti fino a Piazza Goldoni. Seguendo Corso Italia per un paio di isolati, ci troviamo nella zona pedonale tra Via Dante Alighieri Via Mazzini fino a sbucare sul canale. Ebbene sì, anche Trieste ne ha uno, per quanto piccolino sia! Anzi, per la verità il Canale di Ponterosso è l’unico superstite fra i tanti che penetravano nel cuore della città per agevolare lo smistamento delle merci portate dalle navi mercantili. Con una giornata come questa, è un piacere rincorrere i riflessi degli edifici nell’acqua, e ai lati del canale ce ne sono diversi, ma quello più particolare è sicuramente la Chiesa serbo-ortodossa di San Spiridione.
E’ quasi ora di pranzo, abbiamo il biglietto del parchimetro fino alle 14 (0,80€ l’ora dalle 8 di stamattina), quindi camminiamo lungo il porto fino al camper e mangiamo qualcosa prima di spostarci al Castello di Miramare.
Il babbo ci scarica letteralmente al parcheggio dei bus (subito oltre la sbarra automatica chiusa, dove i camper non hanno possibilità di accesso) e va a parcheggiare sull’altro lato del promontorio, al piccolo porticciolo di Grignano, che avevamo anche visto ieri pomeriggio al nostro arrivo. Passeggiamo lungo il muraglione del castello, a picco sul mare smeraldo, attraversiamo l’arco del castello e passiamo un’oretta nel parco (senza entriamo nelle stanze), scattando foto a fiori e fontane. Chiaramente visitiamo sì e no uno dei 22 ettari di verde attorno. La location è meravigliosa, ed il castello è un vanto tutto italiano, costruito a metà dell’Ottocento come residenza dell’arciduca d’Austria Massimiliano I.
Dal belvedere, tra le fronde degli alberi, a sinistra si ammira una bella prospettiva del castello con il mare, e a destra il porticciolo di Grignano. Riscendiamo lungo la stradina che porta proprio al parcheggio adiacente, dove il nostro camper ci aspetta, e prendiamo la via di casa.
Speravamo di arrivare oltre Venezia stasera, ma le strade extraurbane non ce lo permettono, quindi ci fermiamo a San Donà di Piave, in un parcheggio trovato su CamperOnline, in Via Vicenza, una specie di cortile tranquillo dove poco dopo ci raggiunge anche un altro camper.
Domani affronteremo la trasferta lunga.

Domenica 15 aprile – km 98182
- da San Donà di Piave a Comacchio
La notte è scorsa via tranquilla e tiepida, in perfetto stile primaverile italiano, ma sembra già che la bella giornata di Trieste sia un ricordo: il cielo è coperto, non minaccia pioggia ma già ci avvisa che non avremo tanto sole. Ci muoviamo alla solita ora ed iniziamo la discesa verso le Marche, sbagliando le indicazioni e ritrovandoci, anziché girare per Padova, sulla strada della laguna veneta. Soliti smadonnamenti, la polizia che ci ferma e noi “guardi, dobbiamo solo girare…” e alla fine riprendiamo le indicazioni per Ravenna, seguendo la Romea in mezzo alle paludi del Po. Ci fermiamo in zona Mesola, nel parcheggio comunale, per scaricare la cassetta (tra l’altro non possiamo perderci, perché l’area di scarico è indicata nei cartelli). Ci sarebbe anche la colonnina dell’acqua, ma non ne abbiamo bisogno. Ci fermiamo a Comacchio, dato che siamo di strada, per sgranchirci le gambe un paio d’ore lungo i canali. Quando ieri sera ho proposto di spezzare il viaggio fermandoci qui, mi hanno guardata perplessi: “E che c’è, a Comacchio?!”
Niente, è un paesino piccolo, una mini Venezia, con poche viuzze separate dall’acqua, qualche ponticello grazioso (famoso il Trepponti, ovvero una costruzione in mattoni che unisce la confluenza di tre canali) un paio di chiese di mattoni rossi e casette colorate. Contro ogni pronostico, è ottimo per passare un po’ di tempo. Chiaramente ci sono anche vie principali che non si affacciano sui canali, ma ci limitiamo a quelle più caratteristiche.
Verso le 15, mangiati e caffettati, riprendiamo la marcia.
All’inizio avevamo in programma di fermarci da qualche parte verso Ancona, come sempre, per non tornare a casa a ridosso dell'ora di cena, che è buio. Invece poi decidiamo di provarci: prendiamo l’A14 a Cesena e siamo a casa praticamente alle 18.30. Mille cose da sistemare, pile di posta da leggere, lavatrici da fare… ma non importa: ormai il viaggio è finito e da domani avremo tempo per tornare alla realtà.

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3476 km percorsi in camper
28 giorni fuori
147 km percorsi a piedi (approssimativamente)
9 ore perse a cercare parcheggio
2 paesi visitati (4, se si considerano la deviazione in Slovacchia e le soste in Italia)
13 giorni in Ungheria
4 kurtőskalacs mangiati
3 EuroSpin visitati
8 Lidl visitati
9 litri di latte bevuti dal babbo a colazione
435 euro di gasolio
250 euro in parcheggi e campeggi (di cui 140 euro solo a Budapest!)

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