- da casa a Barcellona
Driver al volante.
Interfaccia di navigazione, sul sedile a fianco , che già inveisce contro il Garmin nuovo che funziona peggio del vecchio Tom.
Jolly/filippina/traduttrice al divanetto posteriore, con diario di bordo ecc.
Siamo di nuovo qui.
Dopo il lungo inverno passato a dormire in camper a causa del campanile lesionato dal terremoto, dopo un metro di neve, dopo il braccio rotto di mamma, abbiamo finalmente ripristinato la nostra quotidianità e salutiamo l’arrivo della primavera con un viaggetto. Destinazione… Spagna!
Né di venere né di marte. Ok. Ma nemmeno nel weekend. Lunedì, invece, bisogna riprendersi dal weekend. Insomma alla fine, quale miglior giorno per iniziare una nuova avventura? E mercoledì sia.
In realtà, la scelta è stata dettata dalle tariffe agevolate per i seniors che la Grimaldi Lines offre il mercoledì. E, come già sperimentato un paio di anni fa, imbarcandoci da Civitavecchia per Barcellona (anziché passando via terra) si risparmiano stanchezza e gomme.
Lungo la strada ne approfittiamo per fare un saluto alla ormai famosa “città che muore”, Civita di Bagnoregio. Parcheggiamo in Piazzale Battaglini, a circa un chilometro dal ponte in cemento che collega la città di Bagnoregio al borgo arroccato sulla roccia tufica, e passeggiamo fino in cima.
L’aria è fresca ed il colle, che si erge nella suggestiva valle dei calanchi, fa quasi paura, se si considera quanto lentamente scivoli piano piano lungo il suo stesso pendio portando con sé le case. I vicoli sono silenziosi e curati, piante ad ogni angolo. Piazzette da scoprire dietro ad ogni edificio di tufo, gatti e non più di tre o quattro persone nel proprio orticello. Civita conta appena sette abitanti ufficiali, mentre di turisti tutto attorno ce n’è, ma poco invadenti.
Mangiamo delle focaccine preparate da casa e girovaghiamo un po’, finché intorno alle 15 decidiamo di riscendere alla base e prepariamo il primo caffè del viaggio. Nel frattempo siamo stati avvisati via sms del ritardo complessivo di almeno due ore della nostra nave. Ormai però, essendo già on the road da un pezzo, è tardi per fermarci in qualsiasi altro luogo, quindi alle 17 e poco più siamo già a Civitavecchia.
Optiamo per spostarci qualche chilometro oltre il porto e raggiungiamo Santa Marinella, con la spiaggia delle palafitte, dove io e la mamma facciamo quattro passi sul lungomare e riusciamo anche a beccare un tramonto di fortuna sotto una fitta coltre di nuvoloni scuri.
Tirandola alla più lunga possibile, alle 19.30 siamo di nuovo al porto, e non siamo nemmeno i primi, nonostante l’imbarco non sia previsto prima di altre tre ore. Mangiamo qualcosina ed alziamo la parabola. Alla fine, dopo lunga e penosa malattia (meno male che il palinsesto Rai ci aiuta a far passare il tempo!) riusciamo a salire a bordo. Ma salpiamo solo a mezzanotte e mezzo.
Giovedì, 23 marzo 2017 – km 81139
- da Barcellona a Figueres
Finalmente ce la fecero.
Dopo un consistente ritardo di due ore, un’ulteriore perdita di tempo per lo scalo a Porto Torres di altre due ore stamattina, finalmente sbarchiamo al porto di Barcellona. E sono già le 22. I nostri compagni di viaggio ci aspettano già a Figueres e noi decidiamo di raggiungere subito l’area di sosta per essere pronti e operativi domani mattina. Percorriamo un centinaio di chilometri in autostrada (spendendo più o meno quanto spenderemmo in Italia, ma il fondo stradale è nettamente migliore!) e a mezzanotte o poco più arriviamo nel parcheggio del supermercato Esclat, e ci posizioniamo silenziosamente a fianco del camper dei nostri compagni di viaggio, che ormai saluteremo domattina.
Venerdì, 24 marzo 2017 – km 81289
- da Figueres a Girona
Dopo essere crollati come sassolini, ecco che la prima sveglia ufficiale del nostro viaggio suona.
L’ordine è sempre lo stesso: mi alzo io per andare in bagno ed il babbo chiude il letto basculante. Esco dal bagno io ed entra mamma, nel frattempo rifaccio il loro letto. Esce mamma, entra il babbo (lento come una quaresima) e nel frattempo io mi vesto e poi prepariamo la colazione. Durante il caffè, salutiamo finalmente i nostri “vicini” nonché compagni di viaggio e li facciamo salire a bordo per le chiacchiere di rito e per decidere il da farsi. Il cielo non promette nulla di buono, guarda caso, ma noi ci avventuriamo comunque verso il centro della cittadina catalana. Io ho un appuntamento con Salvador Dalì.
Nel frattempo chiaramente inizia a piovigginare, ma ho il “nano” comprato lo scorso anno da Primark e non mi spaventa nulla. Arrivo nei pressi della Cattedrale e della piazza dedicata all’artista: il cuore del museo è il vecchio teatro cittadino dove fu organizzata una delle prime esposizioni di Dalì. E' stato progettato e creato proprio dall'artista e costituisce di per sé l'oggetto surrealista più grande del mondo. Salvador Dalí definí il suo museo come un labirinto e soprattutto come "un museo assolutamente teatrale", ed effettivamente il museo sorge sulle rovine di quello che era l'antico teatro municipale della città, distrutto in un incendio alla fine della guerra civile spagnola e rimase in rovina fino agli anni Sessanta, quando l’artista catalano ed il sindaco di Figueres decisero di ristrutturarlo per farne la sede della sua collezione di dipinti e sculture.
Senza dubbio affascinante, come del resto la Libreria Surrealista a lato del museo, con ceramiche e vetri interamente realizzati a mano (il prezzo lo dimostra!) ispirati alle opere di Salvador Dalì. Orologi sciolti, ovetti, elefanti di una bellezza unica. Peccato che non posso permettermi nulla ed esco a capo chino dopo venti minuti. Nel frattempo non ha smesso mai di piovere e si è fatta l’ora di pranzo. Mi perdo ancora dieci minuti nelle viuzze pedonali e rientro alla base per un’insalatina e poco altro.
Dopo pranzo, sotto la pioggerellina che non smette, partiamo alla volta di Girona.
Chiaramente per strada scatta il primo rifornimento di gasolio, con annesse chiacchiere tra il babbo, Raniero, un catalano e un croato al distributore di benzina. Peggio delle barzellette.
Intanto non smette di piovere. Arriviamo al Parquing Vayreda – La Deversa, dove con 10€ possiamo restare 24 ore ed avere accesso a carico e scarico (che da solo costerebbe 5€). Il babbo va a chiedere informazioni alla reception, e la gentile signora “con la gamba offesa” gli spiega come funziona, gli dà la scheda per aprire il cancello fuori orario e anche una mappa della ciudad. Non so come se la sia cavata, lui che fa finta di parlare lingue a caso, ma di certo non ha avuto problemi, e torna persino con il foglio con la password della connessione internet. A questo punto vorremmo comunque uscire a fare due passi per la città, ma purtroppo la pioggia ce lo impedisce.
Il pomeriggio scorre quindi pigro, mentre i miei e gli altri organizzano la loro bisca abitudinale. Io resto a sistemare foto e lavorare al pc… e la connessione internet del parcheggio non funziona nemmeno.
Sabato, 25 marzo 2017 – km 81329
- da Girona a Platja Arrabassada
Dopo una notte piovosa e fredda, il cielo che ci accoglie non è dei migliori. Ma noi temerari stavolta non ci lasciamo abbattere e tentiamo la visita alla cittadina catalana, non fosse altro che per i soldi spesi per restare la notte. Ombrello in mano, ci lasciamo avvolgere da un vento freddo che tutto sembra tranne la Spagna, e al primo termometro vicino alla farmacia, alle nove del mattino scopriamo che ci sono appena 6°C. Con la mappa della città, ci orientiamo fin troppo bene. Il centro storico è tutto dall’altro lato del fiume Onyar, che di fatto separa la parte vecchia di Girona da quella nuova. Attraversiamo il Pont de Pedra e ci infiliamo nel grazioso centro storico di origine romana percorrendo la Rambla de la Libertat, che costeggia un lungo loggiato.
Attraverso vicoli e scalette è tutto un susseguirsi di chiese e conventi di architettura gotica e romana (prima tra tutti la Catedral, iniziata in stile gotico sulle fondamenta di un vecchio tempio di preghiera di epoca romana, terminata però solo nel XVIII secolo, quando ormai lo stile gotico era già fuori moda) fino all’antico muro di cinta che passa in mezzo a spazi verdi con alberi e piccoli angoli fioriti. Nel frattempo il vento freddo ha spazzato via un po’ di nuvole ed inaspettatamente abbiamo riposto gli ombrelli. Il sole scalderebbe, ma il vento non dà tregua e mi gela anche le ossa. Facciamo una capatina ai Banys Arabs, la cui origine è incerta ma datata approssimativamente intorno al XII secolo. Questo edificio è una riproduzione del tipico modello nordafricano in uso ai tempi in tutto il bacino del Mediterraneo, con una chiara origine araba, e fu rilevato dai Cappuccini del Monastero dell’Annunciazione intorno al Seicento, diventando quindi parte del convento di clausura. Un paio di secoli dopo, divennero famosi dopo la scissione dai padiglioni del monastero e restaurati all’inizio degli anni Trenta, quando furono aperti al pubblico. Abbiamo ancora la Basilica de Saint Feliu da visitare, quindi continuiamo a camminare fino all’omonimo ponte, che attraversiamo per costeggiare Passeig de Jose Canalejas, da dove si scorge il profilo delle coloratissime casette che si affacciano sulla sponda opposta del lungofiume.
Ritorniamo indietro passando a dare un’occhiata a Plaça de la Independencia, circondata da portici, e rientriamo alla base. Dopo il pranzo e un caffè tutti insieme, passiamo alle operazioni di scarico acque nere e grigie e carico e alle 15.30 siamo già operativi e in viaggio lungo la N340 verso Tarragona.
La strada scorre tranquilla e alle 19 siamo a destinazione, ma nello specifico non abbiamo un’area dove sostare. Nel frattempo cala il sole, e dopo un paio di giri praticamente lungo le spiagge proviamo a fermarci nei parcheggi a bordo strada di Platja Arrabassada, una caletta di poche centinaia di metri racchiusa da rilievi rocciosi. Ci sono altri camper parcheggiati, ma è pur vero che sono piccolini in confronto ai nostri, e sicuramente danno meno fastidio. Sperando che, essendo bassa stagione, nessuno passi a protestare, con la scusa che è buio optiamo per fermarci.
Il rumore del mare ci innamora.
Domenica, 26 marzo 2017 – km 81575
- da Platja Arrabassada ad Andorra
Sveglia alle 7.30 che fuori è ancora buio a causa dell’ora legale appena entrata. E già ho dormito un’ora in meno di default. Scendo per rincorrere l’alba che si fa, ancora una volta, desiderare tra le nuvolone scure del mattino, ma per fortuna introduce poi una giornata stupenda.
Mi separo dagli altri dopo colazione: dalla spiaggia al centro di Tarragona sembrano essere circa 3,5 km, percorribili attraverso un bel lungomare, quindi mi metto in cammino e dopo una mezz’oretta affiora il complesso archeologico di epoca romana che ha reso la città patrimonio dell’Unesco. Il centro storico di Tarraco, questo il nome della capitale della Hispania Citeriore ai tempi dell’Impero Romano, è circondato da muraglie risalenti al III secolo a.C. e ristrutturate nel Medioevo. Numerose le testimonianze del glorioso passato, primo tra tutti l’Amfiteatre Romà, all’interno dell’omonimo parco, con una stupenda vista sul Mediterraneo, quasi a volerlo abbracciare.
Salendo la Rambla Vella arrivo a Via dell’Imperi Romà, un boulevard di sassi di chiaro stampo romano, che apre una porta d’accesso al cuore della città.
All’interno delle mura si trova la Seu (la Cattedrale di Santa Maria), che si erge su un tempio dedicato a Giove. La presenza di elementi quali portali romanici, volte a crociera gotica e chiostri di origine romanica mostrano chiaramente la transizione da uno stile architettonico all’altro.
All’epoca medievale appartengono anche le arcate della Via Mercerìa e la Via de Cavallers. Nel frattempo ho recuperato gli altri, che hanno parcheggiato il camper fuori dal centro città presso il Poligono Industrial Francolì (non oso immaginare come abbia comunicato il babbo con il tizio di turno in divisa) e ci sono arrivati scortati dalla Protezione Civile. Bello… in Spagna ti precedono per aiutarti a trovare un parcheggio mentre in Italia non ti si filano nemmeno se sei terremotato o se stai sotto a un metro di neve.
La parte finale del tour di Tarragona prevede un giro a Plaça de la Font, in fondo alla quale spicca l’Ajuntament ed un paseo sulla Rambla Nova, dove becchiamo anche una celebrazione con la banda di Reus e una sfilata di carretti e carovane con almeno trecento figuranti in costume.
Torniamo alla base dopo esserci fermati presso un Forn de pà per un bocadillo rapido, poi caffè tutti insieme. Alle 15 siamo operativi e poco dopo abbandoniamo la Catalunya per la provincia di Aragona, dove troviamo anche il Meridiano Zero di Greenwich che passa lungo la strada e ne approfittiamo per qualche foto.
Raggiungiamo Alcaňiz, dove però non riusciamo a trovare un posto per sostare e tiriamo fino ad Andorra, poco oltre, con buona grazia dell’ora legale che finalmente ci restituisce un’ora di luce. Lì andiamo comunque a colpo sicuro (grazie a CamperContact) in Calle Estaciòn de Atocha, zona industriale tranquilla circondata da camion in sosta (sarà anche per via della domenica e dei divieti di circolazione del weekend).
Lunedì, 27 marzo 2017 – km 81757
- da Andorra ad Albarracìn
La notte è trascorsa tranquilla ma fredda, e chiaramente ci svegliamo (anzi, mi sveglio!) con la pioggia fuori. Per fortuna comunque, intorno alle 9, subito dopo colazione e terminate le operazioni di scarico acque varie (non ricarichiamo perché abbiamo acqua a sufficienza per altri due giorni, comunque la colonnina va a gettoni e non sappiamo nemmeno dove si prendano) lascia il posto ad un cielo pezzato con squarci di azzurro.
Lungo la strada ci imbattiamo nel Mirador Alloza, un punto panoramico su una vallata circondata da rocce erose e bruciate dagli incendi che sembrano quasi un canyon, e ne approfittiamo per fermarci a fare due foto. Colgo l’occasione per annotare il fatto che non è affatto caldo: la temperatura esterna si aggira intorno ai 6 gradi e noi, rientrati in camper, accendiamo anche i riscaldamenti. Come del resto facciamo da giorni! Lungo la strada il paesaggio montuoso scopre miniere abbandonate e paesini arroccati ed incastonati tra le rocce, come Montalbàn, dove ci fermiamo per il gasolio.
Mai scelta fu più azzeccata: a servirci è un’adorabile signora minuta e dall’aria molto socievole, con un giacchetto sulle spalle. Dopo le prime parole col babbo, che si esprime in un primitivo spagnolo, iniziamo a socializzare. Ci racconta del suo paesino ormai spopolato, ci dice che all’inizio di marzo la gente andava già a maniche corte e le stufe erano spente ed ora è tornato il freddo. Quando le chiedo il nome mi risponde “Dolores!” e mi tende una mano piccolissima. Gestisce la gasolinera del paese da 30 anni, lei che ormai di anni ne ha 82 ed è di una tenerezza disarmante.
La nostra destinazione della giornata è Albarracìn, piccolo paesino di un migliaio di abitanti nella provincia di Teruel (in Aragona), considerato uno dei più belli della Spagna. Il vantaggio della bassa stagione è poter parcheggiare più o meno ovunque senza avere grosse rogne, e stavolta abbiamo trovato un parcheggino a circa duecento metri dal borgo. Intanto il vento freddo sposta un po’ di nuvole, quindi il cielo si schiarisce inaspettatamente e ci lascia un discreto pomeriggio alla scoperta di questo paesino arroccato a quasi 1200 metri. L’aria resta comunque fredda, ma scoprire queste meraviglie nel bel mezzo di luoghi che non ci si aspetta di certo ripaga: il borgo conserva il suo fascino medievale, a partire dalle vie acciottolate, levigate dai secoli.
I vicoli scoprono deliziosi lampioncini dorati, insegne in legno e piccoli hotel a due stelle. Le case sono perlopiù in pietra e legno intonacato, ocra ed arancione come le tegole dei tetti e la terra rossa che circonda il borgo. Una terrazza e diversi belvedere permettono foto eccellenti, ed ammetto che ce la prendiamo proprio comoda.
Torniamo alla base poco prima delle 18, ed avendo il sole ancora alto decidiamo di fare un giretto nei dintorni a bordo del mezzo, seguendo una strada che sembra salire in montagna, fino ad arrivare ad una piccola area di parcheggio 24h, chiamata Mirador de la Escombrera. Ancora una volta inaspettatamente, ci troviamo di fronte a qualcosa di bellissimo: il Paisaje Protegido de los Pinares de Rodeno, un magnifico esempio di molteplicità di formazioni rocciose, flora e fauna. Una sorta di piccolo canyon che scopre, nel fondo della gola, un sentiero che si inerpica all’interno di una natura selvaggia. Considerando anche il sole che bacia le rocce rosse levigate dall’erosione, ci innamoriamo del paesaggio e decidiamo di fermarci qui per la notte, visto che ne abbiamo la possibilità. Sono appena le 18.30, quindi abbiamo tutto tempo di fare foto e cucinare qualcosa di civile. Al calare del sole, tornano anche vento gelido e goccioline di pioggia, e per la notte sono previsti zero gradi.
Ma che ce frega. Io metto una coperta in più e ciao.
Martedì, 28 marzo 2017 – km 81930
- da Albarracìn a Cuenca
“Vieni in Spagna”, dicevano…
Caldo e sole, ma dove?
Va bene che abbiamo dormito praticamente a 1250 metri slm, ma sarebbe anche il 28 marzo, e stamattina ci siamo svegliati con la brina sull’erba.
E inizia la famosa frase di rito: “Gira gira, sono sei giorni che siamo partiti!”
Alle 9, operativi, ripartiamo alla volta della Ciudad Encantada, un sito naturale nella regione della Castilla-La Mancha, famoso per le particolari configurazioni rocciose che, erose dalle acque del fiume Jùcar e dal vento, hanno assunto forme bizzarre assomiglianti a figure varie. La strada scorre tortuosa ma placida lungo tornanti e saliscendi di montagna fino a quota 1500 metri slm, e in alcuni punti troviamo addirittura delle linguette di neve. Il paesaggio circostante è stupendo ed il fondo stradale è pulito e morbido. Proprio come a casa nostra, direi.
Lungo il percorso ci fermiamo al Nascimiento del Tajo, a duecento metri dalla strada principale, dove non perdiamo occasioni per scattare foto al “monumento” che omaggia la nascita del fiume che arriva a Lisbona. C’è un laghetto largo appena tre o quattro metri, e dall’altra parte dello stradello un rigagnolo d’acqua che viene fuori da sotto terra ed esce tra due rocce (in verità poco più che sassi, viste le dimensioni). Vedendo questa minuscola sorgente viene da chiedersi come possa poi diventare un fiume così grande.
Proseguiamo per un’altra quarantina di chilometri, incantati dal paesaggio, e più avanti entriamo nell’area della Serranìa de Cuenca, una riserva naturale, che, nel lato a sud, scopre un bellissimo belvedere sull’Embalse de la Toba, una diga circondata da rocce stratiformi dall’ocra al rosso. E meno male che la bavettina di sole ci accompagna. E’ già mezzogiorno passato quando arriviamo al parcheggio della biglietteria della Ciudad Encantada, ma, sperando di non attardarci troppo, ci lanciamo subito nel percorso (biglietto adulto 5€. I vecchi se la cavano col biglietto “pensionista” da 4€). Il sentiero sterrato è immerso in queste imponenti formazioni rocciose, probabilmente risalenti a una decina di milioni di anni fa, in cui ognuno vede ciò che vuole (ad alcune rocce sono stati attribuiti nomi, come la Tartaruga, gli Amanti di Teruel che si rifanno ad una leggenda del XIII Secolo, le Navi, il Convento). Attinendoci al percorso e perdendo tempo a fare foto, impieghiamo un’oretta e mezza per fare il giro completo, ma è decisamente affascinante e meritava una visita.
Ripartiamo finalmente verso Cuenca,
fermandoci dapprima al camping dove supponevamo di espletare le operazioni di
carico/scarico (ma potremmo usufruire della colonnina e della griglia soltanto
qualora restassimo a dormire lì, e non ci interessa) e poi da Lidl per
pane/latte/minchiate varie. Alla fine, dopo aver girovagato un’ora per cercare
una soluzione consona per visitare la parte antica della città, optiamo per un
parcheggio al Pavellon deportivo “El
Sargal”, a circa un chilometro dall’inizio del centro storico. Tanto,
diciamo, non ci fermiamo più di un paio d’ore, e la bassa stagione ci aiuta a
non avere grane. La visita della città risulta più lunga del previsto, in un
continuo alternarsi di salite ripide e scalini.
I profili colorati delle case sbilenche donano un nonsoché di naif e caratteristico, anche se la vera chicca è il Ponte San Pablo con una meravigliosa vista sulle casas colgadas e su tutto l’anello di roccia che da secoli sostiene le abitazioni costruite sopra. La vista dal Castillo, poco più in alto, è ancora più bella. Il borgo
medievale è circondato da una natura mozzafiato, con le rocce spugnose e
levigate, somiglianti quasi al Massiccio del Montserrat, ma tendenti all’ocra
come l’arenaria, e soprattutto che ricoprono una zona molto più estesa, con una
fitta vegetazione. Complice il sole, che ci ha seguiti più o meno per tutto il
giorno alternandosi con le nuvole, i colori sono vivaci e permettono delle
bellissime foto.Ritorniamo alla base divisi a gruppi (io ho girovagato parecchio da sola) e decidiamo di restare al parcheggio anziché spostarci all’area della Playa Municipal, a due chilometri dal centro.
Domani dobbiamo assolutamente rifornirci di acqua.
E, possibilmente, scaricare la cassetta.
Mercoledì, 29 marzo 2017 – km 82056
- da Cuenca a Campo de Criptana
Anche stamattina la sveglia suona alle 7.30, ma stavolta mi trova già in piedi a sistemare il letto basculante. Dopo la colazione si parte alla ricerca di un campeggio o una qualunque area per il carico/scarico, e lentamente ci buttiamo sulla N420 in direzione Belmonte (tanta fatica per allontanarci, e poi troviamo gli stessi paesi che abbiamo nelle Marche!). Stavolta il fondo stradale fa schifo, proprio come le stradine strade secondarie in Italia, le tazze tintinnano nel lavello chiuso ed il pavimento vibra sotto i piedi.
Il paesaggio attorno, in compenso, non è male (sarà per via dei colori caldi). Fatto sta che, a parte qualche macchina, è il nulla assoluto, quindi, niente aree attrezzate, né campeggi.
Cerchiamo di non stressarci troppo
comunque, ed arriviamo al graziosissimo Castillo de Belmonte, con la sua
particolare pianta a sei torri ed i merli che ricordano le case in Belgio (non
a caso, nella costruzione c’è lo zampino di un architetto di Bruxelles!). Con
9€ e un’audioguida in italiano passiamo quasi 2 ore, e la visita risulta molto
piacevole. A mezzogiorno siamo fuori dal castello, giusto il tempo di
raggiungere Mota del Cuervo, e ci
fermiamo per pranzo sulla piana dei mulini a vento, parte dell’itinerario di
Don Chisciotte. Dopo il caffè tutti insieme, due passi e qualche foto stupida
tra i mulini e le statue in ferro dei protagonisti del famoso romanzo di
Cervantes e si riparte.
Il problema acque si fa serio. Ci fermiamo ad un distributore di benzina Repsol di Mota del Cuervo e chiediamo al “tiendarolo” se possiamo scaricare almeno le acque grigie e ricaricare. Gentilissimo, ci lascia eseguire le operazioni e non vorrebbe neanche niente, ma per cortesia decidiamo di lasciargli 5€ a nucleo familiare. Nel frattempo si avvicinano due guardias civiles e uno dei due chiede se parliamo spagnolo. Io già penso che vogliano dirci qualcosa a proposito di cosa stiamo facendo, invece viene fuori che questo vorrebbe comprarsi il camper e veniva a chiedere informazioni. Dopo due minuti interviene prontamente il babbo e chiede invece se, vista la passione del camper, la guardia civil conosce qualche area attrezzata per scaricare le acque nere, che sono ancora il problema principale. Iniziamo quindi una conversazione tutti insieme a proposito di aree che non si trovano e di dove poter scaricare, e alla fine il tipo ci dice che ci scorta, con la macchina della Guardia Civil e la collega, al terminal degli autobus poco distante, dicendo che scaricare nel tombino (se c’è) non è un problema (anche se la collega, di grado comunque inferiore, non è d’accordo). “E se non troviamo il tombino per scaricare?” chiedo. “Ne troviamo un altro… A condizione che poi posso salire a vedere il camper!” sorride lui. Siamo già amici. Come promesso, raggiungiamo il terminal, e lui scende dall’auto per controllare eventuali griglie, che non si trovano. Quindi ci solleva un tombino di gomma e ci fa cenno che possiamo a scaricare lì. E, come promesso, poi sale a bordo del camper, dove il babbo spiega tutti i funzionamenti del veicolo bestemmiando due parole di spagnolo e tre di italiano. Alla fine facciamo amicizia.
Ci racconta del suo “hobby” del vigneto, con irrigazione ecologica a costo zero gestita da un pannello solare, e dei suoi gatti che si mangiano i conigli che andrebbero a rosicchiare le viti. Alla fine, dopo un’ora buona di conversazione ci dice che, semmai ripassassimo da Mota del Cuervo, ci inviterà a bere un bicchiere del suo vino: basterà chiedere di Miguelangel Massò, che tanto lo conoscono tutti, “e io comunque non andrò in pensione prima di 10 anni!”
Che grande Miguel.
Il viaggio prosegue a El Toboso, città dell’amata Dulcinea di Don Quijote, dove parcheggiamo subito in Via José-Luis Mena, a cinquecento metri dalla piazza principale, Plaza Juan Carlos I, dove si ergono le statue in ferro battuto di Dulcinea, in piedi, e Don Quijote de La Mancha inginocchiato di fronte a lei.
Non c’è molto da vedere, a parte un paio di viuzze che non sono male e la piazza, quindi nel giro di un’oretta siamo fuori dal centro. Lasciamo il paesino della “sin par” Dulcinea per inseguire il tramonto a Campo de Criptana, presso la Sierra de los Molinos de viento, un piazzale molto simile a quello dell’ora di pranzo, ma molto più ampio. E con molti più mulini a vento!
Chiaramente, data anche la stagione, non è molto frequentato, quindi ci godiamo il silenzio (tranne per le macchine e il ristorante poco lontano) e il sole ancora alto mentre facciamo cena. Il momento più bello è il “digestivo”, quando il sole che invece scende inizia a colorare il cielo di mille sfumature ed io corro nel prato come i cani e scatto foto ai mulini al tramonto da ogni angolo… peccato che, di lì a poco, un autobus scarica cinquanta pellegrini che hanno avuto la stessa idea e il prato si riempie di gente a fare foto. Con la differenza che loro, dopo un’oretta se ne vanno...
Noi abbiamo la fortuna di restare.
Giovedì, 30 marzo 2017 – km 82208
- da Campo de Criptana a Toledo
La mattina inizia esattamente com’è finita la serata di ieri, con le foto ai mulini a vento su uno sfondo rosa. L’alba arriva al lato opposto del tramonto ma noi, da questa posizione privilegiata, abbiamo beccato entrambi.
Dopo colazione proseguiamo con calma il viaggio verso Puerto Lapice, la cittadina in cui, come Cervantes narra nel suo racconto, Don Chisciotte si fece eleggere cavaliere ed iniziò le sue avventure con il fido Sancho. Parcheggiamo in Calle Sierrecilla, in una piccola area attrezzata inaugurata giusto un paio di anni fa. Facciamo un giretto, ci incantano le piazzette caratteristiche con i cocci e gli ajulejos che si aprono dietro i portoni di edifici in calce bianca con la fascia blu sul fondo, le sculture in ferro del protagonista di Cervantes in ogni dove, la piazza principale racchiusa in una specie di edificio a due piani con ringhiere in legno laccato di rosso.
Facciamo foto, compriamo souvenirs, pane e biscotti, poi torniamo all’area e, già che ci siamo, ne approfittiamo per scaricare le varie acque e ricaricare un po’, per avere più margine. Tra l’altro, dato che è completamente gratuito, bisogna approfittarne! Percorriamo un’altra dozzina di chilometri per arrivare a Consuegra, più precisamente al sito del Castillo y Molinos de viento, che ancora una volta dominano il paese dall’alto di un colle molto pittoresco. Non essendo sicuri di poter arrivare fin sotto i mulini a vento, ci fermiamo nel primo parcheggio disponibile ai piedi della collina, in una graziosa area pic-nic con gazebo e tavoli di legno e, ancora una volta, pranziamo con vista mulini a vento. Stavolta, però, fuori dal camper! I mulini a vento di Consuegra costituiscono un complesso di 12 mulini a vento situati sul colle Calderico nei pressi dell'omonima città spagnola. Costruiti tra il XVI Secolo e il XIX Secolo, essi rappresentano il più grande complesso del genere della Castliglia-La Mancha. Dopo il caffè saliamo dunque in camper al parcheggio del Castillo e facciamo un giro lungo la suggestiva fila di mulini a vento. Curiosità: tutti i mulini sono stati ribattezzati con nomi utilizzati da Cervantes nel Don Chisciotte, ed infatti c'è anche Sancho!
Per 1,50€ entriamo anche a vedere il funzionamento del molino Rucio e compreso nel prezzo del biglietto abbiamo in omaggio una bottiglietta di acqua. Mai visto. Location stupenda, comunque, ed il tempo per fortuna ci sta aiutando molto.
Riprendiamo la strada della Mancha fermandoci giusto un’oretta (per non stare troppo fermi) ad Orgaz, a 20 km da Toledo, dove in realtà non c’è niente di più di una cattedrale (in cui entriamo a fine giro) e un castelletto visitabile fino alle 18. La cosa più bella del giro in paese, comunque, sono le due o tre piantine della città pitturate a mano su maiolica fuori dai monumenti principali.
Arriviamo a Toledo alle 18.45 e diamo un’occhiata al campeggio in cui vorremmo sostare, ma costa uno sproposito e ambiamo direzione. Costeggiamo quindi le deliziose mura cittadine che a colpo d’occhio già sembrano racchiudere una bomboniera, e ci avviciniamo al parcheggio Safont, proprio sotto le mura e adiacente al terminal dei bus, dove notiamo altri camper. Entriamo abbastanza sicuri, noncuranti del parcheggiatore dall’aria abusiva, e dopo qualche minuto ci piazziamo accanto ad un camper spagnolo. Ci presentiamo, ci scusiamo per il disturbo e chiediamo (anzi, chiedo!) informazioni. Il camperista, in viaggio da Jerez de la Frontera, mi dice che il parcheggio, punto di scambio molto frequentato, è libero, ed il tizio all’entrata cerca solo di racimolare qualcosa ma in realtà non c’è una vera regolamentazione. Ad ogni modo, a parte il traffico, è sicuro e a due passi dalla città. Dopo mezz’ora di pr (public relationsssss) io e il babbo ci congediamo e risaliamo a bordo per la cena che la vergara Interfaccia di Navigazione sta preparando.
Ci aspetta una lunga giornata domani.
Venerdì, 31 marzo 2017 – km 82353
- Toledo
La giornata alla scoperta di Toledo inizia verso le 9 e l’aria è ancora frizzantina. Conservo una mappa della città presa all’oficina de turismo di El Toboso che ci aiuta notevolmente nella prima mezz’oretta, almeno fino all’escalera mecanica che dalla Puerta de Alfonso VI ci porta fino alla Plaza de la Granija.
Torniamo alla base relativamente presto (passando per la seconda scala mobile e il Miradero) e ci dedichiamo a pianificare i prossimi due o tre giorni.
Sabato, 1 aprile 2017 – km 82353
- da Toledo a Vallecas
La prima (e probabilmente unica) tappa di oggi è Aranjuez, a 40 km da Toledo. Ci lasciamo quindi alle spalle la cittadina mancheca e alle 10, dopo aver messo gasolio a 0,98€ al Leclerc cittadino, con un cielo limpidissimo sopra di noi, arriviamo a destinazione. Parcheggiamo indisturbati a Plaza de Toros, l’aria è particolarmente fredda (nonostante ci sia il sole), ben diversa da quella tiepida di ieri. In 500 metri siamo a Plaza de la Constitucion, una piazzetta in stile quasi moderno, con l’Ayuntamiento e il Mercado de Abastos, dove ne approfitteremo più tardi per comprare le olive ai chioschetti a 4€ al kg. Ma la vera chicca di questa cittadina a 40 km da Madrid è l’immensa Plaza de San Antonio, con omonima chiesa (dove becchiamo anche un matrimonio e non perdiamo occasione per commentare gli abiti degli invitati!), e soprattutto il Palacio Real con i suoi bellissimi giardini vista Tajo.
Passiamo un paio d’ore e,
dopo pranzo, ci avviciniamo a Madrid. Ci fermiamo all’area camper Puerta José Hierro a Pinto
in Calle Sant’Anton, ampia e completa di carico/scarico. Quando scendo per
vedere le info, dal container adiacente esce un omone all’apparenza burbera che
in realtà è gentilissimo e mi spiega che il parcheggio costa 0,33€ l’ora, per
un massimo di 8€ al giorno. Noi comunque avremmo solo urgenza di scaricare le
acque nere, e lui ripete che “no hay problema”,
che dobbiamo solo prendere il biglietto alla sbarra e pagare alla taquilla all’uscita per il tempo che
abbiamo sostato (l’unico inconveniente è il pagamento con carta di credito
anche se fossero 20 centesimi). Una volta espletate le nostre operazioni, l’omone
ci informa anche che, qualora dovessimo fare rifornimento, il Leclerc lì
accanto ha un ottimo prezzo per il carburante. Insomma, alla fine il babbo si
innamora e gli lascia la bottiglia di Est Est Est di Montefiascone comprato on
the way to Civitavecchia. Il suo sorriso è una fantastica ricompensa per noi.
Dovremmo imparare a viaggiare con quattro o cinque bottiglie di vino da regalare a quelli che ci stanno simpatici nel corso dei nostri viaggi. A quest’ora ne avremmo fatte fuori almeno tre.
Peccato che non ci sia venuto in mente, nonostante abbiamo parlato proprio di vino, di regalarne una bottiglia anche a Miguelangel “Massò”, la guardia civil di Mota del Cuervo.
Arriviamo nei pressi di Valdebernardo, dove supponevamo di poter avere parcheggiare in un’area permessa ai camper, ma è pieno. Essendo ormai tardi per essere presto e presto per essere tardi, propongo un centro commerciale+Mercadona e di fermarci, magari, in un qualsiasi parcheggio di qualche grande ipermercato. Intanto, io spendo 70€ al Primark di La Gavia (mega centro commerciale dove però vado a colpo sicuro senza guardarmi troppo attorno), e dopo un’ora recupero i miei che tornano dal Mercadona. Optiamo, alla fine, per un parcheggio al lato opposto della carretera nacional nella zona di Vallecas (sobborgo di Madrid) che taglia la zona industriale. Empanadas per cena e, dopo un piccolo briefing con le mappe di Google per capire dove esattamente siamo posizionati, ci separiamo: io resto a sistemare le foto per un po’, mentre gli altri si riuniscono per la solita bisca.
Domenica, 2 aprile 2017 – km 82475
- da Vallecas a Madrid
La nostra domenica inizia così, col babbo che si tiene una mano sulla fronte a mo’ di visiera perché il sole del mattino è accecante e fastidioso per la guida, e poco oltre le 9 siamo al Camping Osuna, ad est di Madrid. Camper+3 persone senza elettricità, 30€. Ma del resto, un paio di giorni in campeggio con un po’ di calma ci vogliono. Il ragazzo alla reception (che parla anche italiano, per la gioia dei nostri compagni di viaggio), ci dà tutte le informazioni e una piccola piantina del centro della città, ma Madrid è immensa (e ci renderemo conto che in una giornata riusciamo a fare un terzo di tutto quello che potremmo vedere). Arriviamo alla fermata della metro Opéra con la L5 e subito subito ci troviamo davanti il famoso Teatro Real. Impalcato. Raggiungiamo la Plaza de Callao con l’inconfondibile Edificio Carrión, e percorriamo un tratto della Gran Via, un tripudio di hotel, uffici e giganteschi negozi luminosi ed architettonicamente molto armonici tra loro.
Arriviamo alla Puerta del Sol, talmente zeppa di gente che non si riesce a fare una foto civile perché mille teste tagliano gli edifici intorno alla piazza. In compenso finora abbiamo visto almeno una ventina di barboni e una cinquantina di zingari di ogni età chiedere l’elemosina, ma noi stavolta diamo spiccioli a tutte le maschere che incontriamo che impezzano la gente per fare foto. Ci sono Homer Simpson, la bambola assassina e Mister Bean, Super Mario e, ovviamente, le immancabili “statue, quelli talmente immobili che sembrano finti. Sì, gli spiccioli se li meritano anche loro. Ci sono anche delle coppie di "diversamente giovani" con i tradizionali abiti spagnoli che improvvisano balli, accerchiati dai tantissimi turisti.
Dopo aver camminato un po’ con un bel sole lungo Calle Mayor, ecco che finalmente, in un quadrilatero di edifici rossi, se ne sta racchiusa l’omonima Plaza Mayor.
Piena zeppa anche lei. Troppo. Talmente tanto che diventa fastidiosa. La piazza in sé non ha nulla di speciale, tranne che è praticamente una piazza chiusa, aperta solo in otto punti da archi che danno accesso alle strade attorno. Vorrei tanto apprezzarla, ma non ci riesco proprio. Mangiamo qualcosina e di pomeriggio, attraversando mille vicoli, ci dirigiamo verso la zona del Palacio Real e della Catedral de la Almudena. Un’occhiata al Viaducto, imponente struttura a tre archi visibile in realtà solo da un parco sotto la strada principale, e ci infiliamo sia dentro la Cattedrale (1€ come “offerta” per la manutenzione della struttura mi sembra un prezzo ragionevole) e l’adiacente cripta (anche qui, 1€ a persona. Ma almeno non è la cifra folle della Cattedrale di Toledo, o di quella di Girona. Tra i 10€ e il 12€ per visitare una cattedrale che potrebbe essere gratuita mi sembrano decisamente troppi.).
Camminiamo fino davanti al Palacio Real, dove un ragazzo dei tour con il segway ci invita per una prova gratuita del mezzo.
Io, il babbo e Raniero ci intrippiamo almeno mezz’ora a fare giretti a vuoto nel piazzale, dopodiché ci avviciniamo al Palacio Real e scopriamo che infrasettimanalmente la visita è gratuita dopo le 18. Quindi, ovviamente, decidiamo per tornare domani pomeriggio. Camminiamo fino a Plaza Espaňa (ogni grossa città spagnola ha una piazza chiamata così, anche Madrid!), dove svetta la bianchissima Torre de Madrid a lato di un bel parco con una grossa statua dedicata a Cervantes. Ancora quattro passi (almeno per me), fino alla Estacion del Norte, non prima di aver visitato il Tempio di Debod.
Questo suggestivo sito (poco distante da Plaza Espaňa) è un tempio dell'antico Egitto, trasportato e parzialmente ricostruito su un colle dove si trovava il Cuartel de la Montaña, teatro di un sanguinoso episodio della Guerra civile spagnola. Il Tempio di Debod fu un regalo dell'Egitto alla Spagna alla fine degli anni Sessanta, come ricompensa per l'aiuto spagnolo in risposta all'appello internazionale dell'Unesco per salvare i templi della Nubia, allora in pericolo per la costruzione della diga di Assuan. L'Egitto donò pertanto quattro templi salvati a quattro diverse nazioni che avevano collaborato al salvataggio: uno di questi era il Tempio di Debod. Uno dei luoghi più belli di Madrid è proprio questo... ma andrebbe apprezzato al tramonto, che però non me la sento di aspettare. Stasera ai miei capelli tocca un bel triplo shampoo.
Lunedì, 3 aprile 2017 – km 82475
- Madrid
Stamattina ce la prendiamo più comoda e ci svegliamo alle 8. Alla metro ci dividiamo: il babbo va al museo ferroviario, e noi proseguiamo verso il Parque del Retiro, un bellissimo spazio verde nella zona est del centro storico, dove troviamo il Monumento ad Alfonso XII, il Palacio de Velasquez e lo splendido Palacio de Cristal poco più avanti, un’incredibile struttura completamente trasparente in ferro e vetro, che si affaccia su un laghetto con uno zampillo d’acqua al centro e tartarughe che escono sul bordo a prendere il sole immobili.
Passeggiamo fino all’Estatua del Angel Caído e da lì lungo il Paseo del Duque Fernán Nuňez fino a Calle Alfonso XII. Riprendiamo la L1 azzurra dalla fermata di Atocha Renfe e, cambiando con la verde L5 arriviamo a La Latina, dove abbiamo appuntamento col babbo per il pranzo. Troviamo, poco più avanti, in un ristorantino piccolo e curato, dove il titolare sembra essere estremamente cortese. Il menu del día, senza grosse pretese, prevede un primo, un secondo ed un dolce a scelta tra le opzioni proposte. Pane, acqua e caffè inclusi. Le porzioni sono abbondanti e ci saziano fino a sera. Verso le 15 si riparte, e di nuovo mi separo dagli altri. Ritorno alla stazione di Atocha, tristemente nota per gli attentati di qualche anno fa, e riprendo da lì. Il grosso padiglione che ospitava la vecchia stazione ferroviaria è stato trasformato in una sorta di foresta tropicale, con palme e piante altissime, sterlizie e fiori. Come se non bastasse, proprio all’ingresso di questo paseo che sembra strappato ad un film di Indiana Jones c’è un laghetto con centinaia di tartarughe (anche qui!) che se ne stanno placide addormentate le une sulle altre.
Esco dall’incanto e mi butto lungo l’alberato Paseo del Prado, passando tra l’altro davanti all’omonimo famosissimo museo, e a seguire il Museo della Reina Sofia.
Questo vialone è costellato di importanti edifici, come il Museo Thyssen, il Palacio de Cibeles (praticamente il municipio, costruito in stile gotico, nonché protagonista di tutte le riprese tv in cui si parla di Madrid: lui, magicamente, appare) e, in cima, la Biblioteca Nacional. Alternate alle gloriose strutture, la Fuente del Neptuno, la Fuente de Cibeles e il monumento in Plaza de Colón. Dovrei ricongiungermi con gli altri per la visita gratuita al Palacio Real, ma gli altri scoprono che proprio oggi è chiuso per un concerto e mi avvisano. Quindi niente. Mi butto un’ora dentro il gigantesco Primark sulla Gran Vía e spendo altri soldi, per dimenticare la delusione.
Recupero i miei praticamente alla base, sono le 20 passate. Dopo cena attacchiamo un pezzone fotonico alla coppia di camperisti americani a fianco a noi: quando abbiamo visto la targa della California del loro bestione, ovviamente io e il babbo siamo andati in visibilio e non ci siamo potuti esimere! Ci mostrano così le foto del loro viaggio di 9 mesi attraverso gli Stati Uniti e ci raccontano di come abbiano spedito via mare il loro camper qui in Europa.
Che sogno. Mi sa tanto che anche questo è un viaggio che dovremo fare.
Martedì, 4 aprile 2017 – km 82475
- da Madrid a San Lorenzo de l'Escorial
Mattinata dedicata al recupero: il check out è previsto intorno alle 13, quindi oggi ci rilassiamo un po’ dopo le corse forsennate degli ultimi due giorni. Ne approfittiamo per sistemare foto (ed io per caricarne un po’ sui social dalla stanzetta “wifi zone” a fianco della reception), il babbo legge e conversa al sole.
Dopo carico e scarico e pranzo, alle 14 siamo di nuovo in viaggio. Ci fermiamo al Mercadona di Valdemorillo, poco fuori Madrid, e dopo il rifornimento di carboidrati arriviamo al Palacio de L’Escorial.
Parcheggiamo praticamente sotto il palazzo che fu sede degli Asburgo dalla metà del Cinquecento, e solo per girarci intorno ed arrivare alla biglietteria ci mettiamo un quarto d’ora. L’entrata costa 10€, e a posteriori ammetto che, se avessimo potuto aspettare domani che dalle 17 alle 20 sarebbe stato gratuito, lo avrei di gran lunga preferito. Nonostante sia un complesso enorme, mi sale la claustrofobia: un botto di stanze troppo piene di disegni, soffitti affrescati in ogni dove, quadri importanti, una basilica, un chiostro sprangato (probabilmente per impedire alla luce forte di rovinare le pitture sui muri interni) che nemmeno dà la possibilità di accedere all’esterno… un susseguirsi di cose che forse sarebbero anche belline, se ci permettessero di fare almeno le foto senza flash, mentre invece ci troviamo una guardia in ogni stanza pronta a ripeterci “no photo please!”. Anzi, non basta che non la usi: più di una volta mi viene ripetuto di non fare foto pur non palesando io l’intenzione di farne, ma solo perché porto in braccio una reflex. Allo sfinimento. Insomma, una noia mortale, e più di metà visita me la faccio di corsa per uscire il prima possibile dal percorso obbligato. Parlavano tanto di questo Escorial, dicevano che da Madrid è obbligatoria una mezza giornata per questa visita… Onestamente dico che sono quasi i peggiori 10€ mai spesi in viaggio.
E per farmi deludere durante un viaggio (soprattutto itinerante) ce ne vuole.
Questo posto ci è riuscito.
Mercoledì, 5 aprile 2017 – km 88570
- da San Lorenzo de L'Escorial a Segovia
L’unica nota positiva della visita a San Lorenzo de l’Escorial è stato il parcheggio sotto il grande palazzo, gratuito dopo le 19. Un po’ rumoroso poiché proprio lungo la strada principale, ma tanto alle 7.30 anche stamattina siamo svegli, ed un’ora dopo, come sempre, siamo praticamente pronti alla volta di Segovia. Chiaramente percorriamo le strade statali attraverso il Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama, lungo una strada di montagna che sale fino ad oltre 1800 metri e scopre una vallata ricca di vegetazione. L’aria diventa frizzante sin da subito e ci costringe ad attaccare i riscaldamenti. Un infinito saliscendi che il babbo apprezza moltissimo… quasi quanto la Trollstigen norvegese! Riscendendo a valle ci troviamo davanti a San Ildefonso, a pochi chilometri dalla meta.
Il paesino in sé non è nulla di speciale, ma è famoso per essere sede dell’omonima Granja de San Ildefonso, chiamata anche “la piccola Versailles”, fatta costruire da Filippo V ispirandosi appunto ai palazzi reali di Francia. Anche qui, alla taquilla ci dicono che non è permesso fare foto agli interni, quindi (memori della fregatura di ieri!) giriamo i tacchi, ma per fortuna almeno i giardini sono visitabili gratuitamente. Ne restiamo piacevolmente sorpresi, nonostante siano in ristrutturazione (quindi ruspette e operai sono un po’ ovunque e molte fontane sono vuote) e le siepi siano secche, ma la giornata è talmente bella che il marrone delle foglie diventa un tutt’uno con il bronzo delle statue delle fontane che spiccano contro l’azzurro del cielo.
Dopo un lungo giretto per i giardini torniamo al camper per il pranzo, e ripartiamo solo un’oretta più tardi per la visita alla Real Fabrica de Cristales. Lampadari di vetro soffiato ornano le stanze e teche espositive contengono preziosi calici ed ampolle decorati. C’è anche la sezione dedicata alla descrizione dei macchinari usati per lavorare il vetro, i forni in mattoni e tutto com’era fino ai primi anni Settanta, quando la fabbrica smise ufficialmente di funzionare e fu trasformata, poco tempo dopo, in un museo.
Perdiamo un paio d’ore e verso le 16 torniamo alla base per il caffè, ma ci tratteniamo in chiacchiere fino a tardi. Ripartiamo finalmente alla volta di Segovia, dove arriviamo poco prima delle 18. Tardi per essere presto e presto per essere tardi. Parcheggiamo in un’area attrezzata gratuita, pulita e in piano, a lato di Plaza de Toros, giusto a un km e mezzo dal centro storico. Corro a cercare l’ufficio del turismo in Plaza de l’Azoguejo senza lasciarmi sedurre dal bellissimo acquedotto romano che costeggio per due terzi del percorso, non ho la reflex, so che tornerò domani. Anche la piazza che si apre oltre gli archi dell’acquedotto è magnifica, brulicante di gente, con il sole che la illumina, quasi dipinta, ma ancora cerco di non curarmene. L’ufficio turistico chiude alle 17. Ciao proprio. Mi volto e guardo di nuovo la piazza. Segovia mi piace già, e ancora non ho visto nulla. Nel frattempo si avvicinano i miei e gli altri, rifaccio un pezzo di strada per andar loro incontro, e dopo aver presentato l’acquedotto rientriamo alla base tutti insieme.
Giovedì, 6 aprile 2017 – km 82634
- Segovia
Tralasciando l’aver dormito tranquillamente sotto svariati strati di coperte, stamattina gaudium magnum ci accorgiamo che durante la notte la temperatura è scesa almeno allo zero, dato che una patina di cristallini di brina è depositata sui tetti delle macchine. Uscire alle 9 del mattino è quasi una condanna a morte, soprattutto dato che i miei se ne vanno in autobus fino in centro ed io, invece, metto in moto i piedi. L’aria è pungente, esce il fumo attraverso la sciarpa di lana e le dita sono secche e talmente gelate che sembra possano cadere da un momento all’altro. Costeggio ancora il bellissimo acquedotto del II secolo d.C fino in Plaza de l’Azoguejo, così diversa da ieri pomeriggio.
Stamattina è fredda, pressoché deserta, salvo per i furgoni che scaricano merci nei ristoranti attorno. La posizione del sole mi permette di scattare bellissime foto, e dopo aver preso la piantina all’ufficio turistico mi lancio nei vicoli. Da Plaza Avendaňo, in cima ad una scalinata in mattoni a lato dell’acquedotto, si ammira una splendida vista delle montagne innevate e dello stesso acquedotto dall’alto dei suoi 28 metri, e riscendo per Calle Obispo Gandasegui (fiancheggiata dal Vescovato e il Seminario) fino a Calle Juan Bravo, una delle vie principali del centro storico, piena di negozi.
Riprendo i miei a Plaza Mayor, sotto l’immensa Cattedrale e raggiungiamo insieme l’Alcazar, edificio medievale costruito sui resti di un’antica fortezza romana. Residenza dei Reali di Castilla fino all'inizio del Cinquecento, questo castello fu convertito in Real Collegio de Artilleria verso la metà del Settecento. L’entrata costa 5,50€ (più 3,50 per la Torre de Juan II con i suoi 156 scalini strettissimi), possiamo fare foto a iosa e soprattutto le stanze sono sfarzose pur conservando un certo garbo. L'appagante vista a 360° in cima alla Torre de Juan II è uno spettacolo per i miei occhi, che vagano dalla campagna circostante fino ai bordi della città.
Usciamo dall’Alcazar giusto per l’ora di pranzo e ci dedichiamo ai nostri panini, poi ci separiamo di nuovo: io scendo a lato del palazzo, lungo una ripida scalinata, fino al Paseo de San Juan de la Cruz, per avere una vista completa laterale che non delude. Risalgo. Ormai è giorno pieno e si passa dai 18°C ai 7°C solo spostandosi dal sole all’ombra, e lo faccio per tutto il pomeriggio: sono fortunata che ho gli anticorpi buoni. Torno in Plaza Mayor mentre i mezzi di pulizia sistemano dopo il mercato, e spendo 3€ per entrare nella Catedral de Nuestra Seňora de la Asunción y Frutos, l’ultima cattedrale gotica costruita in Spagna.
Tecnicamente perfetta e lineare, senza estri di alcun tipo, con volte a sesto acuto e soffitti altissimi, vetrate che riflettono i colori sul pavimento freddo, ed un chiostro perfettamente simmetrico dove la luce filtra da ogni intaglio nella pietra. Un gioiello. Mi fermo ad una tiendita di dolci per chiedere informazioni su queste famose torrijas, di cui vedo cartelli in giro, e scopro essere delle fette di pane bagnate nel latte e cosparse di zucchero e fritte. Una cosa che non mi ispira nemmeno un po’, tanto che ripiego su una scatolina di semplici biscotti di mantequilla (burro) tipici della zona. Arrivo di nuovo alla Muralla norte per salire sulla Puerta de Santiago attraverso un piccolo camminamento. Passo tutte le viuzze del centro, attraverso mille edifici, sono talmente tanti che smetto quasi di contarli, tra le chiesette e i normali palazzi dalle facciate lavorate come centrini ma la giornata è così bella e soleggiata (sebbene fredda) che mi diverto a perdermi, e non mi faccio sfuggire nemmeno una piazza. Tra l’altro, ripassando per Plaza Mayor, finalmente la trovo pulita, sgombra da ogni residuo di mercato settimanale. Il sole ad un lato non intralcia le foto, la Cattedrale sta lì immobile e bellissima all’angolo di Calle San Frutos con Calle del Marques de l’Arco. Le lascio un ultimo saluto e recupero i miei alla piazza di accesso della città, sotto il magnifico acquedotto di cui mi sono riempita gli occhi in queste 24 ore a Segovia. Con il sole ancora alto e i piedi un po’ più stanchi, ci avviamo alla base. Ma, chiaramente, senza prendere l’autobus!
Venerdì, 7 aprile 2017 – km 82634
- da Segovia a Ávila
La giornata inizia con un prepotente carico/scarico e pulizia pavimento (con tanto di straccio e candeggina), ed usciamo dall’area di Plaza de Toros che sono già le 10. Sosta da Lidl per piccola spesa e all’ora di pranzo siamo a Pedraza, 40 km oltre Segovia. A parte un paio di intoppi risolti prima di pranzo, subito dopo il caffè parcheggiamo sotto il paesino. L’aria è calda ed oso le maniche corte.
I vicoli su cui si affacciano le case, in fila come soldatini di mattoni e pietre color sabbia, sono graziosi e le stradine ampie. Il castello (guarda caso chiuso, come spesso accade ultimamente!) svetta in fondo alle tre calles del paese che vi confluiscono. Regna il silenzio, se non fosse per il vociare nei ristoranti (uno ogni tre metri, più o meno) e per qualche turista.
Enormi nidi di cicogne sul campanile e sulle torri più alte, ed un’aquila imperiale che vola, da buon rapace, intorno ai nidi dove le cicogne fanno buona guardia. E poi, con una giornata così, in cui finalmente si sente davvero l’aria di primavera, cosa volere di più?
Lungo la N111, a circa 30 km dalla meta ultima della giornata, incappiamo in un bellissimo paesaggio “stonehengeizzato”, con rocce grigie e levigate più o meno grandi quasi a perdita d’occhio.
Crediamo sia un parco naturale a cielo aperto ma non riusciamo a trovare alcun tipo di informazione al riguardo, e ci convinciamo che sia semplicemente una delle tante varietà di paesaggio spagnolo. Alle 18.30, dopo gli stop d’obbligo lungo il percorso, arriviamo ad Ávila. Bellissima la muralla (illuminata di sera), con il suo centinaio di torri e duemilacinquecento merli. Il parcheggio è ampio, senza servizi ma in piano e gratuito, Oggi tra l’altro, pur essendo venerdì, non è affollato, così finalmente ho spazio a sufficienza per tentare la guida del mezzo con la supervisione del babbo al lato passeggero (ovviamente giusto due giri del parcheggio!).
Sabato, 8 aprile 2017 – km 82789
- Ávila
La mattina inizia presto come sempre. E terribilmente fredda. Con i miei ci separiamo praticamente subito, e loro entrano dalla Puerta del Carmen, una delle otto porte della cittadina.
Io proseguo alla Puerta de San Vicente all’ufficio del turismo, dove recupero la mappa. Il tour inizia dai 2,30€ (con audioguida inclusa nel prezzo) della omonima Basilica de San Vicente, esempio più eclatante
dell’architettura romana con influenze gotiche (dati i lunghi tempi di costruzione), sorta sulle rocce che furono teatro della tortura di Vincenzo e le sue due sorelle, colpevoli solo di non voler rinnegare la propria fede. La visita prosegue chiaramente verso la Cattedrale (altro giro, altri 5€ di entrata con audioguida gratuita), costruita praticamente dentro le mura, che separa la indicativamente dalla parte sud dalla parte nord della muralla. Recupero i miei per pranzo, nel frattempo l’aria si è notevolmente scaldata e ci permette di toglierci qualche strato di dosso. Con 5€ compriamo poi il biglietto per il camminamento sulla muraglia (circa metà della lunghezza totale), dove passiamo almeno due ore.
Foto ed occhi pieni del panorama. Ovviamente io arrivo in fondo al percorso e scendo, separandomi di nuovo dai miei e perdendomi ancora un paio d’ore nelle vie meno battute della cittadina, fino a tornare in Plaza Adolfo Suarez, ad un angolo delle mura, proprio dietro la Cattedrale. Fuori invece, oltre la Puerta de l’Alcazar, dalla Iglesia de San Pedro, parte alle 18 una processione per la semana santa che percorre un tratto di strada per infilarsi poi nella Puerta de la Carniceria e terminare sulla piazza della Cattedrale. Mi fermo qualche minuto sul marciapiede, in mezzo a tanta altra gente, giusto per fare un po’ di foto. C’è chi porta il grande piedistallo con statue sacre (i poveretti saranno almeno una trentina), la banda che suonano trombe, tromboni, oboe e gli ultimi che suonano i tamburi. Ci sono anche le donne, con vestiti neri ed il grosso pettinino tra i capelli sul quale viene appuntata la mantilla, il velo di pizzo nero, raccolto poi nella parte posteriore. La cosa inquietante è che tutti i partecipanti alla processione (tranne le donne, ovvio) sono incappucciati. Bianchi o viola non importa, ma sembrano i boia del Medioevo.
Brrrr.
Rientro alla base, con la musica nelle orecchie, e anche per oggi la giornata è finita.
Ma penso ancora agli incappucciati. Che brutta immagine, e invece per loro è semplice tradizione.
Aspetto gli ultimi dieci minuti del crepuscolo, subito prima di lasciare il posto al buio, e mi affaccio di nuovo lungo la strada per qualche foto alla muralla illuminata. Che, da qui sotto, è tutta un’altra storia.
Domenica, 9 aprile 2017 – km 82789
- da Ávila a Salamanca
Domenica delle Palme. I nostri compagni di viaggio vogliono fermarsi alla messa in una delle chiese della città, i miei ne approfittano per fare altri quattro passi attorno alla muralla mentre io me la imparo a memoria con una delle mie lunghe passeggiate di undici chilometri (quattro giri). A mezzogiorno ripartiamo e ci fermiamo a Cuatro Postes, sull’altro lato del Puente Romano (che raggiungiamo in due minuti) dove c’è una bella torretta in pietra con un belvedere completo sulla città. Ci fermiamo poi presso una stazione di servizio Repsol, attrezzata per camper, la autovía 50 per pranzo, dopodiché spicciamo le operazioni di carico e scarico e ci rimettiamo in viaggio verso Salamanca. Nota: per scaricare le acque nere il prezzo è di 5€, bisogna chiedere la chiave al negozio per aprire il tombino (chiaramente noi ne approfittiamo e con 5€ ci scarichiamo in due, da bravi italiani, dividendo le spese!).
Alle 15.30 saremmo anche arrivati in città, se non fosse che è domenica ed è tutto abbastanza congestionato. I due aparcamientos segnalati dalle nostre mappe (uno sotto al Puente de Sanchez Fabres, in direzione Zamora - alla fine del Paseo del Progreso – e l’altro sotto al Puente de Enrique Esteban) sono pienissimi, così optiamo per il parcheggio del Centro Residencial para Mayores, di fronte al Puente de Sanchez Fabri e a fianco a Lidl e Mercadona. Chiaramente siamo in ottima compagnia: ci sono almeno una dozzina di camper parcheggiati attorno a noi. Scendiamo finalmente dal mezzo poco dopo le 16, siamo a circa un chilometro da Plaza del Puente, che rimane giusto in fondo al principale ponte di pietra che attraversa un braccio del fiume. Per la prima volta da quando siamo partiti sento il caldo, quello violento della primavera che esplode, ed oso una maglietta smanicata e un cardigan leggero sopra, che però mi fa soffrire comunque. Facciamo un giro rapido della città (senza piantina, poiché l’ufficio turistico in Plaza Mayor la domenica chiude alle 14), diamo un’occhiata alla Cattedrale e passiamo rapidi per le vie fino a Plaza Mayor, per riscendere lungo Calle San Pablo. E sono già le 19.40.
Domattina vedremo come organizzarci.
Lunedì, 10 aprile 2017 – km 82910
- da Salamanca a Zamora
Questo viaggio, a differenza degli altri fatti finora, è estremamente placido. E’ vero che ci svegliamo sempre abbastanza presto, ma i trasferimenti da una città all’altra sono molto brevi e ci lasciano parecchio tempo di visita. E comunque, al di là di questo, ce la stiamo prendendo davvero comoda.
Stamattina ad esempio io parto da sola per tornare in centro e prendere la piantina della città alla oficina de turismo ed avere informazioni. Plaza Mayor è come l’ho lasciata ieri, solo un po’ più fresca e con il sole contro. C’è gente già alle 9.30, soprattutto furgoni che scaricano le merci ai bar e ristoranti affacciati nelle quattro facciate neoclassiche. Le bandiere dell’Ayuntamiento se ne stanno rilassate aspettando un po’ di vento, ed io intanto mi accorgo che l’aria è più tiepida rispetto ai giorni precedenti. Dopo aver preso il plano torno alla Cattedrale e salgo alle Torri Medievali. Sono uno degli emblemi più importanti di Salamanca. Già da lontano definiscono il loro profilo sull’orizzonte, e con i loro 110 metri si impongono in modo decisivo.
Il percorso nella loro parte interna è ricco di scale a chiocciola in pietra tra le più belle che abbia mai visto e presenta un’esposizione per raccontare i novecento anni di storia della cattedrale. La parte migliore è sicuramente la vetrata che permette di dare uno sguardo dall’alto alla navata della Catedral Vieja e alla sua immensa pala d’altare, per non parlare del balcone dentro la Catedral Nueva che permette di ammirarne, sempre dall’alto, la navata centrale e le due navate laterali, in perfetto stile gotico.
I migliori 3,75€ spesi durante questo viaggio!
Dopo pranzo ripartiamo verso Zamora, che si rivela un inaspettato piccolo gioiellino adagiato sulle rive del Duero, il fiume che sfocia nell’Atlantico passando a Porto. Troviamo una piccola area pic-nic sul lungofiume che scopre la città sull’altra sponda. L’acqua è ferma, l’aria caldissima.
Cammino per chilometri ed esploro il centro, dalla Cattedrale romanica con la cupola bizantina al Parque del Castillo (in realtà semplicemente un rudere al lato della muraglia), ma la meraviglia è nei riflessi di case e piante che vedo nell’acqua ferma lungo il fiume. Il Puente de Piedra passa da sponda a sponda capovolgendosi nell’acqua e crea delle geometrie perfette.
Graziose anche le Aceňas de Olivares, mulini ad acqua del X secolo (la parola è di origine araba) che si estendono in fila come soldatini, consapevoli dell’importanza che avevano nei secoli passati nell’approvvigionamento di farina a tutta la zona. Ancora quattro passi per recuperare i miei, che nel frattempo hanno spostato il camper in un’altra zona, più a lato della muraglia che delimita il casco historico, anch’essa gratuita ma ben più ampia della precedente. La sera facciamo anche amicizia con una coppia di camperisti andalusi a cui facciamo spazio accanto a noi perché i parcheggi sono finiti. Sentirli parlare è una gioia per le orecchie.
La decisione dei miei e gli altri di andare alla processione serale degli incappucciati salta clamorosamente e si ritrovano a giocare a carte, mentre io converso amabilmente finché non sopraggiunge il freddo e ci congediamo.
Martedì, 11 aprile 2017 – km 82989
- da Zamora a Valladolid
Anche stamattina, quattro passi per Zamora.
Per me il tour si estende nella parte alta del centro storico, con la Plaza del Viriato ed il suo groviglio di rami di ippocastano (dopo aver percorso la silenziosa Calle de los Francos), la Plaza Mayor che tutte le città hanno, con l’Ayuntamiento (Nuevo e Viejo – ora sede della Policia Municipal - uno di fronte l’altro) e la Calle de Balborraz, ripida viuzza acciottolata.
Pittoresca e colorata (benché i colori siano stati in parte sbiaditi dal tempo), con decori alle pareti e bow window in legno, questa era la principale via di accesso alla città di Zamora: chi saliva dal Puente de Piedra, insomma, si trovava davanti i principali negozi e botteghe dei commercianti dell’epoca disposti sui due lati, fino a Plaza Mayor.
Io invece ridiscendo verso il fiume e percorro un tratto di sentiero fino a risalire da Ronda de Puerta Nueva per fare un giretto al Mercado de Abastos, ai margini del casco historico. Dopo aver comprato dei biscottini dalla gentilissima ragazza che gestisce il banco del pane nel mercato coperto, involontariamente mi infilo su Calle Viriato e da lì arrivo in Plaza Sagasta, dove il profilo irregolare delle casette colorate mi ricorda la via dei commercianti di prima, solo che queste sembrano più di élite, come se fossero state abitate da gente danarosa. Rientro al camper poco prima dei miei e li aspetto per pranzo. Alle 14 o poco più siamo in viaggio verso Valladolid. Mini sosta all’Ikea alla ricerca di non so cosa (ne approfitto per agganciarmi alla rete wifi) e alle 18 siamo al parcheggio dedicato, a circa un chilometro dal casco historico. Una decina di posti che in realtà diventano almeno venti quando i camper continuano ad arrivare e si mettono un po’ ovunque. Scarico e carico praticamente gratuiti con tombino apribile, il parcheggio costa 30 centesimi l’ora e dalle 20 alle 9 del mattino non si paga, quindi riteniamo che con tre euro possiamo cavarcela fino almeno a domani sera.
Mercoledì, 12 aprile 2017 – km 83095
- da Valladolid a Peňafiel
Operativi alle ore 9, usciamo con l’aria fresca e gli omini che lavorano sul Puente Francisco Regueral e ci buttiamo in centro. Dopo la figura di merda al punto di información (che qualcuno credeva essere quella turistica e invece erano sportelli comunali!) un’addetta alla vigilanza si offre di aiutarmi con un plano della città provvisorio, che poi si rivela in realtà definitivo perché lo useremo tutto il giorno. Giriamo l’angolo di Calle e ci troviamo su Plaza Mayor (già transennata con gli spalti per la Semana Santa), che nel mattino umido non rende nemmeno. Proseguiamo lungo la Calle de Santiago, alcune vie sono pedonali e ci permettono di fare foto alle case, distribuite su entrambi i lati, con gli inconfondibili balconi di legno, chiusi come i bow window, colorati ma delicati al tempo stesso. In fondo alla strada c’è uno dei simboli della città, la Academia de la Caballeria con relativo museo, e al lato opposto della strada una bellissima fontana all’ingresso di Campo Grande, un’ampia zona verde.
Risaliamo lungo Calle de Claudio Moyano fino ad arrivare alla piccola Plaza Espaňa, con il mercato della frutta e la chiesa ultramoderna intitolata a Nuestra Seňora de la Paz. Ancora qualche viuzza che riprende lo stile classico e quello liberty ed arriviamo alla Catedral, che ammetto essere una delle meno belle mai viste.
La cosa che veramente sorprende, a parte il Palacio de los Pimentel (attuale sede de la Diputacion Provincial), con un bel chiostro in legno ed azulejos all’ingresso, è la facciata in stile hispanico-flamenco della Iglesia de San Pablo, di fronte al Palacio Real dove nacque Felipe IV. Nel complesso la visita della città è risultata piacevole, e bisogna ammettere che, a parte i primi giorni un po’ uggiosi, il meteo è nettamente stato dalla nostra parte e non abbiamo più visto nuvole... Fosse sempre così, chi tornerebbe mai a casa?
Alle 17.40 arriviamo al Castillo di Peňafiel. Questa fortezza, costruita in stile gotico tedesco, fu eretta nella forma attuale nel 1452 (nel giro di vent’anni) ma non venne mai utilizzata per lo scopo. Con 3,30€ abbiamo la visita con Marta, la guida turistica sempre sorridente che ci racconta appassionatamente la storia del castello a forma di nave di cui si hanno in realtà notizie risalenti a prima dell'anno Mille. Il Castillo di Peňafiel fu dichiarato Monumento Nazionale nel 1917, ed ospita il Museo del Vino di Valladolid da circa 20 anni. Il parcheggio sotto il muraglione è tranquillo, arriviamo che ci sono macchine e un paio di camper, ma c’è abbastanza spazio anche per noi. I parcheggiatori sono gentilissimi e comunque ci dicono che possiamo restare per la notte, purché domattina liberiamo lo spazio entro le 10.
In realtà poi, alle 23, dopo la solita partita dei vecchi a Burraco, decidiamo di riscendere “a valle”: il castello si sta popolando di macchine che fanno avanti e indietro con musica a palla e non ci fanno sentire sicuri. La Guardia Civil del paesello ci dice che non ci sono problemi, che il parcheggio del centro storico è tranquillo e si può stare. Sarà che non c’è nessuno, sarà anche che il gruppetto di prima con le macchine fa avanti e dietro anche qui.
Sarà che a volte uno si sente sicuro solo a casa sua.
E noi, col terremoto, sappiamo che nemmeno questo è vero.
Giovedì, 13 aprile 2017 – km 83157
- da Peňafiel ad Aranda de Duero
La notte è trascorsa tranquilla, e stamattina alle solite 9 (orario dell’anno) siamo operativi.
La prossima tappa è Aranda de Duero, destinazione ultima del mio viaggio, perché domattina da qui io partirò con un bus dell’ALSA per Madrid e da lì per tornare a casa con un volo Ryanair, mentre i miei si tratterranno qualche giorno per seguire l’itinerario che li riporterà a Barcellona per l’imbarco con Grimaldi mercoledì 19 aprile. L’unico inconveniente, ora sembra essere lo smarrimento della carta di identità di mamma. Ci mettiamo mezza giornata a decidere che, anziché sbatterci tra polizia e denuncia, fototessere e consolato italiano per avere il documento provvisorio che dà diritto all’imbarco, forse è meglio mandare tutto al diavolo e tornare via terra e ciao. Ci fermiamo a fare un po’ di spesa da Lidl ed arriviamo a destinazione giusto per l’ora di pranzo. L’area camper (attrezzata con carico e scarico) è gratuita e permette di restare fino a 48 ore, a cinquecento metri dal centro storico. Non offre molto, il paese, tranne cantine e cantine (se sei per il turismo enogastronomico va benissimo), baretti affacciati sulle piazze principali con mille tavolini e gente in degustazione di vino.
L’ufficio turistico è chiuso, in quanto giovedì e venerdì di Pasqua sono considerati festivi qui in Spagna, e molta poca gente lavora. Ma la cosa migliore è senza dubbio la stazione degli autobus da cui partirò domattina, che sta a 30 metri dall’area camper, giusto di fronte alla strada. Mi concedo un giretto tra le vie e le casette colorate, ma soprattutto lungo l'Arandilla, affluente del Duero. Un bel parco verde mi permette di respirare il tepore di un pomeriggio di metà aprile e mi porta alla scoperta di ponti di epoca romana e medievale, come il Puente Conchuela, circondato dagli alberi.
La sera, dopo cena, ci intratteniamo in chiacchiere con una coppia di camperisti baschi, lei cerca anche di parlare italiano, poi sopraggiunge il solito fresco ed io mi ritiro. Loro vanno a cena, i miei a giocare a carte e dopo li attende la processione degli incappucciati. Sistemo lo zaino e finalmente mi metto a dormire.
Questo viaggio, per me, è giunto al termine.
*** *** *** ***
Città visitate:
Figueres
Girona
Tarragona
Albarracin
Pinares del Rodeno
Mirador de Alloza
Embalse de la Toba
Ciudad Encantada
Cuenca
Belmonte
Mota del Cuervo
El Toboso
Campo de Criptana
Puerto Lapice
Consuegra
Orgaz
Toledo
Aranjuez
Madrid
San Lorenzo de L’Escorial
La Granja de San Ildefonso
Segovia
Pedraza
Ávila
Salamanca
Zamora
Valladolid
Aranda de Duero
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Il problema acque si fa serio. Ci fermiamo ad un distributore di benzina Repsol di Mota del Cuervo e chiediamo al “tiendarolo” se possiamo scaricare almeno le acque grigie e ricaricare. Gentilissimo, ci lascia eseguire le operazioni e non vorrebbe neanche niente, ma per cortesia decidiamo di lasciargli 5€ a nucleo familiare. Nel frattempo si avvicinano due guardias civiles e uno dei due chiede se parliamo spagnolo. Io già penso che vogliano dirci qualcosa a proposito di cosa stiamo facendo, invece viene fuori che questo vorrebbe comprarsi il camper e veniva a chiedere informazioni. Dopo due minuti interviene prontamente il babbo e chiede invece se, vista la passione del camper, la guardia civil conosce qualche area attrezzata per scaricare le acque nere, che sono ancora il problema principale. Iniziamo quindi una conversazione tutti insieme a proposito di aree che non si trovano e di dove poter scaricare, e alla fine il tipo ci dice che ci scorta, con la macchina della Guardia Civil e la collega, al terminal degli autobus poco distante, dicendo che scaricare nel tombino (se c’è) non è un problema (anche se la collega, di grado comunque inferiore, non è d’accordo). “E se non troviamo il tombino per scaricare?” chiedo. “Ne troviamo un altro… A condizione che poi posso salire a vedere il camper!” sorride lui. Siamo già amici. Come promesso, raggiungiamo il terminal, e lui scende dall’auto per controllare eventuali griglie, che non si trovano. Quindi ci solleva un tombino di gomma e ci fa cenno che possiamo a scaricare lì. E, come promesso, poi sale a bordo del camper, dove il babbo spiega tutti i funzionamenti del veicolo bestemmiando due parole di spagnolo e tre di italiano. Alla fine facciamo amicizia.
Ci racconta del suo “hobby” del vigneto, con irrigazione ecologica a costo zero gestita da un pannello solare, e dei suoi gatti che si mangiano i conigli che andrebbero a rosicchiare le viti. Alla fine, dopo un’ora buona di conversazione ci dice che, semmai ripassassimo da Mota del Cuervo, ci inviterà a bere un bicchiere del suo vino: basterà chiedere di Miguelangel Massò, che tanto lo conoscono tutti, “e io comunque non andrò in pensione prima di 10 anni!”
Che grande Miguel.
Il viaggio prosegue a El Toboso, città dell’amata Dulcinea di Don Quijote, dove parcheggiamo subito in Via José-Luis Mena, a cinquecento metri dalla piazza principale, Plaza Juan Carlos I, dove si ergono le statue in ferro battuto di Dulcinea, in piedi, e Don Quijote de La Mancha inginocchiato di fronte a lei.
Non c’è molto da vedere, a parte un paio di viuzze che non sono male e la piazza, quindi nel giro di un’oretta siamo fuori dal centro. Lasciamo il paesino della “sin par” Dulcinea per inseguire il tramonto a Campo de Criptana, presso la Sierra de los Molinos de viento, un piazzale molto simile a quello dell’ora di pranzo, ma molto più ampio. E con molti più mulini a vento!
Chiaramente, data anche la stagione, non è molto frequentato, quindi ci godiamo il silenzio (tranne per le macchine e il ristorante poco lontano) e il sole ancora alto mentre facciamo cena. Il momento più bello è il “digestivo”, quando il sole che invece scende inizia a colorare il cielo di mille sfumature ed io corro nel prato come i cani e scatto foto ai mulini al tramonto da ogni angolo… peccato che, di lì a poco, un autobus scarica cinquanta pellegrini che hanno avuto la stessa idea e il prato si riempie di gente a fare foto. Con la differenza che loro, dopo un’oretta se ne vanno...
Noi abbiamo la fortuna di restare.
Giovedì, 30 marzo 2017 – km 82208
- da Campo de Criptana a Toledo
La mattina inizia esattamente com’è finita la serata di ieri, con le foto ai mulini a vento su uno sfondo rosa. L’alba arriva al lato opposto del tramonto ma noi, da questa posizione privilegiata, abbiamo beccato entrambi.
Dopo colazione proseguiamo con calma il viaggio verso Puerto Lapice, la cittadina in cui, come Cervantes narra nel suo racconto, Don Chisciotte si fece eleggere cavaliere ed iniziò le sue avventure con il fido Sancho. Parcheggiamo in Calle Sierrecilla, in una piccola area attrezzata inaugurata giusto un paio di anni fa. Facciamo un giretto, ci incantano le piazzette caratteristiche con i cocci e gli ajulejos che si aprono dietro i portoni di edifici in calce bianca con la fascia blu sul fondo, le sculture in ferro del protagonista di Cervantes in ogni dove, la piazza principale racchiusa in una specie di edificio a due piani con ringhiere in legno laccato di rosso.
Facciamo foto, compriamo souvenirs, pane e biscotti, poi torniamo all’area e, già che ci siamo, ne approfittiamo per scaricare le varie acque e ricaricare un po’, per avere più margine. Tra l’altro, dato che è completamente gratuito, bisogna approfittarne! Percorriamo un’altra dozzina di chilometri per arrivare a Consuegra, più precisamente al sito del Castillo y Molinos de viento, che ancora una volta dominano il paese dall’alto di un colle molto pittoresco. Non essendo sicuri di poter arrivare fin sotto i mulini a vento, ci fermiamo nel primo parcheggio disponibile ai piedi della collina, in una graziosa area pic-nic con gazebo e tavoli di legno e, ancora una volta, pranziamo con vista mulini a vento. Stavolta, però, fuori dal camper! I mulini a vento di Consuegra costituiscono un complesso di 12 mulini a vento situati sul colle Calderico nei pressi dell'omonima città spagnola. Costruiti tra il XVI Secolo e il XIX Secolo, essi rappresentano il più grande complesso del genere della Castliglia-La Mancha. Dopo il caffè saliamo dunque in camper al parcheggio del Castillo e facciamo un giro lungo la suggestiva fila di mulini a vento. Curiosità: tutti i mulini sono stati ribattezzati con nomi utilizzati da Cervantes nel Don Chisciotte, ed infatti c'è anche Sancho!
Per 1,50€ entriamo anche a vedere il funzionamento del molino Rucio e compreso nel prezzo del biglietto abbiamo in omaggio una bottiglietta di acqua. Mai visto. Location stupenda, comunque, ed il tempo per fortuna ci sta aiutando molto.
Riprendiamo la strada della Mancha fermandoci giusto un’oretta (per non stare troppo fermi) ad Orgaz, a 20 km da Toledo, dove in realtà non c’è niente di più di una cattedrale (in cui entriamo a fine giro) e un castelletto visitabile fino alle 18. La cosa più bella del giro in paese, comunque, sono le due o tre piantine della città pitturate a mano su maiolica fuori dai monumenti principali.
Arriviamo a Toledo alle 18.45 e diamo un’occhiata al campeggio in cui vorremmo sostare, ma costa uno sproposito e ambiamo direzione. Costeggiamo quindi le deliziose mura cittadine che a colpo d’occhio già sembrano racchiudere una bomboniera, e ci avviciniamo al parcheggio Safont, proprio sotto le mura e adiacente al terminal dei bus, dove notiamo altri camper. Entriamo abbastanza sicuri, noncuranti del parcheggiatore dall’aria abusiva, e dopo qualche minuto ci piazziamo accanto ad un camper spagnolo. Ci presentiamo, ci scusiamo per il disturbo e chiediamo (anzi, chiedo!) informazioni. Il camperista, in viaggio da Jerez de la Frontera, mi dice che il parcheggio, punto di scambio molto frequentato, è libero, ed il tizio all’entrata cerca solo di racimolare qualcosa ma in realtà non c’è una vera regolamentazione. Ad ogni modo, a parte il traffico, è sicuro e a due passi dalla città. Dopo mezz’ora di pr (public relationsssss) io e il babbo ci congediamo e risaliamo a bordo per la cena che la vergara Interfaccia di Navigazione sta preparando.
Ci aspetta una lunga giornata domani.
Venerdì, 31 marzo 2017 – km 82353
- Toledo
La giornata alla scoperta di Toledo inizia verso le 9 e l’aria è ancora frizzantina. Conservo una mappa della città presa all’oficina de turismo di El Toboso che ci aiuta notevolmente nella prima mezz’oretta, almeno fino all’escalera mecanica che dalla Puerta de Alfonso VI ci porta fino alla Plaza de la Granija.
Qui,
subito dopo la visita all’ufficio del turismo per altre mappe e info generali,
io e gli altri ci separiamo.
Loro raggiungono subito il cuore della città, io
passo in ogni vicolo cercando lampioncini, piante ai balconi e colori. Si
susseguono chiese e conventi, Sto Domingo
El Real, il Monesteiro de Sta Clara
e il Convento de las Carmelitas fino
alla Mezquita del Cristo de la Luz,
in stile mudejar. In centro non mancano la Cattedrale
(12,50€ per visitarla internamente, comprensivo di visita alla torre. Ma io non
entro), l’Ayuntamento, l’Alcazar (antico edificio militare
convertito in un paio di occasioni in residenza reale). Continuo il paseo per le stradine pavimentate,
intasate dal traffico, e mi chiedo come riescano camioncini e furgoni a
scaricare le merci davanti alle tiendas
in così poco spazio. Tra sole e pioggia che si alternano a velocità
impressionante, percorro Calle Real
costeggiando le mura ed arrivo al Monasterio
de San Juan de los Reyes e al Puente
de San Martin, bellissimo ponte in pietra sotto il quale scorre il Tago,
che è già diventato ben più ampio del pisciarello che
abbiamo visto alla
sorgente un paio di giorni fa. Il sentierino sotto la via principale mi
permette di fare foto molto suggestive, poi recupero gli altri in Plaza Zocodover, il cuore pulsante della
vita sociale (anche stamattina infatti era pienissima), e saliamo a bordo del
trenino per il giro turistico sul lato opposto del fiume. Toledo è la città
delle tre religioni: qui nel conso dei secoli confluirono, infatti, la
religione ebraica, quella islamica e quella cristiana. Non è un caso che anche
la cinta muraria, quasi perfettamente conservata, abbia torri di stili diversi
(quelle tonde rappresentano la cristianità e quelle a pianta quadrata si
riferiscono alla religione islamica) e porte con l’entrata a forma di
“serratura” (in stile mudejar). Se fossimo vissuti qui quattrocento anni fa,
probabilmente avremmo sentito, contemporaneamente, tutti questi saluti: “shalom, salam alaykum, la paz sea con
usted”. In un paio di punti il trenino si ferma e ci permette di scendere a
fare foto agli scorci più belli, ed ammetto che questa città è molto più
suggestiva se vista dall’esterno.Torniamo alla base relativamente presto (passando per la seconda scala mobile e il Miradero) e ci dedichiamo a pianificare i prossimi due o tre giorni.
Sabato, 1 aprile 2017 – km 82353
- da Toledo a Vallecas
La prima (e probabilmente unica) tappa di oggi è Aranjuez, a 40 km da Toledo. Ci lasciamo quindi alle spalle la cittadina mancheca e alle 10, dopo aver messo gasolio a 0,98€ al Leclerc cittadino, con un cielo limpidissimo sopra di noi, arriviamo a destinazione. Parcheggiamo indisturbati a Plaza de Toros, l’aria è particolarmente fredda (nonostante ci sia il sole), ben diversa da quella tiepida di ieri. In 500 metri siamo a Plaza de la Constitucion, una piazzetta in stile quasi moderno, con l’Ayuntamiento e il Mercado de Abastos, dove ne approfitteremo più tardi per comprare le olive ai chioschetti a 4€ al kg. Ma la vera chicca di questa cittadina a 40 km da Madrid è l’immensa Plaza de San Antonio, con omonima chiesa (dove becchiamo anche un matrimonio e non perdiamo occasione per commentare gli abiti degli invitati!), e soprattutto il Palacio Real con i suoi bellissimi giardini vista Tajo.
Dovremmo imparare a viaggiare con quattro o cinque bottiglie di vino da regalare a quelli che ci stanno simpatici nel corso dei nostri viaggi. A quest’ora ne avremmo fatte fuori almeno tre.
Peccato che non ci sia venuto in mente, nonostante abbiamo parlato proprio di vino, di regalarne una bottiglia anche a Miguelangel “Massò”, la guardia civil di Mota del Cuervo.
Arriviamo nei pressi di Valdebernardo, dove supponevamo di poter avere parcheggiare in un’area permessa ai camper, ma è pieno. Essendo ormai tardi per essere presto e presto per essere tardi, propongo un centro commerciale+Mercadona e di fermarci, magari, in un qualsiasi parcheggio di qualche grande ipermercato. Intanto, io spendo 70€ al Primark di La Gavia (mega centro commerciale dove però vado a colpo sicuro senza guardarmi troppo attorno), e dopo un’ora recupero i miei che tornano dal Mercadona. Optiamo, alla fine, per un parcheggio al lato opposto della carretera nacional nella zona di Vallecas (sobborgo di Madrid) che taglia la zona industriale. Empanadas per cena e, dopo un piccolo briefing con le mappe di Google per capire dove esattamente siamo posizionati, ci separiamo: io resto a sistemare le foto per un po’, mentre gli altri si riuniscono per la solita bisca.
Domenica, 2 aprile 2017 – km 82475
- da Vallecas a Madrid
La nostra domenica inizia così, col babbo che si tiene una mano sulla fronte a mo’ di visiera perché il sole del mattino è accecante e fastidioso per la guida, e poco oltre le 9 siamo al Camping Osuna, ad est di Madrid. Camper+3 persone senza elettricità, 30€. Ma del resto, un paio di giorni in campeggio con un po’ di calma ci vogliono. Il ragazzo alla reception (che parla anche italiano, per la gioia dei nostri compagni di viaggio), ci dà tutte le informazioni e una piccola piantina del centro della città, ma Madrid è immensa (e ci renderemo conto che in una giornata riusciamo a fare un terzo di tutto quello che potremmo vedere). Arriviamo alla fermata della metro Opéra con la L5 e subito subito ci troviamo davanti il famoso Teatro Real. Impalcato. Raggiungiamo la Plaza de Callao con l’inconfondibile Edificio Carrión, e percorriamo un tratto della Gran Via, un tripudio di hotel, uffici e giganteschi negozi luminosi ed architettonicamente molto armonici tra loro.
Arriviamo alla Puerta del Sol, talmente zeppa di gente che non si riesce a fare una foto civile perché mille teste tagliano gli edifici intorno alla piazza. In compenso finora abbiamo visto almeno una ventina di barboni e una cinquantina di zingari di ogni età chiedere l’elemosina, ma noi stavolta diamo spiccioli a tutte le maschere che incontriamo che impezzano la gente per fare foto. Ci sono Homer Simpson, la bambola assassina e Mister Bean, Super Mario e, ovviamente, le immancabili “statue, quelli talmente immobili che sembrano finti. Sì, gli spiccioli se li meritano anche loro. Ci sono anche delle coppie di "diversamente giovani" con i tradizionali abiti spagnoli che improvvisano balli, accerchiati dai tantissimi turisti.
Dopo aver camminato un po’ con un bel sole lungo Calle Mayor, ecco che finalmente, in un quadrilatero di edifici rossi, se ne sta racchiusa l’omonima Plaza Mayor.
Piena zeppa anche lei. Troppo. Talmente tanto che diventa fastidiosa. La piazza in sé non ha nulla di speciale, tranne che è praticamente una piazza chiusa, aperta solo in otto punti da archi che danno accesso alle strade attorno. Vorrei tanto apprezzarla, ma non ci riesco proprio. Mangiamo qualcosina e di pomeriggio, attraversando mille vicoli, ci dirigiamo verso la zona del Palacio Real e della Catedral de la Almudena. Un’occhiata al Viaducto, imponente struttura a tre archi visibile in realtà solo da un parco sotto la strada principale, e ci infiliamo sia dentro la Cattedrale (1€ come “offerta” per la manutenzione della struttura mi sembra un prezzo ragionevole) e l’adiacente cripta (anche qui, 1€ a persona. Ma almeno non è la cifra folle della Cattedrale di Toledo, o di quella di Girona. Tra i 10€ e il 12€ per visitare una cattedrale che potrebbe essere gratuita mi sembrano decisamente troppi.).
Camminiamo fino davanti al Palacio Real, dove un ragazzo dei tour con il segway ci invita per una prova gratuita del mezzo.
Io, il babbo e Raniero ci intrippiamo almeno mezz’ora a fare giretti a vuoto nel piazzale, dopodiché ci avviciniamo al Palacio Real e scopriamo che infrasettimanalmente la visita è gratuita dopo le 18. Quindi, ovviamente, decidiamo per tornare domani pomeriggio. Camminiamo fino a Plaza Espaňa (ogni grossa città spagnola ha una piazza chiamata così, anche Madrid!), dove svetta la bianchissima Torre de Madrid a lato di un bel parco con una grossa statua dedicata a Cervantes. Ancora quattro passi (almeno per me), fino alla Estacion del Norte, non prima di aver visitato il Tempio di Debod.
Questo suggestivo sito (poco distante da Plaza Espaňa) è un tempio dell'antico Egitto, trasportato e parzialmente ricostruito su un colle dove si trovava il Cuartel de la Montaña, teatro di un sanguinoso episodio della Guerra civile spagnola. Il Tempio di Debod fu un regalo dell'Egitto alla Spagna alla fine degli anni Sessanta, come ricompensa per l'aiuto spagnolo in risposta all'appello internazionale dell'Unesco per salvare i templi della Nubia, allora in pericolo per la costruzione della diga di Assuan. L'Egitto donò pertanto quattro templi salvati a quattro diverse nazioni che avevano collaborato al salvataggio: uno di questi era il Tempio di Debod. Uno dei luoghi più belli di Madrid è proprio questo... ma andrebbe apprezzato al tramonto, che però non me la sento di aspettare. Stasera ai miei capelli tocca un bel triplo shampoo.
Lunedì, 3 aprile 2017 – km 82475
- Madrid
Stamattina ce la prendiamo più comoda e ci svegliamo alle 8. Alla metro ci dividiamo: il babbo va al museo ferroviario, e noi proseguiamo verso il Parque del Retiro, un bellissimo spazio verde nella zona est del centro storico, dove troviamo il Monumento ad Alfonso XII, il Palacio de Velasquez e lo splendido Palacio de Cristal poco più avanti, un’incredibile struttura completamente trasparente in ferro e vetro, che si affaccia su un laghetto con uno zampillo d’acqua al centro e tartarughe che escono sul bordo a prendere il sole immobili.
Passeggiamo fino all’Estatua del Angel Caído e da lì lungo il Paseo del Duque Fernán Nuňez fino a Calle Alfonso XII. Riprendiamo la L1 azzurra dalla fermata di Atocha Renfe e, cambiando con la verde L5 arriviamo a La Latina, dove abbiamo appuntamento col babbo per il pranzo. Troviamo, poco più avanti, in un ristorantino piccolo e curato, dove il titolare sembra essere estremamente cortese. Il menu del día, senza grosse pretese, prevede un primo, un secondo ed un dolce a scelta tra le opzioni proposte. Pane, acqua e caffè inclusi. Le porzioni sono abbondanti e ci saziano fino a sera. Verso le 15 si riparte, e di nuovo mi separo dagli altri. Ritorno alla stazione di Atocha, tristemente nota per gli attentati di qualche anno fa, e riprendo da lì. Il grosso padiglione che ospitava la vecchia stazione ferroviaria è stato trasformato in una sorta di foresta tropicale, con palme e piante altissime, sterlizie e fiori. Come se non bastasse, proprio all’ingresso di questo paseo che sembra strappato ad un film di Indiana Jones c’è un laghetto con centinaia di tartarughe (anche qui!) che se ne stanno placide addormentate le une sulle altre.
Esco dall’incanto e mi butto lungo l’alberato Paseo del Prado, passando tra l’altro davanti all’omonimo famosissimo museo, e a seguire il Museo della Reina Sofia.
Questo vialone è costellato di importanti edifici, come il Museo Thyssen, il Palacio de Cibeles (praticamente il municipio, costruito in stile gotico, nonché protagonista di tutte le riprese tv in cui si parla di Madrid: lui, magicamente, appare) e, in cima, la Biblioteca Nacional. Alternate alle gloriose strutture, la Fuente del Neptuno, la Fuente de Cibeles e il monumento in Plaza de Colón. Dovrei ricongiungermi con gli altri per la visita gratuita al Palacio Real, ma gli altri scoprono che proprio oggi è chiuso per un concerto e mi avvisano. Quindi niente. Mi butto un’ora dentro il gigantesco Primark sulla Gran Vía e spendo altri soldi, per dimenticare la delusione.
Recupero i miei praticamente alla base, sono le 20 passate. Dopo cena attacchiamo un pezzone fotonico alla coppia di camperisti americani a fianco a noi: quando abbiamo visto la targa della California del loro bestione, ovviamente io e il babbo siamo andati in visibilio e non ci siamo potuti esimere! Ci mostrano così le foto del loro viaggio di 9 mesi attraverso gli Stati Uniti e ci raccontano di come abbiano spedito via mare il loro camper qui in Europa.
Che sogno. Mi sa tanto che anche questo è un viaggio che dovremo fare.
Martedì, 4 aprile 2017 – km 82475
- da Madrid a San Lorenzo de l'Escorial
Mattinata dedicata al recupero: il check out è previsto intorno alle 13, quindi oggi ci rilassiamo un po’ dopo le corse forsennate degli ultimi due giorni. Ne approfittiamo per sistemare foto (ed io per caricarne un po’ sui social dalla stanzetta “wifi zone” a fianco della reception), il babbo legge e conversa al sole.
Dopo carico e scarico e pranzo, alle 14 siamo di nuovo in viaggio. Ci fermiamo al Mercadona di Valdemorillo, poco fuori Madrid, e dopo il rifornimento di carboidrati arriviamo al Palacio de L’Escorial.
Parcheggiamo praticamente sotto il palazzo che fu sede degli Asburgo dalla metà del Cinquecento, e solo per girarci intorno ed arrivare alla biglietteria ci mettiamo un quarto d’ora. L’entrata costa 10€, e a posteriori ammetto che, se avessimo potuto aspettare domani che dalle 17 alle 20 sarebbe stato gratuito, lo avrei di gran lunga preferito. Nonostante sia un complesso enorme, mi sale la claustrofobia: un botto di stanze troppo piene di disegni, soffitti affrescati in ogni dove, quadri importanti, una basilica, un chiostro sprangato (probabilmente per impedire alla luce forte di rovinare le pitture sui muri interni) che nemmeno dà la possibilità di accedere all’esterno… un susseguirsi di cose che forse sarebbero anche belline, se ci permettessero di fare almeno le foto senza flash, mentre invece ci troviamo una guardia in ogni stanza pronta a ripeterci “no photo please!”. Anzi, non basta che non la usi: più di una volta mi viene ripetuto di non fare foto pur non palesando io l’intenzione di farne, ma solo perché porto in braccio una reflex. Allo sfinimento. Insomma, una noia mortale, e più di metà visita me la faccio di corsa per uscire il prima possibile dal percorso obbligato. Parlavano tanto di questo Escorial, dicevano che da Madrid è obbligatoria una mezza giornata per questa visita… Onestamente dico che sono quasi i peggiori 10€ mai spesi in viaggio.
E per farmi deludere durante un viaggio (soprattutto itinerante) ce ne vuole.
Questo posto ci è riuscito.
Mercoledì, 5 aprile 2017 – km 88570
- da San Lorenzo de L'Escorial a Segovia
L’unica nota positiva della visita a San Lorenzo de l’Escorial è stato il parcheggio sotto il grande palazzo, gratuito dopo le 19. Un po’ rumoroso poiché proprio lungo la strada principale, ma tanto alle 7.30 anche stamattina siamo svegli, ed un’ora dopo, come sempre, siamo praticamente pronti alla volta di Segovia. Chiaramente percorriamo le strade statali attraverso il Parco Nazionale della Sierra de Guadarrama, lungo una strada di montagna che sale fino ad oltre 1800 metri e scopre una vallata ricca di vegetazione. L’aria diventa frizzante sin da subito e ci costringe ad attaccare i riscaldamenti. Un infinito saliscendi che il babbo apprezza moltissimo… quasi quanto la Trollstigen norvegese! Riscendendo a valle ci troviamo davanti a San Ildefonso, a pochi chilometri dalla meta.
Il paesino in sé non è nulla di speciale, ma è famoso per essere sede dell’omonima Granja de San Ildefonso, chiamata anche “la piccola Versailles”, fatta costruire da Filippo V ispirandosi appunto ai palazzi reali di Francia. Anche qui, alla taquilla ci dicono che non è permesso fare foto agli interni, quindi (memori della fregatura di ieri!) giriamo i tacchi, ma per fortuna almeno i giardini sono visitabili gratuitamente. Ne restiamo piacevolmente sorpresi, nonostante siano in ristrutturazione (quindi ruspette e operai sono un po’ ovunque e molte fontane sono vuote) e le siepi siano secche, ma la giornata è talmente bella che il marrone delle foglie diventa un tutt’uno con il bronzo delle statue delle fontane che spiccano contro l’azzurro del cielo.
Dopo un lungo giretto per i giardini torniamo al camper per il pranzo, e ripartiamo solo un’oretta più tardi per la visita alla Real Fabrica de Cristales. Lampadari di vetro soffiato ornano le stanze e teche espositive contengono preziosi calici ed ampolle decorati. C’è anche la sezione dedicata alla descrizione dei macchinari usati per lavorare il vetro, i forni in mattoni e tutto com’era fino ai primi anni Settanta, quando la fabbrica smise ufficialmente di funzionare e fu trasformata, poco tempo dopo, in un museo.
Perdiamo un paio d’ore e verso le 16 torniamo alla base per il caffè, ma ci tratteniamo in chiacchiere fino a tardi. Ripartiamo finalmente alla volta di Segovia, dove arriviamo poco prima delle 18. Tardi per essere presto e presto per essere tardi. Parcheggiamo in un’area attrezzata gratuita, pulita e in piano, a lato di Plaza de Toros, giusto a un km e mezzo dal centro storico. Corro a cercare l’ufficio del turismo in Plaza de l’Azoguejo senza lasciarmi sedurre dal bellissimo acquedotto romano che costeggio per due terzi del percorso, non ho la reflex, so che tornerò domani. Anche la piazza che si apre oltre gli archi dell’acquedotto è magnifica, brulicante di gente, con il sole che la illumina, quasi dipinta, ma ancora cerco di non curarmene. L’ufficio turistico chiude alle 17. Ciao proprio. Mi volto e guardo di nuovo la piazza. Segovia mi piace già, e ancora non ho visto nulla. Nel frattempo si avvicinano i miei e gli altri, rifaccio un pezzo di strada per andar loro incontro, e dopo aver presentato l’acquedotto rientriamo alla base tutti insieme.
Giovedì, 6 aprile 2017 – km 82634
- Segovia
Tralasciando l’aver dormito tranquillamente sotto svariati strati di coperte, stamattina gaudium magnum ci accorgiamo che durante la notte la temperatura è scesa almeno allo zero, dato che una patina di cristallini di brina è depositata sui tetti delle macchine. Uscire alle 9 del mattino è quasi una condanna a morte, soprattutto dato che i miei se ne vanno in autobus fino in centro ed io, invece, metto in moto i piedi. L’aria è pungente, esce il fumo attraverso la sciarpa di lana e le dita sono secche e talmente gelate che sembra possano cadere da un momento all’altro. Costeggio ancora il bellissimo acquedotto del II secolo d.C fino in Plaza de l’Azoguejo, così diversa da ieri pomeriggio.
Stamattina è fredda, pressoché deserta, salvo per i furgoni che scaricano merci nei ristoranti attorno. La posizione del sole mi permette di scattare bellissime foto, e dopo aver preso la piantina all’ufficio turistico mi lancio nei vicoli. Da Plaza Avendaňo, in cima ad una scalinata in mattoni a lato dell’acquedotto, si ammira una splendida vista delle montagne innevate e dello stesso acquedotto dall’alto dei suoi 28 metri, e riscendo per Calle Obispo Gandasegui (fiancheggiata dal Vescovato e il Seminario) fino a Calle Juan Bravo, una delle vie principali del centro storico, piena di negozi.
Riprendo i miei a Plaza Mayor, sotto l’immensa Cattedrale e raggiungiamo insieme l’Alcazar, edificio medievale costruito sui resti di un’antica fortezza romana. Residenza dei Reali di Castilla fino all'inizio del Cinquecento, questo castello fu convertito in Real Collegio de Artilleria verso la metà del Settecento. L’entrata costa 5,50€ (più 3,50 per la Torre de Juan II con i suoi 156 scalini strettissimi), possiamo fare foto a iosa e soprattutto le stanze sono sfarzose pur conservando un certo garbo. L'appagante vista a 360° in cima alla Torre de Juan II è uno spettacolo per i miei occhi, che vagano dalla campagna circostante fino ai bordi della città.
Usciamo dall’Alcazar giusto per l’ora di pranzo e ci dedichiamo ai nostri panini, poi ci separiamo di nuovo: io scendo a lato del palazzo, lungo una ripida scalinata, fino al Paseo de San Juan de la Cruz, per avere una vista completa laterale che non delude. Risalgo. Ormai è giorno pieno e si passa dai 18°C ai 7°C solo spostandosi dal sole all’ombra, e lo faccio per tutto il pomeriggio: sono fortunata che ho gli anticorpi buoni. Torno in Plaza Mayor mentre i mezzi di pulizia sistemano dopo il mercato, e spendo 3€ per entrare nella Catedral de Nuestra Seňora de la Asunción y Frutos, l’ultima cattedrale gotica costruita in Spagna.
Tecnicamente perfetta e lineare, senza estri di alcun tipo, con volte a sesto acuto e soffitti altissimi, vetrate che riflettono i colori sul pavimento freddo, ed un chiostro perfettamente simmetrico dove la luce filtra da ogni intaglio nella pietra. Un gioiello. Mi fermo ad una tiendita di dolci per chiedere informazioni su queste famose torrijas, di cui vedo cartelli in giro, e scopro essere delle fette di pane bagnate nel latte e cosparse di zucchero e fritte. Una cosa che non mi ispira nemmeno un po’, tanto che ripiego su una scatolina di semplici biscotti di mantequilla (burro) tipici della zona. Arrivo di nuovo alla Muralla norte per salire sulla Puerta de Santiago attraverso un piccolo camminamento. Passo tutte le viuzze del centro, attraverso mille edifici, sono talmente tanti che smetto quasi di contarli, tra le chiesette e i normali palazzi dalle facciate lavorate come centrini ma la giornata è così bella e soleggiata (sebbene fredda) che mi diverto a perdermi, e non mi faccio sfuggire nemmeno una piazza. Tra l’altro, ripassando per Plaza Mayor, finalmente la trovo pulita, sgombra da ogni residuo di mercato settimanale. Il sole ad un lato non intralcia le foto, la Cattedrale sta lì immobile e bellissima all’angolo di Calle San Frutos con Calle del Marques de l’Arco. Le lascio un ultimo saluto e recupero i miei alla piazza di accesso della città, sotto il magnifico acquedotto di cui mi sono riempita gli occhi in queste 24 ore a Segovia. Con il sole ancora alto e i piedi un po’ più stanchi, ci avviamo alla base. Ma, chiaramente, senza prendere l’autobus!
Venerdì, 7 aprile 2017 – km 82634
- da Segovia a Ávila
La giornata inizia con un prepotente carico/scarico e pulizia pavimento (con tanto di straccio e candeggina), ed usciamo dall’area di Plaza de Toros che sono già le 10. Sosta da Lidl per piccola spesa e all’ora di pranzo siamo a Pedraza, 40 km oltre Segovia. A parte un paio di intoppi risolti prima di pranzo, subito dopo il caffè parcheggiamo sotto il paesino. L’aria è calda ed oso le maniche corte.
I vicoli su cui si affacciano le case, in fila come soldatini di mattoni e pietre color sabbia, sono graziosi e le stradine ampie. Il castello (guarda caso chiuso, come spesso accade ultimamente!) svetta in fondo alle tre calles del paese che vi confluiscono. Regna il silenzio, se non fosse per il vociare nei ristoranti (uno ogni tre metri, più o meno) e per qualche turista.
Enormi nidi di cicogne sul campanile e sulle torri più alte, ed un’aquila imperiale che vola, da buon rapace, intorno ai nidi dove le cicogne fanno buona guardia. E poi, con una giornata così, in cui finalmente si sente davvero l’aria di primavera, cosa volere di più?
Lungo la N111, a circa 30 km dalla meta ultima della giornata, incappiamo in un bellissimo paesaggio “stonehengeizzato”, con rocce grigie e levigate più o meno grandi quasi a perdita d’occhio.
Crediamo sia un parco naturale a cielo aperto ma non riusciamo a trovare alcun tipo di informazione al riguardo, e ci convinciamo che sia semplicemente una delle tante varietà di paesaggio spagnolo. Alle 18.30, dopo gli stop d’obbligo lungo il percorso, arriviamo ad Ávila. Bellissima la muralla (illuminata di sera), con il suo centinaio di torri e duemilacinquecento merli. Il parcheggio è ampio, senza servizi ma in piano e gratuito, Oggi tra l’altro, pur essendo venerdì, non è affollato, così finalmente ho spazio a sufficienza per tentare la guida del mezzo con la supervisione del babbo al lato passeggero (ovviamente giusto due giri del parcheggio!).
Sabato, 8 aprile 2017 – km 82789
- Ávila
La mattina inizia presto come sempre. E terribilmente fredda. Con i miei ci separiamo praticamente subito, e loro entrano dalla Puerta del Carmen, una delle otto porte della cittadina.
Io proseguo alla Puerta de San Vicente all’ufficio del turismo, dove recupero la mappa. Il tour inizia dai 2,30€ (con audioguida inclusa nel prezzo) della omonima Basilica de San Vicente, esempio più eclatante
dell’architettura romana con influenze gotiche (dati i lunghi tempi di costruzione), sorta sulle rocce che furono teatro della tortura di Vincenzo e le sue due sorelle, colpevoli solo di non voler rinnegare la propria fede. La visita prosegue chiaramente verso la Cattedrale (altro giro, altri 5€ di entrata con audioguida gratuita), costruita praticamente dentro le mura, che separa la indicativamente dalla parte sud dalla parte nord della muralla. Recupero i miei per pranzo, nel frattempo l’aria si è notevolmente scaldata e ci permette di toglierci qualche strato di dosso. Con 5€ compriamo poi il biglietto per il camminamento sulla muraglia (circa metà della lunghezza totale), dove passiamo almeno due ore.
Foto ed occhi pieni del panorama. Ovviamente io arrivo in fondo al percorso e scendo, separandomi di nuovo dai miei e perdendomi ancora un paio d’ore nelle vie meno battute della cittadina, fino a tornare in Plaza Adolfo Suarez, ad un angolo delle mura, proprio dietro la Cattedrale. Fuori invece, oltre la Puerta de l’Alcazar, dalla Iglesia de San Pedro, parte alle 18 una processione per la semana santa che percorre un tratto di strada per infilarsi poi nella Puerta de la Carniceria e terminare sulla piazza della Cattedrale. Mi fermo qualche minuto sul marciapiede, in mezzo a tanta altra gente, giusto per fare un po’ di foto. C’è chi porta il grande piedistallo con statue sacre (i poveretti saranno almeno una trentina), la banda che suonano trombe, tromboni, oboe e gli ultimi che suonano i tamburi. Ci sono anche le donne, con vestiti neri ed il grosso pettinino tra i capelli sul quale viene appuntata la mantilla, il velo di pizzo nero, raccolto poi nella parte posteriore. La cosa inquietante è che tutti i partecipanti alla processione (tranne le donne, ovvio) sono incappucciati. Bianchi o viola non importa, ma sembrano i boia del Medioevo.
Brrrr.
Rientro alla base, con la musica nelle orecchie, e anche per oggi la giornata è finita.
Ma penso ancora agli incappucciati. Che brutta immagine, e invece per loro è semplice tradizione.
Aspetto gli ultimi dieci minuti del crepuscolo, subito prima di lasciare il posto al buio, e mi affaccio di nuovo lungo la strada per qualche foto alla muralla illuminata. Che, da qui sotto, è tutta un’altra storia.
Domenica, 9 aprile 2017 – km 82789
- da Ávila a Salamanca
Domenica delle Palme. I nostri compagni di viaggio vogliono fermarsi alla messa in una delle chiese della città, i miei ne approfittano per fare altri quattro passi attorno alla muralla mentre io me la imparo a memoria con una delle mie lunghe passeggiate di undici chilometri (quattro giri). A mezzogiorno ripartiamo e ci fermiamo a Cuatro Postes, sull’altro lato del Puente Romano (che raggiungiamo in due minuti) dove c’è una bella torretta in pietra con un belvedere completo sulla città. Ci fermiamo poi presso una stazione di servizio Repsol, attrezzata per camper, la autovía 50 per pranzo, dopodiché spicciamo le operazioni di carico e scarico e ci rimettiamo in viaggio verso Salamanca. Nota: per scaricare le acque nere il prezzo è di 5€, bisogna chiedere la chiave al negozio per aprire il tombino (chiaramente noi ne approfittiamo e con 5€ ci scarichiamo in due, da bravi italiani, dividendo le spese!).
Alle 15.30 saremmo anche arrivati in città, se non fosse che è domenica ed è tutto abbastanza congestionato. I due aparcamientos segnalati dalle nostre mappe (uno sotto al Puente de Sanchez Fabres, in direzione Zamora - alla fine del Paseo del Progreso – e l’altro sotto al Puente de Enrique Esteban) sono pienissimi, così optiamo per il parcheggio del Centro Residencial para Mayores, di fronte al Puente de Sanchez Fabri e a fianco a Lidl e Mercadona. Chiaramente siamo in ottima compagnia: ci sono almeno una dozzina di camper parcheggiati attorno a noi. Scendiamo finalmente dal mezzo poco dopo le 16, siamo a circa un chilometro da Plaza del Puente, che rimane giusto in fondo al principale ponte di pietra che attraversa un braccio del fiume. Per la prima volta da quando siamo partiti sento il caldo, quello violento della primavera che esplode, ed oso una maglietta smanicata e un cardigan leggero sopra, che però mi fa soffrire comunque. Facciamo un giro rapido della città (senza piantina, poiché l’ufficio turistico in Plaza Mayor la domenica chiude alle 14), diamo un’occhiata alla Cattedrale e passiamo rapidi per le vie fino a Plaza Mayor, per riscendere lungo Calle San Pablo. E sono già le 19.40.
Domattina vedremo come organizzarci.
Lunedì, 10 aprile 2017 – km 82910
- da Salamanca a Zamora
Questo viaggio, a differenza degli altri fatti finora, è estremamente placido. E’ vero che ci svegliamo sempre abbastanza presto, ma i trasferimenti da una città all’altra sono molto brevi e ci lasciano parecchio tempo di visita. E comunque, al di là di questo, ce la stiamo prendendo davvero comoda.
Stamattina ad esempio io parto da sola per tornare in centro e prendere la piantina della città alla oficina de turismo ed avere informazioni. Plaza Mayor è come l’ho lasciata ieri, solo un po’ più fresca e con il sole contro. C’è gente già alle 9.30, soprattutto furgoni che scaricano le merci ai bar e ristoranti affacciati nelle quattro facciate neoclassiche. Le bandiere dell’Ayuntamiento se ne stanno rilassate aspettando un po’ di vento, ed io intanto mi accorgo che l’aria è più tiepida rispetto ai giorni precedenti. Dopo aver preso il plano torno alla Cattedrale e salgo alle Torri Medievali. Sono uno degli emblemi più importanti di Salamanca. Già da lontano definiscono il loro profilo sull’orizzonte, e con i loro 110 metri si impongono in modo decisivo.
I migliori 3,75€ spesi durante questo viaggio!
Dopo pranzo ripartiamo verso Zamora, che si rivela un inaspettato piccolo gioiellino adagiato sulle rive del Duero, il fiume che sfocia nell’Atlantico passando a Porto. Troviamo una piccola area pic-nic sul lungofiume che scopre la città sull’altra sponda. L’acqua è ferma, l’aria caldissima.
Cammino per chilometri ed esploro il centro, dalla Cattedrale romanica con la cupola bizantina al Parque del Castillo (in realtà semplicemente un rudere al lato della muraglia), ma la meraviglia è nei riflessi di case e piante che vedo nell’acqua ferma lungo il fiume. Il Puente de Piedra passa da sponda a sponda capovolgendosi nell’acqua e crea delle geometrie perfette.
Graziose anche le Aceňas de Olivares, mulini ad acqua del X secolo (la parola è di origine araba) che si estendono in fila come soldatini, consapevoli dell’importanza che avevano nei secoli passati nell’approvvigionamento di farina a tutta la zona. Ancora quattro passi per recuperare i miei, che nel frattempo hanno spostato il camper in un’altra zona, più a lato della muraglia che delimita il casco historico, anch’essa gratuita ma ben più ampia della precedente. La sera facciamo anche amicizia con una coppia di camperisti andalusi a cui facciamo spazio accanto a noi perché i parcheggi sono finiti. Sentirli parlare è una gioia per le orecchie.
La decisione dei miei e gli altri di andare alla processione serale degli incappucciati salta clamorosamente e si ritrovano a giocare a carte, mentre io converso amabilmente finché non sopraggiunge il freddo e ci congediamo.
Martedì, 11 aprile 2017 – km 82989
- da Zamora a Valladolid
Anche stamattina, quattro passi per Zamora.
Per me il tour si estende nella parte alta del centro storico, con la Plaza del Viriato ed il suo groviglio di rami di ippocastano (dopo aver percorso la silenziosa Calle de los Francos), la Plaza Mayor che tutte le città hanno, con l’Ayuntamiento (Nuevo e Viejo – ora sede della Policia Municipal - uno di fronte l’altro) e la Calle de Balborraz, ripida viuzza acciottolata.
Pittoresca e colorata (benché i colori siano stati in parte sbiaditi dal tempo), con decori alle pareti e bow window in legno, questa era la principale via di accesso alla città di Zamora: chi saliva dal Puente de Piedra, insomma, si trovava davanti i principali negozi e botteghe dei commercianti dell’epoca disposti sui due lati, fino a Plaza Mayor.
Io invece ridiscendo verso il fiume e percorro un tratto di sentiero fino a risalire da Ronda de Puerta Nueva per fare un giretto al Mercado de Abastos, ai margini del casco historico. Dopo aver comprato dei biscottini dalla gentilissima ragazza che gestisce il banco del pane nel mercato coperto, involontariamente mi infilo su Calle Viriato e da lì arrivo in Plaza Sagasta, dove il profilo irregolare delle casette colorate mi ricorda la via dei commercianti di prima, solo che queste sembrano più di élite, come se fossero state abitate da gente danarosa. Rientro al camper poco prima dei miei e li aspetto per pranzo. Alle 14 o poco più siamo in viaggio verso Valladolid. Mini sosta all’Ikea alla ricerca di non so cosa (ne approfitto per agganciarmi alla rete wifi) e alle 18 siamo al parcheggio dedicato, a circa un chilometro dal casco historico. Una decina di posti che in realtà diventano almeno venti quando i camper continuano ad arrivare e si mettono un po’ ovunque. Scarico e carico praticamente gratuiti con tombino apribile, il parcheggio costa 30 centesimi l’ora e dalle 20 alle 9 del mattino non si paga, quindi riteniamo che con tre euro possiamo cavarcela fino almeno a domani sera.
Mercoledì, 12 aprile 2017 – km 83095
- da Valladolid a Peňafiel
Operativi alle ore 9, usciamo con l’aria fresca e gli omini che lavorano sul Puente Francisco Regueral e ci buttiamo in centro. Dopo la figura di merda al punto di información (che qualcuno credeva essere quella turistica e invece erano sportelli comunali!) un’addetta alla vigilanza si offre di aiutarmi con un plano della città provvisorio, che poi si rivela in realtà definitivo perché lo useremo tutto il giorno. Giriamo l’angolo di Calle e ci troviamo su Plaza Mayor (già transennata con gli spalti per la Semana Santa), che nel mattino umido non rende nemmeno. Proseguiamo lungo la Calle de Santiago, alcune vie sono pedonali e ci permettono di fare foto alle case, distribuite su entrambi i lati, con gli inconfondibili balconi di legno, chiusi come i bow window, colorati ma delicati al tempo stesso. In fondo alla strada c’è uno dei simboli della città, la Academia de la Caballeria con relativo museo, e al lato opposto della strada una bellissima fontana all’ingresso di Campo Grande, un’ampia zona verde.
Risaliamo lungo Calle de Claudio Moyano fino ad arrivare alla piccola Plaza Espaňa, con il mercato della frutta e la chiesa ultramoderna intitolata a Nuestra Seňora de la Paz. Ancora qualche viuzza che riprende lo stile classico e quello liberty ed arriviamo alla Catedral, che ammetto essere una delle meno belle mai viste.
La cosa che veramente sorprende, a parte il Palacio de los Pimentel (attuale sede de la Diputacion Provincial), con un bel chiostro in legno ed azulejos all’ingresso, è la facciata in stile hispanico-flamenco della Iglesia de San Pablo, di fronte al Palacio Real dove nacque Felipe IV. Nel complesso la visita della città è risultata piacevole, e bisogna ammettere che, a parte i primi giorni un po’ uggiosi, il meteo è nettamente stato dalla nostra parte e non abbiamo più visto nuvole... Fosse sempre così, chi tornerebbe mai a casa?
Alle 17.40 arriviamo al Castillo di Peňafiel. Questa fortezza, costruita in stile gotico tedesco, fu eretta nella forma attuale nel 1452 (nel giro di vent’anni) ma non venne mai utilizzata per lo scopo. Con 3,30€ abbiamo la visita con Marta, la guida turistica sempre sorridente che ci racconta appassionatamente la storia del castello a forma di nave di cui si hanno in realtà notizie risalenti a prima dell'anno Mille. Il Castillo di Peňafiel fu dichiarato Monumento Nazionale nel 1917, ed ospita il Museo del Vino di Valladolid da circa 20 anni. Il parcheggio sotto il muraglione è tranquillo, arriviamo che ci sono macchine e un paio di camper, ma c’è abbastanza spazio anche per noi. I parcheggiatori sono gentilissimi e comunque ci dicono che possiamo restare per la notte, purché domattina liberiamo lo spazio entro le 10.
In realtà poi, alle 23, dopo la solita partita dei vecchi a Burraco, decidiamo di riscendere “a valle”: il castello si sta popolando di macchine che fanno avanti e indietro con musica a palla e non ci fanno sentire sicuri. La Guardia Civil del paesello ci dice che non ci sono problemi, che il parcheggio del centro storico è tranquillo e si può stare. Sarà che non c’è nessuno, sarà anche che il gruppetto di prima con le macchine fa avanti e dietro anche qui.
Sarà che a volte uno si sente sicuro solo a casa sua.
E noi, col terremoto, sappiamo che nemmeno questo è vero.
Giovedì, 13 aprile 2017 – km 83157
- da Peňafiel ad Aranda de Duero
La notte è trascorsa tranquilla, e stamattina alle solite 9 (orario dell’anno) siamo operativi.
La prossima tappa è Aranda de Duero, destinazione ultima del mio viaggio, perché domattina da qui io partirò con un bus dell’ALSA per Madrid e da lì per tornare a casa con un volo Ryanair, mentre i miei si tratterranno qualche giorno per seguire l’itinerario che li riporterà a Barcellona per l’imbarco con Grimaldi mercoledì 19 aprile. L’unico inconveniente, ora sembra essere lo smarrimento della carta di identità di mamma. Ci mettiamo mezza giornata a decidere che, anziché sbatterci tra polizia e denuncia, fototessere e consolato italiano per avere il documento provvisorio che dà diritto all’imbarco, forse è meglio mandare tutto al diavolo e tornare via terra e ciao. Ci fermiamo a fare un po’ di spesa da Lidl ed arriviamo a destinazione giusto per l’ora di pranzo. L’area camper (attrezzata con carico e scarico) è gratuita e permette di restare fino a 48 ore, a cinquecento metri dal centro storico. Non offre molto, il paese, tranne cantine e cantine (se sei per il turismo enogastronomico va benissimo), baretti affacciati sulle piazze principali con mille tavolini e gente in degustazione di vino.
L’ufficio turistico è chiuso, in quanto giovedì e venerdì di Pasqua sono considerati festivi qui in Spagna, e molta poca gente lavora. Ma la cosa migliore è senza dubbio la stazione degli autobus da cui partirò domattina, che sta a 30 metri dall’area camper, giusto di fronte alla strada. Mi concedo un giretto tra le vie e le casette colorate, ma soprattutto lungo l'Arandilla, affluente del Duero. Un bel parco verde mi permette di respirare il tepore di un pomeriggio di metà aprile e mi porta alla scoperta di ponti di epoca romana e medievale, come il Puente Conchuela, circondato dagli alberi.
La sera, dopo cena, ci intratteniamo in chiacchiere con una coppia di camperisti baschi, lei cerca anche di parlare italiano, poi sopraggiunge il solito fresco ed io mi ritiro. Loro vanno a cena, i miei a giocare a carte e dopo li attende la processione degli incappucciati. Sistemo lo zaino e finalmente mi metto a dormire.
Questo viaggio, per me, è giunto al termine.
*** *** *** ***
Città visitate:
Figueres
Girona
Tarragona
Albarracin
Pinares del Rodeno
Mirador de Alloza
Embalse de la Toba
Ciudad Encantada
Cuenca
Belmonte
Mota del Cuervo
El Toboso
Campo de Criptana
Puerto Lapice
Consuegra
Orgaz
Toledo
Aranjuez
Madrid
San Lorenzo de L’Escorial
La Granja de San Ildefonso
Segovia
Pedraza
Ávila
Salamanca
Zamora
Valladolid
Aranda de Duero
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