Un doveroso antefatto.
Sono consapevole della mia immensa fortuna. Sono consapevole di aver avuto la possibilità di fare scelte che mi hanno cambiato la vita ed esperienze che spero di poter ricordare per sempre. Ma sono anche consapevole che questo non sarebbe stato possibile senza i miei genitori. Ebbene, quando inciampo nelle foto dei miei viaggi con loro mi sale una tremenda nostalgia. Era fine giugno, di questo 2023 in cui non era previsto alcun tipo di tour in camper (il viaggio dello scorso ottobre ci ha messo a dura prova, soprattutto a livello di pazienza). E mi sono sentita in dovere, come sempre, di scrivere un messaggio a mia mamma:
“Ancora una volta guardo le foto dei nostri viaggi in camper (per fortuna su Instagram ne ho poche, ma le scorro come un immenso album lungo un decennio),
e penso a che vita meravigliosa mi abbiate regalato. Come faccio a ringraziarvi per questi anni splendidi? Ma voi avete idea di che regalo ci siamo fatti in tutti questi anni?”
“Sì, lo so. Proprio ieri stavamo parlando con papà che ci sarebbe piaciuto fare un altro viaggio bello. Insieme a te ovviamente. Magari un ultimo. Siamo un po’ invecchiati, sai… e forse papà non se la sente di guidare. Io cammino poco, ma ci piacerebbe fare ancora un viaggio. Con te.”
“Io non ho mai detto di no. Ci sarò sempre con gioia. Scegliete una meta e andiamo.”
“A me sarebbe piaciuto il Canada, come avevamo detto 3 anni fa, prima che la pandemia fermasse tutto, ma forse è tardi per organizzare…”
“Mancano tre mesi, secondo me possiamo farcela!”
“Proviamo a documentarci. Ma poi… che tempo fa in Canada a ottobre?!”
Giovedì 21 settembre 2023
da casa a Roma Fiumicino
Oggi entra ufficialmente l’autunno. Questa stagione lavorativa mi ha messa a dura prova e non ho avuto molto modo di pensare davvero, attentamente, a cosa avessimo prenotato. Forse non ho realizzato, fino a oggi che sono tornata a casa e ho visto anche le valigie dei miei già pronte, e ho toccato con mano l’entità di questo viaggio. Ma tant’è. Ce l’abbiamo fatta ancora una volta. Abbiamo deciso di affrontare una nuova splendida avventura, l’abbiamo deciso insieme io e i miei, come la squadra che siamo sempre stati. E ancora una volta, appoggiandoci all’agenzia che ci ha aiutati a radunare le prime idee per gli Stati Uniti, abbiamo deciso per il Canada. Andata su Vancouver, rientro su Toronto. E in mezzo, circa 40 giorni e tanti, tanti chilometri attraverso parchi nazionali e cittadine in quello che è considerato uno dei luoghi più belli del mondo.
Verso sera, il brother carica tutti i nostri bagagli (alla faccia del viaggiare leggeri!) sul pick-up e ci accompagna a Foligno: ci attende un treno fino a Roma Termini, che ci scarica al binario 2 est (praticamente un binario posticcio e sfigatissimo dall’altra parte della stazione!) e dobbiamo camminare 20 minuti (tutto il tempo dell’interscambio!) per raggiungere il binario 23 da dove il Leonardo Express parte per portarci all’aeroporto di Fiumicino. Dopo svariati chilometri sui nastri con i nostri 80 kg di bagagli in tre, raggiungiamo la zona dei check-in e rimediamo un paio di sedie per appoggiarci.
È solo mezzanotte.
Il babbo si addormenta un po’, io vago come un’anima in pena e compro cioccolata al distributore automatico. Mamma si spara serenamente le parole crociate e fa l’afterhour.
Ha vinto tutto.
Venerdì 22 settembre 2023
da Roma Fiumicino a Delta (Vancouver)
La notte in aeroporto è abbastanza lunga ma passa in fretta, in mezzo a palate di profughi carichi di bagagli come noi. Riusciamo a fare un veloce check-in poco prima delle 4 del mattino con una hostess simpatica come una colica a cui dimentichiamo di chiedere se si potesse tentare di avere i posti a bordo vicini. Così, nel breve volo Swiss per Zurigo siamo casualmente seduti nella stessa fila, ma in quello seguente per Vancouver, operato da AirCanada, ci troveremo due da una parte dell’aereo e io al finestrino opposto. Tento anche un’opera di convincimento del ragazzo solitario seduto a fianco ai miei e gli propongo un cambio posto, dato che anche io ho il finestrino e penso non ci siano problemi, ma la risposta (la più inaspettata del globo terracqueo) è “no, devo avere il finestrino al lato sinistro”. Basita basita. Me ne torno accanto ai ragazzi pakistani e resterò lì, attapirata, tutto il viaggio.
da Roma Fiumicino a Delta (Vancouver)
La notte in aeroporto è abbastanza lunga ma passa in fretta, in mezzo a palate di profughi carichi di bagagli come noi. Riusciamo a fare un veloce check-in poco prima delle 4 del mattino con una hostess simpatica come una colica a cui dimentichiamo di chiedere se si potesse tentare di avere i posti a bordo vicini. Così, nel breve volo Swiss per Zurigo siamo casualmente seduti nella stessa fila, ma in quello seguente per Vancouver, operato da AirCanada, ci troveremo due da una parte dell’aereo e io al finestrino opposto. Tento anche un’opera di convincimento del ragazzo solitario seduto a fianco ai miei e gli propongo un cambio posto, dato che anche io ho il finestrino e penso non ci siano problemi, ma la risposta (la più inaspettata del globo terracqueo) è “no, devo avere il finestrino al lato sinistro”. Basita basita. Me ne torno accanto ai ragazzi pakistani e resterò lì, attapirata, tutto il viaggio.
Dopo un’ora dalla partenza ho preso confidenza con il mio posto finestrino lontano dai miei, e il mini computer con decine di contenuti fruibili come film, musica e guida turistica delle località del Canada è decisamente piacevole. Alla domanda “chicken or pasta?” della hostess che passa con il pranzo ho un sussulto: pasta scotta e collosa o pollo lesso insipido? Opto per la pasta, che di fatto è quasi immangiabile ma saporita. Non si può avere tutto: mi accontento dei finestrini oscurabili tramite pulsante e del cuscino più copertina forniti alla partenza per ciascun sedile. Mi piacciono le divise del personale di bordo, e i sedili sono comodi per quanto poco spaziosi. Unica terra visibile dal mio finestrino, ore dopo la partenza, la Groenlandia, talmente compatta e uniforme che all’inizio mi chiedo se ciò che vedo sia uno spesso strato di neve o piuttosto una coltre di nuvole, fino ad accorgermi che il cielo sotto di noi è completamente limpido. Mi sparo tutte le compilation rock disponibili nel catalogo, gli auricolari forniti hanno il logo di AirCanada, ovviamente la foglia d’acero. Il tempo scorre tra un film e una lettura, benché lontana dai miei per tutto il viaggio. Inizio a realizzare cosa mi aspetta dall’altra parte dell’Oceano solo quando sorvoliamo i Territori del Nord all’altezza di Clyde River, l’estremo angolo settentrionale dell’immensa Baia di Hudson: stiamo attraversando in volo tutto il Canada settentrionale, e dal finestrino ammiro corsi d’acqua serpeggiare lungo pianure aride e disabitate, strappi di terra che generano centinaia di piccoli laghi. E poi arrivano loro, le Rocky Mountains, in tutta la loro magnificenza: le aspettavo da nove ore, e sono bellissime viste da dodicimila metri di altezza, sembrano un plastico.
Speriamo davvero che il tempo ci assista in questi primi giorni in cui l’idea sarebbe quella di visitare i parchi nazionali delle "Rockies".
Con la mezz’ora di ritardo accumulata alla partenza, arriviamo quasi a mezzogiorno. Ora locale. Anche stavolta, viaggiando all’indietro la nostra giornata dura 36 ore, e in più abbiamo 9 ore di differenza con l'Italia. Una volta atterrati, con molta calma, andiamo a riprendere i bagagli e chiedo info sulla sim card a una graziosa signora al desk. Prima di rimbalzarci al box apposito, quando scopre che siamo in procinto di iniziare un (quasi) coast to coast in camper, mi guarda entusiasta: “how cool is that?!” e io “a lot!!”. Riusciamo poi a fare la prima sim card con 65 GB e traffico illimitato in Canada della durata di 30 giorni alla modica cifra di 112,00 CAD (compresa l’IVA che qui tendono a non includere mai nel prezzo di partenza!). Chiamo quindi l’ufficio di CruiseCanada e confermiamo l’appuntamento di domani alle ore 13.30 per ritirare il camper con cui inizieremo questo fantastico tour. Cerco di contattare un Uber per farci portare al Beach Grove Motel, in zona Delta, dove abbiamo prenotato per la notte, ma la tariffa è talmente costosa che ripieghiamo su Lyft, una neonata app che si affianca a Uber promettendo tariffe molto competitive. Non solo: la grafica dell’app è molto graziosa ed è gestita molto bene, segnalando con estrema precisione il percorso del driver per raggiungere il cliente. Arriva dunque Raymond, un simpatico driver, che in circa 25 minuti ci porta al motel prenotato su Booking.com, scelto per la vicinanza alla sede di CruiseCanada. Trascorriamo quel che resta del pomeriggio facendo quattro passi fino all’area commerciale poco distante, cercando qualcosa per cena e per colazione, anche se non ne caveremo granché. Ci arrangiamo con un sacchetto di patatine e delle gallette di riso aromatizzate (molto buone, ma sembro essere l’unica entusiasta), siamo tutti troppo cotti per riuscire a tirare oltre, e alle 20.30 siamo già collassati a letto, consci del fatto che domani ci sveglieremo prestissimo!
Sabato 23 settembre - km 29658
da Delta a Capilano
La mia notte trascorre quasi in bianco a soffiarmi il naso, meno male che tra morti e feriti riesco ad accumulare 5 ore di sonno, benché molto discontinue, e guadagno un mal di testa. Alle 7 siamo praticamente tutti svegli, l’adrenalina di questo nuovo viaggio non ci molla (come il mio mal di testa). Colazioniamo con caffè sbobboso e biscotti comprati ieri pomeriggio al vicino supermercato, e alle 10 lasciamo la spartanissima camera e i bagagli in reception. Facciamo due passi lungo il sentiero di Boundary Bay (che parte appena fuori dal motel), una piccola laguna destinata al ripopolamento della fauna ornitologica, fiancheggiata da un reticolo di sentieri dove incontriamo parecchia gente con cani e bici.
La mia notte trascorre quasi in bianco a soffiarmi il naso, meno male che tra morti e feriti riesco ad accumulare 5 ore di sonno, benché molto discontinue, e guadagno un mal di testa. Alle 7 siamo praticamente tutti svegli, l’adrenalina di questo nuovo viaggio non ci molla (come il mio mal di testa). Colazioniamo con caffè sbobboso e biscotti comprati ieri pomeriggio al vicino supermercato, e alle 10 lasciamo la spartanissima camera e i bagagli in reception. Facciamo due passi lungo il sentiero di Boundary Bay (che parte appena fuori dal motel), una piccola laguna destinata al ripopolamento della fauna ornitologica, fiancheggiata da un reticolo di sentieri dove incontriamo parecchia gente con cani e bici.
Torniamo al motel sotto un cielo nuvoloso che promette pioggia, chiamiamo un driver attraverso Lynk, ormai la nostra nuova app di fiducia. Sotto la pioviggine arriva Yasas con una Toyota Prius ovviamente ibrida, e ci porta finalmente a CruiseCanada, benché con un oretta di anticipo. Siamo sorpresi dal notare che, nonostante sia fine settembre, ci siano almeno cinque equipaggi in attesa di ritiro del camper! Dopo aver espletato le operazioni di check-in, pagato la quota restante e il deposito cauzionale, aspettiamo un po’ e finalmente alle 13.30, in perfetto orario sulla tabella di marcia, ci consegnano il mezzo, come il nostro C-25 americano che ci spalanca tanti ricordi. Infatti il briefing sull’utilizzo del camper fa sembrare il babbo un veterano, proprio perché questo è il nostro secondo viaggio con questo tipo di camper. Nonostante la familiarità, il nostro autiere nota subito alcune differenze tra questa versione e la precedente. Innanzitutto è stato aggiunto un indicatore di livello dell’olio all’interno del quadro di controllo, e questo evita di doverlo controllare a ogni rifornimento! Questa versione comprende il cruise control che permette anche di impostare la velocità. Grazie all’elettronica migliorata è possibile anche vedere il consumo istantaneo (da tenere particolarmente d’occhio, dal momento che il piccoletto qui, con il suo motore da 7.0 beve come una spugna!). Notiamo con piacere che in questa versione sono anche state aggiunte delle prese USB sul cruscotto…. ma il fantastico "Norma zero" americano resterà sempre nei nostri cuori! È stata aggiornata la capienza dei serbatoi delle acque potabili, acque grigie e acque nere. Insomma, tutte utili migliorie… tranne la doccia, alla quale è stato tolto il tubo del soffione lasciandone uno fisso. Porca troia. Anche l’inutile minuscolo lavandino fuori dal bagno resiste imperterrito e noi continuiamo a chiederci perché.
Carichiamo i bagagli a bordo, il tempo di ricordare come si guida, e partiamo alla volta di Walmart per la prima spesa, che ci porterà via quasi 4 ore: il supermercato è immenso, ma questo lo sapevamo; frutta e verdura hanno prezzi inavvicinabili (un chilo di mele 6 CAD, equivalenti a circa 4,00€, pacco da 6 rotoloni cucina 10 CAD, circa 7,00€), ma qualsiasi cosa di fatto è costosa fuori dalla logica: sembra che abbiano messo i prezzi completamente a caso. Riusciamo a sfangarla, in qualche modo, e torniamo al camper. Un’ora per sistemare la spesa e poi, prima di iniziare a scartare i nostri bagagli, ci dirigiamo alla meta ultima della nostra giornata, il Capilano River RV Park, dall’altra parte di Vancouver. Abbiamo la malaugurata idea di attraversare la città con la scusa di “vedere qualcosa”, ma ovviamente è congestionata dal traffico e ogni 20 metri troviamo un semaforo. Ci mettiamo un’ora e mezza per fare 15 km. Abbiamo in programma di passare un paio di notti nel campeggio sul fiume Capilano, ma anche qui, la sosta non è proprio regalata, infatti sono 70 CAD a notte con elettricità base e tutte le facilities. Ci sistemiamo, finalmente mangiamo qualcosina dopo aver saltato il pranzo, e poi cerchiamo di fare il più in fretta possibile per svuotare le valigie. Stavolta la Vergara ha portato diverse cose utili alla sopravvivenza, come torcia, pinze, cassettina degli attrezzi, nastro isolante, anche un secondo inverter. A differenza del nostro camper, questo ha fin troppi scompartimenti per le nostre necessità, quindi nel giro di poco riusciamo a sistemare ogni cosa al suo posto. Sono le 22:30 quando finalmente riusciamo a chiudere gli occhi.
Domenica 24 settembre
Vancouver
La sveglia suonerebbe alle 7, ma io sono sveglia dalle 5 e un’ora dopo sveglio tutti cappottandomi dal letto della mansarda, poiché perdo l’appoggio del piede mentre cerco di scendere all’indietro sul divanetto. Risultato: un paio di lividi e un fracasso bestiale che Paperissima in confronto è triste come un film polacco degli anni Quaranta. Per sdrammatizzare, ci regaliamo un caffè all’italiana con una colazione decente, e comunque il fatto di essere già svegli ci permette di guadagnare ore preziose. Alla reception incontro di nuovo un’addetta simpatica come la sabbia delle mutande, che oltre a non darmi le informazioni richieste, mi rimbalza direttamente a un foglio appeso al muro con le istruzioni per arrivare alla fermata dell’autobus. Chiedo lumi riguardo al biglietto giornaliero per girare nella città di Vancouver e mi dice che di fronte alla fermata del bus probabilmente c’è un bar o qualcosa di simile. Scusa il disturbo. Smadonnata, non proseguo oltre con le domande e ci avviamo alla fermata di Park Royal Mall, il bel centro commerciale. Ovviamente tutto chiuso. Ergo, dove si fa questo biglietto? Arriva il bus n.250, spieghiamo il problema al simpatico conducente, e quello ci spiega che troviamo la biglietteria in centro, aggiungendo “salite a bordo, vi ci porto io!” e ci facciamo la corsa gratis. Ovviamente, vedendoci spaesati, ci chiede di dove siamo, ed entusiasta della nostra provenienza ci racconta anche che suo cognato è di Milano e che, quindi, sua madre cucina una pasta deliziosa, e a noi fa tenerezza. Raggiungiamo la stazione metro di Vancouver City Center nel giro di 10 minuti. Ringraziamo infinitamente e, contro ogni pronostico, siamo già pronti per iniziare il tour.
Vancouver
La sveglia suonerebbe alle 7, ma io sono sveglia dalle 5 e un’ora dopo sveglio tutti cappottandomi dal letto della mansarda, poiché perdo l’appoggio del piede mentre cerco di scendere all’indietro sul divanetto. Risultato: un paio di lividi e un fracasso bestiale che Paperissima in confronto è triste come un film polacco degli anni Quaranta. Per sdrammatizzare, ci regaliamo un caffè all’italiana con una colazione decente, e comunque il fatto di essere già svegli ci permette di guadagnare ore preziose. Alla reception incontro di nuovo un’addetta simpatica come la sabbia delle mutande, che oltre a non darmi le informazioni richieste, mi rimbalza direttamente a un foglio appeso al muro con le istruzioni per arrivare alla fermata dell’autobus. Chiedo lumi riguardo al biglietto giornaliero per girare nella città di Vancouver e mi dice che di fronte alla fermata del bus probabilmente c’è un bar o qualcosa di simile. Scusa il disturbo. Smadonnata, non proseguo oltre con le domande e ci avviamo alla fermata di Park Royal Mall, il bel centro commerciale. Ovviamente tutto chiuso. Ergo, dove si fa questo biglietto? Arriva il bus n.250, spieghiamo il problema al simpatico conducente, e quello ci spiega che troviamo la biglietteria in centro, aggiungendo “salite a bordo, vi ci porto io!” e ci facciamo la corsa gratis. Ovviamente, vedendoci spaesati, ci chiede di dove siamo, ed entusiasta della nostra provenienza ci racconta anche che suo cognato è di Milano e che, quindi, sua madre cucina una pasta deliziosa, e a noi fa tenerezza. Raggiungiamo la stazione metro di Vancouver City Center nel giro di 10 minuti. Ringraziamo infinitamente e, contro ogni pronostico, siamo già pronti per iniziare il tour.
La giornata è molto rilassata, e inizia dal Waterfront, raggiunto in metro, dove fa bella mostra il Canada Place, con le sue inconfondibili vele, e il Pan Pacific Hotel, super scicchettoso. Al Centro Congressi ci fermiamo a guardare il panorama montuoso, gli idrovolanti che si librano in volo e una gigantesca nave da crociera pronta a salpare per l’Alaska. Non perdiamo occasione per acquistare diversi souvenirs del Canada (siamo proprio turisti!), e per commentare quanto questa città sia moderna e al contempo non soffocante come tante cugine americane.
A ridosso dell’ora di pranzo siamo a Gastown, quartiere tipico della rivoluzione industriale inglese, che sembra davvero un romanzo di Dickens trasportato in mezzo ai grattacieli. Edifici in mattoni rossi, lampioni neri adornati di fiori, un bel pavé e, soprattutto, il Gastown steamclock, un orologio a vapore che ogni quarto d’ora sbuffa come una locomotiva. Davvero grazioso! Esistono solo pochi orologi a vapore funzionanti, la maggior parte progettati e costruiti dall'orologiaio canadese Raymond Saunders per l'esposizione negli spazi pubblici urbani. Il primo orologio fu proprio questo, costruito nel 1977 all'angolo tra Cambie e Water Street, per coprire una griglia, parte del sistema di riscaldamento a vapore distribuito a Vancouver, come un modo per sfruttare il vapore e per impedire alle persone in strada di dormire sul posto quando faceva freddo. Sebbene l'orologio sia ora di proprietà della città di Vancouver, il finanziamento del progetto )stimato in circa 58.000 dollari canadesi) è stato fornito dai contributi di commercianti locali, proprietari di immobili e donatori privati. Subito dopo aver mangiato qualcosina, tappa allo Science World, con un viaggio in metro che sembra un giro montagne russe: il convoglio è infatti senza conducente, e il babbo si piazza sul sedile più avanti possibile, manco fosse il Katun. Pittoresca l’uscita dal tunnel e il tratto sopraelevato che scopre il profilo dei grattacieli. Attorno al padiglione del museo delle scienze, che sembra una riproduzione della base spaziale lunare, c’è un bel parco con una pista ciclabile, che contribuisce a rendere questa città molto interessante dal punto di vista dell’urbanizzazione.
Da lì prendiamo un filobus a caso per la gioia del babbo, ammortizzando il nostro biglietto giornaliero, e ci lasciamo condurre verso East Vancouver, fino ad attraversare Hastings Street, piena di homeless ben organizzati sui marciapiedi, con tende, cartoni a riparare le nicchie e carrelli della spesa pieni di effetti personali. Data la concentrazione, penso, sicuramente stanno tutti insieme e creano “comunità”, pur contribuendo a dare un’immagine molto degradata della zona. Facciamo il percorso al rovescio e torniamo a Waterfront, e poi al Park Royal Mall con il solito bus n.250. Sulla strada verso il campeggio ci fermiamo al Dollarama poco distante (l’equivalente del nostro “tutto a un euro”) e compriamo qualcosa che può farci comodo in camper, come tre tazzine per il caffè (visto che il camper ha solo tazze grandi) e due barattoli da cucina per caffè e zucchero. Riusciamo ad arrivare in campeggio giusto in tempo prima che inizi a piovere di gusto.
Lunedì 25 settembre - km 29713
da Capilano a Lillooet
Finalmente stamattina, con dieci ore di sonno, mi sento riposata. A colazione, il genio italico e l’arte di arrangiarsi del babbo hanno prodotto un portaposate con la scatola in plastica dei cornetti della colazione: ancora una volta, l’organizzazione e l’estro creativo fanno la differenza. Dopo aver fatto il carico di acqua e aver salutato il sacchetto della spazzatura, usciamo dal campeggio e ci dirigiamo verso Stanley Park, sotto la pioggia che ci fa compagnia da ieri sera. Perdiamo mezz’ora per lavori in corso all’ingresso del parco, ma riusciamo a fermarci nel parcheggio del Vancouver Rowing Club per osservare la skyline della città dietro il porto turistico, e poco dopo ai colorati Totem Poles di Brockton Point.
Purtroppo il tempo non ci assiste, perché altrimenti due passi in più tra gli aceri rossi, gli scoiattoli e i punti di osservazione del Downtown li avremmo fatti volentieri. Riprendiamo la marcia e mettiamo il primo pieno di benzina che ci costa un rene, e partiamo lungo la BC-99 verso le Rocky Mountains. Attraversiamo scorci molto panoramici, resi purtroppo cupi e monocromatici a causa della nebbia e della pioggia incessante, e quindi non possiamo neanche fermarci per fare foto. Per fortuna, nel tardo pomeriggio, riusciamo a lasciarci alle spalle la nuvola di Fantozzi e, quantomeno, smette di piovere. Duffrey Lake per esempio è il primo lago a bordo strada, circondato da abeti e betulle, di cui si scorgono i colori. Mi ricordo che dalla mansarda, affacciata al finestrino, si fanno delle foto magnifiche, quindi riprendo la postazione che ero solita tenere anche negli Stati Uniti. E adesso ricordo perché mi piaceva tanto la mansarda del camper, non solo per lo spazio! La vista da qui, per quanto sia solo un metro più in alto, è uasi come essere al cinema. Raggiungiamo poi il Seton Lake e ci fermiamo per qualche foto, approfittando del fatto che non stia piovendo. Qualche chilometro più avanti appare Lillooet, dopo oltre 300 km totali dall’inizio della giornata: all’aspetto sembra una cittadina del Far West, ma molto più colorata!
Ci fermiamo per la notte al Cayoosh Creek Campground, uno dei quattro o cinque campeggi disponibili della zona attorno alla cittadina (stasera ampia scelta!). Costerebbe 35 CAD, ma pago cash e la simpatica receptionist, in barba al fisco, mi fa pagare 25 CAD (scontrino, quindi, non pervenuto). Abbiamo anche una connessione Wi-Fi abbastanza buona che ci permette di vedere parecchie cose senza consumare i nostri preziosi GB.
Alle 22, comunque, siamo più o meno tutti addormentati.
Martedì 26 settembre - km 29982
da Lillooet a Clearwater
Anche stamattina la sveglia suona alle 7. Facciamo una colazione con calma nel graziosissimo campeggio dove ci siamo fermati, approfittando della solita connessione Wi-Fi gratuita, poi ripartiamo intorno alle 8:30 e ci fermiamo per due passi lungo la piccola ferrovia del paese. Appena scendiamo per un paio di foto, un simpatico omone dall’aria estremamente canadese ci parla dell’autobus su rotaia che abbiamo appena visto passare, una sorta di ibrido con ruote da strada e ruotine per i binari. Viene fuori che ha appena saputo che il suddetto bislacco bus fa una tratta a Seton Portage, costeggiando il Seton Lake con un bel panorama, così chiediamo info. Il biglietto costa 25 CAD andata e ritorno e ci mette circa due ore in tutto. Parte alle 9, abbiamo mezz’ora per organizzarci: è un segno! Parcheggiamo dunque il camper alla ferrovia, conosciamo quello che sarà il nostro autista e ritroviamo l’omone con la moglie, anche loro camperisti, con cui condividiamo il viaggio. Chiacchieriamo un po’, sono tutti molto cordiali ed entusiasti di conoscere italiani che attraversano il Canada. Qualcosa che, per la loro concezione di vacanza, forse è fuori dal’ordinario. Il tracciato del binario scorre sinuoso a ridosso dell’acqua, costeggiando un alto crostone di roccia. Con la testa fuori dal finestrino e l’aria fresca, mi riempio gli occhi di bellezza, di acque turchesi e pendii di montagne fitti di alberi che cambiano colore.
Anche stamattina la sveglia suona alle 7. Facciamo una colazione con calma nel graziosissimo campeggio dove ci siamo fermati, approfittando della solita connessione Wi-Fi gratuita, poi ripartiamo intorno alle 8:30 e ci fermiamo per due passi lungo la piccola ferrovia del paese. Appena scendiamo per un paio di foto, un simpatico omone dall’aria estremamente canadese ci parla dell’autobus su rotaia che abbiamo appena visto passare, una sorta di ibrido con ruote da strada e ruotine per i binari. Viene fuori che ha appena saputo che il suddetto bislacco bus fa una tratta a Seton Portage, costeggiando il Seton Lake con un bel panorama, così chiediamo info. Il biglietto costa 25 CAD andata e ritorno e ci mette circa due ore in tutto. Parte alle 9, abbiamo mezz’ora per organizzarci: è un segno! Parcheggiamo dunque il camper alla ferrovia, conosciamo quello che sarà il nostro autista e ritroviamo l’omone con la moglie, anche loro camperisti, con cui condividiamo il viaggio. Chiacchieriamo un po’, sono tutti molto cordiali ed entusiasti di conoscere italiani che attraversano il Canada. Qualcosa che, per la loro concezione di vacanza, forse è fuori dal’ordinario. Il tracciato del binario scorre sinuoso a ridosso dell’acqua, costeggiando un alto crostone di roccia. Con la testa fuori dal finestrino e l’aria fresca, mi riempio gli occhi di bellezza, di acque turchesi e pendii di montagne fitti di alberi che cambiano colore.
Shalalt è l’ultima stazioncina in mezzo al nulla, dove sale anche il controllore, con i lineamenti tipici degli indiani delle riserve. Paghiamo la quota e poco dopo scendiamo per una ventina di minuti a Seton Portage, al capolinea di questa linea ferroviaria che collega le First Nations, ovvero le prime aree abitate dai locali secoli fa.
Torniamo a Lillooet ripercorrendo gli stessi binari e riprendiamo la marcia, non prima di aver scattato una foto con il driver dell’insolito autobus, che ci ha più volte augurato buon viaggio.
Così cortesi da queste parti.
Mettiamo benzina al prezzo più basso visto finora (ma sempre tanto, 1,79 CAD) e ci allontaniamo lungo la Sea To Sky Hwy. Oggi ci sono anche degli sprazzi di cielo sereno, e il sole, illuminando i colori, fa sicuramente la sua parte. Tanti punti panoramici lungo la strada, come il lookout pazzesco sul Fraser River, che ha scavato una bella gola tra i rilievi montuosi, o gli altipiani che fiancheggiano la strada poco oltre. Prati verdissimi che si alternano a rilievi aridi e calanchi ocra e rossi in una tavolozza di colori assolutamente fuori dall’immaginabile, e io torno a chiedermi come tanta bellezza nel mondo possa essere soppiantata dall’odio reciproco dei popoli che la abitano.
Ci fermiamo a mangiare qualcosina sulle sponde del Pavillion Lake e riprendiamo verso Kamloops, sostando cinque minuti per le foto dal bellissimo lookout dell’omonimo lago. Un belvedere magnifico, con un buon parcheggio e pure i bagni pubblici! Le chiome gialle degli alberi colorano il grigio della superficie dell’acqua, ma il contrasto è semplicemente magnifico.
Mentre la strada scorre veloce, saltano agli occhi casette isolate e appollaiate su speroni rocciosi, davvero in mezzo al nulla. Viene da chiedersi come questa gente ami posti tanto remoti.
A fatica, con il sole ormai tramontato, arriviamo a Clearwater. Vorremmo stare in libera stanotte, ma è già buio e non abbiamo tempo di girare troppo, quindi ci fermiamo al Dutch Lake RV Park and Resort, per la modica cifra di 52 CAD. Specifichiamo che non ci serve nulla, né hookups né elettricità, ma niente aiuta a fare sconti, nemmeno pagare in contanti.
Fanculo.
Persino il Wi-Fi fa schifo.
Mercoledì 27 settembre - km 30293
da Clearwater a Jasper National Park
Stamattina ci svegliamo con mal di testa e mal di ossa: probabilmente l’umidità della notte e il freddo non ci hanno aiutati.
Dopo aver caricato l’acqua siamo pronti a ripartire, ma non prima di aver dato uno sguardo al Dutch Lake, visto che ci è costato 50 dollari! Questo sì, è un bel punto panoramico: un paesaggio spettrale e affascinante, cielo grigio e un sottile strato di nebbia che fluttua appoggiato sul pelo dell’acqua, riflettendo gli alberi nell’acqua immobile. Poco dopo, un raggio di sole arriva a illuminare gli alberi vestiti d’autunno. Impressionante.
da Clearwater a Jasper National Park
Stamattina ci svegliamo con mal di testa e mal di ossa: probabilmente l’umidità della notte e il freddo non ci hanno aiutati.
Dopo aver caricato l’acqua siamo pronti a ripartire, ma non prima di aver dato uno sguardo al Dutch Lake, visto che ci è costato 50 dollari! Questo sì, è un bel punto panoramico: un paesaggio spettrale e affascinante, cielo grigio e un sottile strato di nebbia che fluttua appoggiato sul pelo dell’acqua, riflettendo gli alberi nell’acqua immobile. Poco dopo, un raggio di sole arriva a illuminare gli alberi vestiti d’autunno. Impressionante.
Lungo la BC-5 Yellowhead Hwy verso Jasper, documentandoci random, scopriamo che il Canada ha solo 35 milioni di abitanti. Lo stesso vasto territorio statunitense ne ha 300 milioni, per dire. Chiunque qui, immediatamente fuori dai centri abitati, ha una villetta indipendente e un camper o roulotte che Moira Orfei in confronto è una dilettante. Ecco una cosa che ci piace molto fare, quando siamo in viaggio: notare tutte le differenze, cogliere gli aspetti e le peculiarità degli abitanti del posto. Molte le segherie in questa zona, e tantissime anche le colline brulle dopo gli incendi estivi, di cui restano tronchi bruciati e avvizziti, in piedi per scommessa come tanti soldatini sconfitti.
Alle 11, dopo chilometri e chilometri di abeti e betulle che alternano i loro colori lungo la strada e regalano paesaggi incredibili, abbiamo già superato nebbia, pioggia e pioviggine e il primo sole si affaccia a illuminarci di nuovo. Davanti a noi si intravedono dapprima le cime innevate delle Montagne Rocciose canadesi, finché all’improvviso non appare l’intera corona bianca con i picchi di Mount Robson e Resplendent Mountain. Un gioiello assoluto! Poco dopo, circondato dalla solita cornice autunnale, appare il Moose Lake illuminato dal sole, con la sua ferrovia che quasi accarezza la superficie.
Entriamo nella provincia di Alberta (e non ci facciamo mancare la foto al confine di stato!) e finalmente raggiungiamo Jasper... con un’ora in più di fuso orario! Infatti, nella provincia di Alberta, abbiamo un’ora in meno di differenza con l’Italia. Arriviamo baldanzosi nella cittadina di Jasper e ci fermiamo a fare un po’ di spesa nell’unico supermercato più fornito, lasciandoci un rene. Al Visitor Centre chiedo info, mappe e suggerimenti per il trekking nel Jasper National Park, e alla fine decido per un daily pass di 2 giorni, che attaccheremo a parabrezza del camper. L’ingresso giornaliero al parco costa 21 CAD al giorno (camper fino a 7 persone) e ha validità fino alle 16 del giorno seguente. Intanto ci facciamo un paio di giorni, poi vedremo come muoverci. La prima tappa sono i “laghetti facili” subito a lato della strada principale. Parcheggiamo il camper nei pressi di Annette Lake, con un percorso pianeggiante e molto agevole anche per la Vergara (non a caso, ci sono diverse persone a passeggio). Avvistiamo anche un’aquila sulla cima di un albero avvizzito e un paio di scoiattoli, poi il paesaggio lacustre ci sorprende. La corona di abeti alternati a betulle gira tutta attorno al grosso bacino d’acqua e lascia riflettere i pendii verdi. Da lì, in poche centinaia di metri si raggiunge il gemello Edith Lake, e il paesaggio cambia: sono montagne più glabre, stavolta, che si riflettono nell’acqua. Una riva sabbiosa ci accoglie con grossi ciottoli levigati che sembrano voler decorare il bordo del lago. E dire che questi sono due laghetti molto meno inflazionati e popolati rispetto a tutti quelli del Jasper NP.
Entriamo nella provincia di Alberta (e non ci facciamo mancare la foto al confine di stato!) e finalmente raggiungiamo Jasper... con un’ora in più di fuso orario! Infatti, nella provincia di Alberta, abbiamo un’ora in meno di differenza con l’Italia. Arriviamo baldanzosi nella cittadina di Jasper e ci fermiamo a fare un po’ di spesa nell’unico supermercato più fornito, lasciandoci un rene. Al Visitor Centre chiedo info, mappe e suggerimenti per il trekking nel Jasper National Park, e alla fine decido per un daily pass di 2 giorni, che attaccheremo a parabrezza del camper. L’ingresso giornaliero al parco costa 21 CAD al giorno (camper fino a 7 persone) e ha validità fino alle 16 del giorno seguente. Intanto ci facciamo un paio di giorni, poi vedremo come muoverci. La prima tappa sono i “laghetti facili” subito a lato della strada principale. Parcheggiamo il camper nei pressi di Annette Lake, con un percorso pianeggiante e molto agevole anche per la Vergara (non a caso, ci sono diverse persone a passeggio). Avvistiamo anche un’aquila sulla cima di un albero avvizzito e un paio di scoiattoli, poi il paesaggio lacustre ci sorprende. La corona di abeti alternati a betulle gira tutta attorno al grosso bacino d’acqua e lascia riflettere i pendii verdi. Da lì, in poche centinaia di metri si raggiunge il gemello Edith Lake, e il paesaggio cambia: sono montagne più glabre, stavolta, che si riflettono nell’acqua. Una riva sabbiosa ci accoglie con grossi ciottoli levigati che sembrano voler decorare il bordo del lago. E dire che questi sono due laghetti molto meno inflazionati e popolati rispetto a tutti quelli del Jasper NP.
Il silenzio regna sovrano, mi guardo attorno e mi lascio riempire dalla quiete: mi chiede se ci sia qualcosa che valga più della possibilità di vedere tanta meraviglia del mondo. Tutta insieme.
Ci fermiamo al Whistler’s Campground per due notti (non abbiamo altre scelte all’interno del parco nazionale, tranne due campeggi perché gli altri sono chiusi), ce la caviamo con 60 CAD totali e appena arriviamo in piazzola troviamo anche due cervi a brucare tranquillamente l’erba. E altri poco distanti, indisturbati!
Domani abbiamo in programma altri laghi. Ce ne sono talmente tanti in Canada. Si stima che in tutto siano circa 31 mila. Cioè, trentuno mila.
Si fa fatica anche a dirlo.
Giovedì 28 settembre - km 30635
Jasper National Park
Stamattina ci svegliamo con calma (ma prima delle 8 siamo comunque tutti in piedi!)... peccato che il meteo dia probabilità di pioggia 100% e infatti dopo 5 minuti inizia a piovere. Non ci lasciamo scoraggiare e raggiungiamo il Maligne Canyon sotto una pioggia battente e un cielo davvero scuro. Restiamo almeno mezz’ora nel parcheggio, sperando in un miracolo, ma alla fine decido di equipaggiarmi (almeno io!) e uscire per un sopralluogo. Bardata fino ai denti, con scarponi da trekking e quattro strati di vestiti più poncho da Teletubbies, ho capito che comunque vada tornerò inzuppata. Il sentiero, composto da sei ponti sulla gola che formano un anello circolare di circa 5 km, è abbastanza accessibile (ameno fino al quarto ponte, che comunque regala scorci fantastici), perlopiù in piano e pavimentato, ovviamente risente delle piogge e dei detriti che si depositano, e con una giornata come questa le pozzanghere sono immancabili. Ci sono diversi gradini abbastanza bassi, nel complesso è un percorso fattibile da chiunque non abbia troppi problemi e dolori alle ginocchia! Le atmosfere cupe che questa giornata regala solo quelle tanto gare alla tradizione dell’urban fantasy con vampiri e lupi mannari, la foresta riesce comunque a regalare degli scorci impagabili e le acque del fiume sono cristalline. Lungo il sentiero la pioggia si degna di rallentare un po’, e questo mi permette di apprezzare maggiormente l’itinerario, i muschi e i licheni, gli abeti che proteggono il Canyon in una cornice super suggestiva. La cosa magnifica di questo Canyon, che in parte differisce dagli altri, è che il fiume ha scavato dei cunicoli come quelli delle formiche sotto terra, che si riempiono d’acqua in estate. Insomma, c’è tutta una rete di stradine, dentro le rocce, perlopiù invisibili.
Jasper National Park
Stamattina ci svegliamo con calma (ma prima delle 8 siamo comunque tutti in piedi!)... peccato che il meteo dia probabilità di pioggia 100% e infatti dopo 5 minuti inizia a piovere. Non ci lasciamo scoraggiare e raggiungiamo il Maligne Canyon sotto una pioggia battente e un cielo davvero scuro. Restiamo almeno mezz’ora nel parcheggio, sperando in un miracolo, ma alla fine decido di equipaggiarmi (almeno io!) e uscire per un sopralluogo. Bardata fino ai denti, con scarponi da trekking e quattro strati di vestiti più poncho da Teletubbies, ho capito che comunque vada tornerò inzuppata. Il sentiero, composto da sei ponti sulla gola che formano un anello circolare di circa 5 km, è abbastanza accessibile (ameno fino al quarto ponte, che comunque regala scorci fantastici), perlopiù in piano e pavimentato, ovviamente risente delle piogge e dei detriti che si depositano, e con una giornata come questa le pozzanghere sono immancabili. Ci sono diversi gradini abbastanza bassi, nel complesso è un percorso fattibile da chiunque non abbia troppi problemi e dolori alle ginocchia! Le atmosfere cupe che questa giornata regala solo quelle tanto gare alla tradizione dell’urban fantasy con vampiri e lupi mannari, la foresta riesce comunque a regalare degli scorci impagabili e le acque del fiume sono cristalline. Lungo il sentiero la pioggia si degna di rallentare un po’, e questo mi permette di apprezzare maggiormente l’itinerario, i muschi e i licheni, gli abeti che proteggono il Canyon in una cornice super suggestiva. La cosa magnifica di questo Canyon, che in parte differisce dagli altri, è che il fiume ha scavato dei cunicoli come quelli delle formiche sotto terra, che si riempiono d’acqua in estate. Insomma, c’è tutta una rete di stradine, dentro le rocce, perlopiù invisibili.
Dopo aver attraversato un sentiero di fango ed essermi massacrata le scarpe, arrivo al quinto ponte e decido di tornare indietro attraverso una scorciatoia. Mai idea fu più bislacca: percorro l’ultimo tratto di 2 km completamente isolata in mezzo alla foresta, e mi rendo conto del perché le persone si fermino al secondo o terzo ponte. In effetti tutta la strada in più che ho fatto non era bella come quella iniziale.
Riesco a tornare al camper solo alle 11:30, sudata e sporca di fango che sembro una profuga. Ci dirigiamo verso Patricia Lake e ne approfittiamo per qualche foto perché non sta piovendo. Il lago prende il nome dalla principessa Patricia di Connaught, nipote della regina Vittoria ed è un tripudio di alberi gialli che si riflettono.
Poco più avanti, facciamouna bella capatina anche al Pyramid Lake. Molto grazioso e suggestivo il piccolo ponticello che conduce all’isolotto (Pyramid Island), incastonato negli alberi in veste autunnale. Le acque ferme riflettono la natura in modo talmente preciso da sembrare uno specchio o un effetto creato dai programmi di grafica: straordinario.
Mangiamo un piatto di spaghetti con vista su Pyramid Lake e poi, con calma, raggiungiamo il parcheggio della Valley of the Five Lakes verso le 15:30. Di nuovo il cielo sembra schiarito, quindi metto subito in moto i piedi per percorrere il sentiero di almeno 2,5 km. Sentiero non proprio agevole, completamente in mezzo alla foresta e un po’ dissestato ma tranquillo. Per fortuna un barlume di luce mi assiste e ci sono anche diversi altri escursionisti. Sarà che quest’ansia degli orsi mi fa stare fin troppo vigile, ma sembra che il sentiero non finisca mai. Rocce, fango, radici sporgenti, insomma non mi faccio mancare nulla! Raggiungo il Fifth Lake e scopro un incanto senza precedenti, almeno fino a questo momento.
No, non è vero: qualunque cosa io stia vedendo qui sembra pazzesca in realtà. Incontro una coppia di spagnoli che stanno viaggiando con il camper dall’America al Canada, mi chiedono una foto e mi fermo volentieri a scambiare quattro chiacchiere. Nel frattempo spunta un bel raggio di sole che porta via un po’ di nuvole residue, e i laghi diventano ancora più belli. Sembra incredibile che tanta bellezza possa essere racchiusa in un solo luogo. Riprendo la marcia e poco più avanti scopro anche il Fourth Lake (fantasia per i nomi 10 e lode!) attaccato al Third Lake, la cosa più simile che abbia visto finora al nostro Lago di Carezza. Il sentiero costeggia fieramente anche il Second Lake, per poi curvare in prossimità del First Lake, al quale dedico appena una foto giusto per la gloria, poiché non sembra raggiungere la bellezza dei suoi predecessori, o forse dipende solo dal cielo che si è rabbuiato. Mi affretto a percorrere ancora 1,5 km nella fitta vegetazione, e poi comincio rivedere forme di vita: sono ormai in prossimità del parcheggio. Torna al camper felice e con tantissime splendide foto. Di nuovo sudata e puzzolente. Una volta giunti al campground, smaltiamo le operazioni di pulizia personale alle belle docce (con un’acqua affatto calda!), benché asciugare i capelli col nostro phon da viaggio attaccato alla 110V canadese risulti un’impresa titanica, e ne approfittiamo pure per un mini bucato, che attaccheremo poi nel bagno del camper!
Venerdì 29 settembre - km 30698
da Jasper National Park a Banff National Park
Anche stamattina, guarda caso, piove. Alle 8.30 siamo pronti per partire verso Banff National Park, percorrendo una bellissima strada panoramica che, anche oggi, non vedremo causa tempo uggioso. Le previsioni non promettono niente di buono, a Banff dà persino pioggia e nevischio, e anche lungo la strada il cielo è talmente chiuso che le nuvole basse e la nebbia offuscano completamente le cime, lasciando scoperte solo le colline verdi. Peccato. Cose imparate in Canada: al mattino piove sempre.
Magari migliora nel corso della giornata!
I primi 150 km scorrono pigri, tranne per l’arrivo al valico a 1900 mt e la discesa che cerca di schiarire le montagne innevate. Il Mount Athabasca scopre una lingua di ghiaccio in mezzo alle nuvole, ma nulla più. Decidiamo comunque di fermarci al parcheggio del Columbia Icefield, ovvero il ghiacciaio più vicino alla strada. Un breve sentiero di poche centinaia di metri, ma tutto in salita, mi conduce proprio a un passo da ghiaccio eterno. Il vento freddo che sente da queste parti, tra l’altro, è dovuto proprio al ghiacciaio che fa l’effetto del condizionatore ad acqua: l’aria fredda infatti, essendo più densa e pesante dell’aria calda, scivola verso sud creando quello che viene chiamato vento cabatico, che (guarda caso!) in autunno diventa più forte. In effetti l’aria gelida taglia la faccia. Poco dopo, la nebbia si dirada un pochino e ci permette di ammirare le montagne che costeggiano la N-93 che serpeggia a fondo valle.
Ancora le betulle illuminano l’asfalto e, dritti davanti a noi, la corona montuosa fino a Saskatchewan River Crossing, dove rabbocchiamo appena il serbatoio. Poco più avanti, finalmente appare il sole a colorare tutti i profili delle montagne e del Waterfowl Lake. Una piccola deviazione al Peyto Lake (parcheggio affollatissimo!), un sentiero di circa 600 metri molto in salita ma accessibile poiché asfaltato... e all’improvviso lo stupore, di nuovo. Il perimetro del lago è una sottile striscia chiara completamente circondata di abeti, l’acqua è tanto turchese da sembrare colorata da un bambino con i pennarelli. Le montagne con le cime bianche non arrivano a riflettersi, ma sono il degno contorno di una cornice così pazzesca. da Jasper National Park a Banff National Park
Anche stamattina, guarda caso, piove. Alle 8.30 siamo pronti per partire verso Banff National Park, percorrendo una bellissima strada panoramica che, anche oggi, non vedremo causa tempo uggioso. Le previsioni non promettono niente di buono, a Banff dà persino pioggia e nevischio, e anche lungo la strada il cielo è talmente chiuso che le nuvole basse e la nebbia offuscano completamente le cime, lasciando scoperte solo le colline verdi. Peccato. Cose imparate in Canada: al mattino piove sempre.
Poco più avanti, sulle rive del Bow Lake, ci fermiamo a mangiare qualcosa mentre assistiamo a un pazzo che si tuffa nell’acqua gelida e orde di pellegrini asiatici scaricate dagli autobus turistici con la pala. Decisamente un luogo più inflazionato di altri, questo, forse perché è molto comodo da raggiungere.
Arriviamo alla cittadina di Lake Louise intorno alle 15:30 e faccio una ricognizione al Visitor Centre per capirci qualcosa: scopro così che siamo già all’interno del Parco nazionale di Banff e che è pieno zeppo di persone. Il ragazzo al desk è gentilissimo e mi dedica un sacco di tempo, con professionalità e competenza. Le cose che mi piacciono tanto. E insomma, scopro tra l'altro che c'è una sola navetta da 8 CAD a persona che porta al Lake Moraine, altrimenti irraggiungibile con mezzi propri, ma è al completo almeno fino a dopodomani. Dopo aver elucubrato, affranta, opto per un pass giornaliero di un solo giorno, considerando che domani le previsioni danno pioggia e neve esattamente come stamattina. Riusciamo intanto a raggiungere Lake Louise e anche a trovare parcheggio, ma il posto è un carnaio. Incasinato come il lago di Braies. Gente che manco a Ostia il giorno di Ferragosto, orde di asiatici in ogni dove. Ammetto che tra tutti i posti quieti visti in questi giorni, questo è proprio un cazzotto in un occhio. Azzurro e incastonato in una magnifica cornice, tanto più che è uscito un po' di sole che scalda l'aria, ma comunque cazzotto in un occhio. Ci metto quindi due minuti a decidere di prendere un itinerario meno battuto per raggiungere un bel vedere sul Lake Agnes. Nei circa 3,5 km di sentirsi sterrato incontro parecchie persone, il che da una parte mi fa ben sperare nell’assenza di orsi, ma dall’altra mi fa fortemente temere le frotte di gente all’arrivo. Sono a circa 1600 metri di quota, l’aria rarefatta mi stappa i polmoni. Attraverso la fitta vegetazione intravedo ancora il Lake Louise, decisamente più turchese e placido visto da quassù. Dopo 3 km particolarmente in salita, fattibili ma un po’ faticosi, tanto fango sotto le scarpe e sudore freddo, raggiungo dapprima il Mirror Lake, un minuscolo specchio d’acqua dove si riflette il Bee Hive, ovvero una graziosa piccola montagna a forma di panettoncino, e poco più avanti, finalmente ecco il Lake Agnes, altro bacino d’acqua completamente trasparente e meta ultima della giornata. Ci sono diverse persone, la vista è superlativa, e da qualsiasi punto sì guardi il lago, assume un colore diverso per via delle diverse colorazioni delle montagne circostanti. Di base, però, resta trasparente, sembra una sottile lastra di ghiaccio.
Riprendo il sentiero per tornare al camper, e quando arrivo al Lake Louise è decisamente meglio rispetto a prima. Il sole si è nascosto dietro il montagna, tutti i pellegrini sono tornati nei loro scatoloni e anche il colore dell’acqua è decisamente più bello riesco a tornare al camper in una quarantina di minuti, mettiamo benzina al prezzo più basso in assoluto, di 1,50 CAD, e ci dirigiamo verso il Tunnel Mountain Campground, un villaggio vero e proprio per quanto è grande.
La giornata finisce così, con la pioviggine in mezzo alla vegetazione boschiva dell’immenso campeggio e noi che battiamo i denti dal freddo.
Anche stasera si dorme sotto tre piumoni.
Sabato 30 settembre - km 31007
da Banff National Park a Calgary
Anche stamattina piove. Rassegnati, facciamo rifornimento di acqua al campeggio e poi scarichiamo alla dump station nei pressi della reception e dell’uscita. Insomma, ordinaria manutenzione. Raggiungiamo la cittadina di Banff, inaccessibile a livello di parcheggi per camper, e aspettando che schiarisca un po’ per decidere il da farsi andiamo al Bow Waterfalls lookout, il belvedere sulle cascate del fiume Bow che dà il nome all’omonimo lago che abbiamo visto ieri. Ci spostiamo poi al Jackson Lake, con un bel sentiero di vegetazione più autunnale rispetto ad altri, ma il tempo non ci aiuta e la nebbia resta bassa. Decidiamo un'ulteriore tappa al Two Jack Lake, temporeggiando in attesa che spiova. Mangiamo qualcosa, caffè, due chiacchiere, ma niente aiuta. Scendiamo sotto la pioggia per due foto al volo, fa freddo, la connessione non va. Ci spostiamo quindi al Lake Minnewanka, dove ci sono anche i battelli per le crocierine e un sentiero con un belvedere su un piccolo canyon nascosto. Decido di mettere in moto i piedi, in fondo si tratta solo di 1,5 km per raggiungere lo Stewart Canyon bridge , e nel frattempo passo degli scorci davvero graziosi. Vorrei essere incazzata con questo posto, con il fatto che piova di continuo e mi impedisca di apprezzare e vivere al meglio l'esperienza canadese, ma non ci riesco: da qualsiasi parte decida di guardarla, questa natura mi sbatte bellamente in faccia quanto sia figa e quanto io sia solo una nullità in confronto. La nebbia scende fitta e diventa sempre più bassa, la temperatura esterna sfiora appena i 3ºC. Meno male che ho messo una maglia tecnica e calzettoni più pesanti perché oggi è davvero freddo. Il sentiero si inerpica intorno a un crostone di rocce scura che sembra grafite, cammino di nuovo in mezzo a una fitta vegetazione che si affaccia sulle spiaggette del lago, che riesce a essere turchese nonostante il tempo di merda. Perché qualsiasi cosa abbia visto finora mi ha lasciato senza fiato? Forse perché, alla fine, la verità è una: la natura è sempre quanto di più vicino al paradiso (che ci si creda o meno) esista sulla terra. Arrivo nei pressi del ponte in poco più di 20 minuti, soste comprese; tornando indietro, sorprendo uno scoiattolo assai poco infastidito dalla mia presenza, e nel frattempo come se non bastasse inizia a nevicare. Ovviamente solo neve mista a pioggia, ma quel tanto che basta per farmi capire che il meteo ci aveva azzeccato. Rassegnata, torno al camper e decidiamo di uscire da Banff. Guidiamo in direzione Calgary lungo la TransCanada Hwy, la strada n.1 che attraversa la nazione da est a ovest. Ci fermiamo al Walmart a nord della città e facciamo rifornimento, poi decidiamo il piano d’azione per domani: optiamo per l’Heritage Park, il museo di storia locale con diversi padiglioni, locomotive, sale interattive di approfondimento, insomma una cosa in grande, aperto solo nei weekend (e quindi ci sembra un segno, dato che troviamo sempre musei chiusi la domenica!). Restiamo a dormire nel parcheggio del Walmart (in Canada ci si può stare overnight senza problemi), per cena una bella pizza in tre, un po’ di chiacchiere e finalmente internet. Unico inconveniente: un freddo terribile che nemmeno la stufa accesa riesce a tenere a bada.
L’influenza delle Montagne Rocciose arriva fino a valle.
da Banff National Park a Calgary
Anche stamattina piove. Rassegnati, facciamo rifornimento di acqua al campeggio e poi scarichiamo alla dump station nei pressi della reception e dell’uscita. Insomma, ordinaria manutenzione. Raggiungiamo la cittadina di Banff, inaccessibile a livello di parcheggi per camper, e aspettando che schiarisca un po’ per decidere il da farsi andiamo al Bow Waterfalls lookout, il belvedere sulle cascate del fiume Bow che dà il nome all’omonimo lago che abbiamo visto ieri. Ci spostiamo poi al Jackson Lake, con un bel sentiero di vegetazione più autunnale rispetto ad altri, ma il tempo non ci aiuta e la nebbia resta bassa. Decidiamo un'ulteriore tappa al Two Jack Lake, temporeggiando in attesa che spiova. Mangiamo qualcosa, caffè, due chiacchiere, ma niente aiuta. Scendiamo sotto la pioggia per due foto al volo, fa freddo, la connessione non va. Ci spostiamo quindi al Lake Minnewanka, dove ci sono anche i battelli per le crocierine e un sentiero con un belvedere su un piccolo canyon nascosto. Decido di mettere in moto i piedi, in fondo si tratta solo di 1,5 km per raggiungere lo Stewart Canyon bridge , e nel frattempo passo degli scorci davvero graziosi. Vorrei essere incazzata con questo posto, con il fatto che piova di continuo e mi impedisca di apprezzare e vivere al meglio l'esperienza canadese, ma non ci riesco: da qualsiasi parte decida di guardarla, questa natura mi sbatte bellamente in faccia quanto sia figa e quanto io sia solo una nullità in confronto. La nebbia scende fitta e diventa sempre più bassa, la temperatura esterna sfiora appena i 3ºC. Meno male che ho messo una maglia tecnica e calzettoni più pesanti perché oggi è davvero freddo. Il sentiero si inerpica intorno a un crostone di rocce scura che sembra grafite, cammino di nuovo in mezzo a una fitta vegetazione che si affaccia sulle spiaggette del lago, che riesce a essere turchese nonostante il tempo di merda. Perché qualsiasi cosa abbia visto finora mi ha lasciato senza fiato? Forse perché, alla fine, la verità è una: la natura è sempre quanto di più vicino al paradiso (che ci si creda o meno) esista sulla terra. Arrivo nei pressi del ponte in poco più di 20 minuti, soste comprese; tornando indietro, sorprendo uno scoiattolo assai poco infastidito dalla mia presenza, e nel frattempo come se non bastasse inizia a nevicare. Ovviamente solo neve mista a pioggia, ma quel tanto che basta per farmi capire che il meteo ci aveva azzeccato. Rassegnata, torno al camper e decidiamo di uscire da Banff. Guidiamo in direzione Calgary lungo la TransCanada Hwy, la strada n.1 che attraversa la nazione da est a ovest. Ci fermiamo al Walmart a nord della città e facciamo rifornimento, poi decidiamo il piano d’azione per domani: optiamo per l’Heritage Park, il museo di storia locale con diversi padiglioni, locomotive, sale interattive di approfondimento, insomma una cosa in grande, aperto solo nei weekend (e quindi ci sembra un segno, dato che troviamo sempre musei chiusi la domenica!). Restiamo a dormire nel parcheggio del Walmart (in Canada ci si può stare overnight senza problemi), per cena una bella pizza in tre, un po’ di chiacchiere e finalmente internet. Unico inconveniente: un freddo terribile che nemmeno la stufa accesa riesce a tenere a bada.
L’influenza delle Montagne Rocciose arriva fino a valle.
Domenica 1 ottobre- km 30172
da Calgary a Drumheller
da Calgary a Drumheller
La notte scorre tranquilla e silenziosa nel parcheggio, e stamattina facciamo un salto al vicino Dollarama (appena apre!) per poi dirigerci all’Heritage Park, il grande parco tematico che mostra la storia dell’ovest del Canada dal 1860 al 1950. Si prospetta una buona giornata anche se l’aria è fredda e la nebbia è sempre bassa. Nel frattempo, il prezzo della benzina è calato drasticamente e siamo arrivati a 1,42 CAD. Siamo ottimisti per i prossimi giorni quando dovremo fare rifornimento. Arriviamo a destinazione poco dopo le 10 e parcheggiamo agevolmente. A pochi passi, una perfetta riproduzione di un tram di inizio Novecento ci porta, sui binari, all’ingresso del sito, direttamente vicino alla replica della stazione di Calgary di fine Ottocento, con una bella panoramica su una piazza della regione di Alberta del 1930.
Paghiamo 35 CAD adulti e 27 CAD senior e ci avventuriamo subito al Gasoline Alley Museum, che ospita una delle più grandi collezioni pubbliche di veicoli antichi e pompe di benzina del mondo, perlopiù di foggia canadese e americana. Lo staff, vestito a tema, è pronto a fornire spiegazioni a chiunque ne voglia, e noi passiamo letteralmente un’ora a fotografare qualsiasi cosa. Questi padiglioni ci ricordano un po' quello strano museo gratuito che incontrammo nei pressi del Provo Lake durante il viaggio in USA.
Poco più avanti, la seconda stazione con i convogli fermi, dove ci comunicano ufficialmente che la locomotiva è rotta, quindi non potremo prendere il treno a vapore per fermarci nelle varie stazioni all’interno del parco. Prendiamo dunque la viuzza per raggiungere il centro città, con tutti gli edifici dell’epoca, compresi dentista, bakery, fabbro, e anche il municipio. Gironzoliamo un po’, entriamo negli edifici visitabili, poi prendiamo il bus di cortesia e torniamo all’ingresso, da dove riprendiamo il trattore che fa tutto il giro del parco attraverso 9 stop, così raggiungiamo anche le zone che non abbiamo visto! Torniamo con il tram al parcheggio, sono già le 15. Dopo mangiato ci addentriamo a Calgary per qualche foto ai grattacieli ma decidiamo di non fermarci per la visita, e raggiungiamo semplicemente Mt Pleasant Viewpoint, che offre una bella visione d’insieme sullo skyline della città.
Il tempo di perderci tra gli isolati del bel quartiere residenziale (con una vista del genere sono quasi sicura che la gente da queste parti non se la passi affatto male!), due foto al punto più panoramico e poi di nuovo invertiamo il senso di marcia per raggiungere Drumheller entro sera. Attraversiamo circa 100 km di praterie dorate, con bel un contrasto di nubi scure. Piano piano si scoprono le badlands e poco avanti il cartello di benvenuto ala città. Foto di rito doverosa, come doverosa la sosta al dinosauro più alto del mondo vicino al Visitor’s Centre, che con i suoi 26 metri di altezza si nota già dalla strada principale! Drumheller è una piccola cittadina dall’aria splendidamente autentica, seppur resa popolare dalle omonime badlands e, soprattutto, dal fatto che la zona ha fornito il maggior numero di reperti fossili e ossa di dinosauri del mondo. Pare infatti che questa fosse un’area particolarmente prolifera per questi enormi rettili. Ovviamente il Royal Tyller Museum, il museo di dinosauri più grande al mondo, è chiuso di lunedì. Decidiamo quindi di restare fino a martedì mattina per poterlo visitare, e intanto ci fermiamo da Walmart, incerti per l’overnight. Appena vediamo un altro camper già fermo, capiamo che dobbiamo fermarci perché è un segno! In tarda serata arriva anche un altro camperone.
Ormai siamo tranquilli.
Lunedì 2 ottobre- km 31352
Drumheller
Anche stanotte è trascorsa tranquilla, a parte un po’ di freddo neutralizzato dal triplo piumone. Verso le 8, con estrema calma, ci alziamo e ci mettiamo in moto. La mattinata è nebbiosa, ma confidiamo nel fatto che si diradi presto. Al Visitor Centre mi delucidano su qualche percorso di trekking, non molta roba, così decidiamo di mettere in moto il camper e intanto approfittare di un paio di punti di interesse. Iniziamo dalla Little Church, credo la più piccola chiesa del mondo, con "diecimila posti a sedere, 6 alla volta", come recita la targa. La chiesetta è un sito da visitare gratuitamente, gestito dalla Camera di commercio distrettuale: eretta in collaborazione con l'Associazione Ministeriale nel 1958, è stata anche ricostruita dai detenuti della Drumheller Institution nel 1991. Fu progettata come luogo di culto e meditazione e non solo come attrazione turistica. Addirittura, qui alcune coppie prenotano per matrimoni e altre cerimonie speciali!
Ci spostiamo poi al Royal Tyrrel Museum, chiuso ma con diverse persone venute per ammirare il lookout e per passeggiare lungo il sentiero interpretativo delle badlands.
Queste formazioni rocciose si suppone che risalgano a 72 milioni di anni fa, quando il clima di Alberta era subtropicale e i dinosauri popolavano la zona proprio in virtù del clima favorevole alla vita. Lungo il percorso è ancora possibile trovare dei fossili (che ovviamente andrebbero lasciati al loro posto e segnalati agli enti di competenza), e sicuramente tanti altri sono nascosti sotto gli strati di roccia. Dopo 50 metri, per allontanarmi dal caos degli asiatici che sono più chiassosi degli italiani, abbandono il sentiero interpretativo per una stradina asfaltata con un panorama magnifico. Suddetta stradina percorrerebbe un anello, ma sbuca sulla strada lontana dal museo, e di certo mi ci vorrebbe un bel po’ per tornare al camper, quindi ne percorro circa la metà e torno indietro per riprendere il sentiero interpretativo, una sorta di “fondo valle” tra le badlands.
Ogni strato di queste rocce mostra un’era geologica. I depositi sabbiosi hanno la colorazione più bianca, quello che è stato depositato dalle inondazioni e dal fango appare marroncino, mentre il materiale vegetale decomposto forma le strisce più scure. Un bel percorso, semplice ed istruttivo. Nel giro di un’oretta torno al camper e ci spostiamo verso il suspension bridge ormai chiuso per problemi strutturali, ma con un parco attorno e un paio di punti di osservazione. Ci fermiamo per pranzo agli Hoodoos, i graziosi pinnacoli delle badlands, con breve percorso annesso, nel quale mi lancio dopo pranzo. Per fortuna è uscito un po’ di sole, quindi i colori sono resi più vividi. Il sito è molto grazioso, e anche il paesaggio.
Peccato per la solita inciviltà della gente che si arrampica sulle formazioni rocciose, benché non siano recintate. Sono sconfortata, e indecisa se sia peggio la ragazza con la gonna lunga e lo spacco, la coppia con le Birkenstock e il calzino, o i genitori con il bambino di 5 anni arrampicati più in alto. Incontriamo una simpatica coppia di canadesi provenienti da Calgary per una gita fuori porta, ci chiedono la nostra provenienza, e anche loro sono entusiasti di sapere che siamo italiani in procinto di attraversare il Canada, approvando il bell'itinerario che abbiamo ancora davanti a noi. Ci spostiamo poi alla Atlas Coal mine, sito storico nazionale dal 2002. Si tratta di una miniera di carbone inattiva, che è stata operativa dagli anni Trenta al 1979. Considerata la miniera di carbone storica più completa del Canada, ospita l'ultima miniera con struttura in legno ancora in piedi del paese, nonché la più grande ancora esistente nel Nord America. Ovviamente è chiusa, ma vale la pena passare lungo lo stradello che la costeggia per rendersi conto di cosa realmente sia. In fondo al sentiero c'è anche il vecchio ponte ferroviario ormai in disuso, usato dai minatori per portare il materiale estratto dall'altro lato del fiume. Abbiamo ancora un po' di luce, quindi percorriamo altri chilometri verso l’Horseshoe Canyon. Il viewpoint è circondato da un bellissimo parco, che a saperlo avremmo potuto tranquillamente farci il picnic oggi. Due belle terrazze panoramiche permettono una vista magnifica su quello che, dalla strada principale, non ci si aspetterebbe mai di trovarsi di fronte: una sorta di “buco di badlands”! Queste rocce sono un paio di milioni di anni più giovani delle rocce della valle di Drumheller, e questa apparentemente lieve differenza di età ha permesso di stabilire come i dinosauri e tantissime altre forme di vita siano soggette al cambiamento climatico, infatti in quest’area sono stati trovati pochissimi resti e fossili.
Cincischiamo con un po’ di foto e poi ci riavviamo verso Walmart per la seconda notte. Neanche a farlo apposta, ritroviamo lo stesso camper di ieri sera, nella stessa posizione! Probabilmente ha pianificato l’itinerario come noi e domani ce lo ritroveremo al museo dei dinosauri!
Dopo cena, tra le chiacchiere, arriva anche un altro camper. Insomma, nonostante il poco affollamento cittadino sembra che il Walmart locale riscuota consensi. Verso le 22 inizia anche a piovigginare, ma devo ammettere che non fa freddo.
Finalmente stanotte dormo con un solo piumone.Martedì 3 ottobre- km 31461
da Drumheller a Kindersley
Come da programma, stamattina abbiamo il Royal Tyller Museum. Abbiamo dormito serenamente e raggi di sole ci schiaffeggiano già dalle 7 del mattino! Abbiamo un’oretta spiccia prima che il museo apra, quindi facciamo scarico/carico presso una dump station di un distributore di benzina che tra l’altro ha carburante a un ottimo prezzo, quindi ne approfittiamo pure per fare il pieno. La benzinaia tra l’altro è molto simpatica! Entriamo al museo che sono quasi le 11, e subito ci perdiamo nei meandri di un bellissimo percorso attraverso le ere geologiche, curato e organizzato. I dinosauri, i resti, gli scheletri, bisogna ammetterlo, sono davvero brutti, ma nel complesso lo studio della geologia e della paleontologia è molto affascinante!
Usciamo alle 13.30 abbondanti, mangiamo qualcosina e ci mettiamo in marcia. Fuori Drumheller, deviamo dopo una manciata di chilometri sulla Alberta Est, la n.9, che ci porta fino a Kindersley, meta ultima della nostra giornata, a circa metà strada per Regina. Attraversiamo 250 chilometri di praterie quasi disabitate e il confine di stato di Saskatchewan, il babbo guida per tutto il pomeriggio. Alle 19 circa ci fermiamo anche stanotte al Walmart cittadino (presente nonostante i 5 mila abitanti). Contro ogni pronostico, dopo aver smesso di vedere camper, ne ritroviamo uno proprio nel parcheggio del supermercato: è un segno!
Troviamo anche una connessione free del vicino distributore di benzina Co-op, un po' fluttuante, e finalmente stacchiamo i nostri dati cellulari.
La giornata può finire qui.
Mercoledì 4 ottobre - km 31759
da Kindersley a Indian Head
Oggi tappa di trasferimento per Regina: l’obiettivo del giorno è il negozio di RV repair perché abbiamo notato una piccola perdita dalla valvola di scarico. Abbiamo contattato un paio di giorni fa l’assistenza di CruiseAmerica al “quartiere generale” per sapere come muoverci e ci hanno detto che era sufficiente cercare un rivenditore e riparazione camper e pagheranno poi loro l’eventuale spesa. Prima di partire, però, ricarichiamo la bombola di propano (benché ne abbiamo ancora almeno un terzo) al Co-op a lato di Walmart, ce la caviamo con 23 CAD e siamo a posto per altre due settimane buone. Nulla da segnalare lungo la strada, giochiamo a nomi/cose/città sgranocchiando patatine, ci fermiamo solo a Davidson in prossimità della Big Coffe pot and cup, un’installazione vista per caso dalla strada, troppo carina per non fermarsi a fare una foto. Il posto tra l’altro è grazioso, a ridosso di un motel e circondato da un giardinetto verde con un bel gazebo e tavolini per pic-nic. Ci fermiamo per pranzo quasi a bordo strada, tra i campi dorati che sembrano giugno, e verso le 15 arriviamo all’officina di riparazione e incontriamo Ray, il proprietario, che ci presta aiuto in modo estremamente cordiale. Ci spiega che probabilmente il nostro problema con le valvole dipende soltanto da qualche pezzo di carta incastrato, ci suggerisce una pulizia accurata e di fare la “prova di perdita” con dell’acqua pulita. Ci avvisa comunque che nessuno ci farà la multa per questo, e comunque ci suggerisce quasi di lasciar perdere, dal momento che il mezzo non è il nostro... della serie, “lasciate che se ne occupi quello dopo di voi e non stressatevi la vacanza”! Ringraziamo e usciamo dall’officina con un biglietto da visita magnetico, ma poco oltre ci becchiamo una passata di grandine. A questo punto, tardi per essere presto e presto per essere tardi, ci fermeremmo al Walmart cittadino anche stanotte poiché lungo la TransCanada Hwy non sembra ci siano molte zone popolate, ma purtroppo il cartello NO OVERNIGHT ci scoraggia e ci dirigiamo verso il Creekside Parking & RV Park, a circa 50 km a est di Regina, ma i 50 CAD richiesti ci fanno desistere. Il posto sembra grazioso, ma non c’è nemmeno una reception, si paga in autonomia e non si sa nemmeno se sia full hookups perché nessun cartello lo indica. Riprendiamo la Hwy 1 con il sole basso sull’orizzonte, raggiungiamo la località di Indian Head sperando di sostare all’Indian Head Campground ma è chiuso. Alla fine, esausti, arriviamo al PetroCanada poco distante, e chiediamo la possibilità di sistemarci nell’adiacente parcheggio in ghiaia. Accordatoci l’overnight senza problemi, passare la serata a giocare a nomi/cose/città, che sarà il nostro nuovo passatempo.
Giovedì 5 ottobre - km 32249
da Indian Head a Portage La Prairie
La notte è scorsa via tranquilla, se non fosse per i treni chilometrici e super rumorosi. Stamattina tira un gran vento e la temperatura è abbastanza bassa, ma con la nostra potente stufetta riusciamo a mantenere il microclima. Mettiamo benzina a 1,60 CAD (i prezzi stanno risalendo!) e alle 9 siamo già in viaggio. Lungo la strada il paesaggio è lievemente meno piatto rispetto a ieri, ritornano le betulle vestite d’autunno e alcuni appezzamenti di cespugli variopinti. Peccato che il tempo non ci assista e sia nuvoloso e piovigginoso tutto il tempo. Arriviamo al confine di provincia con Manitoba alle 11, che però diventano le 12 per il cambio di fuso orario. E abbiamo perso un'altra ora! Da lì ancora un po’ di strada ci porta a Brandon per un paio di stop: nei pressi del popolare Lady of the Lake, negozio di artigianato e ceramiche e anche area food, c’è un instagrammabile pick-up foderato di tessere di mosaico e ceramiche che lo fanno sembrare un’opera di Gaudì! Una vera chicca. Le foto sono d'obbligo, e non me ne pento assolutamente.
Winnipeg è una città da circa mezzo milione di abitanti, all’apparenza molto curata. È pur vero che non visitiamo molto altro che qualche zona del centro, ma nonostante il traffico ci dà l’impressione di essere una città con molto “respiro”. Una delicata skyline di pochi grattacieli e qualche edificio che mescola modernità e Ottocento, diverse zone verdi, tra cui la più famosa sicuramente il Peace Park, dove le First Nations si incontrarono circa 500 anni fa per raggiungere un accordo di pace. Ci addentriamo nel parco pieno di scoiattoli, piante e fiori ben tenuti, non mancano le foto alla scritta WINNIPEG. Winnipeg sembra una città molto attenta all’integrazione in realtà, all’uguaglianza tra i popoli e alla pace. Non a caso, il suo edificio più rappresentativo probabilmente è proprio il Canadian Museum for Human Rights. Percorriamo Esplanade Riel, il ponte pedonale sul fiume, con un ristorante a sbalzo, l’unico in Nord America. Io non amo particolarmente i ponti strallati, a differenza di mia mamma, eppure con questa luce merita sicuramente un passaggio. Il sole che tramonta alle nostre spalle, e finalmente tinge un pochino di colore questo cielo schiarito per questo pomeriggio. Da qui, la delicata skyline non invasiva di Winnipeg ci appare tutta in una foto.
Mercoledì 4 ottobre - km 31759
da Kindersley a Indian Head
Oggi tappa di trasferimento per Regina: l’obiettivo del giorno è il negozio di RV repair perché abbiamo notato una piccola perdita dalla valvola di scarico. Abbiamo contattato un paio di giorni fa l’assistenza di CruiseAmerica al “quartiere generale” per sapere come muoverci e ci hanno detto che era sufficiente cercare un rivenditore e riparazione camper e pagheranno poi loro l’eventuale spesa. Prima di partire, però, ricarichiamo la bombola di propano (benché ne abbiamo ancora almeno un terzo) al Co-op a lato di Walmart, ce la caviamo con 23 CAD e siamo a posto per altre due settimane buone. Nulla da segnalare lungo la strada, giochiamo a nomi/cose/città sgranocchiando patatine, ci fermiamo solo a Davidson in prossimità della Big Coffe pot and cup, un’installazione vista per caso dalla strada, troppo carina per non fermarsi a fare una foto. Il posto tra l’altro è grazioso, a ridosso di un motel e circondato da un giardinetto verde con un bel gazebo e tavolini per pic-nic. Ci fermiamo per pranzo quasi a bordo strada, tra i campi dorati che sembrano giugno, e verso le 15 arriviamo all’officina di riparazione e incontriamo Ray, il proprietario, che ci presta aiuto in modo estremamente cordiale. Ci spiega che probabilmente il nostro problema con le valvole dipende soltanto da qualche pezzo di carta incastrato, ci suggerisce una pulizia accurata e di fare la “prova di perdita” con dell’acqua pulita. Ci avvisa comunque che nessuno ci farà la multa per questo, e comunque ci suggerisce quasi di lasciar perdere, dal momento che il mezzo non è il nostro... della serie, “lasciate che se ne occupi quello dopo di voi e non stressatevi la vacanza”! Ringraziamo e usciamo dall’officina con un biglietto da visita magnetico, ma poco oltre ci becchiamo una passata di grandine. A questo punto, tardi per essere presto e presto per essere tardi, ci fermeremmo al Walmart cittadino anche stanotte poiché lungo la TransCanada Hwy non sembra ci siano molte zone popolate, ma purtroppo il cartello NO OVERNIGHT ci scoraggia e ci dirigiamo verso il Creekside Parking & RV Park, a circa 50 km a est di Regina, ma i 50 CAD richiesti ci fanno desistere. Il posto sembra grazioso, ma non c’è nemmeno una reception, si paga in autonomia e non si sa nemmeno se sia full hookups perché nessun cartello lo indica. Riprendiamo la Hwy 1 con il sole basso sull’orizzonte, raggiungiamo la località di Indian Head sperando di sostare all’Indian Head Campground ma è chiuso. Alla fine, esausti, arriviamo al PetroCanada poco distante, e chiediamo la possibilità di sistemarci nell’adiacente parcheggio in ghiaia. Accordatoci l’overnight senza problemi, passare la serata a giocare a nomi/cose/città, che sarà il nostro nuovo passatempo.
Giovedì 5 ottobre - km 32249
da Indian Head a Portage La Prairie
La notte è scorsa via tranquilla, se non fosse per i treni chilometrici e super rumorosi. Stamattina tira un gran vento e la temperatura è abbastanza bassa, ma con la nostra potente stufetta riusciamo a mantenere il microclima. Mettiamo benzina a 1,60 CAD (i prezzi stanno risalendo!) e alle 9 siamo già in viaggio. Lungo la strada il paesaggio è lievemente meno piatto rispetto a ieri, ritornano le betulle vestite d’autunno e alcuni appezzamenti di cespugli variopinti. Peccato che il tempo non ci assista e sia nuvoloso e piovigginoso tutto il tempo. Arriviamo al confine di provincia con Manitoba alle 11, che però diventano le 12 per il cambio di fuso orario. E abbiamo perso un'altra ora! Da lì ancora un po’ di strada ci porta a Brandon per un paio di stop: nei pressi del popolare Lady of the Lake, negozio di artigianato e ceramiche e anche area food, c’è un instagrammabile pick-up foderato di tessere di mosaico e ceramiche che lo fanno sembrare un’opera di Gaudì! Una vera chicca. Le foto sono d'obbligo, e non me ne pento assolutamente.
Ci fermiamo poi al Walmart cittadino per pranzo, dopodiché acquistiamo pane e latte che ci mancano... e anche un pacco di fogli per giocare a nomi/cose/città! Nel frattempo ha smesso di piovere e il cielo solo nuvoloso ci assiste per circa 100 chilometri, fin quasi all’arrivo a Portage la Prairie, dove poi ricomincia il diluvio e abbandoniamo l’idea della dump station, sperando nella clemenza di domattina. Sono le 18.30, e con l’ultimo barlume di luce arriviamo a scattare due foto alla Largest Coca-Cola can, la lattina di Coca Cola più grande del mondo, davvero iconica. Non troviamo comunque informazioni, tranne una blanda geolocalizzazione su Google Maps.
Ancora una volta ci fermiamo da Walmart per la notte.
Grazie fuso orario che anche oggi c’hai fregato un’ora!
Venerdì 6 ottobre - km 32702
da Portage La Prairie a Winnipeg
Stamattina, dopo una nottata tra treni merci lunghi sei chilometri, pioggia e raffiche di vento a 40 km/h, piove a dirotto peggio del solito. Talmente tanto che, contro ogni pronostico di svegliarci presto e recuperare tempo alla dump station locale, alle 8 siamo ancora a letto. È pur vero che, durante la colazione, improvvisamente smette di piovere ed esce il sole. Chi pensa che le donne siano instabili, comunque, dovrebbe vedere il tempo in Canada! Nonostante il vento, riusciamo a scaricare i serbatoi alla dump station di Island Park, semplice ed efficace, e a ricaricare l’acqua potabile.
Due passi con un vento gelido che taglia la faccia, verso il grazioso mulino a vento restaurato e di seguito all’aeroplano del 1966 donato alla città, poi torniamo in fretta al camper. Fermi al passaggio a livello subito fuori da Portage La Prairie, aspettiamo circa 120 vagoni ferroviari che passano con flemma degna di un bradipo, e poi prendiamo la TransCanada Hwy verso Winnipeg.
Arriviamo nei pressi di Prairie Dog Railway, un sito (scoperto ieri per caso) con treno turistico a vapore. Ovviamente è tutto chiuso, non sappiamo esattamente cosa aspettarci, ma un simpatico omino dai capelli bianchi e i baffi ci viene incontro scendendo dal pick-up, e ci spiega che il treno opera fino a fine settembre e per Halloween. Si offre comunque di accompagnarci dentro il magazzino per mostrarci un paio di locomotive, con immensa gioia del babbo, che interagisce con le sue quattro parole in inglese. Anche la biglietteria è molto carina, ricavata nella vecchia stazione ferroviaria restaurata proprio per per il treno turistico. Dave, l’omino, ha lavorato come ferroviere 45 anni, e adesso che è in pensione ha trovato il sistema di continuare a fare quello che gli piace, un po’ per lavoro e un po’ per volontariato, guidando la locomotiva di questo treno turistico. Ci dice che da queste parti non ha mai piovuto così tanto, e che il tempo dovrebbe migliorare, che in Ontario sarà bellissimo. Speriamo, penso io! Salutiamo, ringraziamo mille volte ed entriamo in città. Ci piazziamo in un parcheggio defilato e mangiamo qualcosina. Nel frattempo smette di piovere e calma appena il vento, ma certo non ci aspettavamo comunque pure un raggetto di sole tra i nuvoloni pesanti! Ci spostiamo al Waterfront Drive Parking, proprio a ridosso del Canadian Museum of the Human Rights, e paghiamo 3 ore di parcheggio alla conveniente tariffa di 1 CAD l’ora (ma con la carta, mortaccisua) e mettiamo in moto i piedi, nonostante il vento freddo. La nostra visita parte da The Forks, il mercato coperto giusto vicino a un vagone ferroviario poco distante dalla stazione e riconvertito in negozio di vendita e riparazione di biciclette. Gli odori di spezie e cannella nella galleria del market si uniscono a quelli del pane e del fish and chips, un vociare di gente con belle porzioni di cibo alle 17.30, che è difficile da capire se si tratti di merenda o cena. Negozio di artigianato, addobbi di Halloween ovunque. Molto pittoresco ma, nel complesso, ordinatissimo. Ed economicamente inavvicinabile!
Winnipeg è una città da circa mezzo milione di abitanti, all’apparenza molto curata. È pur vero che non visitiamo molto altro che qualche zona del centro, ma nonostante il traffico ci dà l’impressione di essere una città con molto “respiro”. Una delicata skyline di pochi grattacieli e qualche edificio che mescola modernità e Ottocento, diverse zone verdi, tra cui la più famosa sicuramente il Peace Park, dove le First Nations si incontrarono circa 500 anni fa per raggiungere un accordo di pace. Ci addentriamo nel parco pieno di scoiattoli, piante e fiori ben tenuti, non mancano le foto alla scritta WINNIPEG. Winnipeg sembra una città molto attenta all’integrazione in realtà, all’uguaglianza tra i popoli e alla pace. Non a caso, il suo edificio più rappresentativo probabilmente è proprio il Canadian Museum for Human Rights. Percorriamo Esplanade Riel, il ponte pedonale sul fiume, con un ristorante a sbalzo, l’unico in Nord America. Io non amo particolarmente i ponti strallati, a differenza di mia mamma, eppure con questa luce merita sicuramente un passaggio. Il sole che tramonta alle nostre spalle, e finalmente tinge un pochino di colore questo cielo schiarito per questo pomeriggio. Da qui, la delicata skyline non invasiva di Winnipeg ci appare tutta in una foto.
Raggiungiamo la Chiesa di Saint Boniface, particolare nel suo timpano senza tetto. Questa era la principale chiesa dell’arcidiocesi romana cattolica di San Bonifacio. Nel 1968 fu distrutta da un incendio e passò da allora a basilica minore. Torniamo indietro che il sole sta calando e ci lascia giusto il tempo di tornare al camper. Anche stanotte uno dei Walmart della città ci alberga, benché rimanga molto vuoto di notte: nemmeno un camper, stavolta, a farci compagnia!
Dopo una cena leggera con tè caldo d biscotti, facciamo il punto della situazione fino a fine mese per essere sicuro di non lasciare fuori nessun punto d’interesse rispetto all’itinerario, poi partitina a nomi/cose/città e finalmente nanna.
Sabato 7 ottobre- km 32826
da Winnipeg a Vermillion Bay
Stamattina un bel raggio di sole ha provato ad affacciarsi all’alba sul parcheggio di Walmart, ma ci ha subito ripensato. La mattinata diventa infatti nuvolosa e abbastanza fresca, un simil tardo novembre. Meno male che almeno non sembra voler piovere! Lasciamo il parcheggio del Walmart per dirigerci a Waterfront Drive Parking, lo stesso parcheggio di ieri giusto in centro. Il nostro tour inizia da Union Central, la stazione ferroviaria. Niente di trascendentale in effetti, ma alcune belle plance che raccontano la costruzione di inizio Novecento. Un giro attorno al Fort Garry, con l’hotel la cui leggenda narra sia infestato di fantasmi e un grosso condominio in un edificio di fine Ottocento. Alle 10.30 siamo pronti a lasciarci Winnipeg alle spalle e riprendere la marcia verso l’Ontario.
Il babbo guida tutta la mattina senza grosse novità da segnalare, finché non ci fermiamo per pranzo subito fuori dalla Hwy 1 in prossimità di Hawk Lake. C’è un parcheggio da cui parte un trail che sembrerebbe molto bello e costeggia un piccolo lago nascosto, Hunt Lake. Questo sentierino stretto stretto, dal fondo per fortuna non troppo bagnato, conduce fino a un belvedere abbastanza distante. Segnalato come uno dei più difficili trail di questa zona, in realtà con un po’ di attenzione si affronta anche con le scarpe da ginnastica. Almeno il primo tratto, che è quello che mi interessa, perché già scopre le rive del lago. Poco più avanti, il sentiero diventa molto impervio, e soprattutto è abbastanza lungo. Non ho messo le scarpe buone e quindi preferisco tornare indietro per mangiare qualcosa con i miei: avremo sicuramente tantissimi itinerari anche nella zona delle cascate. Dopo pranzo superiamo il confine di regione... ma l’ora non cambia. Costeggiamo diversi bacini lacustri e arriviamo a Kenora, sghignazzante paesino in mezzo agli strappi di terreno che hanno generato laghi e laghetti, per due foto al pescione Huskie the Muskie (brutto ma simpatico!), poi navighiamo a vista nella sorprendente veste autunnale dell’Ontario. Laghi di ogni forma, nome e grandezza appaiono sotto un cielo di nuovo grigio.
Arriviamo al Jerlin RV Park a Vermillion Bay con una ruota a bassa pressione intorno alle 18.20. Linda, la proprietaria del campeggio insieme al marito, al figlio e alla nuora, è un personaggione: sembra un’italiana per la verve che ha, e quando scopre che veniamo dall’Italia le si illuminano gli occhi! Benché il padiglione dei bagni non sia funzionante perché l’acqua è stata chiusa, alla fine ci dispiace andare via e quindi restiamo. La serata trascorre con il nostro nuovo passatempo, ma verso le 22:30 il babbo controlla la pressione della gomma sul Cruise control: è scesa ancora, ergo è bucata.
Domattina ci penseremo.
Domenica 8 ottobre - km 33168
da Vermillion Bay a Kakabeka Falls
Stamattina a mente fresca tentiamo di contattare qualcuno alla reception (quantomeno per farci prestare un compressore) ma senza risultato. Chiamiamo dunque di nuovo l’assistenza di CruiseAmerica e spieghiamo il problema. Sappiamo già che l’unico negozio che può aiutarci è un Canadian Tire a 40 km da dove siamo, aperto anche la domenica: la tipa dell’assistenza clienti al telefono ci ripete che possiamo comunque raggiungerlo con una gomma a terra, dato che sull’asse posteriore le ruote (gemellate e separate abbastanza tra loro) sono fatte per supportare una foratura in emergenza. Insomma, l’unica cosa che volevamo evitare diventa l’unica soluzione. A 35 km/h raggiungiamo prima un PR Gas per mettere benzina a un prezzo conveniente (chiediamo un compressore, ma becchiamo l’unico distributore che ne è sprovvisto), nonostante sia un luogo molto sui generis: una specie di piazzetta sterrata e qualche piccolo padiglione in legno attorno, con un bombolone bianco centrale talmente curioso che credevamo fosse gas. Arriviamo finalmente da Canadian Tire dopo quasi due ore da quando siamo partiti, e il verdetto peggiore che potessimo aspettarci è che oggi sono pieni e non hanno tempo di sistemare la gomma, e domani è la Festa del Ringraziamento canadese, ergo sarà tutto chiuso. Nonostante l’addetto cerchi in tutti i modi di venirci incontro, purtroppo non ne caviamo nulla. Ci dice che, se siamo fortunati, qualcuno può disdire nel pomeriggio e si rimedierebbe uno spazio, ma non c’è nessuna garanzia. Siamo, insomma, in una sorta di lista d’attesa. L’alternativa è martedì, il che significa che comunque siamo bloccati in un paesino senza grossi punti d’interesse né nulla da fare. Proviamo a prenotare la riparazione per martedì, ma dopo poco ci comunicano che anche martedì è tutto pieno. A questo punto l’unica alternativa sembra essere gonfiare le gomme e tentare di avvicinarsi alla meta di arrivo, poiché perdere tre giorni qui è fuori discussione: speriamo quindi in qualche officina lungo la strada o qualche distributore di benzina aperto domani che possa dare un’ulteriore gonfiata alle gomme per farci raggiungere Thunder Bay, a 350 km. Il pomeriggio al cardiopalma prosegue fino Upsala, dove arriviamo a un distributore di benzina che sta chiudendo e chiedo info per un compressore. Mi dice che non lo ha, ma il distributore 25 km più avanti dovrebbe averlo. Vorremmo fermarci al campeggio poco distante ma è chiuso pure quello. Questa giornata mi sa che non finirà per adesso. Raggiungiamo dunque il Fill & Chill Punjab Restaurant (un diner con annesso truck stop) e proviamo a chiedere ai gentilissimi ragazzi dello shop se possono aiutarci, ma nonostante gli sforzi non riescono a prestare soccorso perché il loro piccolo compressore a 12V non è abbastanza potente.
Per fortuna nel piazzale ci sono diversi camion, e le conoscenze tecniche del babbo ci portano a pensare che forse qualcuno possa aiutarci. Dopo un paio di tentativi troviamo infatti un camion con a bordo due giovanotti indiani dall’aria simpatica e rassicurante. Spieghiamo il problema, e in men che non si dica ci spiegano che possono gonfiare la nostra gomma direttamente con l’aria compressa del sistema frenante del loro camion. Non ci sembra vero! Scopriamo tra l’altro che uno dei due ragazzi ha vissuto a Parma per almeno 10 anni, infatti parla molto bene italiano ed è così curioso sentir parlare la nostra lingua così lontano da casa! Anche l’altro ragazzo, gentilissimo, è molto cordiale: nonostante il loro veicolo sia guasto, nel giro di cinque minuti riescono a ripristinare la nostra ruota e siamo liberi di ripartire, non prima di averli ringraziati mille volte. Questa parte della giornata è stata davvero epica: non avremmo dato un soldo di fiducia a questo ristorantino indiano a lato dell’autostrada in mezzo a chilometri di nulla, invece non solo abbiamo trovato un estrema cordialità da parte dei gestori, ma anche l’aiuto che ci serviva per arrivare abbastanza agevolmente a destinazione. Percorriamo Infatti gli 80 km che ci mancano per arrivare a Kakabeka Falls, compreso il rapido stop al pannello che indica il cambio di fuso orario.
Arriviamo alle 21.30 passate al Whispering Hills Campground: sono state rarissime volte in cui abbiamo guidato con il buio di notte, ma stavolta era necessario. Benché domani sia tutto chiuso per la festa di ringraziamento cretese, siamo molto vicini a Thunder Bay, quindi speriamo che martedì qualcuno possa darci udienza e ripararci direttamente la gomma. Subito dopo cena esco per alcune foto. Finalmente quel buio tanto caro, come quello nei parchi nazionali americani. Fa freddissimo, proprio come quella notte a Yellowstone. Ci sono tantissime stelle in cielo, la natura intorno a me è costituita da sottilissime betulle e pini e un silenzio irreale e pacifico mi accompagna nei miei 20 minuti. Poi rientro, partitina di rito e tutti a nanna. Anche se è già l’1.30.
Lunedì 9 ottobre - km 33544
Lunedì 9 ottobre - km 33544
da Kakabeka Falls a Thunder Bay
La mattinata diventa inaspettatamente molto produttiva. Con la luce del giorno finalmente riusciamo a trovare il padiglione delle docce, così ne approfittiamo per lavarci i capelli come si deve. Ovviamente, sono presenti anche delle prese di corrente per attaccare phon e piastra, e torniamo a essere cristiani normali! Smaltiamo poi le operazioni di scarico e carico come sempre e ci dirigiamo al parcheggio poco lontano, da cui si ammirano le Kakabeka Falls: quanta potenza! Tutto sommato una splendida cornice, nonostante il freddo e il tentativo di nevischio. Benché la gomma sia a terra, decidiamo comunque di raggiungere Thunder Bay e ammortizzare questa giornata in cui il popolo canadese è praticamente fermo per la festa del ringraziamento. Sembra davvero una città fantasma: nonostante le 110.000 persone, in giro ci sono pochissime macchine, sono passeggio: si vede che sono tutti quanti riuniti intorno al tavolo e in famiglia. Ci fermiamo nel parcheggio di un Walmart ovviamente chiuso, mangiamo qualcosa, facciamo una chiamata al brother a casa Ci facciamo un giro in camper. Praticamente il pomeriggio è dedicato a girare più o meno a cazzo di cane lungo le vie principali a 30 km/h cercando murales dipinti sugli edifici, per darci l’effimera sensazione di non buttare via completamente una giornata. Passiamo tre quarti d’ora e l’attesa di un treno al passaggio a livello, con i suoi 300 vagoni. Alla fine riusciamo a raggiungere le 18:30, torniamo da Walmart dove ci fermiamo per la notte, chiacchiere, cena, partita e nanna. Domani vorremmo cercare di raggiungere il gommista il prima possibile appena apre.
Martedì 10 ottobre - km 33603
da Thunder Bay a Nipigon
Stamattina alle 8 siamo già pronti per arrivare da Mr. Lube & Tires, il gommista vicinissimo al Walmart. Prima ci dice di aspettare in fila, poi ci dice che i serbatoi dell’acqua dovrebbero essere vuoti perché altrimenti il crick non riesce a sollevare il camper. Seriously?... Vuoi dirmi che su 8 tonnellate sono i 200 chili d’acqua a fare la differenza?!
Vabbè ciao.
Andiamo da un Canadian Tire (che volevamo evitare!) sempre lì vicino, e un operaio al box ci dice che non possono riparare la gomma, a meno che non la smontiamo noi, perché il camper non entra in officina e loro non possono lavorare sul piazzale. E ci sta pure come giustificazione. Mi dà però il riferimento di un rivenditore di roulotte in fondo alla strada, dove arriviamo in men che non si dica, ma la cortese impiegata mi dice che non possono fare nulla. Per venirmi incontro, però, chiama per me un altro grosso gommista, Fountain Tire, e spiega la situazione, che io continuo a ripetere a tutti quelli con cui parlo. E quello non solo ha la gomma nuova qualora ci sia necessità di sostituirla, ma pare abbia anche posto per noi! In pochi minuti raggiungiamo dunque il piazzale di Fountain Tire e cerchiamo Jeff. Ci assiste praticamente subito e porta il camper in officina. Nel giro di un’ora e mezza finalmente siamo fuori, compresa la loro professionale comunicazione direttamente con l’assistenza di CruiseAmerica.
Facciamo dunque una capatina al lookout a memoriale di Terry Fox, e torniamo a farci stringere i bulloni da loro, come suggerito. A proposito di Terry Fox, se non conoscete la storia vi consiglio vivamente di cercare informazioni su questo impavido ragazzo che nel 1979 percorse 3300 miglia in una maratona da est a ovest del Canada per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro, con una protesi alla gamba perché quello stesso cancro gli aveva portato via la gamba buona a soli 18 anni. Una storia che è tanto strappalacrime e bella da averlo reso eroe nazionale. A seguire, una breve ricognizione da Walmart e poi si parte finalmente verso il Lake Circle! Abbiamo diverse cartine da consultare e punti d’interesse da visitare nei prossimi 400 chilometri sulle sponde del Lago Superiore, quindi sarà bene mettersi in marcia.
Tagliamo fuori l'Eagle Canyon (con il ponte sospeso da 22 CAD!) e Ouimet Canyon, perché il parcheggio si trova a 3 km dal Visitor Centre, e riprendiamo la strada. Ci fermiamo a Nipigon per un rapido tour del Lookout Tower da cui si vede il braccio della Nipigon Bay e dal lato opposto il Lake Helen. Insomma un bel crocevia di specchi d’acqua. Facendo per uscire dal piccolo paese, ci troviamo una polizia a sbarrare la TransCanada Hwy.
Strada chiusa fino a domani mattina: decidiamo quindi di fermarci qui, in modo da affrontare i vari punti di interesse domani con tutta la calma del mondo. Troviamo il Nipigon Marina campground, proprio sulle sponde del lago, c’è pochissima gente e le piazzale sono spaziose, circondatevda alberi e molto pulite. Non sappiamo se si paghi o no, non riusciamo a capirlo, ma per il momento ci fermiamo. Domani mattina, se qualcuno reclama la pecunia, ci troverà pronti.
Mercoledì 11 ottobre - km 33802
da Nipigon a White River
Stamattina lasciamo la verdeggiante area di sosta a bordo del lago e riprendiamo la TransCanada Hwy, ormai riaperta. Ci fermiamo in un paio di lookout, tra cui una piccola nascosta rest area su Karma Bay. Il Lago Superiore, finalmente con un pizzico di sole, mostra i suoi colori autunnali e la sua acqua chiara, cerchiamo punti panoramici per poterci fermare ma sono praticamente tutti coperti da alberi. A Rossport troviamo una bella area a bordo strada, pulita e asfaltata, da dove si raggiunge la spiaggetta rocciosa e particolarmente suggestiva.
Strada chiusa fino a domani mattina: decidiamo quindi di fermarci qui, in modo da affrontare i vari punti di interesse domani con tutta la calma del mondo. Troviamo il Nipigon Marina campground, proprio sulle sponde del lago, c’è pochissima gente e le piazzale sono spaziose, circondatevda alberi e molto pulite. Non sappiamo se si paghi o no, non riusciamo a capirlo, ma per il momento ci fermiamo. Domani mattina, se qualcuno reclama la pecunia, ci troverà pronti.
Mercoledì 11 ottobre - km 33802
da Nipigon a White River
Stamattina lasciamo la verdeggiante area di sosta a bordo del lago e riprendiamo la TransCanada Hwy, ormai riaperta. Ci fermiamo in un paio di lookout, tra cui una piccola nascosta rest area su Karma Bay. Il Lago Superiore, finalmente con un pizzico di sole, mostra i suoi colori autunnali e la sua acqua chiara, cerchiamo punti panoramici per poterci fermare ma sono praticamente tutti coperti da alberi. A Rossport troviamo una bella area a bordo strada, pulita e asfaltata, da dove si raggiunge la spiaggetta rocciosa e particolarmente suggestiva.
Poco più avanti, arriviamo in prossimità delle Rainbow Falls, ma una sbarra ci avvisa del fatto che il parco provinciale sia chiuso, quindi non c’è parcheggio prossimo. Riprendiamo la strada e raggiungiamo Schreiber con il suo Railway Museum. Almeno il babbo fa due foto! Sappiamo che il museo è chiuso per la stagione, ma le locomotive sono visibili. Fortuna vuole che due simpaticissime impiegate nell’ufficio del museo ci accolgano con sorpresa e decidono di aprirci i vagoni ferroviari adibiti a museo. Restiamo incantati davanti a un bellissimo filmato sulla storia di Schreiber, sulla realizzazione della ferrovia che ha permesso di mettere in comunicazione tutte le zone del Canada, e pochi anni dopo anche la TransCanada. Scopriamo che questo piccolo paesino di poco più di 1000 anime è in realtà un crocevia da sempre: lo ristato per la costruzione, seppur con numerose difficoltà, della ferrovia che costeggia il Lago Superiore. Arrivavano qui, infatti, via mare, i materiali per realizzare quella che sarebbe diventata una delle più lunghe arterie ferroviarie del mondo.
In In seguito, scendiamo a Schreiber Beach, spiaggia lacustre con ciottoli grossi come meloni e un’acqua tanto pulita che non sembra neanche lago. Anche qui, due foto, la ricerca disperata di un’alce che non appare (tantomeno un orso!) e poi riprendiamo la marcia.
Ci fermiamo per pranzo nel parcheggio delle Aguasabon Falls and Gorge e non ci facciamo sfuggire l’occasione per qualche bello scatto: la brevissima passerella in legno, molto comoda, ci porta infatti sul belvedere. Qui, il fiume Aguasabon che dà il nome alle cascate si infila tra due pareti rocciose alte e strette, quasi a toccarsi, mentre il salto si intravede da un lato, quasi timidamente, lasciando il posto allo stretto Canyon che si apre davanti a noi. Riprendiamo la marcia fino a Terrace Bay, dove il tozzissimo faro spicca con la sua cupoletta rossa praticamente in mezzo al paesello.
Pochi gradini mi separano dalla cima, che permette una vista un pochino più ampia. Mettiamo poi benzina al vicino Esso e, sentendoci parlare, un calabrese di ritorno da una battuta di caccia comodamente nei Territori del Nord, si affianca e ci saluta. Ci dice che vive in Canada da oltre 60 anni con sua moglie, molisana, e che in casa parlano sempre italiano così da non perdere la lingua. Scambiamo due chiacchiere, con lui e i suoi amici canadesi, sembrano tutti entusiasti di sapere che siamo “Italians from Italy” che stanno attraversando il Canada.
Ci fermiamo ad ammirare il Pic River, che si getta nel lago attraversando la sua gola di alberi, poi la strada continua tra vari saliscendi, punti in cui il lago scopre il suo colore alternati a grandi porzioni di vegetazione autunnale. La connessione fluttua e sparisce per la maggior parte del tempo, navighiamo a vista scattando foto a punti panoramici fino a quando, al tramonto, ci fermiamo. Siamo a White River, al cospetto del memoriale di Winnie the Pooh. Anzi, per l’esattezza siamo esattamente dietro il parco con la colorata statua commemorativa dell’orsetto svampito più famoso di Walt Disney. C’è un parcheggio per veicoli ricreativi proprio vicino al piccolo ufficio turistico, e per la notte ci sistemiamo qui.
Giovedì 12 ottobre - km 34104
da White River a Sault Sainte Marie
Stamattina il tour inizia dalla coloratissima statua di Winnie the Pooh... e se vi state chiedendo il perché di questo memoriale in questo paesino quasi sperduto ai bordi del Lago Superiore, sappiate che è qui che la vera storia di Winnie è iniziata! Il Luogotenente Harry Colebourn, veterinario responsabile dei cavalli delle truppe, pronto a imbarcarsi oltreoceano per la Prima Guerra Mondiale, trovò sul binario del treno un orsetto in vendita, anzi un’orsetta. La pagò 20 dollari (l’equivalente di oltre 400 dollari attuali!) e la portò con sé, chiamandola Winnie, dalla sua città natale Winnipeg. Diventò subito la mascotte del suo battaglione, fino al loro arrivo in Regno Unito, dove fu lasciata alle cure dello zoo di Londra. Winnie era un’orsetta buona e gentile e tanti poterono ammirarla e coccolarla, compresi lo scrittore A. A. Milne e suo figlio, che decise di chiamare Winnie Pooh il suo orso di peluche. Nel 1926, ispiratosi alla mascotte dello zoo di Londra e agli animali di pezza di suo figlio, Milne scrisse il primo libro di Winnie the Pooh... e il resto è storia. Riprendiamo la strada, coperta di nebbia, costeggiando laghetti più o meno trasparenti nonostante la giornata uggiosa, e raggiungiamo Wawa. Nel frattempo torna il segnale
Giovedì 12 ottobre - km 34104
da White River a Sault Sainte Marie
Stamattina il tour inizia dalla coloratissima statua di Winnie the Pooh... e se vi state chiedendo il perché di questo memoriale in questo paesino quasi sperduto ai bordi del Lago Superiore, sappiate che è qui che la vera storia di Winnie è iniziata! Il Luogotenente Harry Colebourn, veterinario responsabile dei cavalli delle truppe, pronto a imbarcarsi oltreoceano per la Prima Guerra Mondiale, trovò sul binario del treno un orsetto in vendita, anzi un’orsetta. La pagò 20 dollari (l’equivalente di oltre 400 dollari attuali!) e la portò con sé, chiamandola Winnie, dalla sua città natale Winnipeg. Diventò subito la mascotte del suo battaglione, fino al loro arrivo in Regno Unito, dove fu lasciata alle cure dello zoo di Londra. Winnie era un’orsetta buona e gentile e tanti poterono ammirarla e coccolarla, compresi lo scrittore A. A. Milne e suo figlio, che decise di chiamare Winnie Pooh il suo orso di peluche. Nel 1926, ispiratosi alla mascotte dello zoo di Londra e agli animali di pezza di suo figlio, Milne scrisse il primo libro di Winnie the Pooh... e il resto è storia. Riprendiamo la strada, coperta di nebbia, costeggiando laghetti più o meno trasparenti nonostante la giornata uggiosa, e raggiungiamo Wawa. Nel frattempo torna il segnale
Internet e svanisce la nebbia per fortuna! Dopo una breve sosta all’oca selvatica gigante, costruita negli anni Sessanta per commemorare l’apertura della TransCanada Hwy (non dimentichiamo che questo tratto è un crocevia per le oche selvatiche che migrano dalla baia di Hudson all’Artico e viceversa), una capatina al vicino Wawa Lake per beneficiare di un timido raggio di sole, poi verso le Scenic High Falls, create dal Magpie River.
La strada sterrata per raggiungere le cascate è molto accidentata, andiamo pianissimo per cercare di non sollecitare le sospensioni, ma ne vale decisamente la pena! Poco più avanti facciamo una piccola tappa alle Silver Falls e Mission Falls, deviando dalla TransCanada sulla stradina di Michipicoten.
Entriamo nel Lake Superior Provincial Park circondati da questo bellissimo foliage autunnale. Ci fermiamo sulle sponde del Lago Superiore, a Old Woman Bay, per pranzo, e finalmente escono anche due raggi di sole, che ci regala persino un caffè al tavolino in legno fuori (benché circondati da moscerini!) e un tepore quasi sorprendente.
Anche oggi è una calma giornata all’insegna dei punti panoramici e dei laghetti: ci fermiamo ancora alle Sand Falls, a ridosso della riva del Lago Superiore, e a Sinclair Cove, ad Agawa, dove sono presenti anche dei pittogrammi in fondo a un sentiero piuttosto accidentato. Per fortuna oggi ho le scarpe da trekking che mi assistono, ma di certo non è una passeggiata per tutti. Il sentiero è segnalato molto bene, meno male, altrimenti credo che non sarei neanche in grado di tornare al parcheggio da questo bosco! La prima parte sono spuntoni di roccia a vivo e radici che sporgono ferocemente dal terreno. Non solo: nei 400 m che mi separano dai pittogrammi, il sentiero racconta una bellissima storia di due miliardi di anni fa: le rocce di granito intorno a me sono state visibilmente spaccate dai movimenti tellurici e dall’eruzione dei vulcani.
Raggiungo la fine del sentiero e, con un bel sole, trovo lo sperone bianco delle pitture rupestri... praticamente appeso sull’acqua. La parete è tanto verticale da fare concorrenza a El Capitan di Yosemite, io riesco a individuare un paio di disegni ma non mi spingo oltre, il rischio di scivolare è elevatissimo e non me la sento proprio di fare un tuffo nell’acqua con fotocamera e cellulare addosso. Va comunque detto che la parte più bella del sentiero sono in realtà le rocce franate e gli scorci sull’acqua turchese che sembra Mediterraneo. Torno al camper e ci rimettiamo in marcia. Superiamo Alona Bay, arriviamo presso il Wild Rose RV Park e chiediamo se possiamo fare carico/scarico, poiché stamattina ci siamo resi conto che abbiamo penuria di acqua fresca nel serbatoio. Paghiamo una piccola quota e, con un bel tramonto finalmente sereno sul lago, tiriamo dritto fino a Sault Sainte Marie, città sul confine americano. Anzi, per l’esattezza, mezza in Ontario e mezza in Michigan. Ci fermiamo al fedele Walmart e, ancora una volta, gli lasciamo un po’ di dollari per assicurarci del cibo miserabile.
Venerdì 13 ottobre - km 34440
Sault Sainte Marie
Venerdì 13 ottobre - km 34440
Sault Sainte Marie
Visto che i problemi con la pompa dell’acqua non ci abbandonano nonostante il carico d'acqua, stamattina appena sveglia parto subito subito con un mega sclero all’assistenza di CruiseAmerica per il veicolo cesso che ci è toccato. Dopo aver spiegato l’idea all’assistente, ci dirigiamo presso il vicinissimo rv repair, Brock’s RV. La gentilissima impiegata mi spiega che per il capo non sarà reperibile prima delle 15, ma si offrirà comunque di dare un’occhiata, quindi ci rivediamo nel pomeriggio. Passiamo dunque la mattinata in giro, iniziando da Clargue Park, dove incontriamo una signora a spasso con il cane che quando scopre che siamo italiani ci abbraccia e ci racconta del suo viaggio in Italia. Subito dopo, non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di passare sull’International Bridge che collega Canada e USA. Come i peggiori scappati di casa (quelli che non escono mai e non sanno nemmeno da che parte stiano girati), attraversiamo ingenuamente il ponte che porta le bandiere canadese e americana. Arrivati allo sportello della dogana americana, l’impiegata ci fa le solite domande di rito, includendo: “avete l’ESTA?” e ovviamente noi, ingenui, rispondiamo di no, che volevamo solo fare un giro di un paio d’ore, come se potesse esserci concesso senza visto turistico!
Ovviamente la procedura standard prevede la schedatura presso l’ufficio immigrazione, controllo passaporti, domande tipo “porti armi, droga ecc?”, registrazione delle impronte digitali per controllare che non siamo terroristi insomma. Una mattinata decisamente diversa, ma nel complesso anche abbastanza divertente: ci siamo scusati mille volte con gli ufficiali per aver fatto perdere loro tempo inutilmente, dal momento che il nostro è stato semplicemente eccesso di ingenuità. Diciamo che siamo stati naïf a pensare che potevamo passare il confine e farci un giro senza visto turistico. Come se non fossimo mai usciti di casa… e per fortuna sono 15 anni che viaggiamo in camper e siamo pure stati negli USA! Ovviamente l’intero staff comprende che siamo tre dementi: è chiaro che non ci fosse nessun tipo di conseguenza, ci hanno semplicemente rispediti in Canada, ma abbiamo davvero fatto la figura degli scappati di casa! Alle 15 torniamo da Brock’s, Jeff il proprietario ci assiste subito con cortesia, dedizione estrema e professionalità. La faccenda è piuttosto complessa, guarda caso più di quello che ci aspettavamo: ne abbiamo praticamente per tutto il pomeriggio, Jeff lavora oltre il suo normale orario di lavoro per poter finire, Heather si occupa delle scartoffie burocratiche e di comunicare con CruiseAmerica paga direttamente a loro la quota della riparazione. Anche oggi siamo stati molto fortunati, abbiamo trovato un team super competente e gentilissimo che ci ha risolto un grosso problema, anche se questo ha significato rimanere fermi a Sault Sainte Marie. Ma non li ringrazieremo mai abbastanza! Alle 19 ci ritroviamo nel parcheggio di Walmart dopo un pit stop a riempire il serbatoio della benzina e fare scarico/carico alla dump station a fianco. Stasera ci fanno compagnia diversi camper nel parcheggio. Ci sentiamo meno soli.
Sabato 14 ottobre - km 34485
da Sault Sainte Marie a North Bay
Oggi tappa di trasferimento: con un bel sole tiepido, ci dirigiamo a fare refill di propano e siamo pronti a spararci circa 400 km. Subito fuori dalla strada maestra, facciamo una piccola deviazione verso Bamford Island e isolotti seguenti attraversando il Bert Giltberson Bridge che collega la terraferma a St. Joseph’s Island. Un punto panoramico molto suggestivo, considerando anche finalmente, la bella giornata (seppur bella fresca!). Lungo la strada ammiriamo poi i bei boschetti di aceri e betulle che colorano di vero autunno l’Ontario, con sfumature dal giallo al rosso intenso.
Ovviamente la procedura standard prevede la schedatura presso l’ufficio immigrazione, controllo passaporti, domande tipo “porti armi, droga ecc?”, registrazione delle impronte digitali per controllare che non siamo terroristi insomma. Una mattinata decisamente diversa, ma nel complesso anche abbastanza divertente: ci siamo scusati mille volte con gli ufficiali per aver fatto perdere loro tempo inutilmente, dal momento che il nostro è stato semplicemente eccesso di ingenuità. Diciamo che siamo stati naïf a pensare che potevamo passare il confine e farci un giro senza visto turistico. Come se non fossimo mai usciti di casa… e per fortuna sono 15 anni che viaggiamo in camper e siamo pure stati negli USA! Ovviamente l’intero staff comprende che siamo tre dementi: è chiaro che non ci fosse nessun tipo di conseguenza, ci hanno semplicemente rispediti in Canada, ma abbiamo davvero fatto la figura degli scappati di casa! Alle 15 torniamo da Brock’s, Jeff il proprietario ci assiste subito con cortesia, dedizione estrema e professionalità. La faccenda è piuttosto complessa, guarda caso più di quello che ci aspettavamo: ne abbiamo praticamente per tutto il pomeriggio, Jeff lavora oltre il suo normale orario di lavoro per poter finire, Heather si occupa delle scartoffie burocratiche e di comunicare con CruiseAmerica paga direttamente a loro la quota della riparazione. Anche oggi siamo stati molto fortunati, abbiamo trovato un team super competente e gentilissimo che ci ha risolto un grosso problema, anche se questo ha significato rimanere fermi a Sault Sainte Marie. Ma non li ringrazieremo mai abbastanza! Alle 19 ci ritroviamo nel parcheggio di Walmart dopo un pit stop a riempire il serbatoio della benzina e fare scarico/carico alla dump station a fianco. Stasera ci fanno compagnia diversi camper nel parcheggio. Ci sentiamo meno soli.
Sabato 14 ottobre - km 34485
da Sault Sainte Marie a North Bay
Oggi tappa di trasferimento: con un bel sole tiepido, ci dirigiamo a fare refill di propano e siamo pronti a spararci circa 400 km. Subito fuori dalla strada maestra, facciamo una piccola deviazione verso Bamford Island e isolotti seguenti attraversando il Bert Giltberson Bridge che collega la terraferma a St. Joseph’s Island. Un punto panoramico molto suggestivo, considerando anche finalmente, la bella giornata (seppur bella fresca!). Lungo la strada ammiriamo poi i bei boschetti di aceri e betulle che colorano di vero autunno l’Ontario, con sfumature dal giallo al rosso intenso.
Ci fermiamo a mangiare qualcosa alla rest area di Serpent River Park, una piccola radura illuminata dai raggi del sole che filtrano tra abeti e e alberi colorati, subito sotto l’autostrada.
Arriviamo a Sudbury, curiosa località ricca di miniere di rame con diversi laghi rossi, e ci fermiamo al punto vendita Bell del centro commerciale per acquistare una nuova sim con un piano tariffario che ci permetta di avere internet per i prossimi 20 giorni, ma in realtà facciamo un buco nell’acqua: le tariffe delle prepagate sono assolutamente folli, poiché il vero business qui è per gli abbonamenti (che a noi, per ovvi motivi, non interessano). Per oggi ci arrendiamo. Torniamo a vedere il Big Nickel, monumentale moneta gigante creata negli anni Sessanta per commemorare le miniere e la produzione di rame della città, e tiriamo dritti con il buio fino a North Bay.
Ancora una volta, il buon Walmart cittadino ci accoglie per la notte.
Domenica 15 ottobre - km 34969
da North Bay a Huntsville
Stamattina pioviggina di nuovo. Per ammazzare il tempo in attesa che i negozi di telefonia aprano alle 11 (che mi chiedo, a quell’ora, che apri a fare?!) facciamo un salto alle vicine Duchesnay Falls, pochi chilometri fuori da North Bay. C'è un piccolo parcheggio, che nonostante la giornata uggiosa è quasi pieno, ma rimediamo comunque uno spazio. Ovviamente scendo solo io.
Il percorso nel boschetto è molto grazioso, affatto impegnativo benché il tappeto di foglie renda scivolosa la salita, e le rapide formate dal fiume sono belle e inaspettate. Qui non arriva nemmeno la pioggia, poiché le fronde degli alberi proteggono questo angolo strappato alle leggende fantasy. Tutto, qui, in effetti ricorda un paesaggio fantastico: dev'essere l'autunno canadese, che da quando sono arrivata non ha smesso mai di sorprendermi.
Torniamo davanti al centro commerciale Northgate appena aperto, giriamo un paio di negozi per la scheda sim, finché riusciamo a venirne a capo presso un punto vendita di telefonia chiamato The Source con due ragazzi gentili e molto disponibili: rifacciamo una sim card Bell con 65 GB che costa altri 100 CAD, e scopriamo tra l’altro che la telefonia canadese è la più costosa al mondo. Mi sembrava di averlo intuito. Ormai saremmo pronti a partire finalmente più tranquilli verso Algonquin Park, se non fosse che appena ci mettiamo in viaggio il trip computer ci segnala un’anomalia a un’altra gomma. Ovviamente cerchiamo in modo tempestivo un gommista, solo per controllare la pressione quantomeno: il solito Canadian Tire è ovviamente pieno zeppo e non ha tempo per noi (non dimentichiamoci che, anche stavolta, è domenica!), tentiamo un paio di rivenditori segnalati aperti che di fatto non lo sono, un PetroCanada senza successo, che però ci suggerisce l’altro distributore poco distante, Mr Gas: anche stavolta entro rassegnata, ma un ragazzetto simpatico e super disponibile, che sembra uscito da una sit com americana, si offre di controllarci le gomme. Nel frattempo, alla domanda sul nostro paese di origine, ovviamente rispondo bullandomi del bellissimo viaggio che stiamo facendo (nonostante i problemi!). Scopro così che lui è appassionato di calcio italiano, non si spiega come il Napoli abbia potuto vincere e spera un giorno di visitare Roma. Non solo ci controlla la gomma incriminata, ma praticamente si massacra i vestiti sull’asfalto per poter guardare la gomma da sotto. La pressione è bassa, ma dice che può dipendere da diversi fattori e che non gli sembra bucata. Per sicurezza la gonfia un po’ e ci dice che, arrivando a Huntsville, non avremo problemi se dovesse essere forata perché sicuramente troveremo aiuto. Ci rincuora molto, la tratta come fosse sua, ed è davvero super gentile.
Ci chiede niente, gli basterà “raccontare la storia che oggi l’ha reso un eroe”, ma lasciamo comunque qualcosa per lo scomodo e per la colazione, perché se lo merita proprio!
Riprendiamo la strada, sono già quasi le 14, non smette di piovigginare e noi non smettiamo di controllare la pressione delle gomme dal trip computer. Sgranocchiamo qualcosa lungo la strada e poi ci fermiamo a High Rock Lookout Park, nel bel mezzo di un isolato molto autunnale, per farci un caffè. Raggiungiamo Huntsville che sono già le 17 quasi, consapevoli che per il parco provinciale di Algonquin non ci saranno più di un paio d’ore. Prendiamo dunque la ON-60, la strada del parco, e navighiamo a vista. Certo la giornata non aiuta, come in effetti non ha aiutato quasi mai finora, ma non ci facciamo mancare comunque qualche foto al foliage e ai laghetti. Avremmo voluto dedicargli più tempo, ma purtroppo l’imprevisto di stamattina, per quanto tamponato in fretta, ci ha mangiato due ore buone, e noi abbiamo una tabella di marcia da rispettare. Scendiamo a Portage Bay, dove gli aceri rossi fanno bella mostra attorno a un laghetto coperto di nebbia. Sarebbe stato meraviglioso in una bella giornata.
Ancora qualche chilometro nelle belle stradine di foglie arancioni, arriviamo ai bordi di Algonquin e torniamo verso Huntsville, dove il solito Walmart ci aspetta. Addirittura, troviamo un altro CruiseCanada! Inoltre, una roulotte e un camper abbastanza grosso stanno nelle vicinanze. La bella signora di mezza età del camperone mi chiede se restiamo per la notte, per sapere se possono stare tranquilli anche lei e suo marito (benché il piazzale sia segnalato come “no overnight”) e attacchiamo bottone qualche minuto.
Rientro alla base, e passiamo una serata a pianificare le prossime 72 ore, tra la mia amica Tracey che rivedrò domani dopo 13 anni, le cascate del Niagara e Toronto. Nel mezzo, ovviamente, una dump station e una visita dal gommista di prima mattina!
Lunedì 16 ottobre - km 35274
da Huntsville a Keswick
Stamattina per fortuna siamo svegli dalle 7, così alle 8 o poco più siamo già davanti al primo gommista, che però, essendo stordito, ci fa aspettare mezz’ora salvo poi dirci che il camper è troppo grosso e non entra nell’ officina e lui non riesce a controllare la gomma posteriore. Vabè. Ci rivolgiamo dunque a un Fountain Tire, a cui ormai siamo affiliati, e in pochi minuti ci assistono. Un operaio ci dice che, se la pressione è sotto un certo valore, può capitare che con la temperatura bassa perda un po’. “Ne vediamo tanti di camper, soprattutto a noleggio, a cui non vengono controllate le ruote interne. Potete stare tranquilli”, ci dice, rincuorandoci. In effetti anche oggi la gomma non sembra dare problemi, mentre ci dirigiamo verso Orillia. Ci fermiamo a Couchiching Beach per fare due passi, con l’aria tagliente che ci schiaffeggia, ma almeno non sta piovendo. In questo sghignazzante paesino ci sono tantissimi scoiattoli, che non si scompongono poi troppo quando vedono forme umane, anche se poi scappano via. Sicuramente sono abituati a vedere gente!
Nel pomeriggio arriviamo a Keswick dalla mia amica Tracey, una canadese conosciuta 13 anni fa durante una stagione lavorativa alle Bahamas. Durante il mio viaggio negli Stati Uniti il mese seguente, addirittura pagò per me una trasferta alle Cascate del Niagara che altrimenti non avrei avuto modo di fare, e ci siamo sempre tenute in contatto da quando ci siamo conosciute. È stata la prima persona a cui ho detto di questo viaggio in Canada e mi aspettava dal 22 settembre (il giorno del nostro arrivo a Vancouver!).
Il suo bel negozio di fiori è super curato, con tantissime chincaglierie in ceramica e legno, e composizioni floreali di ogni tipo. Chiacchieriamo un po’, poi conosciamo anche Dean, suo marito, e quando chiude il negozio andiamo tutti a cena da Boston Pizza, una catena di ristoranti che fanno diverse cose all’italiana oltre, ovviamente, alla pizza. Ma noi andiamo sul sicuro con la pizza (e non quella all'ananas!). Chiacchierando, scopriamo che il Canada è davvero un posto abbastanza sicuro come pensavamo. Che le case con la bandiera canadese esposta all’esterno ricevono un cashback dal governo, che gli affitti costano tre volte rispetto all’Italia benché gli stipendi siano solo il doppio, che anche i canadesi fanno fatica a fare la spesa e che le leggi sulla legittima difesa sono penose come a casa nostra. Scopriamo che Dean era un motociclista, e che se la polizia ci mette più di un quarto d’ora a controllare i documenti e fare le multe, il cittadino canadese ha il diritto di contestarla perché “stai consumando più di un quarto d’ora del mio tempo”. Proprio come in Italia!
Ci salutiamo così, verso le 22, quando Tracey ci riporta al suo negozio, dove possiamo restare per la notte.
Martedì 17 ottobre - km 35482
da Keswick a Niagara
Stamattina, collazionati e pronti a partire, notiamo che la gomma ha perso di nuovo un po’ pressione. Tento la solita disperata chiamata all’assistenza ma addirittura mi riagganciano in faccia. Per fortuna Tracey, che arriva verso le 8.30 al negozio, ci suggerisce un gommista suo amico a pochi chilometri. Grazie alla piccola raccomandazione siamo assistiti subito e riusciamo a rimetterci in marcia. Per la cronaca, la gomma aveva un pezzo di metallo infilato, quindi si sgonfiava molto lentamente. La mattina è abbastanza limpida, questo ci rincuora: lungo Canal Road finalmente gli alberi autunnali si riflettono nell’acqua, passiamo una zona scampagnata per circa 50 chilometri (con diverse deviazioni!), con case decisamente dall’aria più europea e coloratissimi boschetti. Raggiungiamo felicemente le Cheltenham Badlands, formazioni rocciose che ricordano quelle di Drumheller ma di una bella tonalità rosso mattone, e sono circondate da un tappeto di alberi di mille sfumature arancioni davvero splendido. Il sole, oggi, ci aiuta molto a fare foto spettacolari! Al parcheggio, a circa 500 metri dal punto panoramico, ci dicono che per parcheggiare la tariffa è 17 CAD... ed è chiaro che la evitiamo accuratamente! Il babbo fa il giro, ci lascia davanti all’ingresso della passerella in legno e io e Vergara andiamo ad ammirare la natura. Questo angolino nascosto è uno dei tesori geologici di questa regione, formati alla base di un antico mare circa 450 milioni di anni fa. Gli antenati di Mississauga, arrivati nella zona per cacciare e pescare, si stabilirono piccoli villaggi temporanei sulle pianure fluviali, vivendo di agricoltura e migrando stagionalmente.
I coloni europei, secoli dopo, ripulirono le terre per costruire fattorie, ma la rimozione degli alberi e le prime pratiche agricole causarono l'erosione del terriccio poco profondo, a sua volta esponendo gli strati sottostanti. La pioggia, lo scioglimento della neve e le condizioni di gelo/disgelo hanno poi causato una rapida accelerazione dell'erosione, formando collinette e calanchi e dando origine al paesaggio attuale. Nel giro di venti minuti ci fumiamo dunque le badlands e ripartiamo finalmente alla volta di Niagara Falls, dove arriviamo verso le 14.30. Parcheggiamo nel parking lot A della Skylon Tower a 10 CAD giornalieri (non importa l’ora di arrivo... il ticket comunque scade alle 23.59!) e ci va grassa perché è un giorno feriale e in bassa stagione. E comunque sia, costa sempre meno del parcheggio che avremmo dovuto pagare stamattina! Mangiamo due tranci di pizza avanzati da ieri sera e poi scendiamo per raggiungere la camminata con il belvedere sul fiume.
Il fragore dell’acqua che si riversa nell’acqua sottostante si sente già nel parcheggio, in fondo alla via di fronte a noi il lato americano che sicuramente non ha niente a che vedere con il famoso “Horseshoe” canadese. Ad ogni modo, per capire quanto siamo insignificanti al mondo possiamo solo restare in silenzio ad ammirare questi spettacoli senza pari che la natura mette in scena. Siamo incantati, anche se il pomeriggio è uggiosetto e le impercettibili gocce sollevate dalle cascate bagnano centinaia di metri di passeggiata. Percorriamo tutto il camminamento, scattiamo foto da ogni angolazione cercando di riempirci gli occhi il più possibile. Quanta meraviglia tutta insieme! Decidiamo di regalarci anche il giro alla Skylon Tower per 22 CAD, non economico ma ne vale la pena: credevamo fosse una pataccata, invece da 200 metri il belvedere a 360º fa sembrare la città di Niagara Falls un plastico.
Sia Buffalo che l’horseshoe hanno una proporzione bellissima, non troppo lontani e non troppo vicini. Con gli occhi pieni di meraviglia, torniamo al camper. Last minute, il babbo propone, per questi ultimi giorni, di fare il giro “al contrario” rispetto all’itinerario studiato, ovvero andare verso Québec, punto più lontano della nostra avventura, e tornare su Toronto come conclusione del viaggio. L’idea è accolta benissimo, quindi domani saremo in marcia verso le città più lontane. Pochi minuti di strada e arriviamo allo Scott’s Family Campground, molto comodo per le cascate (poiché si trova a soli 5 km di distanza). Essendo full hookups, attacchiamo tubi e fili ovunque, quindi abbiamo acqua corrente no-stop ed elettricità a 30 amp, e pure un fantastico Wi-Fi che funziona a palla. Paghiamo 70 CAD, ma tanto sapevamo che nelle città avremmo recuperato tutti i soldi risparmiati dormendo da Walmart!
Mercoledì 18 ottobre - km 35735
da Niagara Falls a Limoges
Stamattina alle 8.30 siamo già in viaggio per la nostra nuova destinazione. I chilometri sono tanti, non siamo sicuri di raggiungere Ottawa, ma quantomeno puntiamo ad avvicinarci. La maggior parte dei campeggi in realtà sono chiusi, passiamo una mattinata a mandare e-mail sperando che qualcuno ci assista. Il traffico lungo la strada è impressionante, collezioniamo una buona mezz’ora di ritardo e alle 10.30 siamo appena fuori Toronto, bypassata per darle precedenza alla fine della nostra avventura. Anche se, dall’autostrada, nonostante i 40 chilometri di distanza, la CN Tower ci strizza comunque l’occhio. Ci fermiamo da Walmart per rifornimento viveri e a fare benzina, viaggiamo praticamente tutto il giorno. Verso le 14, dopo una mattinata di email a campeggi chiusi, riesco a essere contattata dalla direttrice di un campeggio con minimo di due notti di soggiorno, che per noi fa un’eccezione e ci offre la possibilità di stare anche per una sola notte. Paghiamo con la PostePay e impostiamo Kittawa RV Resort, a Limoges (mezz’ora da Ottawa) dove arriviamo alle 19 dopo ore e ore di autostrada monotona e trenta chilometri al buio della campagna. L’uffficio è chiuso ma Cynthia (la direttrice) è stata gentilissima: ci ha lasciato una cartellina nel box all’ingresso, con una card per aprire la sbarra automatica e la chiave delle docce. Parcheggiamo alla piazzola designata, un quarto d’ora per al buio mentre io, con la torcia, faccio la parte del parcheggiatore abusivo. Le docce sono belle, con soffioni nuovi e un getto d’acqua caldissimo, e il bagno è rivestito con maioliche in ceramica che sembra legno. Ovviamente, con la solita presa da 110V, ci mettiamo un’ora ad asciugare e piastrare i capelli. Mangiamo tardissimo e creiamo il piano d’azione per domani, con la visita alla capitale del Canada.
Giovedì 19 ottobre - km 36315
da Limoges a Lachute
Stamattina siamo più o meno svegli dalle 7.30 per cercare di sfruttare la giornata, ma non usciamo prima delle 9. Ne approfittiamo per dare uno sguardo al campeggio con la luce del giorno e facciamo anche un giro intorno al bel laghetto, che con il foliage è splendido. Ciò che notiamo è che gli stagionali qui hanno roulottes che manco Moira Orfei, e preingressi che sono vero e propri prefabbricati. Insomma, il Canada continua a darci l’impressione di un paese in cui la gente non muore certo di fame.
Prima delle 10 raggiungiamo le Prince of Wales Falls, poco fuori dalla capitale canadese: c’è un ampio parcheggio e uno stradello di pochi metri che porta al belvedere. La particolarità di questo cascata è che la diga che le genera è stata costruita sulla roccia naturale del fiume, e i vari piccoli salti non sono altro che l’acqua che scivola tra uno scoglio e l’altro. Proseguiamo poi per la capitale Ottawa: appena entriamo in centro, ci rendiamo conto che questa città è un immenso cantiere, guarda caso in prossimità di Parliament Hill, dove dobbiamo arrivare noi. Stanno costruendo grattacieli, ci sono strade chiuse e impalcature in ogni dove, anche lungo Wellington Street, il vialone con i begli edifici di Parliament Hill. Giriamo letteralmente un’ora per trovare un parcheggio comodo, che ovviamente (come in ogni grossa città che si rispetti!) non troviamo. Il nostro ottimismo è stato eccessivo. Decidiamo quindi di adottare il “metodo Malaga” e raggiungere Blair, capolinea della metro rossa che fa una delle fermate proprio a Parliament Hill. La stazione di testa della linea metropolitana ha generalmente degli ampi parcheggi, infatti anche anche in questo caso davanti all’ingresso del padiglione del trasporto pubblico c’è una zona commerciale, Walmart compreso! Nettamente più semplice lasciare il camper lì. Alle 13, bigliettati e seduti in metro, siamo già in viaggio verso il centro. Scendiamo alla fermata Parliament e in poche centinaia di metri siamo già di fronte agli edifici austeri ed eleganti che mostrano l’importanza della capitale canadese a livello governativo e amministrativo. La giornata è tiepida, ammiriamo i tetti verde rame dei complessi governativi, e anche il belvedere del fiume che dà il nome alla città. Passiamo davanti alle chiuse del Rideau Canal, davanti al famoso Fairmont Château e, girando sulla 93 che porta fuori dalla città, troviamo anche l'OTTAWA sign, gettonatissima e piena di gente a scattare selfie. Più avanti, la National Gallery, inconfondibile con i suoi padiglioni a vetri e soprattutto il ragno gigante che fa bella mostra nella piazza antistante. Questa installazione in ferro e marmo dell’artista francese Louise Bourgeois, dal titolo “Maman” (ovvero mamma) ha un significato molto profondo che lei stessa racconta:
“Il Ragno è un inno a mia madre. Lei era la mia migliore amica.
Come un ragno, mia madre era una tessitrice.
La mia famiglia si occupava di restauro di arazzi e mia madre era responsabile del laboratorio.
Come i ragni, mia madre era molto intelligente.
I ragni sono presenze amichevoli che mangiano le zanzare.
Sappiamo che le zanzare diffondono malattie e sono quindi indesiderate.
Quindi i ragni sono utili e protettivi, proprio come mia madre.”
Non lo avremmo mai immaginato!
Torniamo con la metro alla zona commerciale e riprendiamo il camper: ci rimettiamo in marcia per coprire una piccola parte dei chilometri che ci aspettano domani per raggiungere il cuore del Québec, ma alle 18:30 è già buio pesto. Ci fermiamo dunque al Walmart cittadino di Lachute, sghignazzante paesino a 30 km da Montréal, abbastanza tranquillo. Finalmente, dopo giorni, stasera una partitina a nomi/cose/città non ce la toglie nessuno!
Venerdì 20 ottobre - km 36510
da Lachute a Québec
Stamattina, contro ogni pronostico, riusciamo a partire alle 8.15 e dopo un paio d’ore siamo già comodamente a metà strada. Lungo il percorso riusciamo a recuperare anche un campeggio che non sembra lontano dal centro (anche se “lontano” è relativo!) e ci siamo assicurati tre notti a Québec. Facciamo una piccola deviazione a Trois-Rivières per vedere Pont Laviolette, una bella opera ingegneristica , e come al solito perdiamo mezz’ora solo per parcheggiare . Il parco per arrivare al belvedere è pieno di scoiattoli decisamente amichevoli, non sembrano affatto spaventati di vederci. Ci fermiamo qualche minuto e poi tiriamo dritto fino alle Montmorency Falls. La strada scorre bene in mezzo agli alberi arancioni e rossi, se possibile ancora di più colorati che in Ontario. Riusciamo a superare i lavori in autostrada e arriviamo al parcheggio alto della funivia delle cascate. Paghiamo 30 CAD per il parcheggio del camper più l’ingresso di tre persone, e qui mi separo dai miei per poter ammirare le cascate da qualsiasi punto panoramico. Il primo belvedere, sul lato destro delle cascate, è una piattaforma in legno a strapiombo sulla roccia, mi mette tanta di quella inquietudine che temo quasi di aver iniziato a soffrire di vertigini, e lo stesso effetto mi fa il ponte sospeso, benché piuttosto stabile.
Riesco a raggiungere l’altro lato seppur con difficoltà e gambe di burro, e mi addentro nel boschetto per percorrere il lato opposto da cui ammirare questo salto d’acqua di 80 metri. Gli aceri sono completamente gialli, le foglie croccanti, gli scorci sublimi. Mi sembra di non aver visto niente di questo Canada, ma al tempo stesso ho visto tantissime cose e mi sono davvero rigenerata. E ancora, 416 scalini di legno, intervallati da piccole piattaforme sulla falesia, mi accompagnano fino alla zona bassa delle cascate, mentre la spuma si avvicina sempre di più e inizia a imperlare l’aria poco poco. Mi piacciono le cascate. Mi piacciono tutte. È una delle espressioni più potenti dell’acqua, la dimostrazione che, si è lasciata libera di fare, può creare paesaggi meravigliosi. Recupero i miei al parcheggio basso della funivia e salgo a bordo per raggiungere la Basilique de Ste. Anne de Beaupré, 30 chilometri oltre le cascate, e ovviamente è inagibile per lavori. Aveva ragione il meme di Instagram che diceva che in Canada ci sono 3 stagioni: l’inverno, il fango e i lavori in corso! Torniamo indietro un po’ rassegnati, impieghiamo un’ora ad arrivare al Camping di Lac St. Augustin e alle 18 è già buio. La reception al nostro arrivo è chiusa, ma ci sono le fotocopie attaccate alla porta con i nomi degli ospiti “ritardatari” e una mappa per orientarci verso la nostra piazzola. Farci largo nel buio con le foglie accartocciate a nascondere le stradine principali non è facile, tanto più che gli ospiti stagionali occupano spazio extra... tutto il mondo è paese! Siamo certi che anche questo campeggio domani con il giorno sarà nettamente più bello, e intanto prendi anche il Wi-Fi: niente non è. Finalmente ci fermiamo e iniziamo a valutare le possibili soluzioni per la giornata di domani, poi ceno, un po’ di Internet e partitina.
Riesco a raggiungere l’altro lato seppur con difficoltà e gambe di burro, e mi addentro nel boschetto per percorrere il lato opposto da cui ammirare questo salto d’acqua di 80 metri. Gli aceri sono completamente gialli, le foglie croccanti, gli scorci sublimi. Mi sembra di non aver visto niente di questo Canada, ma al tempo stesso ho visto tantissime cose e mi sono davvero rigenerata. E ancora, 416 scalini di legno, intervallati da piccole piattaforme sulla falesia, mi accompagnano fino alla zona bassa delle cascate, mentre la spuma si avvicina sempre di più e inizia a imperlare l’aria poco poco. Mi piacciono le cascate. Mi piacciono tutte. È una delle espressioni più potenti dell’acqua, la dimostrazione che, si è lasciata libera di fare, può creare paesaggi meravigliosi. Recupero i miei al parcheggio basso della funivia e salgo a bordo per raggiungere la Basilique de Ste. Anne de Beaupré, 30 chilometri oltre le cascate, e ovviamente è inagibile per lavori. Aveva ragione il meme di Instagram che diceva che in Canada ci sono 3 stagioni: l’inverno, il fango e i lavori in corso! Torniamo indietro un po’ rassegnati, impieghiamo un’ora ad arrivare al Camping di Lac St. Augustin e alle 18 è già buio. La reception al nostro arrivo è chiusa, ma ci sono le fotocopie attaccate alla porta con i nomi degli ospiti “ritardatari” e una mappa per orientarci verso la nostra piazzola. Farci largo nel buio con le foglie accartocciate a nascondere le stradine principali non è facile, tanto più che gli ospiti stagionali occupano spazio extra... tutto il mondo è paese! Siamo certi che anche questo campeggio domani con il giorno sarà nettamente più bello, e intanto prendi anche il Wi-Fi: niente non è. Finalmente ci fermiamo e iniziamo a valutare le possibili soluzioni per la giornata di domani, poi ceno, un po’ di Internet e partitina.
Stasera ho vinto io.
Sabato 21 ottobre - km 36936
Québec
Stamattina alle 9 usciamo dal campeggio per raggiungere i parcheggi della zona commerciale a circa 10 chilometri di distanza. Purtroppo sono poco consoni alle nostre esigenze per il “metodo Malaga” sperimentato in precedenza, quindi proviamo a trovare qualcosa che faccia più al caso nostro. Arriviamo al parcheggio dell’università di Laval a Parc De Loubtinière. Scarichiamo anche la fantastica app RTC Nomade per i mezzi di trasporto per orientarci, e subito di fronte al parcheggio abbiamo la pensilina del bus. Piove a secchi, ci imbacucchiamo. Da lì saltiamo sul bus n.11, il simpaticone di autista mi dice, ostentando un francese quebecois alquanto fastidioso e incomprensibile, che per pagare il biglietto devo scaricare l’app separata di RTC Nomade preposta ai pagamenti... e insomma, dopo le difficoltà iniziali, ci facciamo la nostra mezz’ora fino al centro. Scendiamo davanti all’enorme statua di Samuel de Champlain, conquistatore francese che qui si insediò a inizio Seicento. Impossibile non notare le frotte di asiatici pellegrini con gli autobus, la moltitudine di turisti super corazzati per questa giornata uggiosa e il bellissimo Hotel Château Frontenac a poche centinaia di metri dalla Citadelle, fortificazione risalente anch’essa al Seicento.
Stamattina alle 9 usciamo dal campeggio per raggiungere i parcheggi della zona commerciale a circa 10 chilometri di distanza. Purtroppo sono poco consoni alle nostre esigenze per il “metodo Malaga” sperimentato in precedenza, quindi proviamo a trovare qualcosa che faccia più al caso nostro. Arriviamo al parcheggio dell’università di Laval a Parc De Loubtinière. Scarichiamo anche la fantastica app RTC Nomade per i mezzi di trasporto per orientarci, e subito di fronte al parcheggio abbiamo la pensilina del bus. Piove a secchi, ci imbacucchiamo. Da lì saltiamo sul bus n.11, il simpaticone di autista mi dice, ostentando un francese quebecois alquanto fastidioso e incomprensibile, che per pagare il biglietto devo scaricare l’app separata di RTC Nomade preposta ai pagamenti... e insomma, dopo le difficoltà iniziali, ci facciamo la nostra mezz’ora fino al centro. Scendiamo davanti all’enorme statua di Samuel de Champlain, conquistatore francese che qui si insediò a inizio Seicento. Impossibile non notare le frotte di asiatici pellegrini con gli autobus, la moltitudine di turisti super corazzati per questa giornata uggiosa e il bellissimo Hotel Château Frontenac a poche centinaia di metri dalla Citadelle, fortificazione risalente anch’essa al Seicento.
La particolarità di questo hotel è che è stato progettato e costruito proprio seguendo lo stile dei castelli della Loira e di Luigi XIV, ed è qualcosa di immenso che sovrasta la parte alta della vecchia Québec. La prima cosa che salta all’occhio è quanto questa città sia europea: i canadesi, peraltro, vanno molto fieri della vecchia Québec, con i suoi 400 anni di storia.
Mzè. Pivelli.
Nonostante il brutto tempo, coperti con k-way e poncho da turisti, passeggiamo lungo la Terrasse Dufferin facendo foto ai graziosi chioschi in stile liberty. Un giro dell’isolato tra una goccia e l’altra, raggiungiamo la Basilique Cathédrale de Notre-Dame du Québec, con una bella facciata ma degli interni assai scarni (forse a causa di un probabile recente restauro).
Subito a lato, sulla piazza dell’Hotel de Ville, un bellissimo allestimento di Halloween. Ci divertiamo sotto la pioggia a fare foto con le zucche e le piante carnivore in vetroresina, cerchiamo di sfruttare il meglio questa giornata nonostante la pioggia. Mangiamo qualcosa volante benché ha fatto economico, riprendiamo a camminare sotto una pioggia incessante. Scendiamo verso la parte bassa della vecchia città, estremamente graziosa. Diamo un rapido occhiata promettendo di tornare domani, per oggi facciamo finire la giornata riprendendo l’autobus. Siamo zuppi.
Subito a lato, sulla piazza dell’Hotel de Ville, un bellissimo allestimento di Halloween. Ci divertiamo sotto la pioggia a fare foto con le zucche e le piante carnivore in vetroresina, cerchiamo di sfruttare il meglio questa giornata nonostante la pioggia. Mangiamo qualcosa volante benché ha fatto economico, riprendiamo a camminare sotto una pioggia incessante. Scendiamo verso la parte bassa della vecchia città, estremamente graziosa. Diamo un rapido occhiata promettendo di tornare domani, per oggi facciamo finire la giornata riprendendo l’autobus. Siamo zuppi.
Domenica 22 ottobre - km 36976
Québec
Québec
Il nostro giro di oggi parte esattamente dallo stesso punto di ieri, solo un paio d’ore prima. Mettiamo benzina, prepariamo un veloce pranzo al sacco e siamo pronti alla stessa fermata. Scendiamo a Turnbull e percorriamo tutta la Grand Allée ricca di monumenti e siti storici. Come le due Torri Martello del Parc Jean D’Arc. Queste c’era stato un progetto di costruire delle opere di difesa qui sui Plaines d’Abraham già dal 1790, ma il governatore decise per l’edificazione solo dopo la crisi americana dei primi anni dell’Ottocento. Il parco è molto bello in sé, molto curato e con una vista bellissima sul fiume San Lorenzo e la costa opposta. Peccato il campo di merda, il fatto che tiri un vento assurdo e che noi siamo imbucati come i Teletubbies. A seguire lungo la via, alcuni bei palazzi attualmente sede di uffici, ristoranti e alberghi, fino a raggiungere Place George V, con l’ufficio del governo federale e l’ex armeria, parzialmente distrutta da un incendio nel 2008 e riaperto al pubblico 10 anni dopo. Arriviamo al belvedere della cittadella, con il suo bel muro di cinta proprio il ridosso della porta d’ingresso. Nel frattempo ha smesso di piovere e tira solo vento, quindi ne approfitto: mi separo dai miei per sparire nel boschetto lungo l’Escalier de Cap Blanc, fino giù al fiume: 385 di gradini in legno che sprofondano lungo la falesia di alberi. Arrivata in fondo, costeggio poi il parco accompagnata dalle mura della cittadella che, dall’alto, dominano ancora lo sperone roccioso. In poche centinaia di metri torno a Vieux Québec, da dove ieri pomeriggio si è interrotta la nostra visita. Riconosco lo Château Frontenac e gli altri edifici in stile Louis XIV che se ne stanno appollaiati sopra le piccole casine in pietra. Rientro nella città bassa da Rue du Petit Champlain, affollata di turisti, da cui i profumi dei ristoranti arrivano già a riempire l’aria. Alla fine, niente meno, ripercorro la stessa Escalier Casse-Cou di ieri pomeriggio, ma almeno oggi non bisogna scansare la gente con la pala e non sta piovendo! Salgo alla Terrasse Dufferin recupero i miei per mangiare qualcosa insieme e poi di nuovo, mentre si alza il vento, freddo, decidiamo di scendere alla parte passa dalla Vieux-Québec. I miei prendono la funicolare, mentre io rifaccio di nuovo le scale. Ma non solo, mi faccio spennare per acquistare dei popcorn al cioccolato presso un grazioso negozietto dì popcorn “ai gusti” lungo la strada.
Ancora un giro per le viuzze, fino alla Rue Cul-de-sac, chiamata anche Umbrella Alley per via dei graziosi ombrellini appesi tra gli edifici, che evitano anche gli scrosci d'acqua, almeno parzialmente!
Usciamo poi sulla strada principale e riprendiamo l’autobus dallo stesso punto da cui l’abbiamo ripreso ieri, e l’autista stavolta sembra molto alla mano! Arriviamo al camper, visto che non è tardi facciamo una tappa veloce da Walmart e andiamo a mettere benzina, probabilmente l’ultimo pieno. Torniamo poi al campeggio e ne approfitto per due passi nel boschetto al crepuscolo, molto pittoresco nel suo solito cappottino di foglie giallo.
Lunedì 23 ottobre - km 37011
da Québec a Mercier
Stamattina, sotto la solita pioggia battente, usciamo dal campeggio. Per i prossimi giorni saremo presso il Camping Domain du Bel-âge, a una mezz’ora da Montréal. Abbiamo tutta la giornata per il trasferimento, sono solo 250 chilometri che ci fanno quasi sorridere rispetto alle sfacchinate che abbiamo fatto alcune volte. Innanzitutto, troviamo un punto da cui vedere i due ponti, il Pont du Québec e Pont La-porte. Attraversiamo il Pont du Québec, capolavoro di ingegneria, e gironzoliamo un po’ nel groviglio di strade per fare in modo di passare sopra al Pont La-porte al ritorno. Pochi chilometri più avanti, ci imbattiamo per caso nella diga delle Chutes de la Chaudière, e siccome oggi non andiamo di corsa optiamo per una deviazione: torniamo indietro di qualche chilometro e ci fermiamo nel parcheggio, immerso nel giallo e arancione di betulle e aceri. Un bel percorso in legno con scalinate e comode passerelle ci conduce fino al letto roccioso del fiume, e poco più avanti al ponte sospeso per ammirare le cascate in tutta la loro potenza. Non sono più alte di 30 metri, a guardarle, ma sono impetuose.
Lunedì 23 ottobre - km 37011
da Québec a Mercier
Stamattina, sotto la solita pioggia battente, usciamo dal campeggio. Per i prossimi giorni saremo presso il Camping Domain du Bel-âge, a una mezz’ora da Montréal. Abbiamo tutta la giornata per il trasferimento, sono solo 250 chilometri che ci fanno quasi sorridere rispetto alle sfacchinate che abbiamo fatto alcune volte. Innanzitutto, troviamo un punto da cui vedere i due ponti, il Pont du Québec e Pont La-porte. Attraversiamo il Pont du Québec, capolavoro di ingegneria, e gironzoliamo un po’ nel groviglio di strade per fare in modo di passare sopra al Pont La-porte al ritorno. Pochi chilometri più avanti, ci imbattiamo per caso nella diga delle Chutes de la Chaudière, e siccome oggi non andiamo di corsa optiamo per una deviazione: torniamo indietro di qualche chilometro e ci fermiamo nel parcheggio, immerso nel giallo e arancione di betulle e aceri. Un bel percorso in legno con scalinate e comode passerelle ci conduce fino al letto roccioso del fiume, e poco più avanti al ponte sospeso per ammirare le cascate in tutta la loro potenza. Non sono più alte di 30 metri, a guardarle, ma sono impetuose.
Mi faccio prendere dal panico per attraversare il ponte sospeso e dondolante, ma la vista è magnifica. Questi colori poi, rendono tutto così magico e autunnale! Sfido che qui in Canada la festa di Halloween sia così radicata da occupare un mese e mezzo di addobbi anche in giro per le piazze delle città: l'autunno è davvero una stagione che avevo sottovalutato, e finalmente sembro vederla per la prima volta.
Riprendiamo la marcia con calma, ci fermiamo a mangiare e alle 16.30 siamo ai bordi di Montréal, costeggiando il fiume San Lorenzo. E parte il “Cos’è quello? E quello? Guarda quello là!” che porta a una ricerca frenetica dei luoghi di interesse su Google Maps. Arriviamo in campeggio a Mercier, località a sud ovest di Montréal nonché appoggio per le prossime 3 notti. La tipa alla reception è molto cordiale, la nostra piazzola full hookups è la prima a fianco all’ufficio e ai bagni. Comodissima per le nostre esigenze e anche per la connessione Wi-Fi!
Non è tardi, quindi passiamo quasi tre ore a pianificare le nostre prossime 48 ore in questa città enorme.
Martedì 24 ottobre - km 37335
da Mercier a Montréal (e ritorno!)
Stamattina di buon’ora stacchiamo tutti i tubi collegati al camper e ci avventuriamo con il nostro mezzo fino al capolinea della metro n.1 (la verde), Angrignon. Abbiamo optato per il “metodo Malaga” ancora una volta, poiché dal campeggio non ci sono mezzi vicini e comodi per raggiungere Montréal. Purtroppo, dopo mezz’ora, arrivati all’enorme parcheggio scopriamo che è a pagamento e costa pure salato.Assurdo che intorno a un luogo di interscambio non ci sia nulla di gratuito, del resto i mezzi pubblici servirebbero per decongestionare il traffico. Tentiamo la zona commerciale, ma anche quella ha cartelli di divieto di parcheggio a i non clienti… e il nostro pacchianissimo camper non passa inosservato. Ob torto collo, decidiamo la soluzione più rapida per non rischiare di perdere due ore cercando parcheggi che sarebbero comunque lontanissimi. Regaliamo i nostri 15 CAD alle casse di Montréal e facciamo i biglietti illimitati per i mezzi pubblici a 21 CAD per 3 giorni (tanto, il giornaliero per due giorni di fila in proporzione ci costerebbe di più). Appena arrivati a Champ de Mars, sulla linea arancione, la prima cosa che vediamo è il Cloche de Saint Saveur, campanile unico baluardo rimasto da un’antica chiesa che prevedeva la costruzione del moderno ospedale. Poco più avanti, scendendo verso ilquartiere della Vecchia Montréal, troviamo il Marché Bonsecours, ex mercato coperto che ha perso l’autenticità a favore di un moderno polo turistico e commerciale in una cornice pur sempre di metà Ottocento. Al vecchio porto, insieme alle poche barche rimaste attaccate ai piccoli moli, troviamo anche la ruota panoramica di 60 m, costruita apposta per essere un belvedere sulla città vecchia, e poco più avanti la Tour de l’Horloge, eretta nel 1922 in memoria dei mercanti marinai morti durante la prima guerra mondiale. Dall’estremità raggiungibile a piedi c’è una vista molto variegata sulla città di Montreal, dove onestamente il contrasto tra il vecchio e il nuovo è un cazzotto in un occhio. Sarà che il bacino attorno al molo della ruota panoramica è asciutto, sarà che le pozze stagnanti attirano una marea di moscerini, sarà la luce di un ennesimo cielo nuvoloso, ma finora questo posto non sembra entusiasmarmi neanche un po’. Nel complesso, questa prima mattinata ha mostrato Montréal sotto la sua veste di città portuale, con gru e impalcature che le donano sicuramente meno della bellezza che credevo. Tante zone del porto sono perlopiù torrette che sembrano bruciate, pontili di ferro, scheletri senza vita, che contribuiscono a dare a questa città un’aria trasandata.Raggiungiamo Place Jacques Cartier, cuore della cita vecchia, con l’Hotel de Ville, il monumento a Nelson e il vecchio Palazzo di Giustizia, inaugurato nel 1858 e diventato la sede e il quartiere generale del comitato organizzatore dei giochi olimpici del 1976. Arriviamo alla Basilica di Notre-Dame di fronte a Place des Armes… e guarda caso incartata per lavori. Optiamo quindi per fermarci a mangiare il nostro pranzetto al sacco mentre ascoltiamo una ragazza con la fisarmonica che canta tristissime canzoni francesi, e in un attimo sembra davvero di essere in Francia, in quei quartieri tristi malinconici tanto cari alla tradizione dell’Ottocento. Arriviamo a Place Royale e giriamo per il Grand Quai, da cui in effetti si gode una bella vista dello skyline della città più popolosa del Québec, tra l’altro molto variegato. L’idea iniziale era quella di prendere i biglietti per la Observation Tower (talmente recente che su Google Maps appare ancora come un enorme cantiere in costruzione, infatti è stata inaugurata appena sei mesi fa). La sua particolarità sta nell’essere quasi interamente in vetro, con una struttura asimmetrica che si erge 65 metri dal suolo e permette un ottimo panorama. Peccato che sia aperta solo il sabato e la domenica. Quando si dice la sfiga, tanto per cambiare! Sconfitti e sconsolati, facciamo un po’ di foto al grazioso benvenuto alle lettere cubitali “BONJOUR MONTRÉAL” da cui almeno si ha una panoramica d'insieme sulla città. Torniamo poi indietro a Square Victoria dove troneggia l’ingresso della metro tipico dell’architetto francese Hector Grimaud, il maggior esponente di Art Nouveau di inizio Novecento in Francia. Avete presente gli ingressi in ferro battuto con scritto “métropolitain” di Parigi? Ecco, sono opera sua! Anzi, a queste decorazioni dedicò una dozzina d’anni, dal 1900 in avanti. Diciamo che Montréal, scopiazzando dai parenti più famosi, ne ha realizzata una commemorativa negli ani Sessanta, come omaggio agli ingegneri francesi che vennero dall'Europa per aiutare a costruire le linee metropolitane. Imbocchiamo il sottopasso e mi divido dai miei che tornano con la linea arancione verso la stazione di scambio per Angrignon, io vado dalla parte opposta per cercare i murales di Boulevard Saint Laurent. Se non fosse che, dopo la prima fermata, una voce annuncia l’interruzione del servizio della linea arancione causa guasto. Così, io verso un capolinea e loro verso il capolinea opposto, ci ritroviamo a comunicare via WhatsApp: loro aspetteranno nella metro che il servizio riprenda tra una mezz’ora, e io metto in moto i piedi e raggiungo il grosso vialone attraversando il quartiere di Chinatown. Sempre pittoresco.
Martedì 24 ottobre - km 37335
da Mercier a Montréal (e ritorno!)
Stamattina di buon’ora stacchiamo tutti i tubi collegati al camper e ci avventuriamo con il nostro mezzo fino al capolinea della metro n.1 (la verde), Angrignon. Abbiamo optato per il “metodo Malaga” ancora una volta, poiché dal campeggio non ci sono mezzi vicini e comodi per raggiungere Montréal. Purtroppo, dopo mezz’ora, arrivati all’enorme parcheggio scopriamo che è a pagamento e costa pure salato.Assurdo che intorno a un luogo di interscambio non ci sia nulla di gratuito, del resto i mezzi pubblici servirebbero per decongestionare il traffico. Tentiamo la zona commerciale, ma anche quella ha cartelli di divieto di parcheggio a i non clienti… e il nostro pacchianissimo camper non passa inosservato. Ob torto collo, decidiamo la soluzione più rapida per non rischiare di perdere due ore cercando parcheggi che sarebbero comunque lontanissimi. Regaliamo i nostri 15 CAD alle casse di Montréal e facciamo i biglietti illimitati per i mezzi pubblici a 21 CAD per 3 giorni (tanto, il giornaliero per due giorni di fila in proporzione ci costerebbe di più). Appena arrivati a Champ de Mars, sulla linea arancione, la prima cosa che vediamo è il Cloche de Saint Saveur, campanile unico baluardo rimasto da un’antica chiesa che prevedeva la costruzione del moderno ospedale. Poco più avanti, scendendo verso ilquartiere della Vecchia Montréal, troviamo il Marché Bonsecours, ex mercato coperto che ha perso l’autenticità a favore di un moderno polo turistico e commerciale in una cornice pur sempre di metà Ottocento. Al vecchio porto, insieme alle poche barche rimaste attaccate ai piccoli moli, troviamo anche la ruota panoramica di 60 m, costruita apposta per essere un belvedere sulla città vecchia, e poco più avanti la Tour de l’Horloge, eretta nel 1922 in memoria dei mercanti marinai morti durante la prima guerra mondiale. Dall’estremità raggiungibile a piedi c’è una vista molto variegata sulla città di Montreal, dove onestamente il contrasto tra il vecchio e il nuovo è un cazzotto in un occhio. Sarà che il bacino attorno al molo della ruota panoramica è asciutto, sarà che le pozze stagnanti attirano una marea di moscerini, sarà la luce di un ennesimo cielo nuvoloso, ma finora questo posto non sembra entusiasmarmi neanche un po’. Nel complesso, questa prima mattinata ha mostrato Montréal sotto la sua veste di città portuale, con gru e impalcature che le donano sicuramente meno della bellezza che credevo. Tante zone del porto sono perlopiù torrette che sembrano bruciate, pontili di ferro, scheletri senza vita, che contribuiscono a dare a questa città un’aria trasandata.Raggiungiamo Place Jacques Cartier, cuore della cita vecchia, con l’Hotel de Ville, il monumento a Nelson e il vecchio Palazzo di Giustizia, inaugurato nel 1858 e diventato la sede e il quartiere generale del comitato organizzatore dei giochi olimpici del 1976. Arriviamo alla Basilica di Notre-Dame di fronte a Place des Armes… e guarda caso incartata per lavori. Optiamo quindi per fermarci a mangiare il nostro pranzetto al sacco mentre ascoltiamo una ragazza con la fisarmonica che canta tristissime canzoni francesi, e in un attimo sembra davvero di essere in Francia, in quei quartieri tristi malinconici tanto cari alla tradizione dell’Ottocento. Arriviamo a Place Royale e giriamo per il Grand Quai, da cui in effetti si gode una bella vista dello skyline della città più popolosa del Québec, tra l’altro molto variegato. L’idea iniziale era quella di prendere i biglietti per la Observation Tower (talmente recente che su Google Maps appare ancora come un enorme cantiere in costruzione, infatti è stata inaugurata appena sei mesi fa). La sua particolarità sta nell’essere quasi interamente in vetro, con una struttura asimmetrica che si erge 65 metri dal suolo e permette un ottimo panorama. Peccato che sia aperta solo il sabato e la domenica. Quando si dice la sfiga, tanto per cambiare! Sconfitti e sconsolati, facciamo un po’ di foto al grazioso benvenuto alle lettere cubitali “BONJOUR MONTRÉAL” da cui almeno si ha una panoramica d'insieme sulla città. Torniamo poi indietro a Square Victoria dove troneggia l’ingresso della metro tipico dell’architetto francese Hector Grimaud, il maggior esponente di Art Nouveau di inizio Novecento in Francia. Avete presente gli ingressi in ferro battuto con scritto “métropolitain” di Parigi? Ecco, sono opera sua! Anzi, a queste decorazioni dedicò una dozzina d’anni, dal 1900 in avanti. Diciamo che Montréal, scopiazzando dai parenti più famosi, ne ha realizzata una commemorativa negli ani Sessanta, come omaggio agli ingegneri francesi che vennero dall'Europa per aiutare a costruire le linee metropolitane. Imbocchiamo il sottopasso e mi divido dai miei che tornano con la linea arancione verso la stazione di scambio per Angrignon, io vado dalla parte opposta per cercare i murales di Boulevard Saint Laurent. Se non fosse che, dopo la prima fermata, una voce annuncia l’interruzione del servizio della linea arancione causa guasto. Così, io verso un capolinea e loro verso il capolinea opposto, ci ritroviamo a comunicare via WhatsApp: loro aspetteranno nella metro che il servizio riprenda tra una mezz’ora, e io metto in moto i piedi e raggiungo il grosso vialone attraversando il quartiere di Chinatown. Sempre pittoresco.
Proseguo dunque sul Boulevard alla ricerca di qualche murales degno di nota, diciamo che gironzolo un po’ a caso, ma niente cattura la mia attenzione. Nel frattempo il guasto ritarda la ripresa del servizio, con il crepuscolo salgo a Saint Laurent, sulla linea verde, e con una fermata arrivo a McGill. Si sta facendo buio ma la città regala il suo profilo buono, con le luci dei grattacieli che si accendono tutte insieme.I miei intanto optano per scendere dalla metro ferma e raggiungere a piedi Peel, linea verde. A questo punto siamo più vicini di quanto sembri e ci veniamo incontro a vicenda, ma non prima di aver fotografato, per puro caso, la Foule Illuminée davanti al massiccio e lucidissimo edificio di FieraCapital. Sicuramente torneremo domani con la luce del giorno.
Ci ritroviamo dunque tutti a Peel e saltiamo sulla metro per Angrignon, abbastanza esausti. Riprendiamo il camper fino al campeggio, riattacchiamo i cavi e i tubi del nostro full hookups, ci facciamo una doccia veloce e dopo cena passiamo la serata a documentarci sulle metropolitane nel mondo!
Giovedì 26 ottobre - km 37415
da Mercier a Toronto
giorni di viaggio: 38
Mercoledì 25 ottobre - km 37378
Montréal
Stamattina, dopo una notte di diluvio universale, optiamo di nuovo per il “metodo Malaga”, nonostante questo significhi spendere altri 15 CAD per il parcheggio. Ma la comodità di scendere dal camper ed essere già nella metro, è impagabile! Dunque ripartiamo da Angrignon, sulla linea verde: la giornata tra l’altro è dedicata a diversi punti d’interesse su questa linea metropolitana, quindi molto comoda.
Iniziamo subito dalla fermata metropolitana di Bonaventure, sulla linea arancione, che ci porta a cento metri dall’Église Anglicaine de St. George, e di seguito a Place du Canada, con scoiattoli amichevoli e una corona di grattacieli che, complice un raggio di sole, hanno una gonnellina di alberi rossi. Raggiungiamo anche la Cattedrale di Santa Maria del Mondo, bellissima con le sue cupole verde rame. Assistiamo anche in diretta a una macchina che per parcheggiare se ne incolla un’altra, e anziché fare come in Italia, che il proprietario dell’auto incriminata scappa, questo lascia tutti quanti i dati per potersi far contattare. Proprio come in Italia.
Prendiamo la metro nel senso opposto, raggiungiamo di nuovo McGill sulla linea verde e porto la Vergara a vedere l’installazione della Folla Illuminata davanti all’avveniristico centro fiere. Realizzata nel 1985, in poliestere da Raymond Mason, simboleggia come la luce sia sinonimo di redenzione. Illuminati da uno spettacolo, un incendio, un ideale, i personaggi sono rischiarati orizzontalmente, ma la luce si disperde progressivamente nella folla, e dove diminuisce il sentimento si degrada: la violenza al fondo di tutta la folla dimostrando la fragilità della nostra specie. Torniamo sulla metro della linea verde e la prendiamo per raggiungere Pie IX, fermata realizzata i giochi olimpici degli anni 70. E si vede: è estremamente curata! Soprattutto, appena usciti, ci troviamo davanti l’Esplanade du Parc Olimpique con il futuristico stadio dalla struttura inconfondibile. Diversi i padiglioni, tra i quali il più rappresentativo è il Biodome, ex spazio sportivo riorganizzato per ospitare questo ricco museo che riproduce i cinque ecosistemi delle Americhe. Arriviamo alla fermata di Viau, subito oltre Pie IX, e da qui riprendiamo di nuovo la la metro sulla linea verde per scendere a Barri-Uqam, dove incrociamo la linea gialla per una fermata a Jean Drapeau, spazio verde sull’l’Île de Sainte-Helène, isolotto del fiume San Lorenzo.
Degne nota qui, l’immensa Esplanade affacciata sul fiume con un magnifico belvedere della skyline completa di Montréal e sedie adirondack (in perfetto stile canadese e americano) per godersi il panorama, e la Biosphère subito dietro la stazione della metro, un museo dedicato all'ambiente e ospitato nell'ex padiglione degli Stati Uniti costruito per l'Expo 67. La sua particolarità è l’essere inserito in una enorme sfera di rete, indubbiamente scenografica. Ci sediamo un po’ ad ammirare gli ultimi raggi di questo pomeriggio nella più grande metropoli francofona in Canada, poi riprendiamo di nuovo la metro (oggi abbiamo di certo ammortizzato il costo del biglietto!) per tornare ad Angrignon e riprendere il camper. Ci fermiamo anche a mettere benzina, l’ultimo pieno, e ci dirigiamo al campeggio. Il sole è calato, e ciò significa una sola cosa: lavare i capelli e asciugarli con la corrente a 110V.
Addio mondo crudele.Giovedì 26 ottobre - km 37415
da Mercier a Toronto
Oggi tappa intensa di trasferimento: partiamo verso le 8.30 e in serata saremo all’Indian Line Campground, mezzora fuori dal nucleo urbano di Toronto. Durante gli oltre 500 chilometri troveremo nebbia, pioviggine e un Walmart dove prendere le ultimissime derrate alimentari, tipo pane e una bottiglia di root bier, bevanda dal retrogusto di chiodi di garofano che ricorda lo studio dentistico (la radice da cui si estrae l’essenza si chiama sassofrasso, e a noi fa tanto ridere!). Alle 17.30 arriviamo al campeggio, ci sistemiamo e iniziamo a studiare il metodo più rapido e meno dispendioso per raggiungere il Downtown.
Anche se non sembra ci siano soluzioni comode.
Venerdì 27 ottobre - km 37955
Venerdì 27 ottobre - km 37955
Toronto
Stamattina, dopo una serata passata a fare congetture sperando di trovare informazioni per poter spendere il meno possibile, arriviamo alla conclusione che tra l’autobus extraurbano e il GO Train che dobbiamo prendere per arrivare in centro spenderemmo comunque di più che con Uber, mettendoci almeno il doppio del tempo. E così, alla fine, optiamo per il male minore: subito fuori dal campeggio chiamiamo un Uber che arriva in 90 secondi e ci bastano 20 minuti per arrivare al capolinea della metro Kipling, sulla linea verde.
Alla macchinetta automatica compriamo il nostro biglietto giornaliero della linea TTC del downtown (13,50 CAD) e siamo pronti a mangiarci la città. Cambiamo a St. George con la linea gialla e decidiamo di giocarci la prima cartuccia scendendo a Union Station, in pieno centro. Da lì, la prima cosa che ci appare davanti è sicuramente l’imponente CN Tower, con i suoi oltre 500 metri d’altezza. Praticamente una montagna! Il babbo scalpita per andare a vedere il museo ferroviario accanto. Ma tutto è immenso qui, i grattacieli svettano con i loro vetri specchiati e si riflettono l’un l’altro grazie a questa inaspettata bava di sole. Dopo essere stati controllati come l’aeroporto e averci aperto gli zaini, aver pagato 157 CAD Per tre biglietti di cui due senior fino allo SkyPod, avere attraversato l’angolo delle foto che costano centordici dollari, arriviamo a Main Observation Level con l’ascensore. La bellezza di un panorama moderno non tarda ad arrivare. Immobile sul bordo di una piattaforma a vetri, a circa 350 metri di altezza, cerco di riempirmi gli occhi più possibile di tutta questa meraviglia, non certo perché i grattacieli siano la cosa più bella del mondo, ma perché da quassù l’intero Downtown di Toronto sembra un plastico. Persino questi giganti di vetro e acciaio diventano piccolissimi al cospetto della CN Tower, e io abbraccio con uno sguardo lo spettacolo. Va ricordato che, di fatto, questa torre è la più alta dell’emisfero settentrionale, seconda solo a Burij Khalifa, negli Emirati Arabi. Davvero notevole, a dimostrazione che anche l’uomo, se si impegna, può fare qualcosa di decente. Dopo essere saliti anche allo SkyPod a 450 metri dal suolo e aver camminato su una fettina di pavimento di vetro, scendiamo. È già ora di pranzo, dopodiché ci separiamo dal babbo che, felice come i bambini, si butta al museo ferroviario antistante. Io e Vergara andiamo verso il Waterfront per qualche foto alla CN Tower da un’altra prospettiva, e prendiamo il tram che ci riporta a Union Station, da dove riprendiamo un pezzo di metro gialla per la fermata Museum, dove il Royal Museum of Ontario, inserito in un edificio di forme Ottocento, sarebbe completamente anonimo se non fosse per il moderno padiglione dalle forme spigolose e dalle vetrate uniformi. Attraversiamo Queen’s Park con le sue statue commemorative e l’Ontario Legislative Library con annesso ufficio legislativo presidiato da guardie in divisa. Recuperiamo il babbo a Queen’s Park, facciamo un pit stop al bagno di un centro commerciale e torniamo in metro. Raggiungiamo la fermata Osgoode, e da lì Nathan Phillip Square, con il vecchio e il nuovo municipio e, soprattutto la fotografatissima scritta “TORONTO”. Sulla piazza, sebbene sia transennata e la piscina all’interno sia ovviamente vuota (tanto in questo viaggio abbiamo avuto una sfiga allucinante!), c’è parecchia gente. Innegabilmente, questa corona di edifici specchiati che attorniano la piazza fanno la loro scena. Risaliamo a bordo di un bus verso Wellington Street, e oggi possiamo dire di aver ammortizzato il biglietto giornaliero! Sui bus a Toronto ci sono le prese usb sotto ai sedili per ricaricare i cellulari, secondo me perché per fare una fermata ci mettono talmente tanto che almeno ci si consola ricaricando i propri dispositivi. Ovviamente, comunque, Toronto non è solo grattacieli specchiati e vita che vibra, ma anche gente disperata che vive sotto i ponti, che dorme sulle panchine e dà in escandescenza senza motivo sul bus. Scendiamo ai bordi del quartiere di Old Town: all’angolo, sotto un reticolato di fili del tram, sbuca la St. James Cathedral, sede della più antica congregazione della città. Quando fu aperta al pubblico nel 1853 era la più grande cattedrale di Toronto: conserva linee architettoniche neogotiche di grande valore, decorazioni in marmo e ampie vetrate colorate che catturano subito l’attenzione. Lo stile fu esportato dal Regno Unito, e per noi che veniamo dall’Europa questo risulta abbastanza evidente! Purtroppo è già chiusa, al nostro arrivo, quindi optiamo per un tentativo di visita domani. Sul finire del giorno, raggiungiamo il Goodheram Building, di chiara ispirazione newyorkese. La sua forma infatti ricorda l’altrettanto famoso Flatiron Building. Sul lato posteriore, che si affaccia su un grazioso parco, c’è anche una specie di trompe d’oeuil molto pittoresco. Ormai è crepuscolo, suggerisco di arrivare di nuovo a Union Station per prendere il tram 509 per il Waterfront e andare a vedere le luci dei grattacieli, con posizione d’eccezione per la CN Tower. Ovviamente gli spostamenti ci portano via un po’ di tempo, e quando riemergiamo lungo il lago (non dimentichiamoci che siamo sull’Ontario), la città è buia e ha già messo in scena il suo spettacolo colorato.
Qualche minuto per le foto, e riprendiamo un 510 verso Spadina Station, sulla linea verde, per evitare di cambiare metro. Arriviamo a Kipling, capolinea da cui siamo partiti stamattina, alle 20.30: ci abbiamo messo una vita. Contatto subito un Uber, e vado così di fretta che mi geolocalizzo male e il povero cristo deve pure aspettarci qualche minuto mentre corriamo da una parte all’altra del padiglione della metro. Arriviamo lunghissimi in campeggio, mangiamo al volo e ci mettiamo in relax. Oggi è stata una giornata decisamente lunga.
Sabato 28 ottobre
Toronto
Alla fine, la soluzione Uber è stata la migliore decisione che potessimo prendere, e oggi ripetiamo! Torniamo a Kipling, metro verde, e ce ne andiamo verso il centro. Tra l’altro, appena salita in metro una signora asiatica e un indiano mi chiedono informazioni: quando sono in viaggio mi capita spesso, chissà se ho la faccia da ausiliario urbano. Il tour stavolta parte da Casa Loma, poco oltre la fermata Dupont della linea gialla. Stranamente è una bella mattinata, il quartiere che attraversiamo per raggiungere Casa Loma è palesemente figlio della fine del XIX Secolo.La stessa Villa era una visione romantica dell’industriale Henry Pellatt, che fece la sua fortuna portando la corrente delle cascate del Niagara per elettrificare le strade e le case di Toronto. All’inizio del novecento, quando Pellatt e sua moglie vennero ad abitare ad abitare qui, Casa Loma era una delle più grandi residenze del Nord America.Purtroppo, una decina di anni più tardi, l'imprenditore si trovò a dover abbandonare la residenza a causa di grossi problemi finanziari. Più avanti, lungo la stessa via, troviamo un altro stabile risalente allo stesso periodo, una sorta di sede distaccata di casa Loma che oggi ospita un museo di automobili e che originariamente era una super lussuosa stalla. Riprendiamo la metro e poi il bus per tornare a visitare la St. James Church Cathedral. Passiamo qualche ora così, passeggiando lungo le vie per respirare un po’ di atmosfera canadese nel nostro ultimo giorno, ci concediamo un zozzissimo snack con patatine sotto il municipio, e tra manifestazioni, lavori sulle strade, interruzioni metropolitane, raggiungiamo di nuovo Reese Quay con il lungolago. C’è tanta gente, passeggiamo tra gli alberi del parco, pestando il tappeto di foglie rosse: il cielo di questo ultimo pomeriggio è inaspettatamente sereno e azzurro come non è mai stato durante le nostre lunghe settimane settimane in Canada, quindi ancora una volta cerco di abbracciare con lo sguardo la variegata skyline sulla quale la CN Tower svetta a mani basse. Tira un vento freddo, meno male che stamattina ho messo il berretto di lana, ma è una giornata unica. mi viene da chiedermi perché questo paese non mi abbia regalato altre giornate così belle belle. Forse perché sa che stiamo partendo, dimostrandoci che non ci voleva sin dall’inizio.
Alla macchinetta automatica compriamo il nostro biglietto giornaliero della linea TTC del downtown (13,50 CAD) e siamo pronti a mangiarci la città. Cambiamo a St. George con la linea gialla e decidiamo di giocarci la prima cartuccia scendendo a Union Station, in pieno centro. Da lì, la prima cosa che ci appare davanti è sicuramente l’imponente CN Tower, con i suoi oltre 500 metri d’altezza. Praticamente una montagna! Il babbo scalpita per andare a vedere il museo ferroviario accanto. Ma tutto è immenso qui, i grattacieli svettano con i loro vetri specchiati e si riflettono l’un l’altro grazie a questa inaspettata bava di sole. Dopo essere stati controllati come l’aeroporto e averci aperto gli zaini, aver pagato 157 CAD Per tre biglietti di cui due senior fino allo SkyPod, avere attraversato l’angolo delle foto che costano centordici dollari, arriviamo a Main Observation Level con l’ascensore. La bellezza di un panorama moderno non tarda ad arrivare. Immobile sul bordo di una piattaforma a vetri, a circa 350 metri di altezza, cerco di riempirmi gli occhi più possibile di tutta questa meraviglia, non certo perché i grattacieli siano la cosa più bella del mondo, ma perché da quassù l’intero Downtown di Toronto sembra un plastico. Persino questi giganti di vetro e acciaio diventano piccolissimi al cospetto della CN Tower, e io abbraccio con uno sguardo lo spettacolo. Va ricordato che, di fatto, questa torre è la più alta dell’emisfero settentrionale, seconda solo a Burij Khalifa, negli Emirati Arabi. Davvero notevole, a dimostrazione che anche l’uomo, se si impegna, può fare qualcosa di decente. Dopo essere saliti anche allo SkyPod a 450 metri dal suolo e aver camminato su una fettina di pavimento di vetro, scendiamo. È già ora di pranzo, dopodiché ci separiamo dal babbo che, felice come i bambini, si butta al museo ferroviario antistante. Io e Vergara andiamo verso il Waterfront per qualche foto alla CN Tower da un’altra prospettiva, e prendiamo il tram che ci riporta a Union Station, da dove riprendiamo un pezzo di metro gialla per la fermata Museum, dove il Royal Museum of Ontario, inserito in un edificio di forme Ottocento, sarebbe completamente anonimo se non fosse per il moderno padiglione dalle forme spigolose e dalle vetrate uniformi. Attraversiamo Queen’s Park con le sue statue commemorative e l’Ontario Legislative Library con annesso ufficio legislativo presidiato da guardie in divisa. Recuperiamo il babbo a Queen’s Park, facciamo un pit stop al bagno di un centro commerciale e torniamo in metro. Raggiungiamo la fermata Osgoode, e da lì Nathan Phillip Square, con il vecchio e il nuovo municipio e, soprattutto la fotografatissima scritta “TORONTO”. Sulla piazza, sebbene sia transennata e la piscina all’interno sia ovviamente vuota (tanto in questo viaggio abbiamo avuto una sfiga allucinante!), c’è parecchia gente. Innegabilmente, questa corona di edifici specchiati che attorniano la piazza fanno la loro scena. Risaliamo a bordo di un bus verso Wellington Street, e oggi possiamo dire di aver ammortizzato il biglietto giornaliero! Sui bus a Toronto ci sono le prese usb sotto ai sedili per ricaricare i cellulari, secondo me perché per fare una fermata ci mettono talmente tanto che almeno ci si consola ricaricando i propri dispositivi. Ovviamente, comunque, Toronto non è solo grattacieli specchiati e vita che vibra, ma anche gente disperata che vive sotto i ponti, che dorme sulle panchine e dà in escandescenza senza motivo sul bus. Scendiamo ai bordi del quartiere di Old Town: all’angolo, sotto un reticolato di fili del tram, sbuca la St. James Cathedral, sede della più antica congregazione della città. Quando fu aperta al pubblico nel 1853 era la più grande cattedrale di Toronto: conserva linee architettoniche neogotiche di grande valore, decorazioni in marmo e ampie vetrate colorate che catturano subito l’attenzione. Lo stile fu esportato dal Regno Unito, e per noi che veniamo dall’Europa questo risulta abbastanza evidente! Purtroppo è già chiusa, al nostro arrivo, quindi optiamo per un tentativo di visita domani. Sul finire del giorno, raggiungiamo il Goodheram Building, di chiara ispirazione newyorkese. La sua forma infatti ricorda l’altrettanto famoso Flatiron Building. Sul lato posteriore, che si affaccia su un grazioso parco, c’è anche una specie di trompe d’oeuil molto pittoresco. Ormai è crepuscolo, suggerisco di arrivare di nuovo a Union Station per prendere il tram 509 per il Waterfront e andare a vedere le luci dei grattacieli, con posizione d’eccezione per la CN Tower. Ovviamente gli spostamenti ci portano via un po’ di tempo, e quando riemergiamo lungo il lago (non dimentichiamoci che siamo sull’Ontario), la città è buia e ha già messo in scena il suo spettacolo colorato.
Qualche minuto per le foto, e riprendiamo un 510 verso Spadina Station, sulla linea verde, per evitare di cambiare metro. Arriviamo a Kipling, capolinea da cui siamo partiti stamattina, alle 20.30: ci abbiamo messo una vita. Contatto subito un Uber, e vado così di fretta che mi geolocalizzo male e il povero cristo deve pure aspettarci qualche minuto mentre corriamo da una parte all’altra del padiglione della metro. Arriviamo lunghissimi in campeggio, mangiamo al volo e ci mettiamo in relax. Oggi è stata una giornata decisamente lunga.
Sabato 28 ottobre
Toronto
Alla fine, la soluzione Uber è stata la migliore decisione che potessimo prendere, e oggi ripetiamo! Torniamo a Kipling, metro verde, e ce ne andiamo verso il centro. Tra l’altro, appena salita in metro una signora asiatica e un indiano mi chiedono informazioni: quando sono in viaggio mi capita spesso, chissà se ho la faccia da ausiliario urbano. Il tour stavolta parte da Casa Loma, poco oltre la fermata Dupont della linea gialla. Stranamente è una bella mattinata, il quartiere che attraversiamo per raggiungere Casa Loma è palesemente figlio della fine del XIX Secolo.La stessa Villa era una visione romantica dell’industriale Henry Pellatt, che fece la sua fortuna portando la corrente delle cascate del Niagara per elettrificare le strade e le case di Toronto. All’inizio del novecento, quando Pellatt e sua moglie vennero ad abitare ad abitare qui, Casa Loma era una delle più grandi residenze del Nord America.Purtroppo, una decina di anni più tardi, l'imprenditore si trovò a dover abbandonare la residenza a causa di grossi problemi finanziari. Più avanti, lungo la stessa via, troviamo un altro stabile risalente allo stesso periodo, una sorta di sede distaccata di casa Loma che oggi ospita un museo di automobili e che originariamente era una super lussuosa stalla. Riprendiamo la metro e poi il bus per tornare a visitare la St. James Church Cathedral. Passiamo qualche ora così, passeggiando lungo le vie per respirare un po’ di atmosfera canadese nel nostro ultimo giorno, ci concediamo un zozzissimo snack con patatine sotto il municipio, e tra manifestazioni, lavori sulle strade, interruzioni metropolitane, raggiungiamo di nuovo Reese Quay con il lungolago. C’è tanta gente, passeggiamo tra gli alberi del parco, pestando il tappeto di foglie rosse: il cielo di questo ultimo pomeriggio è inaspettatamente sereno e azzurro come non è mai stato durante le nostre lunghe settimane settimane in Canada, quindi ancora una volta cerco di abbracciare con lo sguardo la variegata skyline sulla quale la CN Tower svetta a mani basse. Tira un vento freddo, meno male che stamattina ho messo il berretto di lana, ma è una giornata unica. mi viene da chiedermi perché questo paese non mi abbia regalato altre giornate così belle belle. Forse perché sa che stiamo partendo, dimostrandoci che non ci voleva sin dall’inizio.
Risaliamo con il tram n.510 lungo Spadina Road e ci fermiamo in un paio di negozi di souvenir per gli ultimi acquisti. Nell’ordine, confondo una cassiera tra monete e banconote, risalgo sul tram e mi rovescio addosso un frappuccino di Starbucks appoggiato nel portabibite di un passeggino, riducendo il tram un lazzaretto, sporcandomi i pantaloni e anche le scarpe (tanto era il loro ultimo giorno). Arriviamo alla metro, arriviamo al capolinea, contattiamo l’ennesimo Uber che stavolta, a differenza di quelli avuti in questi due giorni, è super simpatico e chiacchierone e mi dà corda per tutto il tempo! È indiano, parla di tantissime cose, ma la prima che dice è che oggi ha scoperto che diventerà papà di una bambina, è emozionatissimo! Mi racconta del suo paese di origine, del matrimonio celebrato poco tempo fa che è durato 15 giorni e dei mille invitati, di come la società stia evolvendo e di come la sua vita sia in Canada ma il suo cuore nel suo paese di origine. Insomma, una bellissima conversazione che apre spunti di riflessione per entrambi, sulle nostre culture così opposte ma simili. Arriviamo al campeggio e mi sento il cuore più leggero, ma anche lo stomaco freddo perché la temperatura si è abbassata molto! Facciamo cena con le ultime cose in dispensa, poi partitina e nanna.
Domenica 29 ottobre
da Toronto a Bolton
Stamattina, dopo aver passato una notte molto fredda, sotto una sottile pioggia iniziamo le operazioni di svuotamento camper. Prepariamo le valigie in modo sommario, per capire quanto spazio ci manca. La mia è ovviamente oltre peso, quindi dovrò poi preoccuparmi di spostare qualche souvenir nelle valigie dei miei. Usciamo dal campeggio alle 11 dopo aver scaricato i serbatoi e, come ultima tappa (o quasi), ci avviamo allo Shri Schwaminarayan Mandir, un tempio indù a tre chilometri dal campeggio.
Edificato nel 2007, è stato costruito 18 mesi ed è composto da marmo di Carrara italiano, pietra calcarea turca e pietra rosa indiana scolpiti a mano. È il più grande del suo genere in Canada, ed è stato costruito secondo le linee guida delineate nelle antiche scritture indù. Se già da fuori fa bella mostra, il suo interno (visitabile previa garanzia di togliere le scarpe e non scattare foto!) è letteralmente mozzafiato. Mi fa venire voglia di visitare i templi del Sud-est asiatico. Usciamo e con un buon margine ci allontaniamo fuori da Toronto per raggiungere l’Halton County Radial Railway, museo tramviario che si rivelerà essere molto carino, infatti il babbo ci passerà quasi tre ore mentre io e Vergara ci dedichiamo a pulire il camper: domani mattina avremo solo da passare lo straccio per terra e poco altro. Alle 18:30 arriviamo davanti al Walmart a Bolton, ad appena due chilometri dalla sede di Cruise Canada dove consegneremo il camper domattina. Per l’ultima notte ci fermeremo qui. Entriamo a prendere una bottiglia di Coca-Cola per la serata e un paio di sacchetti di caramelle per il viaggio, e finalmente ritroviamo delle bellissime shoppers in tela con scritto “CANADA” e foglia d’acero inclusa, che avevamo visto in un Walmart a Calgary e poi mai più, e sono davvero belle: ci era venuta voglia di comprarne un po’ come souvenir già allora. Peccato che quando ci dicano il prezzo rinunciamo cordialmente.
E così si conclude anche la nostra disperata ricerca delle shoppers.
Lunedì 30 ottobre - km 38082
da Toronto a casa
Stamattina, forse per la tensione forse per l’ansia, ci svegliamo tutti prestissimo, ma rimaniamo a poltrire nei piumoni con la pioggia fuori. Finiamo di sistemare le ultime cose, e dopo colazione andiamo a riempire la bombola del propano per riconsegnare il camper come ce lo hanno dato, benché non abbiamo potuto svuotare i serbatoi causa dump station assente e campeggi chiusi. Inizio dunque le pulizie del pavimento e dei gradini mentre il driver guida nel traffico verso Pioneer gas station, dove lasciamo anche le ultime buste di spazzatura e le bottiglie vuote.
Arriviamo alla sede di CruiseCanada, parliamo con il manager dei problemi che abbiamo avuto e dell’incompetenza dell’assistenza clienti dell’azienda, tutto sommato è una brava persona e apprezziamo il tempo che ci dedica. Chiamiamo un Uber con un driver indiano molto simpatico, stipiamo i bagagli nella sua macchina risparmiando 25 dollari di veicolo XL e alle 13 arriviamo a Pearson Intl. Airport. Girovaghiamo un po’ , mangiamo qualcosina della nostra sacca di derrate alimentari, e verso tardo pomeriggio ci avviciniamo al gate.
Ultra moderno tra l’altro: la sala d’attesa ha sgabelli e poltroncine con tavoli in marmo dotato di un tablet per ogni postazione a cui poter accedere liberamente. Top. Ci imbarcano verso le 18.30, stavolta io e i miei siamo seduti a una fila di distanza. I miei “compagni di sedile” sono degli americani che vanno in crociera nel Mediterraneo e sono elettrizzati, gli dico che ameranno l’Italia e il clima. Tardiamo a partire, poi l’aereo scalda i motori: la posizione centrale mi impedisce di vedere le luci della città che scompare sotto di noi e ci lasciamo questa avventura alle spalle, non senza un pizzico di amarezza per il nostro ennesimo viaggio giunto al termine. Finalmente il decollo, poco dopo ci ingozzano con cibo dubbio e alle 22 ci addormentiamo. Il volo a ritorno dura praticamente 7 ore, di cui io ne ho passata appena una a dormire. Aspetteremo Flixbus fino alle 12.45, e riusciremo a mettere piede ciascuno nelle nostre dimore non prima dell’ora di cena.
7 ore dal Canada all'Italia.
Ultra moderno tra l’altro: la sala d’attesa ha sgabelli e poltroncine con tavoli in marmo dotato di un tablet per ogni postazione a cui poter accedere liberamente. Top. Ci imbarcano verso le 18.30, stavolta io e i miei siamo seduti a una fila di distanza. I miei “compagni di sedile” sono degli americani che vanno in crociera nel Mediterraneo e sono elettrizzati, gli dico che ameranno l’Italia e il clima. Tardiamo a partire, poi l’aereo scalda i motori: la posizione centrale mi impedisce di vedere le luci della città che scompare sotto di noi e ci lasciamo questa avventura alle spalle, non senza un pizzico di amarezza per il nostro ennesimo viaggio giunto al termine. Finalmente il decollo, poco dopo ci ingozzano con cibo dubbio e alle 22 ci addormentiamo. Il volo a ritorno dura praticamente 7 ore, di cui io ne ho passata appena una a dormire. Aspetteremo Flixbus fino alle 12.45, e riusciremo a mettere piede ciascuno nelle nostre dimore non prima dell’ora di cena.
7 ore dal Canada all'Italia.
6 ore da Roma alle Marche.
Bentornati a casa.
I numeri del viaggio
costo volo a/r x 3 pax: € 2100,00
ore totali in volo: 17
assicurazione sanitaria e annullamento viaggio: € 485,00
noleggio camper: € 4300,00
km del camper all'inizio del viaggio: 29658
km del camper alla riconsegna: 38112
km percorsi: 8454litri di benzina: 1775
Walmart visitati: 25
foto scattate: 3550